giovedì 27 febbraio 2025

L'uomo Alfonso Maria de Liguori... quella serenità che traspariva dal suo volto!


Abbiamo in diverse occasioni pubblicato in questo blog dei post con argomenti concernenti la vita e le opere del nostro grande concittadino, Alfonso Maria de Liguori, ma poche notizie sono state riportate riguardo al suo aspetto fisico, a tal proposito abbiamo pensato di scrivere questo post per colmare questa lacuna, prendendo in prestito, tra l'altro, la breve descrizione eseguita dal suo principale biografo, che fu padre Antonio M. Tannoia, nell'opera: "Della vita ed istituto del venerabile servo di Dio Alfonso Maria Liguori", pubblicata nell'anno 1786: 

"Era Alfonso di statura mediocre, ma grandetto di testa, e vermiglia la carnagione. Fronte spaziosa egli aveva, occhio attraente, e quasi ceruleo; naso aquilino, bocca ristretta, e graziosa, e quasi sorridente. Neri i capelli, e folta aveva la barba, e da se stesso, senza soggettarsi al rasojo, colle forbici smozzicavesela. Nemico di capellatura, anche da se solevasela accortare.

Perché miope, faceva uso degli occhiali, ma toglievaseli, o predicando, o trattando con donne. Sonora e chiara aveva la voce. Spaziosa che fosse la Chiesa, e lungo il corso delle Missioni, giammai gli mancò, e tale conservolla anche decrepito.
Aveva un aria che imponeva, un fare serio, ma misto di giovialità. Se giovanetto tutto concorreva a renderlo amabile, anche vecchio, e decrepito grazioso egli era, e di comune compiacimento.
Le facoltà primarie erano in esso ammirabili. Intelletto acuto, e penetrante; memoria tenace, e pronta; mente chiara, e metodica. Queste tre doti il sostegno formavano delle sue letterarie applicazioni.

Una continuata occupazione fu tutta la sua vita. O trattava con Dio, o applicavasi per Dio, né occupato mai si vide in cose indifferenti, nè in materie che, benché scientifiche, curiose fossero, e disutili. Tutto era profitto per Alfonso. Il zelo di Dio lo divorava; e non altro che Dio, e le Anime erano il suo scopo.

Intraprendente egli era, ma non temerario.
Ogni suo pensiere era contrappesato: la contrarietà non l'abbatteva, e tutto conseguiva, diffidando di se, e confidando in Dio. Uomo sempre uguale a se: né la traversia l'abbatteva, né l'auge lo gonfiava.

Aria di comando ebbela sempre in orrore. Pregava, e non imponeva, così conseguiva quanto voleva. Se ostentava il comando, voleva essere ubbidito; né lasciava impunita qualunque resistenza. Forte nel riprendere, ma non trasportato; e con un misto di mansuetudine raddolciva qualunque amarezza.

Era grande, e facevasi picciolo; era picciolo, e facevasi grande. Le varie circostanze regolavano il suo fare. Tutto in esso era giustizia. Chiunque non defraudava di quel merito, che l'assisteva: puniva, e compassionava: e punito, restavasegli obbligato.
Il temperamento anzi che flemmatico portavalo alla bile; ma per impero di virtù ammiravasi in esso piacevolezza, e somma mansuetudine. Presente a se stesso, aveva sempre tra le mani la propria Anima.
Sorpresa di passione in esso non si osservò. La porta del cuore a suo talento aprivala, e serravala. Tutto dalla ragione veniva in esso regolato. Inimico di se stesso, non lusingò mai il senso. Ma se austero con se, con tutti pietoso egli era, e compassionevole. Tale in succinto fu Alfonso Liguori."

Maschera in cera conservata a Pagani
Col trascorrere degli anni, lo svolgimento di tutti i suoi faticosi impegni e delle opere da lui profuse, sia fisiche-materiali che mentali, soprattutto per lo studio e per la scrittura delle 111 opere letterarie, minarono profondamente il suo fisico e il suo aspetto.
La schiena si arcuò gravemente e la testa risultava molto curvata verso il basso, tanto che il mento con il suo movimento logorava l'arco costale. Non gli fu più possibile celebrare l'Eucarestia nel modo ordinario, ossia di bere direttamente dal calice con il quale celebrava la Messa, ma dovette chiedere una dispensa straordinaria, per poter far uso di una cannuccia, che gli consentiva di aspirare il vino consacrato direttamente dal calice; questa cannuccia si trova tra i cimeli che ancora oggi si conservano e sono mostrati nel museo redentorista della Casa Natale di Marianella.
Questo aspetto fisico del Santo viene evidenziato nella maggior parte dell'iconografia delle opere d'arte che lo ritraggono, come nei dipinti e nelle statue celebrative.
Gli ultimi anni della sua vita furono ancora più sofferti e dolorosi, perchè gli fu impedito di camminare e dovette fare uso, negli spostamenti, di una rudimentale sedia-poltrona munita di ruote, che fu costruita appositamente per la sua persona.
Tuttavia, nonostante le sofferenze fisiche e i dolori ai quali era affetto, non gli fu mai turbata la serenità e la giovialità che emanava il suo volto, che si mantennero inalterati fino al momento della morte. Infatti per immortalare il suo volto fu eseguita, poco prima del funerale, una maschera in cera che ancora si conserva nel Museo annesso al Santuario di Pagani (SA). 

Alfonso sulla sedie a rotelle, a Pagani, benedice il Vesuvio in eruzione
Per capire come Alfonso ci tenesse all'aspetto che si doveva trasmettere, ecco un passo tratto dalla sua opera "Istruzione e pratica dei confessori", vol. II, pubblicata nell'anno 1757, nel quale troviamo un'esortazione a tal riguardo, rivolta ai sacerdoti dediti all'accoglienza dei fedeli, specialmente durante le confessioni: "Che il vostro aspetto sia piacevole, ripieno di allegrezza e serenità, affinché non abbiate di quelle fisionomie disgustevoli che spaventano ed allontanano la gente, la quale d'altra parte ha già troppa avversione per le buone cose, se non si rendono dolci e molto facili. Non vi ripartite adunque mai dalla santa gioia che è propria dei servi di Dio, neppure quando sarà d'uopo emendare i vizi di qualche individuo, perché allora bisogna mettervi tanta carità e buon garbo, che veggasi prender voi di mira la colpa e non la persona".

Salvatore Fioretto



Immagine di Sant'Alfonso conservata a Ciorani, nella chiesa della SS. Trinità

venerdì 21 febbraio 2025

Per la serie i racconti della Piedimonte ecco il penultimo capitolo del libro: “"Piedimonte", ricordi di una ferrovia e di un piccolo mondo antico…!"

"Attorno alla ferrovia “Napoli-Piedimonte” si materializzavano in quegli anni storie e personaggi, appartenenti a un piccolo mondo antico, ormai in via di estinzione e si sviluppava, in miniatura, uno spaccato di vita quotidiana di un’umanità variegata e colorita, con i suoi bisogni e le sue aspettative.
Sul treno preferivo sedermi accanto al finestrino, per scrutare il mio piccolo mondo... Quando il capotreno annunciava col fischio la ripresa della corsa, restavo seduto sulla panca, in trepida attesa di rivedere quel paesaggio. Durante il viaggio, intravedevo i casellanti accanto alle sbarre dei passaggi a livello, da loro appena abbassate. Non sempre c’erano le sbarre, infatti sulle strade larghe erano presenti ampi cancelli di ferro, dipinti a “scacchi”, di color rosso e bianco, che si piegavano come le pagine di un libro...
Ricordo la casellante di Mugnano: un’anziana signora che era puntualmente lì, a chiudere i cancelli che custodivano il passaggio a livello su via Napoli. Appariva costantemente gioviale e sorridente; aveva sempre il grembiule sul ventre, come se al transito del treno abbandonasse le faccende di cucina e corresse, un po’ come si trovava, a chiudere e ad aprire i cancelli. Sembrava che la sua attività non fosse altro che una dolce parentesi alla vita familiare!
Com’erano deserte le strade allora! Poche erano le auto circolanti e rare erano le motociclette. Ai passaggi a livello si raccoglievano poche auto in attesa del transito del treno e, a differenza di oggi, nessun automobilista si mostrava impaziente, anzi, spesso alcuni di essi si fermavano a parlare con i casellanti o a fumare sigarette delle vecchie “nazionali” senza filtro.
Il personaggio più simpatico, che spesso incontravo sul treno, era un vecchietto che vendeva caramelle; le teneva in una vecchia valigia di cartone. Avanzava lentamente negli scompartimenti, con la valigia aperta e emetteva un suono vocale caratteristico, a mo’ di richiamo, mentre i bimbi iniziavano a fare capricci con le madri, affinché comprassero loro dolciumi.
In autunno, vicino alle masserie, si vedevano le donne sistemare le mele su “letti” di paglia. Come risaltava il colore rosso delle mele sopra il giallo oro della paglia! Ogni mattina le mele dovevano essere ruotate, affinché si colorassero uniformemente di rosso.
In inverno le campagne erano frequentate da contadini intenti a preparare la terra per la semina. Carri trainati da cavalli e asini erano le immagini più ricorrenti che si vedevano dal treno; ma anche pagliai a forma di cono e, ai lati, muli che mangiavano l’avena e si abbeveravano ai tini di legno.
Tra i personaggi legati alla “Piedimonte”, non posso dimenticare quello che è stato per me il più caro: mio nonno Peppe. Lo ricordo, come fosse ieri, quando veniva a casa nostra utilizzando la “Piedimonte”. Se ne andava spesso in disparte, sedendosi ai lati dei binari e lì meditava, poggiando le mani e il mento sul suo bastone, perché così faceva a casa sua... Abitava in una masseria di Mugnano, proprio accanto alla ferrovia.
Un personaggio curioso è stato il maestro Mola, insegnante alla scuola “Tasso” di Piscinola, negli anni ‘40. Quest’uomo, di vasta cultura, ci teneva ad essere sempre puntuale agli appuntamenti. Un giorno perse per pura fatalità il treno della “Piedimonte”, quello che prendeva ogni mattino, per raggiungere la scuola.
Dovette, suo malgrado, prendere il treno successivo che non fermava a Piscinola, perché era un “diretto” per Napoli. Il maestro non si perse d’animo e, pur di non fare tardi per la prima volta in vita sua, si lanciò dal treno in corsa, in prossimità della stazione... Ne uscì fisicamente indenne dall’urto, anche se un po’ malconcio nell’aspetto!
La ”Piedimonte” ha segnato alcuni eventi tristi, come quello avvenuto nel 1972, quando una tromba d’aria si abbatté su Piscinola, danneggiando gravemente la ferrovia e la campagna circostante. Ricordo la furia del vento, che in pochi minuti devastò il territorio. Molti alberi furono sradicati dalla tempesta, precipitando rovinosamente sulla linea ferrata. Il personale della ferrovia, ponderando il danno ricevuto dai contadini, fu molto comprensivo e liberò i binari evitando di tagliare i tronchi degli alberi, altrimenti questi sarebbero stati sottostimati dai compratori. Questa decisione comportò un ritardo nel rimettere in esercizio la ferrovia. Non potrò mai dimenticare quel gesto di umanità e di solidarietà non comune!
La “Piedimonte” poteva essere pure un mezzo pericoloso, se vissuto con superficialità. Ricordo mia madre, che mi diceva sempre: “Salvatò, statte accorte ‘a Piedimonte!” (“Salvatore, stai attento al treno!”) ed io seguivo sempre il suo consiglio, specie quando a settembre partecipavo alla raccolta delle noci. Era quello il momento in cui ero più esposto al “contatto” con i treni! Con molta cautela, raccoglievo le noci nei cesti, vigilando sull’arrivo dei convogli. Quando il treno sopraggiungeva, abbandonavo la raccolta e mi posizionavo in sicurezza ai lati della trincea. Il treno transitava indisturbato, mostrando tutto il suo carico e la sua massa d’acciaio. La terra sotto ai piedi tremava come durante un terremoto, ma non avevo paura, anzi, ero felice…! Salutavo i passeggeri, agitando le mani e urlando a squarciagola: “Ciaoo, ciaoo…!
Salvatore Fioretto

Il racconto è tratto da un libro pubblicato ed, in quanto tale, è soggetto ai diritti d'autore e di editoria, pertanto è vietato copiare, modificare ed eseguire qualsiasi altro utilizzo del testo, per fini anche non commerciali, senza ricevere l'esplicita autorizzazione da parte dell'autore.

sabato 15 febbraio 2025

Una villa con il suo giardino delle delizie..., ecco il palazzo Grammatico!

Via del Salvatore, facciata del palazza Grammatico
Camminando per il centro antico di Piscinola (ci riferiamo a quella parte sopravvissuta dopo gli interventi del "dopoterremoto degli anni '80"), s'incontra l'austero ed elegante edificio che si erge in via del Salvatore, poco discosto dalla chiesa parrocchiale, intitolato "Villa Vittoria", edificio che risulta essere, come vedremo nel seguito del racconto, molto importante nella storia di Piscinola. Pur portando il nome di uno degli ultimi proprietari, l'edificio è però conosciuto col toponimo di "Palazzo Grammatico". Possiamo sfidare chiunque, anche il più anziano piscinolese, ad indicarci l'etimologia che faccia risalire alle origini del nome di questo antico palazzo, ma siamo sicuri che non troveremo nessuna risposta che chiarisca il dilemma... In effetti questo nome è tutt'oggi un mistero...! Sicuramente l'edificio sarà stato in tempi antichi la residenza di qualche famiglia nobile o di un personaggio notabile cittadino che, come avveniva nei secoli passati, qui da noi fissavano la propria residenza di vacanza, per trascorrere i caldi periodi estivi. Lo possiamo affermare quasi con certezza, perché la facciata dell'edificio, che appare in stile tardo cinquecentesco, è semplice e austera, e presenta equilibrate e giuste proporzioni tra le dimensioni e gli spazi occupati dalle finestre e dal portone dell'ingresso principale. E poi, come tutte le dimore appartenute alle famiglie nobili del territorio, esso presentava un ampio giardino annesso, di tipo fortificato, perché un tempo delimitato da un'alta cortina di muro in tufo, chiamato "Giardino delle Delizie". In particolare, la presenza del dislivello esistente tra il giardino della villa  con via del Salvatore e via Vittorio Emanuele (già via Risorgimento), ha comportato l'edificazione di una cortina di mura, alta ben oltre cinque metri (misurata dalle sedi stradali). 
Stemma nobiliare un tempo esistente sul portale d'ingresso (disegno S. Fioretto)

Ancora oggi ammiriamo il bel portale esistente, arricchito da un elegante ed alto cancello in ferro battuto, che porta inserito alla sommità le sigle iniziali "CM" (forse le iniziali della famiglia Cocle), mentre il battente a terra in ghisa porta inciso l'anno "1894". Il portale, realizzato ad arco a  sesto ribassato, un tempo era contraddistinto dalla presenza, in corrispondenza della chiave di volta, di un bellissimo stemma in marmo bianco, sormontato da una corona, sul quale erano rappresentati, in bassorilievo, le figure di due cavalieri con armature, in atto di sfidarsi a duello, con le lance impugnate. I cavalieri erano situati sopra a un piccolo ponte, sotto cui scorreva un fiumiciattolo. In mancanza di foto antiche, che mostrassero oggi questa bella testimonianza storica piscinolese, abbiamo provveduto a disegnare le fattezze a matita, anche se in maniera grossolana, basandoci sui nostri ricordi. Purtroppo è tutto quello che ci resta per ricordare questo gioiello...! Lo stemma fu miseramente sottratto al palazzo, intorno all'anno 2003, proprio nel periodo in cui la facciata dell'edificio era coperta da un alto ponteggio, eretto per i lavori di ristrutturazione.

Il cancello d'ingresso in ferro battuto, con le iniziali "C M"

Ritornando alle origini del toponimo del palazzo, non nascondiamo che il nostro intuito ci ha portato a indirizzare la ricerca verso la famosa famiglia di giureconsulti, chiamata "Grammatico": famiglia originaria della città di Aversa, il cui massimo esponente fu il grande Tommaso Grammatico, riconosciuto autore di diversi trattati di diritto, poeta, scrittore e apprezzato giureconsulto presso il Regio Tribunale della Vicaria, nonché componente del Sacro Regio Consiglio.
Non è assurdo infatti ipotizzare che uno dei rampolli di questa famiglia, se non proprio Tommaso, abbia scelto la propria dimora nel Casale di Piscinola, luogo all'epoca ameno, prossimo alla città, per rendere agevoli i continui viaggi, necessari per il raggiungimento della sede di lavoro al tribunale di Napoli o in altri uffici. Ma questa nostra ipotesi, seppur affascinante e verosimile, non ha comportato finora alla scoperta di indizi e di prove testimoniali che ne potessero avvalorare la nostra ipotesi; tuttavia abbiamo sempre la speranza che prima o poi scopriremo la chiave di lettura di quello che cerchiamo...!
E... qualcuno scrisse sul muro: “Viva i garibaldini”…! 

L'esedra di accesso al giardino, vista dalla villa Mario Musella
Una scritta anonima, tracciata con vernice rossa, richiamava la frase patriottica di “VIVA I GARIBALDINI” e si poteva leggerla ancora chiaramente, fino alla metà degli anni ’80, sull’imponente muro di tufo in via del Salvatore. Una volta demolito il muro, intorno al 1988, la scritta è entrata a far parte a pieno titolo tra i misteri e le leggende che accompagnano la storia di Piscinola. Nessuno sa dire con certezza se essa sia stata scritta per mano di qualche filo-garibaldino piscinolese che, nel lontano 1860, acclamò in questo modo la venuta di Garibaldi a Napoli, oppure fu uno slogan elettorale del partito “Fronte Democratico Popolare”, scritta forse durante le elezioni politiche del 1948, quando questo partito presentò come suo emblema elettorale il volto Garibaldi. Anche questo mistero resta…!
Il palazzo risulta ben evidente nelle mappe antiche ottocentesche, tuttavia erano presenti solo i due corpi di fabbrica, distinti e separati, uno situato lungo via del Salvatore e l'altro su via V. Emanuele, mentre il cortile interno si apriva alla piazza di Piscinola, che aveva per scenografia l'architettura di ingresso della villa, con l'attuale esedra. Lo "zoccolo" che lega i due corpi di fabbrica (ci riferiamo alla parte che si erge su piazza B. Tafuri), è stato realizzato nei primi anni del secolo scorso.
Questo lato del palazzo, più recente, è caratterizzato da una serie piccoli balconi sottesi ad eleganti archi di volta. Mentre l'ampio loggiato sovrastante è delimitato da una semplice ed elegante ringhiera in ferro, un tempo sorretta con pilastrini sormontati da vasi con piante.
Il corpo di fabbrica che si affaccia sulla via Vittorio Emanuele presentava il tetto a capriata, delimitato da una "coronazione" realizzata con una specie di merlatura in piperno. Questo elmento architettonico, assieme al bugnato presente nella parte bassa dell'edificio, rappresentano altri indizi che fanno risalire alle origine antiche e nobiliari dell'edificio descritto. Questi particolari architettonici del palazzo sono ben evidenziati nelle prime foto cartoline di Piscinola, intorno agli anni '20, nelle quali è raffigurata la piazza B. Tafuri, all'epoca denominata Piazza del Municipio, con ai lati i due edifici emergenti, che sono, appunto, il Municipio e il Palazzo Grammatico.
L'interno del palazzo risulta discretamente  conservato rispetto alla sua conformazione architettonica originaria, con qualche evidente trasformazione; il tutto sempre contraddistinto dalla semplicità dello stile e delle decorazioni. Sicuramente l'elemento più caratteristico è rappresentato dall'esedra di accesso al "Giardino delle delizie" annesso al palazzo, realizzata con una brevissima doppia rampa  e un bel cancello in ferro battuto, sostenuto da due pilastri in muratura posti ai due lati.
Altro elemento caratteristico è costituito dalla cosiddetta "Colombaia", ovvero una struttura in muratura completamente suddivisa con finestrelle ad arco acuto; le cui fattezze architettoniche e i fregi richiamano le forme di un tempietto cinese in miniatura.
Colombaia, foto elaborata digitalmente (S. Fioretto)
Il curioso manufatto era adibito all'allevamento dei colombi, un tempo utilizzati per lo scambio dei messaggi tra persone ed erano anche apprezzati in cucina, per la prelibatezza della loro carne, utilizzata per preparare le pietanze destinate a bambini anemici e ai malati debilitati. Il tempietto un tempo era sormontato da un tetto in lamiera argentata con le punte delle falde rivolte verso l'alto, che riproducevano proprio quelle presenti nei templi cinesi. Purtroppo il tetto è andato perduto negli anni scorsi.
Il giardino era chiamato "delle delizie", perché in esso venivano coltivate varietà di frutta ricercate e prelibate, apprezzate soprattutto durante il periodo estivo, quando i proprietari solevano trascorrere lunghi periodi di vacanza. In esso si producevano principalmente agrumi, fichi, uva da tavola, cachi, gelsi, pesche e prugne. Nel giardino era presente anche un'area adibita ad orto, nella quale si seminavano ortaggi e cereali, destinati all'utilizzo familiare. 

La colombaia
Nella parte centrale della villa si ergeva una cappella che conteneva l'immagine in altorilievo di una natività, realizzata  in gesso. L'opera fu salvata e recuperata dalla distruzione durante la trasformazione del giardino, grazie all'interessamento del compianto ex pugile Pasquale di Stazio e oggi si trova protetta dall'intemperie, sotto a un arco situato a lato del cortile del palazzo. Lo stile e le dimensioni della scultura richiamano quelle della Pietà, che si trova incastonata sulla facciata della Arciconfraternita del SS. Sacramento in Piscinola, è molto probabile che entrambe le sculture siano state realizzate dallo stesso artista.
Nel lato del palazzo prospiciente alla sacrestia della chiesa del SS. Salvatore è stato posto un pilastrino di marmo di granito, a forma cilindrica, le cui fattezze richiamerebbero alla sua antica provenienza.
L'elemento, che serviva a
proteggere lo spigolo del palazzo dal logorio dei carri trainati da equini (le carrette), potrebbe infatti trattarsi di un "elemento di spoglio", tratto da qualche architettura tardo antica presente in zona...

Tra i proprietari del palazzo Grammatico troviamo anche la famosa famiglia Cocle, il cui massimo esponente fu il cardinale Celestino Cocle, che fu superiore redentorista, arcivescovo di Pratasso e confessore ufficiale del re Ferdinando I e della famiglia reale borbonica.
L'edificio nel secolo scorso è stato anche sede dell’istruzione pubblica, infatti alcuni locali furono adibiti ad accogliere la sezione maschile della scuola elementare di Piscinola (la sede della sezione femminile ci risulta che sia stata realizzata in via del Plebiscito).
Questa scuola nel palazzo Grammatico era intitolata a "Guglielmo Pepe".
Foto ricordo di una classe della scuola elementare "Guglielmo Pepe"

Bisognerà attendere l’anno 1929, ossia in pieno periodo fascista, per vedere inaugurata l’imponente mole dell’edificio scolastico intitolato a Torquato Tasso, edificata in un’area prospiciente l’antica Via Plebiscito.
In un locale esistente al piano terra del palazzo fu allestita, verso la metà degli anni '50 del secolo scorso, la sala di musica della banda musicale di Piscinola, che fu anche sede dell'associazione che la gestiva. Sappiamo che la sede della banda di Piscinola subì nel tempo diversi spostamenti, oltre il palazzo Grammatico, l'ultima sede fu il locale situato nel palazzo “Chiarolanza”, oggi diventato il teatrino dell’oratorio della chiesa del SS. Salvatore. Spesso, specie nei giornate di bel tempo, si solevano organizzare le prove musicali all’aperto, nel cortile interno del palazzo “Grammatico”, in queste circostanze la banda di Piscinola era sempre attorniata da molti Piscinolesi, che accorrevano ad ascoltare della “buona musica”!
Cortile interno del palazzo (2010)
I locali posti sul lato che guarda alla piazza B. Tafuri hanno ospitato i celebri negozi di Piscinola antica, tra i quali: il presidio di "Sali e Tabacchi" (che ebbe il primo telefono pubblico installato a Piscinola), la "Cantina di don Lorenzo" (poi diventata "Cantina Pippotto"), la sede del Partito Comunista, il "Circolo dei Cacciatori" e altri negozi, i cui titolari sono stati ricordati negli anni scorsi, in altri post pubblicati in questo blog.
All'interno del palazzo Grammatico fu installato anche un laboratorio di analisi cliniche, dal compianto dottore Giuseppe Lapenna, che qui ebbe anche il suo primo studio medico e la sua abitazione.
Piazza B. Tafuri, cantina e lato del palazzo grammatico, angolo via V. Emanuele, 1971
Con gli interventi di ristrutturazione urbanistica e la ricostruzione avvenuta dopo il sisma del 1980, i giardini della Villa Vittoria furono requisiti per diventare una villa municipale. L'alto muraglione, un tempo esistente, fu demolito e al suo posto fu realizzata una recinzione in cemento armato, sormontata da un'alta cancellata in ferro. Sono stati poi realizzati i tre ingressi pedonali: in via del Salvatore, in via V. Emanuele e in via Gustavo Hermann (con accesso da Via Napoli). In corrispondenza dell'ingresso di via Hermann è stata realizzata anche un'area di parcheggio per auto. Il giardino è stato riorganizzato con una interconnessione di vialetti, spazi e aiuole.
L'area posta a lato di via del Salvatore fu inizialmente piantumata con un folto palmeto (delle varietà Phoenix e Washingtonia), mentre quella prospiciente alla via V. Emanuele, con alberi di Lecci, Cercis Siliquastrum (detti "Sangue di Giuda") e con altre essenze botaniche ad alto fusto.
Facciata e portale del palazzo Grammatico (foto tratta da Google maps)
Sul lato del vecchio ingresso del palazzo Grammatico è ben conservato un poderoso e secolare albero di Eucalipto (chiamato da qualcuno "Nonno Vecchio"), ed è  un albero originario dell'antico giardino delle delizie del palazzo, le cui cime svettano tutt'oggi sopra i corpi di fabbrica e sono ammirabili da lontano, fin dalla via del Plebiscito... Altre essenze sopravvissute dell'antica dimora sono alcuni alberi di agrumi e un altro antico e raro albero, anch'esso secolare. Al centro della villa è stato realizzato un collegamento pedonale tra le due zone poste a diverse quote, costituito da un corpo di fabbrica a due livelli, alla cui sommità è presente un pergolato realizzato in struttura metallica. Il piano inferiore
di questo piccolo edificio è adibito ad accogliere gli uffici dei custodi, il deposito attrezzi dei giardinieri, i servizi igienici e gli spogliatoi, mentre nel livello superiore è stato realizzato il camminamento pedonale. Ai lati di questa zona è presente anche una piccola fontana e una scala in muratura. 
Nell'area meridionale della villa municipale sono presenti anche alcuni manufatti in muratura e acciaio, dedicati agli svaghi ludici del bimbi, quali una torretta di avvistamento, delle scalette a ponte, degli scivoli, ecc.
Purtroppo l'epidemia botanica del "Punteruolo rosso", che ha imperversato negli scorsi anni, ha distrutto quasi tutte le palme Phoenix, un tempo esistenti, soprattutto nelle aree vicine alla via del Salvatore e a via Gustavo Hermann. Quest'ultima area è stata pavimentata e attrezzata con altalene, scivoli e giostrine per bimbi.
La Villa municipale di Piscinola, dopo diversi anni dalla  sua inaugurazione, nel 2002, è stata intitolata  al cantante piscinolese Mario Musella, che ebbe i natali in un'abitazione adiacente proprio al palazzo Grammatico, nell'anno 1945. La dedica marmorea si trova affissa ai lati dell'ingresso su via V. Emanuele.

Salvatore Fioretto


Ecco un breve video della visita guidata eseguita all'interno del palazzo Grammatico, realizzata nell'anno 2019.

Il palazzo Grammatico 

Villa Mario Musella, palmeto andato poi distrutto a causa del Punteruolo rosso, foto risalente all'anno 2003

 

venerdì 7 febbraio 2025

marzo 1929: Il passaggio delle Tramvie del Nord all' Azienda Tramviaria Comunale

E' questa la cronaca di un avvenimento storico accaduto nell'anno 1929, allorquando, in base alle disposizioni del governo fascista, tutte le compagnie di servizi straniere, che avevano investito e gestivano gli impianti e le reti di trasporto nelle città italiane, furono espropriate e gli stessi impianti passarono sotto la gestione delle amministrazioni comunali e provinciali locali. Anche gli impianti e la rete dei trasporti napoletani delle "Tranvie di Capodimonte", divenute "Tramvie del Nord" (gestite dalla società belga S.A.T.N.: Sociètè Anonyme des Tramways Napolitains), passarono sotto il controllo dell'Azienda Tranviaria del Comune di Napoli (A.T.C.N.). L'articolo contenuto nel periodico comunale dell'epoca descrive sinteticamente la giornata inaugurale della nuova gestione, festeggiata con una corsa speciale di un convoglio di tram imbandierato, che attraversò la tratta Dante-Garrittone-Miano-Piscinola, tra sventolii di bandiere, di applausi e con i vari discorsi tenuti dai responsabili e dagli amministratori nelle piazze di Miano, Piscinola e Marianella. La cronaca rispecchia un po' il clima dell'epoca, durante il quale la stampa era assoggettata dalla propaganda fascista, con slanci patriottici e di parte... Abbiamo a lungo temporeggiato sulla pubblicazione dell'articolo, purtuttavia è prevalsa la decisione di farlo, perchè l'evento appartiene, nonostante tutto, alla nostra storia, anche se non è stato quello un periodo edificante per la città e soprattutto per il nostro territorio.

Dal "Bollettino del Comune di Napoli di rassegna illustrata di storia, arte..." pubblicazione marzo 1929, Anno 55° n.3, pag. 40. - Tip. F. Giannini e F., via. Cisterna dell'Olio.

"Il 17 marzo (1929) si é inaugurato ufficialmente il servizio delle tranvie del Nord passate al Comune.
Nelle prime ore del mattino alla sede dell'Azienda è propriamente nel gabinetto del subcommissario si svolse una simpatica cerimonia a iniziativa degli impiegati e del personale delle tramvie di Capodimonte, che vollero rendere atto di omaggio al comm. Giove per l'opera attiva da lui svolta per il passaggio della rete tramviaria del Nord al Comune di Napoli.
Nel pomeriggio poi, alle ore 16, prendevano posto in un treno riservato composto di una motrice con rimorchio e partente da Piazza Dante, il R. Commissario Almansi, l'on. Sansanelli, il sub commissario Giove, il direttore dell' Azienda Tramviaria comm. Pernice, il segretario provinciale dei Sindacati ferrotramvieri avvocato Biancardi, l'ingegnere capo dell' Azienda Eller, il dott. Spiezia, fiduciario dei gruppi rionali, un gruppo di giornalisti e numerosi altri invitati.
Il treno imbandierato giungeva dopo una ventina di minuti al deposito del Garittone dove numeroso personale dell'Azienda, con la musica dei tramvieri, fece alle autorità una caldissima manifestazione.
A Miano grande quantità di gente attendeva il trenino. II R. Commissario Almansi e l'on. Sansanelli visitarono la sede del Circolo rionale dove parlò il tenente Cassarà. Rispose l'on. Sansanelli, compiacendosi per la fusione degli spiriti e la disciplina dei fascisti della zona. Il viaggio proseguì quindi per Marianella. Quivi formatosi un magnifico corteo di migliaia di persone con musiche e bandiere, le autorità furono accompagnate a Piscinola, alla sede del Municipio. Da un balcone di questo, alla immensa folla di fascisti, cittadini, balilla e giovani italiani, riunita nella vasta piazza, parlarono vari oratori. Il dott. Ubaldo Spiezia, fiduciario dei gruppi rionali fascisti alla cui fervida attività si deve il successo del passaggio delle tramvie del Nord al Comune, parlò con molto slancio e con grande fede. Il R. Commissario Almansi rivolse quindi parole di grande lode al sub Commissario Giove, qualificandolo uno dei più valorosi suoi collaboratori, [...].
Parlò poscia l'on. Sansanelli, rivolgendosi specialmente alle magnifiche centurie di balilla."

Le tramvie cittadine furono duramente colpite durante i bombardamenti del 1943, da parte delle incursioni aeree delle truppe alleate angloamericane, ma furono poi ricostruite pochi anni dopo. Anche il vastissimo parco dei convogli tramviari subirono la stessa sorte. Dobbiamo arrivare all'inizio degli anni '60, per vedere notevolmente ridimensionata la rete tramviaria cittadina e ridursi così al lumicino, per favorire una politica dei trasporti che incentivava l'utilizzo massiccio dei mezzi su gomma, e non solo nei trasporti pubblici. 

Salvatore Fioretto