domenica 25 febbraio 2018

A Bartolommeo Capasso: il "gran vegliardo" della storia antica dei Casali di Napoli



Quando, nel lontano 2013, iniziammo le pubblicazioni di “Piscinolablog”, il nostro primo pensiero fu rivolto a colui che tanto fece per la storia di Napoli e dei suoi Casali, al grande Bartolommeo Capasso. Per l'occasione prendemmo spunto da una sua celebre frase, per dedicargli questo nostro impegno culturale: “Se vuoi essere universale, parla della tua terra”. Fu una meritoria dedica al "Gran Vegliardo", come lo definì il poeta e scrittore Salvatore di Giacomo, perché, grazie alle sue erudite ricerche storiche e alle sue numerose pubblicazioni, tanto dono di notizie Egli fece alla cultura e all'umanità intera; tanto da far conoscere a tutti la storia antica della città Napoli e, con essa, quella dei suoi amenissimi Casali.
Capasso nacque a Napoli, il 22 febbraio 1815, nel quartiere Porto, da genitori originari di Frattamaggiore. 
Il padre, Francesco, era un ricco commerciante di canapa, la madre, Maria Antonia Patricelli, era casalinga, molto religiosa. Alla madre dedicò nel 1846 il saggio: Topografia Storico Archeologica della Penisola”, definendola “Raro esempio di cristiane e domestiche virtù”. Rimasto presto orfano di padre, a soli 6 anni, iniziò gli studi nel Seminario di Napoli, completati poi a Sorrento, dove si era trasferito con la famiglia, perché la madre ebbe a risposarsi con un facoltoso possidente sorrentino. Dimostratosi già in tenere età un talento nell’apprendimento, soprattutto del latino, del greco e della storia antica, era dotato di profondo acume e di spirito critico, al di fuori del suo tempo. 
A 18 anni iniziò un lungo viaggio per la penisola italiana, accompagnato da un caro amico, durante il quale ebbe modo di constatare la grave carenza della ricerca storiografica nell’Italia meridionale, già da lui evidenziata nel corso degli studi.
A 29 anni gli fu affidata da un insegnante, che lo ebbe molto a cuore, il prof. Troya, che fu fondatore della Società di Studi Storici (primo nucleo antesignano della Società di Storia Patria), la direzione del settore della Società dedicato alla ricerca e al riordinamento dei documenti riguardante il periodo aragonese, in particolare quanto concerneva la figura del re Alfonso d’Aragona "il Magnanimo". La Società durò solo tre anni, perché fu chiusa dal governo borbonico, durante i moti del 1848; anche se questo triennio fu proficuo di esperienze per il Capasso.
Bartolommeo Capasso diede vita a un nuovo metodo della studio della Napoli Antica, minuziosamente esaminata nei costumi, nelle leggi, negli usi, nella lingua e nelle costruzioni monumentali.
Egli alloggiava in una modesta casa in largo Santa Maria La Nova (fino al 1877), dove svolse un lavoro ininterrotto e incessante. Usciva solo un’ora la sera, per trascorrerla con alcuni amici, ai tavoli di un caffè. Nel 1844 pubblicò il suo primo libro: “Topografia storica archeologica della penisola sorrentina”.
Nello stesso anno sposò una ragazza diciannovenne, dalla quale ebbe tre figli, due femmine e un maschio. Purtroppo il fanciullo morì a soli cinque anni, a causa della sua costituzione debolissima.
Nel 1849 diede alle stampe: “Memorie storiche della chiesa sorrentina” e, dopo pochi mesi, il saggio “Sull’antico sito di Napoli e Palepoli”, dedicato al figlioletto scomparso.
Nel 1855 pubblicò: “La Cronaca napoletana di Ubaldo edita dal Pratilli nel 1751 ora stampata nuovamente e dimostrata una impostura del secolo scorso”.
Gli studi accurati lo portarono presto a un indebolimento della vista. Problema che si acuirà con gli anni, fino a raggiungere la completa cecità!
Intanto, con l’Unità d’Italia, poteva rivedere la luce la “Società di Studi Storici”, mentre nel 1876, insieme a Giuseppe de Blasiis, Camillo Minieri Riccio, Benedetto Croce e altri, il Capasso fondava la “Società Napoletana di Storia Patria”, della quale fu inizialmente vicepresidente e poi presidente, dal 1883 fino alla sua morte. La "Società di Storia Patria" è tutt’oggi esistente e attiva, con una pregevole e ricca biblioteca. Fondò anche la celebre rivista storica: ”Archivio storico delle Provincie napoletane”.
Nel 1881 venne pubblicato il primo volume di storia approfondito sul Ducato di Napoletano, opera che sarà considerata il suo capolavoro: “Monumenta ad Neapolitani Ducatus pertinentia quae partim nunc primum, tartim iterum typis vulgatur…”. L’opera, che raggiungerà i tre volumi, completati tra il 1885 e il 1892, fu arricchita nel 1896 con la “Carta Corografica del Ducato napoletano nel secolo XI”, che mostriamo in queste pagine, con due foto: nel particolare della mappa si possono scorgere i Casali attorno a Napoli esistenti già nell'anno mille, come Piscinola, Miano, Chiaiano, Polvica, ecc..
Altri suoi lavori furono: “Le fonti della storia delle Provincie Napoletane dal 568 al 1500”, la “Novella di Ruggiero re di Sicilia e di Puglia promulgata in greco nel 1150, con la traduzione in latino”, “Sul catalogo dei feudi e dei feudatari delle provincie napoletane sotto la dominazione normanna”, “La storia esterna delle costituzioni del regno  di Sicilia promulgate da Federico II”, il “Catalogo ragionato dei libri, registri e scritture esistenti nella sezione antica o prima serie dell’Archivio Municipale di Napoli (1387-1806)”, “L’inventario cronologico sistematico dei Registri Angioini conservati nell’Archivio di Stato di Napoli”, “Il Tasso e la sua famiglia a Sorrento”, “Masaniello”, “Napoli greco romana”… E tanti altri libri ancora….
Scriveva Sosio Capasso, autore della Biografia, da cui abbiamo attinto gran parte delle notizie: “Bartolommeo Capasso e la nuova storiografia napoletana”, ed. 1981: “Guardiamo a Bartolommeo Capasso non solo come ad uno studioso di rare capacità e di infaticabile tempra, ma altresì come al convinto assertore della necessità di un rigoroso metodo scientifico nella ricerca storica, al maestro che ha fatto e fa scuola e che individuò l’importanza della storia locale ai fini della più approfondita e sicura conoscenza di quella generale…”.
Come tutti i personaggi semplici e modesti d’animo, non ebbe velleità di gloria. Non ebbe mai incarichi di insegnamento, ma moltissime onorificenze accademiche: "Professore onorario dell’Università di Napoli", "Professore honoris causa dell’università di Heidelberg" e altre. Fu collaboratore e corrispondente di diverse riviste tedesche specializzate in storia e archeologia. 
Fu deputato di "Storia Patria" delle regioni Toscana, Umbria e Marche, nonché socio delle principali accademie italiane ed europee, tra le quali: l'Accademia dei Lincei e L'Accademia Ercolanese. Lo seguirono con passione diversi giovani collaboratori, che divennero poi autentici accademici e prosecutori della sua opera, tra questi: Carlo Luigi Torelli della provincia di Foggia, Gaetano Capasso e il figlio Carlo, quest'ultimo professore di economia dell’Università di Napoli e autore di approfonditi studi storici sulla città di Frattamaggiore.
Ritornando a Bartolommeo, nel 1882 il governo italiano gli affidò l’incarico di Soprintendente dell’Archivio di Stato di Napoli, ruolo che accettò dopo notevole insistenze.
All’Archivio di Stato egli profuse un eccezionale impegno di Archivista, contribuendo tra l’altro a dare alla luce fasci di pergamene abbandonate, collocandole divise per periodi; “Anteriori al 1806 e posteriori”, divise per organismi emittenti: Tribunale di S. Lorenzo, altri tribunali, deputazioni, ecc.
All’ottantesimo suo compleanno, che fu festeggiato da autorità e amici presso l’Archivio di Stato, pregò il marchese di Montemayor di leggere per lui le parole in ringraziamento, esprimendo pensieri di incoraggiamento ai giovani per la ricerca storica. E’ il grande Salvatore di Giacomo a ricordarcelo in un suo scritto: ”Bartolommeo Capasso compiva, in quel giorno, l’ottantesimo compleanno suo e questa produttiva, gloriosa, veneranda senilità era quella propria che raccoglieva tutti noialtri commossi, nella bella sala luminosa. Il grande maestro di tutti coloro che han fatto e van facendo cose degne di attenzione e non inutili, l’avviatore della gioventù volenterosa per la via della ricerca costante, quell’esemplare di antica bontà mescolata e immedesimata con le forme ultime dello studio esatto, sedeva al banco di presidente”.
Seppe ridare lustro alla gloria dell’antico Ducato di Napoli, alla memorie aragonesi e angioine. La sua opera storiografica fu immensa e toccò tutti i settori delle scienze storiche: topografia, archeologia, storia dell’arte, storia politica, storia letteraria..., con la pubblicazione di ben 102 libri.
L’ultimo fu il famoso testo “Napoli greco romana”, pubblicato dopo la morte dalla "Società di Storia Patria", tramandando le memorie di archeologia antica della città di Napoli, altrimenti le trasformazioni del “Risanamento” avrebbe per sempre cancellato.
Nella sua grandezza fu sempre umile, riservato, raccolto e sereno, non ricevette mai offese e calunnie, ebbe funerali semplici e modesti, come da lui stesso desiderati: “Desidero funerali modestissimi, come modestissimamente vissi. Sola pompa, l’accompagnamento dei poveri di San Gennaro ed un carro di seconda classe. Non fiori né discorsi, perché della benevolenza dei miei concittadini ho avuto troppe pruove anche superiori ai miei meriti.”... Un grande, nella sua umiltà!
Morì a Napoli, il 3 marzo 1900.
Cosi scriveva ancora su lui Salvatore Di Giacomo “…passò da una specie di dolce sfinimento al sonno eterno. O buoni poveri occhi che da un anno non vedevano più. La morte li chiuse con una carezza: il vecchio pareva che dormisse. La camera ove, sul suo semplice lettuccio, Bartolomeno Capasso, bianco bianco, immoto, pareva che fosse placidamente assopito, la camera luminosa era piena di fiori. E in mezzo ai fiori, in quella luce, sul suo candido letto, il gran vecchio onesto e giusto pareva un santo”.
A Bartolommeo Capasso dobbiamo un "grazie speciale" per averci tramandato, attraverso il suo capolavoro: “Monumentia ad Neapolitani Ducatus pertinentia ….”, le memorie antiche della nostra terra. Il contenuto di antiche pergamene e di atti rogati del periodo medioevale, che parlano della storia di Piscinola, Miano, Marianella, e di tutti i Casali del circondario, con la specificazione di molte località e toponimi antichi, senza la sua opera, sarebbero stati altrimenti del tutto dispersi e dimenticati per sempre,  specie dopo il grave danno subito con la distruzione dei "Registri della cancelleria angioina e aragonese", ad opera dei soldati tedeschi, a S. Paolo Belsito, nel 1943.
Ringraziamo riconoscenti il grande Bartolommeo Capasso, riportando una sua massima, della quale cerchiamo di far nostro tesoro: “…quali eredi del patrimonio lasciato dai nostri padri, noi abbiamo l’obbligo di custodirlo, ma anche di lavorare per far sì che questo ricco patrimonio fruttifichi…”.
Grazie di tutto, don Bartolommeo!!
Salvatore Fioretto