venerdì 29 marzo 2024

Il "sovrano" di ogni festa ...Ecco sua maestà il forno!


Se volessimo allestire un museo storico-antropologico del nostro territorio, sicuramente nella sua parte centrale dovremmo installare una riproduzione, superba e solenne, nelle sue fattezze antiche, per ricordare l'importanza che ha avuto per le antiche generazioni: ci riferiamo al forno a legna, che un tempo era al centro della vita quotidiana di ogni masseria e di ogni cortile sia di Piscinola che di tanti altri borghi.
Il forno, infatti, era un elemento basilare della società contadina di un tempo e possedeva molteplici correlazioni con diverse discipline umane, come, ad esempio, con l'architettura, con la gastronomia, con la sociologia e soprattutto con la biologia, per la sua elevata azione ecosostenibile, a favore dello sfruttamento e della trasformazione dei rifiuti organici. In merito a quest'ultimo aspetto, è dimostrata la benefica azione esercitata dal forno, durante il suo funzianamento, nel rispetto dell'ambiente... Innanzitutto non produceva inquinanti tossici, ma sono anidride carbonica, tuttavia questa produzione di gas rientrava comunque nell'ambito di un ciclo biologico chiuso, che non apportava l'innalzamento dei valori globali del gas.

La preziosissima opera esercitata dai forni nei tempi andati (assieme ai camini) consisteva nella termodistruzione dei materiali di risulta, che in pratica erano solo organici e assimilabili al legno, alla carta e a fibre vegetali secche derivanti dalle lavorazioni dei legumi e dei cereali.
L'azione dei forni era quindi determinante per quell'epoca, quando i rifiuti urbani erano ridotti al minimo e quelli industriali erano praticamente assenti, il tutto attraverso un ciclo naturale e sostenibile. Ricordiamo anche, come riportato in un precedente post, che molti rifiuti risultanti dalle lavorazioni dei prodotti agricoli erano riutilizzati anche come concime nei campi.
Il forno, che un tempo era capillarmente presente negli antichi palazzi a corte e nelle masserie, aveva una conformazione costruttiva che era il risultato di lentissime stratificazioni storiche avvenute nei secoli, apportate in base alle esperienze maturate dai popoli che si sono succeduti. La forma dell'opera è stata
forse iniziata dai primi popoli conquistatori e da quelli cosiddetti italici: Greci, Etruschi, Osci, Sanniti, ecc.; tuttavia possiamo dire che già ai tempi dei Romani il forno aveva assunto una conformazione costruttiva praticamente definitiva, che come si noterà dalle foto inserite in questo post, non era molto discostante dalla forma assunta ai nostri tempi.
I forni antichi a Napoli e in Campania presentavano una caratteristica fondamentale che era quella di essere realizzati interamente con materiali di terracotta (mattoni e lastre di base) mentre le pietre di tufo erano utilizzate per realizzare la parte portante; un format classico era la realizzazione della superficie della base del forno con lastre di terracotta (dette biscotti), prodotti nelle fornaci della penisola sorrentina, mentre i mattoni potevano provenire sia dall'entroterra casertana che da quella napoletana. Come legante tra questi elementi di costruzione era utilizzato il gesso.
Altra caratteristica importante del forno napoletano era quello di presentare una camera di cottura ampia, a forma circolare, fino a 3 metri di diametro, sormontata da una volta
a sesto ribassato. Tale ampiezza consentiva di contenere fino a 200 e oltre pezzi di pane, in cottura contemporaneamente ...
Spesso anche la parte esterna (quella sormontante la bocca del forno), presentava una volta ad arco, ma più sovente c'era una semplice piattabanda a forma di cassa. Nella parte sottostante alla camera di cottura era poi presente un piccolo ambiente, alto pressappoco un metro, che aveva la funzione di conservazione del legno (legnaia). Una curiosità da dire è che tanti erano coloro che attrezzavano questo piccolo ambiente come pollaio. L'adattamento si mostrava ottimale nel periodo invernale, ma non era indicato nel periodo estivo, a causa della eccessiva temperatura ambientale e la scarsa areazione... 
Poichè la camera di cottura era priva di sfiati, il fumo prodotto durante la combustione della legna veniva veicolato all'esterno della bocca del forno, dove era presente l'imbocco di una canna fumaria.
La bocca del forno era chiudibile con un coperchio realizzato in lamiera di acciaio a forma semicircolare, di diametro poco più grande della luce presente, questo per assicurare una sufficiente tenuta. Questo coperchio era munito di un piede di appoggio sempre di acciaio, che veniva anche utilizzato per la presa manuale, durante l'apertura e la chiusura del forno.
Per riscaldare il forno si utilizzavano le famose "fascine", che consistevano in fasci di rami raccolti durante i lavori di potatura degli alberi e delle piante, come ad esempio di pioppi, di viti, di alberi da frutto. Per il legamento delle fascine si usavano rami verdi di salice rosso, di pioppi o di viti. Le fascine avevano la forma a fuso, di diametro pressappoco di 50 cm e di lunghezza variabile, fino a circa 2 metri. La cosa importante era quella che l'avvio della combustione nel forno doveva avvenire al mattino presto, al fine di poter raggiungere la temperatura richiesta al momento di infornare i pezzi di impasto, tale temperatura doveva aggirarsi intorno a 250 °C. Considerato che soprattutto in estate la fermentazione dell'impasto era veloce, a causa dell'alta temperatura ambientale, l'accensione del forno doveva avvenire molto presto, e non era infrequente che si doveva iniziare la procedura già alle 4 del mattino...!
Una cosa importante che bisogna dire è quella che i forni erano considerati dei beni collettivi comunitari, e potevano essere utilizzati da tutte le famiglie abitanti nel cortile o nella masseria dove erano presenti. Tutte queste persone dovevano però concorrere alle spese della manutenzione o al rifacimento. Ovviamente per l'utilizzo del forno si fissava una turnazione e occorreva mettersi d'accordo prima. Chi lo utilizzava doveva approvvigionarsi della legna occorrente e doveva provvedere alla sua pulizia finale.
Una volta raggiunta la temperatura richiesta, si procedeva all'estrazione della cenere formatasi durante la combustione, compreso i tizzoni che erano ancora accesi. In questa fase c'era anche la possibilità di formare il carbone (carbonelle) utile per essere utilizzato per gli usi  domestici, sia per il riscaldamento degli ambienti con bracieri di ottone
('o vrasiero) e sia per l'alimentazione di piccole fornaci ( furnacelle).
Per produrre il carbone si procedeva a separare e a raccogliere i tizzoni attivi in opportuni contenitori metallici a tenuta, muniti di coperchi (perchè si doveva garantire l'assenza di ossigeno nel contenitore), tale contenitore permetteva così di bloccare il completamento della combustione. Dopo il raffreddamento, il carbone era cernito con setacci metallici e conservato in sacchi asciutti per l'uso domestico della famiglia.
Per la pulizia del forno si utilizzava un apposito attrezzo, costituito da un asse di legno terminante all'estremità con una scopa realizzata con foglie di palme secche (scopa di foglie di chamaerops, chiamata in gergo "scopa p''o furno").
Durante l'operazione di pulizia del forno, onde evitare la combustione, la scopa doveva essere ripetutamente bagnata, immergendola in un apposito secchio pieno d'acqua, sistemato ai piedi del forno. Per la gestione del fuoco si utilizzava una specie di pertica di legno (sovente di pioppo o di castagno), sufficientemente lunga per raggiungere tutte le zone dalla camera del forno. Altri due attrezzi utilizzati per l'utilizzo del forno erano: una pertica di legno terminante all'estremita con un uncino, anch'esso di legno; tale attrezzo consentiva di movimentare i pezzi di pane durante la cottura e il relativo prelievo (scazzaturo); e poi c'era la "pianella": un attrezzo che era indispensabile per infornare il pane, composto da un asse di legno, terminante all'estremità con un piatto circolare, sempre di legno. Sopra questo piatto si sistemavano i pezzi di pasta di pane per poterli infornare. Lo spargimento di un velo di farina sulla superficie del piatto era necessario per evitate attaccamento dell'impasto al legno...
Il pane aveva una forma solitamente circolare, ma erano in tanti a utilizzare altre forme, come quella affusolata ('e panielli).
Per preparare l'impasto nei tempi antichi era utilizzata una farina di tipo integrale; col tempo, però, si diffuse anche l'utilizzo di farine raffinate. Il pane prodotto con la farina integrale era chiamato 'o pane 'e rrane... (pane di grano duro).

Durante le
feste solenni  dell'anno, come Natale, Santo Stefano, Pasqua, Ascensione e durante le feste patronali, i forni diventavano il "centro" comunitario di ogni masseria o di ogni cortile del Borgo: il luogo adibito alla cottura di numerose pizze, tortani, ruoti di carne o di pesce, e soprattutto di dolci... 

Ovviamente l'emanazione di profumi più variegati, durante la cottura di queste pietanze, completavano la "scena", e il vento contribuiva a trasmettere questi aromi anche a notevole distanza, per tutto il circondario...
Per descrivere le principali pietanze che erano cotte nei forni, iniziamo per primi con i sottoprodotti del pane, che erano le "freselle", i biscotti per fare le zuppe e il pane raffermo grattugiato.
Le "freselle" erano realizzate utilizzando una porzione dell'impasto preparato per produrre il
pane, stabilendo in precedenza le quantità dedicata a esse. Per realizzare le "freselle", si formavano con l'impasto delle ciambelle circolari, di diametro pressappoco di 30 centimetri.  Il procedimento di cottura delle "freselle" prevedeva due fasi. Nella prima fase, le ciambelle erano infornate a seguire i pezzi del pane, riservandone uno spazio libero anteriore alla camera di cottura, prospiciente alla bocca del forno. Appena le ciambelle iniziavano a cuocersi e la loro forma a gonfiarsi, venivano estratte dal forno e, anche se caldissime, erano tagliate a metà, lungo l'asse circonferenziale, in modo da ottenere due semi ciambelle, che poi erano le classiche forme delle freselle.

Le freselle appena formate venivano quindi di nuovo infornate, per far completare la cottura e farle diventare dure e dorate. Un procedimento molto simile avveniva anche per preparare i biscotti duri utilizzati per fare le zuppe.
Il pane grattugiato (grattato) era invece prodotto recuperando il pane raffermo avanzato nel corso delle settimani precedenti. I vari pezzi erano raccolti e infornati sopra appositi vassoi metallici (guantiere). Questa cottura era eseguita solitamente dopo aver estratto il pane. Una volta che i pezzi di pane erano tostati, venivano estratti dal forno e fatti raffreddare; successivamente venivano ridotti in graniglia, usando apposite grattugie manuali (rattacaso).
La regina dei nostri forni è sempre stata la pizza di pomodoro, che qui da noi era preparata disponendo la pasta su delle apposite teglie metalliche (spesso rudimentali e annerite per l'uso continuo)... Sopra la pasta erano sistemati i pomodori freschi (quelli del piennolo), schiacciati a mano, aggiungendo: aglio, basilico e origano, prodotti nei giardini di famiglia. Per condire la pizza era utilizzata la sugna preparata in casa. Questa pizza al pomodoro, preparata in maniera tipicamente contadina, si presentava, in pratica, come una sorta di focaccia, con la pasta abbastanza spessa ma morbida, dal profumo intenso e dal sapore invitante...!!
I tortani e le pizze rustiche, che venivano preparate durante le feste erano di diversi tipi: a Natale, faceva da padrona la pizza di scarole, preparata con l'aggiunta di pinoli, uva passa e alici sotto sale, mentre a Pasqua c'erano: il "casatiello" e la "pizza chiena". Sul casatiello facevano bella mostra le uova sode.
Per le feste patronali erano preparati ruoti con carne di coniglio o di pollo alla cacciatora, oppure l'immancabile cappone o gallina farcita, detta 'a gallina 'mbuttunata. Qualcuno preparava anche anatre ed oche al forno. Per la festa del SS. Salvatore il piatto tipico era i "peperoni imbottiti" (peperoni 'mbuttunati), con carne macinata, uova, uva passa, pinoli, formaggio, prezzemolo e pane raffermo.
Anche i dolci erano cotti nel forno a legna. A Pasqua c'erano le immancabili pastiere di grano e i tortani dolci, mentre a Natale si preparavano i roccocò; a questi ultimi si preferiva dare la forma di biscotti e non tondi. Altri dolci cotti durante l'anno erano le cosiddette 'muniache, che erano dei biscotti dolci e molto fragranti oppure gli ancinetti (biscotti all'anice). Per i rustici non mancavano i saporiti taralli, con sugna, mandorle e pepe (taralli 'nzogna 'e pepe)
Anche la cenere del forno era riutilizzata, sia come concime nei campi e sia come detergente da aggiungere nel bucato dei capi di biancheria (
'a culata).

Roccocò a forma di biscotti
Il forno era utilizzato anche per la produzione dell'acqua calda, sfruttando il calore latente che veniva immagazzinato nei mattoni anche per molte ore dopo la cottura del pane. L'acqua era contenuta dentro a dei pentoloni che riuscivano ad entrare attraverso la bocca del forno.
Il forno, infine, era utilizzato anche per cuocere preliminarmente alcuni alimenti che poi erano conservati, come i pomodori, i peperoni e la frutta (mele cotogne e prugne).

La redazione di Piscinolablog augura Buona Pasqua a tutti i lettori e simpatizzanti!

Salvatore Fioretto