sabato 9 dicembre 2017

La cantata dei Pastori... di Natale Mele



La Cantata dei pastori è un’opera teatrale a soggetto religioso. Narra del viaggio che compiono Giuseppe e Maria a Betlemme. Ovviamente la nascita del Salvatore sarà la totale e finale sconfitta di Belfagor e dei suoi diavoli.
Questa masnada di esseri infernali proverà in tutti i modi ad arrestare il cammino della Santa Coppia per impedire la nascita del Bambino. Lo scenario non è in verità il territorio palestinese. Piuttosto appare chiaro che si tratta di una collocazione nella nostra terra napoletana con appendici abruzzese. C’è il mare, la campagna e la montagna. E nell’alternarsi di questo territorio presepiale c’è il pescatore e il pastore; il cacciatore e il l’oste insieme con l’andirivieni di personaggi di strada. La storia letteraria dell’opera risalente al seicento e ad Andrea Perrucci la possiamo ritrovare in Wikipedia.
Ormai l’accesso facilitato a questa immensa biblioteca informatica può decisamente arricchire le nostre conoscenze. Con Roberto De Simone e Peppe Barra  l’opera, pur  modesta del teatro sacro napoletano,  vissuta per secoli  con incredibile intensità emotiva a livello di sacrestie attrezzate per l’occasione, è passata ad essere un successo Teatrale e televisivo di notevole valore.
Molta napoletanità, intanto, un tempo sottovalutata o anche dimenticata, ha trovato una vera e propria risurrezione. A me sembra che siano andate di pari passo la rivalutazione del Natale Napoletano tradizionale con Canti popolari rappresentazioni di teatro detto minore e i presepi dell’Arte e l’arte dei Presepi. 
Mai come negli ultimi tempi San Martino e San Gregorio Armeno sono stati così affollati di Napoletani e turisti di ogni provenienza. Una folla immensa passeggia nella Napoli Nobilissima del Centro Storico. Il suo vestito settecentesco ispira veramente la gioia di vivere.
Può essere complementare e, forse, anche utile per il buon gusto, da parte nostra, cioè da parte piscinolese, ripensare alla “nostra” Cantata dei Pastori. A quel pezzo di filodrammatica che, con la Tragedia della Madonna delle Grazie, La Religione Trionfante e altre rappresentazioni, riusciva a far sentire protagonisti di cultura contadini, muratori, bottai e barbieri; ferrovieri e portalettere; braccianti e poveri disoccupati. Per anni, forse per secoli, una fiumana di gente vincendo il freddo delle serate di dicembre, si accalcava nella sacrestia. 
Palcoscenico ben allestito, il suggeritore d’arte e con le luci della ribalta: “Ecco l’alba che spunta … e tu ancora dormi Benino.” La voce di Armezio dava inizio nel più religioso silenzio alla Cantata dei Pastori. Era Gennaro Severino; sembrava fatto apposta. Nessuno avrebbe mai pensato ad un altro. Era lui il santo vecchio. E con lui si alternavano di anno in anno tutti gli altri per essere Ruscello, Citonio, Maria, Giuseppe. E soprattutto Belfagor. Gaetano Cangiano era indispensabile.
La sua caduta come diavolo sconfitto faceva tremare il palco e il sangue nelle vene. Si era così. Nessuno riusciva più a sentirsi estraneo spettatore. Si era lì, in mezzo all’evento con tutta l’ansia di protagonisti. 
Che bello. Mentre scrivo mi viene ancora la pelle d’oca!
Ricordo a proposito quando ad Afragola la nostra compagnia, dove recitava anche mio padre, rappresentò la condanna a morte di Santa Lucia. Mio padre impersonando Pascasio, il Procuratore romano,  con enfasi gridò verso la Santa: sia condotta al patibolo! Una vecchia del pubblicò gli gridò “’nfamò” e lo colpì con una zoccolata in fronte. 
Tornando alla Cantata, quante risate quando usciva Sarchiapone.
Penso che pochi abbiano avuta la verve comica di Tonino Aruta. E che dire della figura delicata esile e sfiziosissima  dell’imbroglione professionista, di Razzullo: Mimì Manna. I due, perennemente affamati, si destreggiano tra il bosco e una fantomatica Taverna. Complicano e sciolgono le vicende della Coppia Santa, ma alla fine impersonificano con realistica emozione la fame atavica di tanti piscinolesi meno fortunati. 
La festa finale: nasce il Signore, Armezio con i suoi figli arriva profetizzando, come il Simeone dell’Evangelista Luca. Belfagor è sconfitto e il coro delle miriadi celesti intona un canto stupendo accompagnato dalle zampogne.. 
Non so se agli occhi smaliziati della gente di oggi passiamo per ingenui o anche cretini. No. Avete torto marcio: si piangeva. Si. Si piangeva di gioia. Perché oggi come allora chi piange di gioia non è un cretino!
E’ Natale. E tanto basta.
Natale Mele

La redazione di Piscinolablog ringrazia con affetto e stima il carissimo amico e scrittore, Natale Mele, per questo pregevole contributo che ha voluto donare alla nostra "rassegna" di recupero delle eccellenze del territorio, ricordando i fasti di quella che fu un'altra bella iniziativa che gli antichi piscinolesi realizzavano periodicamente, attraverso la "Filodrammatica", con la rappresentazione della Cantata dei Pastori.

Intanto, auguri a tutti di "Buon Natale" e di un "Felice nuovo anno"!
Arrivederci al 2018.



Le immagini riportate in questo post sono di repertorio e non hanno alcun riferimento particolare alla storia raccontata. Esse sono state tratte liberamente dai siti web dove erano inserite, col il solo scopo di accompagnare il racconto e per la libera diffusione della cultura, ovvero senza scopi di lucro. E' vietato copiare e utilizzare il racconto pubblicato senza l'esplicita autorizzazione dell'autore.