venerdì 11 novembre 2022

Quella terra gentile e fertile, ci donava prodotti di prima classe! I prodotti dell'orto (seconda parte)

(segue dalla prima parte)
Tutti i contadini avevano nelle loro campagne o nei giardini, una zona dedicata esclusivamente alla coltivazione degli ortaggi ad uso domestico e, per quanto possibile, destinati anche al loro commercio. A tal proposito ecco come descrive la conformazione urbana e agricola di Piscinola il famoso architetto e scrittore Cesare De Seta, nel libro: "Iconografia delle città in Campania: Napoli e i centri della provincia" ... a cura di ‎A. Buccaro, ed. Electa, anno 2006: "Piscinola, dal caratteristico impianto trilobato, mostra nella suddivisione particellare la diffusa presenza di case dotate di orti retrostanti, oltre i quali si estende la campagna, nonché dei tipici impianti residenziali a corte e ...di masserie periferiche, che caratterizzavano dall’età antica l’intero territorio suburbano".

Broccoli di Natale (Vvruoccoli 'e Natale)

Questi orti erano a conduzione familiare, ed erano curati specialmente dalle massaie, dai fanciulli e dagli anziani, mentre gli uomini (giovani e adulti) eseguivano solo la zappatura e la semina. Deduciamo che questo era il motivo fondamentale che giustificava l'ubicazione di questi orti nelle zone più accessibili e vicine alle masserie e ai caseggiati, ma si trovavano sparsi anche nelle vaste campagne, in vicinanza soprattutto dei pagliai, dei ricoveri degli attrezzi e delle postazioni di stallo per cavalli e asini. In questi orti si praticavano, in ogni periodo dell'anno, diverse tipologie di colture, ben distribuite e suddivise tra gli ortaggi di varie specie (verdure, legumi e varie). I prodotti degli orti erano sufficienti a soddisfare il sostentamento di ogni nucleo familiare, nonostante che all'epoca ciascuno contasse al suo interno numerosi componenti.
Per assicurare una resa costante dei prodotti, la cosa importante da ricordare era quella di eseguire la periodica "rotazione" delle postazioni di semina, di anno in anno, affinchè non venissero esaurite le principali sostanze nutritive del terreno. Il cambiamento della coltura permetteva anche di apportare gli elementi e le sostanze carenti. Questa tecnica è riconosciuta, dagli specialisti di storia botanica, altrettanto antica e anch'essa tramandata dai romani.

Menestrella 'e Pasca

Fin dall'inizio della primavera erano gli ortaggi, cosiddetti "a foglia larga", a prevalere negli orti nostrani, assieme ai legumi.

I broccoli, chiamati semplicemente "minestra di Pasqua" ('a menestella 'e Pasca") rappresentavano una fonte di attingimento costante di verdure per le cucine domestiche, perchè le cime di questi ortaggi, che venivano utilizzate quando erano prossime alla fioritura, erano prodotte dalle piante a ritmo serrato. Occorreva però essere attenti a lasciare integre, durante il taglio, le gemme sottostanti e non farle fiorire, affiché si conservasse la continua loro produzione. Per tale motivo questi broccoli erano soprannominati in gergo locale: "'e cuoglio cuoglio".... La cosa interessante è quella che si poteva disporre della produzione di queste verdure fino ai primi caldi primaverili, praticamente fino alla fine del mese di maggio.


I semi di questa varietà di broccoli erano messi a dimora verso la fine di giugno, in piccoli "letti" di terreno (chiamati 'mpuosti p''a chiantimma), assieme ai Broccoli di Natale ('e Vvruoccoli 'e Natale), in modo che dopo ferragosto, al sopraggiungere dei primi temporali, già si disponeva delle pianticelle da utilizzare per il trapianto nei solchi di produzione ('e linee). I solchi venivano opportunamente preparati con ferrilli e zappelloni (aratri a mano e zappe a forma di triangolo).

I "Broccoli di Natale" erano già pronti per la raccolta nella prima metà di dicembre; essi rappresentavano gli elementi principali per preparare la rinomata "minestra maritata", mentre la menestella 'e Pasca era gustata assieme alla pasta (ai mezzani di Gragnano), con un semplice ma saporito piatto, che richiedeva l'aggiunta di un pizzico di peperoncino.

Friarielli

Altre verdure che non mancavano mai negli orti erano le rape ('e vvruoccoli 'e rape) e i prelibati friarielli: questi ultimi erano una particolare varietà della famiglia delle rape. Tuttavia, considerando che per la coltivazione dei friarielli erano necessarie ampie estensioni di campagna, ecco che gli antichi contadini avevano escogitato una tecnica di coltivazione molto ingegnosa, che potremmo dire "intensiva"; essa infatti permetteva la produzione di significative quantità di "cime di rape", simili ai friarielli, ma utilizzando solo pochi metri quadrati di orto. Le rape, una volta cresciute, venivano reimpiantate su questi "letti" di terreno, preparati a forma di rettangoli regolari e opportunamente concimati nella parte sottostante.
I "letti" (chiamati 'e pòrche) erano conformati con una leggera convessità dal centro verso la periferia, in modo da impedire il ristagno di acqua piovana e favorire il suo deflusso verso i solchi che delimitavano il perimetro. Le rape erano seminate a maglia regolare, distanti l'una dall'altra una trentina di centimetri circa. La tecnica era chiamato in gergo locale "'e vvruoccoli curnati": definizione che tradotta, intendeva significare: "broccoli governati". Infatti, se essi erano ben curati, all'inizio della primavera si otteneva una produzione costante e ininterrotta di "cime di rape", che perdurava costantemente fino all'inizio dei primi caldi di maggio. Col termine di "governo" s'intendeva, quindi, la costante raccolta di "cime", che doveva essere eseguita con continuità, affinchè si impedisse la fioritura (spigare), altrimenti le piante diventavano definitivamente improduttive.
Tra le rape c'era anche la varietà che si sviluppava producendo una sorta di bulbo alla base, che qui chiamavano 'e càtozze; queste parti delle rape erano alquanto dure da mangiare e venivano riservate all'alimentazione delle mucche; purtuttavia, per evitare che le bestie si strozzassero mangiandole intere, l'esperienza maturata dai contadini consigliava che esse dovevano essere preventivamente sezionate (spaccate) in due o quattro parti.
I legumi erano degli altri alimenti che non mancavano mai negli orti del territorio. C'erano  i piselli: quelli utilizzati erano quasi sempre della varietà locale, molto produttiva, chiamati 'e Santa Croce.

Piselli chiamati "Santa Croce"

Questi erano impiantati in file lunghissime e, data la loro significativa altezza di crescita (fino e oltre 2,5 metri), erano sostenuti e "guidati" su rami  di pioppo (frasche), opportunamente infissi nel terreno. Le file di piselli potevano essere affiancate e distanti l'una dalle altre, due metri circa; mentre nello spazio intermedio si piantavano altri ortaggi, sempre su "letto" di terreno, come: lattughe, insalate incappucciate e scarole.
Le fave che dovevano adornare e allietare le tavole primaverili delle case, erano raccolte fresche e accompagnavano i pasti, specie del periodo pasquale, assieme alla ricotta salata, alla pancetta, ai formaggi e vari salumi, oltre ovviamente al pane integrale ('e rrano) e al vino.

Fagioli piccoli chiamati "Villaricca"

Si procedeva anche a essiccarle per poterle utilizzare durante l'inverno, quando erano cucinate assieme alla pasta oppure con sugo di pomodoro.
I fagioli raccolti negli orti erano di diverse tipologie: c'erano innanzitutto quelli celebri, detti 'e fasulille, ovvero i fagioli che venivano raccolti quando erano ancora in via di formazione dentro al loro baccello (conche). Si mangiavano interi, lessi assieme alle patate bollite, opportunamente conditi con olio, sale e limone. Spesso si piantavano anche fagioli rampicanti, sorretti sempre da frasche di pioppi; anche questi erano cucinati come i primi fagioli sopra descritti.

Fagioli detti "cu ll'ucchitiello"

Per la produzione di fagioli freschi, preparati nelle pietanze con la pasta oppure a zuppa, erano coltivati 'e spellucarielli, la cui varietà prevalente era chiamata Borlotti. Mentre la produzione intensiva dei fagioli, da conservare secchi per il periodo invernale, richiedeva l'impegno di vaste estensioni di campagna; per questi era preferita la varietà nostrana, molto produttiva, chiamata 'e Villaricca, che erano fagioli di piccolissime dimensioni, ma molto saporiti. Non mancavano anche quelli dal formato grande, chiamati 'e cannellini. Altra varietà antica, prodotta soprattutto a Piscinola e zone circostanti, erano quelli chiamati "fagioli con l'occhietto" (cu ll'ucchietiello), sia nella varietà bianca che nera.

Patate della varietù chiamate "Ricciuni"

Le patate, di antica tradizione locale e molto adatta alla conservazione invernale, erano chiamati 'e Ricciuni. Erano queste patate di piccole dimensioni, spesso con peduncoli tondeggianti, ma erano molto produttive e saporite. Dopo ogni raccolto annuale, si aveva la premura di conservare una parte delle patate per la semina dell'anno successivo. Solo negli ultimi tempi furono introdotte qualità di importazione, come quelle provenienti dai Paesi Bassi, molto produttive, ma non eguagliavano nel sapore le patate nostrane. L'apprezzamento principale delle patate "Ricciuni" si aveva nel corso dell'inverno, quando si utilizzavano per essere cotte sotto la cenere del camino. Un sapore senza eguali...!

Le cipolle qui in uso erano le varietà che prendevano il nome del mese in cui si eseguiva la raccolta, ovvero: quelle bianche, chiamate 'e Maggiaiole e quelle rosse, chiamate ll'Austegne.
Non mancavano le colture di aglio e dell'aglione, che erano qualità tramandate di generazione in generazione, ad elevata produzione e soprattutto dal grande profumo. La produzione dell'aglio aveva tutta una procedura riservata alla loro pulizia, alla essiccazione e alla conservazione. In quest'ultimo passaggio, della conservazione, per ogni bulbo d'aglio raccolto (capa d'aglio) veniva conservato integro il suo tratto di peduncolo (per circa venticinque centimetri), destinato a essere legato assieme agli altri e realizzare così il classico "mazzetto" da appendere ai muri (mazzo d'aglio). Questi venivano appesi alle pareti dei balconi, agli usci delle casa, oppure negli androni delle masserie e duravano intatti per tutto l'inverno, fino al successivo raccolto.
I pomodori erano sorretti anch'essi dalle frasche di pioppo. Si utilizzavano generalmente i tipi detti 'a fiaschetto. Negli ultimi tempi sono stati introdotte le varietà del Vesuvio (dette cu 'o pizzitiello), le Mezze San Marzano e le Minturno, qualità di pomodori che non richiedevano grandi apporti di acqua per il loro sviluppo. Anche i pomodori erano conservati per l'inverno, ma con diverse tecniche: si producevano le caratteristiche collane, dette piennoli, per essere appese ai muri, oppure erano preparate conserve di pomodori in bottiglie o vasetti di vetro, con l'aggiunta di basilico. C'era però un altro metodo di conservazione, molto più antico dei primi, che era quello dell'essiccazione al sole, dopo averli sezionati in parti sottili ('e pacchetelle). Alla fine della loro essiccazione erano opportunamente ridotte in polvere con l'aiuto di mattarelli o mortai.

Il granoturco era impiantato su grandi appezzamenti di terreno per produrre cibo, utilizzato sia per l'alimentazione delle famiglie e sia per gli animali (galline e suini), anche le parti vegetali delle piante erano utilizzate: le foglie di rivestimento delle pannocchie secche ('e sbreglie) erano usate per il riempimento dei materassi, mentre i fusi delle pannocchie ('e tuderi), venivano bruciati nei camini. Con il granoturco si produceva anche la farina di mais ('a farenella), utilizzata per produrre migliacci fritti o pizze al forno (pizza 'e farenella). Mentre le pannocchie erano cotte su carbonelle ('e spighe arrustute) oppure lessate ('e pullanghelle).
Per i peperoni si coltivavano solo le varietà piccole e verdi, chiamati peperuncielli 'e sciumme (peperoncini di fiume), detti forse così perche richiedevano per la loro crescita e produzione un apporto significativo di acqua.
Mentre nei vasi di casa si coltivavano le spezie utili per la cucina: peperoncini piccanti (peperuncielli forti), salvia, rosmarino (rosamaria), prezzemolo ('o petrusino) sedano (ll'accio), basilico ('a vasenicola), e qualcuno anche l'alloro a cespuglio. Altro elemento utilizzato in cucina era l'origano ('a rècheta), che era frequente coltivarlo allo stato libero, sui terrazzamenti che delimitavano le strade ('e separelle): essa rappresentava una varietà selvatica, praticamente autoctona del territorio, sovente dalla crescita spontanea.

Varietà di zucchine "San Pasquale"

Si coltivavano anche la cicoria e la rucola. Quest'ultima era utilizzata in cucina per preparare delle speciali insalate, molto apprezzate dagli intenditori, composte dalle "cime" di rucola e dalle parti di erba portulaca: ricordate con il simpatico binomio di: 'a rucola e pucchiacchiello. Non mancavano nemmeno i ravanelli ('e rafanielli) e i finocchi. Per la coltivazione dei ravanelli erano privilegiati la varietà piccola e tonda.
Le zucchine erano sempre della varietà detta San Pasquale, e che qui davano degli ottimi risultanti sia per la produzione delle zucchine e sia specialmente per l'abbondante produzione di fiori di zucca ('e sciurilli): elementi principi per preparare le famose e prelibate "pastette 'e sciurilli" fritte.

Cime delle piante dei zucchini ('e Talli)

Forse non tutti sanno che al termine della loro produzione, venivano utilizzate in cucina anche le cime delle piante, opportunamente pulite (spellate) dalle parti puntigliose che coprivano i gambi. Le cime dei zucchini venivano, poi, bollite in bagnomaria e, infine, gustate in saporite minestre, con olio, sale e limone, accompagnate ovviamente da pane casareccio e vino...! Queste verdure così preparate erano chiamate dai contadini 'e Talli.
Le zucchine subivano un altro processo di trasformazione per la loro conservazione invernale, anch'esso remoto e dimenticato oggi. Erano infatti tagliati in listelli sottili e poi messi ad essiccare, esposti ai raggi del sole estivo. Alla fine venivano poi conservate nelle dispense, in appositi contenitori. Questi prodotti di lavorazione erano chiamati: 'e fèlle.

 Zucchine secche ('e Felle)

Delle zucche prodotte nei campi esistevano due tipologie: quelle per essere cucinate in pietanze (di forma sia tondeggiane che oblunga) e quelle destinate all'alimentazione degli animali nelle stalle (mucche e maiali), tuttavia da quest'ultime si ricavavano anche abbondanti quantità di semi di zucca. I semi di zucca ('e sèmmienti) venivano abbrustoliti nei forni, insieme ad altri legumi e semi secchi ('e spassatiempi), come ceci, nocciole e noci. C'era anche chi seminava arachidi e lupini, ma in modestissime quantità.
I funghi era un'altra leccornia del palato, tuttavia qui si ricavavano solo due varietà: quelli prodotti sui Pioppi (ma si sviluppavano anche alla loro base), chiamati
'e chiupppetelli e quelli ricavati dagli alberi da frutta, chiamati "'e semmentini".

Funghi di Pioppo ('e chiuppetielli)

I funghi di Pioppo si sviluppavano in gran quantità specialmente sulle chiome degli alberi secolari neri, solitamente alla fine di agosto. Nella parte alta dei Pioppi, infatti, erano spesso presenti delle particolari cavità scavate nel tronco marcito (chiamate 'e scafoncie), ed erano quelle le zone dove si sviluppavano prevalentente questa varietà di fungo, dal grande cappello bianco latte e dal profumo indescrivibile. L'altra varietà di funghi nostrani, chiamati 'e Semmentini, si sviluppavano alla base di tutti gli alberi secchi di frutta, solitamente tra ottobre e novembre. Questi funghi, dal sapore meno intenso dei primi descritti, si formavano anche alla base delle piante di rose rinsecchite e alla base di altri alberi secchi, addirittura come l'Alloro e le viti. (segue nella terza parte)

Salvatore Fioretto