venerdì 29 ottobre 2021

Miano nella Campania Felice. Origini storiche del Casale di Miano, tratte da G. Monaco

"Siamo andati frugando tra le opere degli scrittori che prima di noi hanno fatto almeno cenno della storia del nostro Villaggio, ed abbiano trovato materia, se non esaudiente, almeno bastante per farci conoscere qualcosa sulla esistenza di Miano in quei secoli che dall'insipienza di molti sono chiamati ancora oggi i giorni oscuri del Medio Evo."

Tavola Peutingenaria (XII- XIII secolo)

Cosi iniziava il "Capitolo III" lo scrittore don Gabriele Monaco, nel suo saggio storico "Miano nella Campania Felice" (anno 1977, ed. Laurenzana Napoli), per introdurre le antiche origini storiche del Casale di Miano, ossia del quartiere di Miano che oggi ne eredita il toponimo. Il capitolo s'intitola: "Miano dai tempi del Ducato a quello degli angioini".
Abbiamo pensato, per onorare la storia del territorio, così importante ed a noi vicino, di riprendere un po' il tracciato della sua secolare origine, alla pari dei tanti casali del circondario: Piscinola, Marianella, Secondigliano, Chiaiano e tanti altri, prendendo in prestito il testo menzionato. Ecco il continuo dell'interessante libro scritto da Gabriele Monaco:
 

Imperatore Federico II di Svevia

"A cavallo del primo e del secondo millennio dell'era cristiana Miano ormai occupava uno dei posti non insignificanti nella storia del territorio napoletano. Ora vedremo qualche pagina della sua storia  dai primi  decenni del secolo X all'epoca degli Angioini.
Dall'anno 921 all'anno 1034 abbiamo almeno 18 documenti - tutti atti notarili - che ci parlano con indiscutibile sicurezza dell'esistenza di Miano, in un primo momento come di una piccola località, poi come una vera "Pagus" ossia villaggio, abitato ormai come tanti altri "pagi" dello stesso territorio.
Data la mole della materia contenuta in tutti i documenti, noi separeremo, per così dire, gli argomenti in essi trattati. Diremo, cioè, in breve quanto serve ad ubicare Miano; in un secondo momento riporteremo i nomi dei personaggi in ciascuno di essi nominati, per poter dare ai lettori uno specchio delle singole persone e specialmente dei primi nuclei familiari che abitarono a Miano in quei lontani tempi, ossia, ben oltre mille anni or sono.

Ricostruzione di un casale dell'epoca in terra di Aversa
Da una "chartula donationis" del 24 febbraio del 921 si apprendono notizie di terre esistenti "in pulianum (da non confondersi con Pugliano ad Ercolano) loco calberitianum (=Calvizzano); e di terre "portionis nostre posite intra pertinente de fundum nostrum in casamiana: et eum tibi dedimus per mensura  a parte  orientis circa terra sancti andrea..."- Facciamo notare qui una volta per sempre che i testi saranno riportati così come giacciono nei documenti - siamo all'alba della nascita delle prime parole della lingua italiana, che si trovano nel celebre placito di Capua, conservato a Montecassino.
La nota di chi nel volume commenta questo passo ci ammonisce che egli ritiene essere indicati coi nomi "Casamiana e Puliano" dei luoghi e non ancora villaggi, sol perché da alcuni autori, anche antichi, essi non sono nominati tra i villaggi del nostro agro; tuttavia, a pochi anni di distanza, si parlerà di essi appunto come villaggi, ossia di luoghi abitati da nuclei di famiglie, villaggi che venivano promiscuamente chiamati "vici", "oppida", "terrae", "villae" e finanche "castra" ossia castelli. In una "chartula venditionis" del 1° maggio del 945 già si parla di Miano come di un "pagus" ossia villaggio.
Mappa dela città di Napoli, Antonio Lafreri, 1566
Detto documento parla di un tal Pietro abitante "de loco qui vocatur miana". Si parla ancora di "... integra una petia mea de terra que posita in campo de miana". Quoherente sivi (=Coherente sibi) ab uno latere terra monasterii sanctorum nicandri er marciani puellarum dei...". Detto monastero - esistente in Napoli - sarà dopo pochi anni, chiamato di S. Patrizia, essendovi stato deposto il corpo di questa vergine, il cui culto si è ripreso in maniera veramente straordinaria ai nostri tempi in S. Gregorio Armeno, ove le sante sue reliquie han trovato riposo, dopo il loro trasferimento avvenuto nel secolo scorso.
Carlo I d'Angiò. Palazzo Reale di Napoli
In questi due documenti vediamo fatta menzione di terre appartenenti a chiese esistenti in Napoli.
In una "chartula donationis" del 30 ottobre del 947, in cui si parla "de loco qui vocatur miana", si trova indicato un pezzetto di terra chiamata "viniole ad casacaldari" e di un'altra terra chiamata "casavidua"; una terza è la terra di "ihoanni papa...". "Viniole" ci autorizza a ritenere che la terra era coltivata a viti; i due toponimi indicano due distinte zone del villaggio che va ingrandendosi.
Si parla di un tal Bonito come di abitatore di Miana, che vende una terra sita appunto in "campo de Miana" in una "chartula venditionis" dell'8 febbraio 957.
Il 10 gennaio del 958 una "chartula venditionis" parla chiaramente di "abitatoribus in nominato loco miana" e tra questi è Pietro Manco, certamente uno degli antenati (se non addirittura il capostipite) dei nobili Manco viventi ai nostri tempi. Si parla di questo luogo Miana in ben tre documenti degli anni 965, in altri del 970 (in cui è indicato un posto chiamato "anglone") del 971, del 973, del 981, del 994, del 997.
Tavola coronografica della Campania in periodo ducale (secolo XI)

All'inizio del secondo millennio, e precisamente il 15 dicembre del 1001, troviamo indicato il "campo de miana". In un accordo tra il monastero dei Santi Severino e Sossio (strettamente parlando, si deve scrivere Sosso), e le figlie di un tal Giovanni nominato dischipulo si parla di una "terra que vocatur centula in loco qui dicitur miana".
Importantissima per la storia delle nobili famiglie di Miano, è una "chartula permutationis" del 15 febbraio del 1021, perchè essa, parlando di persone che dicono "...abitate videmur in loco qui nominatur miana" accenna chiaramente ad un tale Stefano detto scarola, figlio del fu pietro scarola.
Del periodo normanno (1129-1195) abbiamo un documento del 19 giugno 1130. Tra l'altro vi leggiamo il nome di "leone visconte de illa fidantia de caput de monte: filio quodam scampi visconte de illa fidantia de illi sorelli...". Parlando di confini di terre, il documento ci fa sapere che v'è una via pubblica che "va a miana ed a parecchie località".
Dei tempi degli Svevi, venuti con Arrigo VI, figlio dell'imperatore Federico I (Barbarossa), abbiamo notizie nelle carte angioine. Carlo I d'Angiò fu coronato re nel 1266. Nel periodo 1271-1281 è nominata la "Villa Miani". Nei quaderni della particolare tassazione dei tempi dell'imperatore Federico son ricordati alcuni individui "in villa Miani". Eccone i nomi: Sergio de Amarancio, Giovanni Coco, Ligorio Coco, Cesario Coco. In un cedolare di epoca angioina, in cui son notate le tasse imposte ai casali secondo il numero dei fuochi, ossia famiglie, al 27° posto è segnata "Mianella", ed al 28° "Mjana", e Miano era segnato tra i casali "popolari" e "tassati".
Carlo D'Angiò, che non era mai sazio di denaro - oltre che di sangue umano -, appena preso possesso del regno, ordinò di accelerare la raccolta di quanto era dovuto ai tempi di Federico imperatore, aggiungendo altre imposizioni".

Quanto abbiamo letto, dalla preziosa testimonianza di questo scrittore, è l'ennesima prova che il territorio a nord di Napoli, un tempo popolato da nobilissimi Casali, è pregno di storia e ha origini antichissime. Per questa sua antichità, esso merita rispetto e considerazione, alla stregua delle membra del "corpo" che è la città di Napoli, con la sua antica storia millenaria.      

Salvatore Fioretto

PS: Abbiamo riportato in testo integralmente, così come scritto, compreso i nomi dei luoghi e delle persone, che sono riportati in minuscolo.

Veduta della città di Napoli a volo d'uccello (Tavola Strozzi, fine XV sec.)