giovedì 1 giugno 2023

La Rossa del Sud... la mela Annurca regina delle mele...

Considerata la “regina delle mele”, per le sue proprietà nutritive ed organolettiche, la “Mela Annurca” vanta nel territorio napoletano e in Campania almeno due millenni di esistenza. Tale retaggio non è una leggenda, come lo possono dimostrare i tanti riferimenti storici e archeologici rinvenuti, tra cui alcuni dipinti scoperti dagli scavi a Ercolano e, in particolare, nella “Casa dei Cervi”.
La mela “Annurca” era quindi coltivata e anche molto apprezzata "sulle tavole", nel mondo romano e, in particolare, nella rinomata e celebre nostra “Campania Felix”. Molto probabilmente il luogo di origine di questo eccellente cultivar sarebbe stata l’area puteolana, come si deduce leggendo le pagine dell’opera di Plinio il Vecchio: “Naturalis Historia”.
Secondo alcune interpretazioni storiche, la zona di provenienza risulta essere l'area di Pozzuoli  e in particolare il lago di Averno (considerato fin dall’antichità la porta degli Inferi), sarebbe stato Plinio il Vecchio ad aver sostenuto la primitiva denominazione della mela, attribuendo il termine di "Mala Orcula", proprio per il fatto che essa era prodotta nei dintorni del lago di Averno (quindi dal termine “Orco”, che si collegherebbe a quello di “Inferi”).
Andando avanti nei secoli, troviamo la testimonianza del filosofo e scienziato napoletano Giambattista della Porta (Vico Equense, 1º novembre 1535 – Napoli, 4 febbraio 1615), nella sua opera "Pomarium", pubblicata nell’anno 1583, che rappresenta un vero e proprio trattato sulla coltivazione degli alberi da frutta. Nel liber è riportato quanto segue: “... Qua orbiculata dicuntur cum suaviter stringant, habent: dulcedinem itat stomaco fint utilia: Plinius. Orbiculata à figura orbis in rotunditatem circumaƐti, hæc in Epyrum primum provenisse argumento sunt: Græci, quiepyrotica vocant. Palladius toto anno servari posse ait à Varrone, Columella, & Macrobio orbiculata dicta Maturescunt Augusto mala, que ad nos Puteolis asportantur, cortice toto rubro, ut cruore perfusa videantur, sapore dulci, in extrema maturitate ut mora nigrescunt, vulgo Mela orcole dicta: videntur mibs à Plinio descriptamala…”.
(ovvero, in sintesi, ... le mele che da Varrone, Columella e Macrobio sono dette orbiculate, provenienti da Pozzuoli, hanno la buccia rossa, da sembrare macchiate nel sangue e sono dolci di sapore, volgarmente sono chiamate Orcole…).
Altro particolare asserito da Della Porta è quello ruguardante la primitiva origine della varietà di mela, che risalirebbe alla regione Egea, perché già conosciuta dagli antichi greci.
Quindi dal termine “Orcole”, per degradazione letterale avvenuta nei secoli, si sarebbe passato a "anorcola" e, poi, a "annorcola", fino a giungere alla seconda metà dell’’800, quando troviamo scritto definitivamente la parola “mela annurca”. Infatti nel “Manuale di Arboricoltura”, scritto da G. A. Pasquale, nell’anno 1876, compare ufficialmente e per la prima volta il termine di Mela "Annurca". Ecco il testo: “Mela annurca (de' napolit.) Pomo di mezzana grandezza, quasi rotondo, rosso-carnicino marmorizzato; polpa senza odore, zuccherina, saporosa. Si conserva per l'inverno, ed è commerciabile. È ancora la più comunemente usata a Napoli, e propria delle sue campagne. Fra tutte la più deliziosa. Nel resto delle provincie meridionali manca, o vi è rara.”
Tradizionalmente coltivata nell'area flegrea e vesuviana, spesso in aziende di piccola dimensione e talora in promiscuità con ortaggi ed altri fruttiferi, la "Melannurca Campana" (I.G.P.) si è andata diffondendo nel secolo scorso prima nelle aree del territorio aversano, maddalonese e beneventano, poi, via via, nel nocerino, nell'irno, nei picentini e, infine, in tutta l'area dell'"alto casertano". Proprio qui, già da alcuni decenni, con la regressione delle superfici agricole dell'area napoletana, a causa della conurbazione delle zone costiere, ha trovato il territorio ove essa è più intensamente coltivata.
La particolarità di questo cultivar di mela, a differenza delle altre varità di mele, che maturano sui rami degli alberi, è quella che i frutti vengono raccolti acerbi e poi posti a maturare su caratteristici "letti", chiamati "meleti". La tecnica è il risultato di una lunghissima esperienza e giustificata dal fatto che la mela presenta un picciolo estremamente sottile e non capace di sostenere il peso del frutto, che altrimenti cadrebbe al suolo prima della maturazione. La raccolta dagli alberi avviene in autunno, mediante caratteristiche scale, un tempo di legno, strette e lunghissime ('e scalille). I letti di maturazione erano realizzati, fino a qualche decennio fa, con canapa e poi con paglia, solo recentemente sono stati sostituiti con segatura di legno o altre fibre. Le strutture dei "meleti" sono protette dalle grandinate con tetti provvisori realizzati con assi di legno e reti, ma un tempo si usavano i fusti di granoturco o di canapa.
La base del "letto" è realizzato con il terreno compattato e poi sagomato per favorire il deflusso dell’acqua piovana; a tal fine sono realizzate anche una serie di canalizzazioni in pendenza. Per favorire la maturazione e l’equa colorazione della buccia delle mele (arrossamento), le mele sono costantemente ruotate (alcuni gradi a giorni stabiliti), anche per evitare il ristagno dell’acqua nelle cavità dei piccioli, che causerebbe la marcescenza. Alla fine della maturazione, le mele vengono raccolte in apposite casse di legno (oggi di plastica), avvolte in fogli di una particolare "carta paglia", di colore giallo, molto dura e ruvida. Nelle "rastrelliere" dei fruttivendoli le mele fanno ancor oggi bella mostra, accompagnate e abbellite con i rami delle piante o di altri arbusti e sono costantemente inumidite con spruzzi d'acqua fresca... Altra importante caratteristica è la durata di conservazione, infatti possono essere conservate facilmente, a temperatura ambiente, assicurando la disponibilità per tutto l'anno.
Pur se già noto fin dall’antichità, recenti studi condotti da alcuni dipartimenti universitari hanno dimostrato scientificamente che la mela “Annurca” possiede molteplici proprietà benefiche per l’organismo e per la salute umana, se consumata regolarmente; in particolare, la proprietà più importante è certamente quella di contrastare gli alti livelli di colesterolo nel sangue, inoltre può stimolare la diuresi, la digestione ed è anche indicata per i malati diabetici, per i suoi bassi livelli di zuccheri contenuti.
Come tutte le mele, la mela “Annurca” ha un elevato potere antiossidante, grazie sempre ai polifenoli, utile quindi a mantenere in salute organi e tessuti, contrastando efficacemente l’invecchiamento cellulare e proteggendo l’apparato cardiovascolare.
Inoltre, il contenuto di acido ossalico rende la mela “Annurca” molto utile per la salute della bocca.
Dalle schede tecniche disponibili apprendiamo che la mela “Annurca” è inoltre caratterizzata da un alto contenuto di acqua (circa l’84%), è molto ricca di vitamine, soprattutto del gruppo A, B, C e PP, acido malico, acido ossalico, ma anche diversi minerali, in primis potassio, calcio, magnesio, manganese, ferro e fosforo, mentre è povera di sodio”. Anche la quantità di fibre è abbondante, per lo più pectine (concentrate principalmente nella buccia), inoltre la mela "Annurca" contiene una discreta quota di carboidrati (di cui il 10% di zuccheri), mentre è povera di lipidi e proteine. Nonostante la dolcezza tipica di questo frutto, l’apporto calorico è molto ridotto, considerando che 100 grammi di prodotto forniscono soltanto 40 Kcal, similmente all’indice glicemico, molto basso.  
Per tutte queste qualità la mela “Annurca” è ritenuta particolarmente indicata per i pazienti immunodepressi, per quelli disabilitati e quelli che seguono un regime di dieta specifico. E’ proprio vero che per essa vale ancor di più il celebre detto: “Una mela al giorno fa bene e toglie il medico di torno…!”
Nell’anno 2006, alla mela "Annurca" prodotta in Campania è stata riconosciuta l'Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) "Melannurca Campana" (Regolamento (CE) n. 417/2006) - pubblicato sulla GUCE n. L 72 dell'11 marzo 2006). L'iscrizione al registro nazionale delle denominazioni e delle indicazioni geografiche protette è avvenuta con provvedimento ministeriale del 30.03.06, pubblicato sulla GURI n. 82 del 7.04.04, unitamente al Disciplinare di produzione" e alla "Scheda riepilogativa" (già pubblicata sulla GUCE unitamente al predetto Reg. 417/06). Nel 2005 è stato altresì costituito il “Consorzio di tutela Melannurca campana IGP", con sede a Caserta.
La zonizzazione della “I.G.P.” riconosciuta alla "Melannurca Campana", per le cultivar: “Annurca” e “Rossa del Sud”, oltre alla provincia di Napoli, abbraccia tutte le provincie della Campania.
Interessante è osservare in dettaglio i confini dell' "I.G.P" che delimitano il territorio della provincia di Napoli, perché, per quanto ci riguarda, è incluso anche gran parte del territorio dei quartieri di Piscinola e di Chiaiano, oltre a quello di Mugnano e di Marano.

Marchio "I.G.P."

Ecco le strade che determinano i confini della nostra zona: ”[…] La seconda area interessata confina a: Nord con il confine del comune di Mugnano di Napoli passando per via Cupa della Filanda proseguendo in direzione Sud-Est, per Via Piedimonte d’Alife, via Vicinale Vecchia Miano-Piscinola, in direzione sud per via Miano, in direzione Est per viale Colli Aminei, via M. Pietravalle, in direzione Sud per via Pansini, via Montesano, in direzione Nord per via G. Quagliariello, strada Comunale Santa Croce a Orsolone, via Cupa della Paradina, strada comunale Margherita, Cupa I° Vrito, sino a incontrare il Comune di Marano di Napoli […]”.

Salvatore Fioretto