sabato 11 settembre 2021

Anno 1971. Le vicende sportive di un campione di "Casa nostra", raccontate dalla gioventù dell'epoca...



Il nostro caro amico e assiduo lettore di Piscinolablog, Donato Marano, ha voluto generosamente fornirci una copia di un giornalino parrocchiale, edito a Piscinola nel lontano, 1971, dal quale abbiamo tratto questa bella testimonianza sportiva dell'epoca, scritta da un giovanissimo cronista, Carmine Montesano. Il giornalino in parola è intitolato: “La Fiaccola”, (Anno V. Numero 7, ed. del 4 novembre 1971). La Direzione e redazione della "testata" era stata assunta dal compianto e poliedrico, Don Domenico Severino che ne fu anche fondatore (sede redazionale Piazza B. Tafuri, 65\A). Le foto sono state gentilmente messe a disposizione dalla Famiglia Cossia.

Dalla rubrica: “Fatti e figure di casa nostra”, articolo scritto da Carmine Montesano:

"Quella che scrivo è una storia già nota alla maggior parte dei Piscinolesi. La sua collocazione temporale è negli anni ruggenti non solo per il cha-cha-cha, il boogie-boogie ed altri ritmi, portati tra noi dal vento della guerra, ma soprattutto perché difficili e amari perfino nel ricordo. In quegli anni, 1948 e seguenti, nella complicata situazione socio-politico-economica italiana, veniva crescendo una generazione che proveniva da un’adolescenza che, in verità, non era stata quale oggi si concepisce. Era la generazione dei “figli della guerra”. I figli d’una esperienza atroce, della quale non portavano colpa, ma che avevano immiserito i loro anni più belli e costruttivi. La guerra ha partorito una generazione caparbia, forte, abituata al sacrificio, alla lotta.
Un esempio, a noi molto vicino e degno d’essere  ricordato, è la storia, seppur solo sportiva, d’un nostro compaesano, d’un esponente di detta generazione: AGOSTINO COSSIA.

=LA MANO DEL DESTINO=

Frontespizio del giornalino "La Fiaccola", anno 1971

E’ nato nel 1930 e nel 1948, alla svolta decisiva, ha appena diciotto anni. Soliti trascorsi sportivi in Azione Cattolica, a livello molto dilettantistico. Allora si giocava a basket con pallone di cuoio; si correva per i prato a piedi nudi; si giocava al calcio dopo aver provveduto a fare più pieghe al pantalone. A diciotto anni quindi, al termine di una delle tante passeggiate con amici, passeggiate che abitualmente portavano a Marianella e a Miano, la mano del destino afferra il nostro AGOSTINO. Lo afferra in modo molto brusco, facendolo fare a cazzotti con un comunista che l’aveva invitato a battersi. Forse, se non fosse stato un comunista, neppure per scherzo ci sarebbe stata la tenzone e la passeggiata sarebbe finita tra i sospiri e le speranze dei diciottenni. Ma il 1948 era l’anno chiave della politica italiana. Agostino era democristiano purosangue  ed una bella batosta ad un comunista, anche se per gioco, era felice di farla. E la vittoria, foriera di felici eventi, arrivò immancabile e con essa anche l’interessamento del perditore che riconobbe la supremazia del vincitore.

=PRIMI PASSI=

Dopo tre giorni, alla palestra ROJO, dove l’aveva indirizzato un pompiere di nome Malvone, primo incontro tra i novizi con VERNUTO, finito con un pareggio. Il salto psicologico dalle battaglie della vita a quella del ring è notevole, ma il nostro è combattente di razza e lo supera disinvoltamente. Dopo otto giorni, all’ILVA di Bagnoli, la prima vittoria con due sonanti knock dove dopo quindici giorni i Campionati Italiani a Roma. Perde solo in finale con un romano tale DI FRANCESCO, ma il fatto d’aver combattuto e perso con un romano è già molto. AGOSTINO parte come peso gallo, è mancino in guardia normale, con una certa potenza ed una buona dose di coraggio, doti che non l’abbandoneranno durante la carriera, ma si affineranno col passare degli anni.

=CAPOLINO SULLA SCENA NAZIONALE=


La sua partenza bruciante mette in apprensione la famiglia, che fino allora aveva considerato quell’attività come un semplice hobby. Ora è diverso: Agostino promette bene, ma la famiglia non vuole. Un buon allenamento per il Nostro che così di abitua a combattere fino alla vittoria. Negli anni 1952-52 si succedono vittorie in campo regionale ed interregionale, fino al passaggio (1952) tra i dilettanti, con passaggio di categoria (piuma). Poi il servizio militare a Vigna di Valle. Al ritorno, nell’organico della Palestra “OLIMPIA” e prima chiamata in nazionale per l’incontro ITALIA-TURCHIA a Rimini, sotto la direzione di Steve Claus.
Nel 1955 arriva la prima affermazione nazionale: COSSIA batte MAINARDI ai punti dopo averlo messo K.O. alla seconda ripresa. A Varese si organizza la squadra per gli Europei: COSSIA nelle selezioni batte sonoramente SINACORI e conquista il posto in squadra. Ma SINACORI viene preferito con la scusa che il passaporto di Agostino non è pronto. Invece l’istituto della raccomandazione aveva dato i suoi frutti. Il disgusti e la delusione non intaccano però la volontà di riscossa di COSSIA, che nel ’56 a Parma batte NOBILI e conquista, per la seconda volta il titolo italiano.

=ALLE OLIMPIADI DI MELBOURNE=

E immancabile, a questo punto, la chiamata in nazionale, e, dopo numerose selezioni, che mettono sempre in maggior risalto il valore del pugile nostrano, il sogno delle OLIMPIADI di Melbourne diventa realtà. E’ il primo pugile napoletano a partecipare alle Olimpiadi, seguito dieci anni dopo da COTENA a Città del Messico.

A Melbourne la sfortuna lo mette subito di fronte al futuro vincitore delle stesse: il russo SOFRANOV, autentica forza della natura. Agostino perde ai punti, dopo un match la cui decisione richiede ben tre quarti d'ora d'attesa e risulterà poi l'unico avversario di SOFRANOV a non conoscere il tappeto.
Al ritorno in Italia, passaggio al professionismo con un bilancio molto lusinghiero. Quindici incontri: Quattordici vittorie ed un pareggio. Poi nel ’57 l’ultimo incontro  a Napoli COSSIA batte CIANGARELLI ed appende i guantoni al chiodo. Perché? Perché Napoli è avara con lui, mentre ROMA lo ricompensa con le più belle vittorie. Nemo profeta in patria.
Ora COSSIA AGOSTINO è un attempato maestro di boxe a Caserta; ha messo un po’ di pancetta e passa la maggior parte del tempo libero con la sua famiglia. La sua semplice storia vale a dimostrarci che con due soldi di coraggio e tanta, tanta buona volontà si può diventare veramente campioni."

Ringraziamo i nostri benefattori: Donato Marano, per averci fornito le copie del giornalino da cui abbiamo tratto l'intervista del dott. Carmine Montesano (a cui va il nostro saluto) e l'attore Antonello Cossia, per averci autorizzato alla pubblicazione delle foto di Famiglia. Sicuramente ricorreremo a loro nel prossimo futuro, per ricevere altre belle testimonianze come questa. GRAZIE!

lunedì 6 settembre 2021

San Gennaro e Padre Rocco, per il popolo e con il popolo...!

Domenico Gargiulo, detto Micco Spadaro, processione di San Gennaro, 1631

In occasione della principale ricorrenza annuale di San Gennaro, Patrono principale di Napoli e della Regione Campania, quella del "Dies Natalis", pubblichiamo un pezzetto della storia di Napoli, attraverso un episodio accaduto durante l'eruzione dell'anno 1779, che vede, al centro delle vicende cittadine, il popolare padre domenicano, Gregorio Rocco, assieme al patrono di Napoli, il vescovo San Gennaro. Il racconto è tratto dal libro "San Gennaro: Storia-folclore-culto", di mons. Luigi Petito, ed. LER (nota 80 pagg. 229-230 e pag. 232):

Padre Gregorio Rocco raffigurato in un stampa dell' '800

"Padre Rocco nato a Napoli il 4 ottobre 1700, entrò tra i Domenicani diventando sacerdote col nome di P. Gregorio Rocco. Si dedicò tutto alla elevazione sociale e religiosa del popolino.
Potremmo indicarlo come l'inventore della pubblica illuminazione a Napoli, perché diede luce alle strade esortando il popolo ad accendere delle lampade notturne davanti a circa trecento edicole ed immagini sacre che fece sistemare tra i vicoli e per le strade.
A protezione delle fanciulle pericolanti fondò il ritiro di S. Vincenzo Ferreri alla Sanità. Influì su re Carlo III di Borbone 
(Carlo di Borbone, ndr.)
Dipinto di Achille Gigante
per l'inizio della costruzione del grandioso edificio dell'Albergo dei Poveri, opera dell'architetto Ferdinando Fuga, con una facciata di 354 metri, destinato ad accogliere vecchi, ciechi, la gioventù povera perché apprendesse un lavoro
; combatté tenacemente il gioco d'azzardo. 
Mischiato paternamente e autorevolmente col popolo che s'era abituato a conoscere abbastanza bene per il suo bastone, anche se veniva scagliato da lontano senza che apparisse il padrone, se ne guadagnò così piena la fiducia, da ottenere col suo ascendente quanto nelle sommosse popolari non riusciva a conseguire nemmeno la forza pubblica.
Dipinto acquerellato, tratto da stampa francese dell''800
Nell'eruzione del 1779, il popolo tumultava nel Duomo minacciando di scassinare il portone del Tesoro, perché essendo sera, l'arciv. Serafino Filangieri (1775-1782) aveva negato la consegna delle reliquie di S. Gennaro per la processione. L'ancora di salvezza fu P. Rocco invocato con urgenza, che col suo classico bastone e la voce sonora, imposto il silenzio, così si rivolse al popolo terrorizzato: "Sentite, napoletani miei concittadini: prima che fossi chiamato da S. E. l'Arcivescovo, mi posi a letto, e per la stanchezza avendo preso un po' di sonno, mi venne il desiderio di andare in Paradiso: ci arrivai due ore fa all'oscuro, e bussai, ribussai; finalmente S. Pietro si affacciò, mi riconobbe e mi disse: che vai facendo P. Rocco a quest'ora importuna? Son pieno di timore risposi, vorrei parlare con S. Gennaro, Protettore di Napoli.

Padre Rocco predica al ponte della Maddalena, stampa '800

S. Pietro di aprì la porta, e mi disse: "Vattelo a trovare". Io subito mi indirizzai al coro dei SS. Martiri e lo riconobbi: mi accostai vicino e gli tirai il piviale, lo feci voltare e lo pregai ad interporsi presso dell'Altissimo Iddio a far cessare il fuoco del Vesuvio, ad avere pietà del fedele popolo napoletano.
Egli in verità non mi escluse, ma solamente mi disse: "Questo tuo popolo napoletano non la vuole finire con tanti peccati che di continuo commette in offesa di Dio che è veramente sdegnato; ma io di continuo lo prego con Maria Immacolata a placarsi, ma non è ora; domani mattina ti servirò, vattene ed assisti i tuoi napoletani".
A questo, mi svegliai, m'intesi chiamare che mi voleva S. E. l'Arcivescovo per cosa di somma importanza. Sicché, napoletani vi ripeto quello che mi ha risposto S. Gennaro, cioè, che mò, non è ora, ma fatto giorno, onde pazientate un altro poco".
Eruzione del Vesuvio, Giovanni Battista Mascolo, anno 1633
E con preghiere, parabole e canzoncine riuscì a persuadere il popolo ad organizzare la processione al mattino seguente. Alla sua morte, 2 agosto 1782, la forza pubblica non riusciva a contenere la folla che si accalcava per baciare la sua salma.
Una strada di Napoli, nel rione popolare, verso la zona di S. Anna alle Paludi è a lui intitolata."

Luigi Petito continua a scrivere nel suo libro di Padre Rocco, riferendoci altri aneddoti legati alle vicende dell'eruzione del Vesuvio del 1779 e della attiva protezione di San Gennaro verso i napoletani e la loro città: 

Dipinto di Oswald Achenbach, "Ponte di notte"
"Al ponte della Maddalena Padre Rocco intervenne ancora l'8 agosto 1779; le fiamme del Vesuvio salivano a migliaia di metri di altezza con continue esplosioni, assordanti boati e pioggia di cenere e lapilli infuocati. Il popolo in lacrime, terrorizzato raggiunse con la processione partita dal Duomo l'edicola del Santo e P. Rocco riuscì a calmare la folla ispirando fiducia nella protezione di S. Gennaro che certamente avrebbe impetrato dal Signore l'effetto sperato.
Benedetto l'igneo Vesevo
(Vesuvio) con le le reliquie del Sangue, si avvertì ancora qualche fortissimo boato del vulcano, poi subentrò la stasi e "l'allegria di tutti", come ci attesta l'epigrafe posta poi al basamento della statua."
Dipinto di Scipione Compagno, eruzione del 1631

L'aiuto chiesto a San Gennaro dal popolo napoletano, durante l'eruzione del Vesuvio, non è stato solo quello qui raccontato, ma numerose altre volta si è ripetuta la "scena", nel corso dei secoli, in concomitanza di altre eruzioni distruttive. Probabilmente già intorno al VII secolo, durante una violenta eruzione del Vulcano, molti napoletani si rifugiarono nelle catacombe di Capodimonte e si rivolsero al Santo martire lì sepolto, sperimentando la Sua protezione. Ricordiamo, poi, i fatti ritenuti miracolosi, accaduti il 16 dicembre 1631, che videro l'istituzione della festa del Patrocinio di San Gennaro (3^ festa dell'anno dedicata al Santo) e la costruzione della "Guglia", fino alla solenne processione svolta durante l'eruzione dell'anno 1906. Nel 1944, ovvero durante l'ultima eruzione del Vesuvio, non si ebbe, come ci risulta,  la processione esterna per le strade, a causa dell'occupazione anglo-americana in corso, mentre la Cattedrale risultava inagibile perché colpita da bombe scagliate durante le incursioni aeree; anche se in quella circostanza non mancarono preghiere collettive.

Ponte della Maddalena, devoti all'edicola di S. Gennaro, durante l'eruzione del 1906

La redazione di "Piscinolablog" augura "Buon San Gennaro" a tutti i lettori che si chiamano Gennaro, alla Città di Napoli, a tutta la Regione Campania e ai tanti napoletani e campani che vivono fuori Regione e all'estero

Salvatore Fioretto

Edicola di San Gennaro al Ponte della Maddalena, foto fine degli anni '60. 

Particolare del monumento, con l'immagine di San Gennaro che ferma la lava del Vesuvio

domenica 5 settembre 2021

"Fore 'o trentotto" e... un tram per il Casale...! Parte seconda

La nostra ricerca storica, che non presenta soste, annovera un'altra importante scoperta documentale, ed è quella che presentiamo in questo post, a compendio dell'articolo pubblicato il 23 settembre del 2013, dal titolo "Fore 'o trentotto" e ... un tram per il Casale...!". 
Si tratta del testo del Regio Decreto di autorizzazione per la costruzione della bretella tranviaria Miano-Piscinola, dell'anno 1926. La notizia è stata tratta dal "Bollettino Ufficiale del Ministero dei Lavori Pubblici".
Ecco il testo e le foto:

DECRETO REALE 2 maggio 1926, n.847, (1) che autorizza a costruire ed esercitare un tronco tranviario dal raddoppio di Miano, sulla tranvia di Napoli-Secondigliano, sino a Piscinola.

(Numero di pubblicazione della Gazzetta Ufficiale, 1160).

VITTORIO EMANUELE III

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE

RE D’ITALIA

Visto il progetto portante il bollo dell’ufficio del registro di Napoli in data 10 febbraio 1926, presentato il 25 stesso mese dalla “Società Belga tranvie di Capodimonte” per la costruzione e l’esercizio di un tronco tranviario dal raddoppio di Miano sulla tranvia Napoli Secondigliano, sino a Piscinola;

Visto il testo unico delle disposizioni di legge per le ferrovie concesse all’industria privata, le tranvie a trazione meccanica e gli automobili, approvato con il Nostro decreto 9 maggio 1912, n. 1447;
Sentito il Consiglio superiore dei Lavori Pubblici;
Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per i lavori pubblici;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Art.1.

La “Società Belga per le tranvie di Capodimonte” è autorizzata a costruire ed esercitare un tronco tranviario dal raddoppio di Miano, sulla tranvia Napoli-Secondigliano, sino a Piscinola.

Art.2.

La costruzione del tronco tranviario di cui sopra, dovrà essere eseguita in conformità al progetto dalla Società anzidetta presentato il 25 febbraio 1926, portante il bollo dell’ufficio del registro di Napoli in data 10 stesso mese e tenute presenti le osservazioni contenute nel voto n. 797 emesso sul progetto in parola, in data 16 aprile 1926, dal consiglio superiore dei Lavori Pubblici.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo di Stato sia inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 2 maggio 1926.

VITTORIO EMANUELE.

GIURATI.

Visto, il Guardiasigilli: Rocco

Registrato alla Corte dei conti , addì 27 maggio 1926.

Atti del Governo, registro 248, foglio 139. – COOP

   (1) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno n.124, del 29 maggio 1926.




Per leggere il testo della prima parte, ecco il link:


Via Miano, di fronte all'ex deposito officina del Garrittone

A compendio della notizia storica, ci piace aggiungere una piccola descrizione, molto poetica: rappresentante un "ritratto" del nostro territorio, che ha visto per tanti anni questo mezzo di locomozione, ecologico per eccellenza, attraversare le sue strade e le numerose campagne... E' uno scritto di Giovanni Artieri, tratto dal libro "Italia mia".

[…] Noi napoletani siamo grandi cacciatori di fantasmi, ammalati di curiose nostalgie di luoghi o di persone “mai viste”, di scene fantastiche, di realtà leggendarie; ma ci facciamo personaggi di noi stessi, ricontemplandoci nelle prospettive del tempo, traverso i cristalli deformanti, ma così ricchi di poetici tremori, della nostalgia […]. 
Una trepida tenerezza poetica, quella mattina, mi spingeva su per la salita di Santa Teresa, verso Materdei, dove la collina riposa un breve ripiano e continua per il ponte della Sanità, che si vede in fondo alla strada grandiosa aperta da Pietro Colletta. Ma non si vede il palazzo reale; si vede soltanto ciò che una volta si chiamava il Tondo, un altro ripiano, circolare ombrato di pioppi giganteschi […] una volta un tram verde che conduceva dalla piazza Dante ai paesini di provincia verso il Nord della città: Marianella, Piscinola, Marano; ed anche questa altura, nel silenzio della campagna (ancora campagna a quell’epoca) avevano fondato una fabbrica di birra, uno stabilimento” a vapore” levando un alto camino per lo sfogo del fumo […].

Salvatore Fioretto




Deposito officina del Garrittone, a Capodimonte


Diverse foto delle Tranvie di Capodimonte sono state tratte dal sito degli amici dell'"Associazione Clamfer", che ringraziamo per la consueta e generosa disponibilità.