venerdì 12 marzo 2021

I mestieri di una volta... l'arte di un popolo nell'arrangiarsi...!

Nutrice in Napoli, "Costume di Marianella"

Buona parte del territorio posto a nord di Napoli è stato in passato una zona prevalentemente agricola e molto povera con quasi la totalità dei suoi abitanti dediti ai lavori massacranti dei campi e delle masserie.
I più anziani ricordano certamente i lavori estenuanti che si facevano, per "battere" o "scugnare” il grano, i fagioli e per lavorare la canapa. E tutto questo per una manciata di spiccioli.
Vi erano i padroni delle terre, ma vi erano soprattutto gli operai “di giornata”, che lavoravano molto e guadagnavano poco.
Attorno alle attività agricole nei campi ruotavano una moltitudine di mestieri “specialistici” come, ad esempio, quelli dell’”innestatore”, dello “zolfatore”, del “tappiatore”, del “pompatore”, del “potatore”, dello “zappatore” ed altri ancora. Addirittura c’era anche un “operatore ecologico”, specializzato ad acciuffare topi nei campi, detto “soriciaro”

Ciabattino, detto "Solachianiello"

Tuttavia, con l’aumento della popolazione, l’economia cominciò a trasformarsi: molti si diedero alle opere in muratura e vennero fuori bravi, anzi bravissimi, operai specialisti del mestiere, come muratori, fumisti, pavimentisti, intonachisti, imbianchini, stuccatori e, di conseguenza, nacquero le prime piccole imprese che assoldavano molta manovalanza locale.
E le donne? Anche le donne per aiutare l’economia domestica si sono sempre date da fare. Lo sappiamo bene, oltre a quelle che aiutavano i familiari nei lavori agricoli, ve ne erano molte che facevano le lavandaie: esse avevano appalti con moltissime famiglie di Napoli e rispettando le varie scadenze di commessa, portavano carretti carichi di biancheria, che lavavano, stiravano e poi riconsegnavano con scadenze prestabilite.
Nella descrizione del marchese Lucarelli, del 1913, si rileva che, considerata la sempre crescente attività a Piscinola delle lavandaie, le quali impegnavano ampi spazi di cortili per il bucato, fu deciso di realizzare un lavatoio pubblico in Via Cupa Acquarola.

Lustratore di scarpe e stivali, detto "Pulezzastivali" o "Sciuscià"

C’erano, poi, non poche donne-mamme, che facevano le “nutrici” (erano chiamate anche "mamma ‘e latte" o "mammella"). Proprio per sottolineare l’importanza di questa attività nella nostra zona, esiste una stampa antica, che raffigura una ragazza con un abito caratteristico, chiamato “Costume di Marianella - Nutrice in Napoli ”.
Non mancavano poi le “vammane” (originariamente “mammane”), vale a dire le antesignane delle attuali ostetriche.
Dopo l’ultima guerra, moltissime donne di famiglia impararono il mestiere di sarta. Mandare le ragazze ad imparare a cucire era diventata da noi una vera e propria usanza.

Operatrice di bellezza, detta "Capera"

Negli anni cinquanta e sessanta, poi, molte ragazze di Piscinola lavoravano a casa propria, preparando “a cottimo” i guanti in pelle per i distributori cittadini. Le maestre appaltatrici contrattavano e distribuivano a dozzine i guanti da cucire e moltissime donne così contribuirono al bilancio familiare o a realizzare la dote necessaria per sposarsi.
Non mancavano poi le cosiddette “capere”, cioè quelle donne parrucchiere, le quali andavano presso le loro clienti, casa per casa, a pettinare la loro folta chioma. Considerato che durante il loro lavoro, esse dovevano tener desta la persona e la dovevano intrattenere a parlare, raccontavano i fatti degli altri e per conseguenza sapevano anche i fatti di quella persona e della sua famiglia. Così spesso si facevano anche tanti pettegolezzi. Tuttora usiamo ancora chiamare “capera”, colei o colui che spettegola a sproposito. Ovviamente abbiamo anche i barbieri, che solevano recarsi direttamente al domicilio dei loro clienti, sparsi per la zona, per curare, oltre i loro capelli, le barbe e i baffi.

Aggiustatore di piatti,  detto "Tammarriello"

L’arte dell’arrangiarsi e del sopravvivere faceva aguzzare la fantasia e l’ingegno della gente ed ecco che, come nel territorio cittadino, nacquero anche nel nostro territorio miriadi di mestieri ambulanti, esercitati da persone semplici, che con poche masserizie portate a spalla o con carretti, girando strade e cortili, vendevano i loro prodotti, emettendo “voci” e versi di richiamo per pubblicizzare la loro mercanzia.
Il primordiale operatore della pubblicità fu in tutta Napoli il “pazzariello”, il quale come un abile commediante, era vestito con abito sgargiante, mostrine e piumaggi, che ricordavano vagamente il generale napoleonico Gioacchino Murat. Egli armato di pomo dorato, che agitava a ritmo di un direttore musicale, andava girando per le strade, ballando e cantando, per commercializzare il prodotto per il quale era stato pagato. Era accompagnato da una piccola orchestrina composta da suonatori di tamburo, ottavino e clarinetto.

Ciabattino, detto "Solachianiello"

Altro personaggio importante nell’economia contadina era il sensale, chiamato “‘o sanzaro”. Il “sanzaro” era colui che combinava affari, proponendo in vendita “partite” di prodotti agricoli, quali frutta, ortaggi, vino, ma anche animali, terreni e case. Egli era un personaggio conosciuto da tutti gli abitanti; questi si faceva trovare normalmente in un luogo prestabilito, spesso nella piazza principale della zona. Era sempre aggiornato sui prodotti messi in vendita, perché curava i contatti con le persone che volevano vendere una determinata cosa e di coloro, che a loro volta, volevano acquistare.

Riparatrice di sedie di paglia, "'Mpagliaseggia"

Quando combinava gli affari, ossia quando metteva d’accordo le parti, il gesto che faceva compiere per sancire l’accordo era una poderosa e sostenuta stretta di mano, che si protraeva con energia ed egli stesso si univa al gesto con la mano, come per suggellare l’accordo. A scambio o vendita avvenuta, il “sanzaro” aveva diritto ad una percentuale in denaro, stabilita in base al valore delle cose scambiate ed era fornita in egual misura, sia da parte del venditore che del compratore. In sostanza il sensale è stato un primordiale “agente di commercio” dei nostri tempi.

Fino alla metà degli anni ’80 si poteva ancora incontrare, fuori al “vecchio” municipio di Piscinola, lo ”scrivano”: personaggio al quale, ancor di più nei secoli passati, la gente si affidava per compilare richieste di documenti, esposti alle autorità, oppure scrivere missive da trasmettere a parenti ed amici lontani.

Maniscalco di equini, qui chiamato "Ferracavallo"

Lo “scrivano”, con il suo operato, quindi, ha esercitato nei secoli una funzione che potremmo definire sociale e ancora si vedeva all’epoca dei nostri ricordi, dedito ad aiutare le persone anziane, a compilare i complicati modelli dell’”Ufficio dell’Anagrafe”, in cambio di qualche monetina. Aveva sempre in mano una voluminosa cartellina, piena di modelli “in bianco” e scriveva all’impiedi, senza l’aiuto di tavolino o di sgabello.
Proviamo ora ad elencare alcuni tra gli innumerevoli mestieri ambulanti un tempo esistenti, in particolare, quelli più singolari e caratteristici: il pizzaiolo (‘o pizzaiolo), il fruttivendolo (‘o parulano, ossia colui che vendeva ortaggi delle paludi, recentemente detto anche verdummaro), la venditrice di rane (‘e rarogne), l’arrotino (‘o mola forbice), il ciabattino (‘o solachianiello), l’aggiusta ombrelli (ll’acconcia ‘mbrelle, oppure ‘o ‘mbrellaro), la venditrice di spighe di mais (‘a pullanghella), il gelataio (‘a grattata), il venditore di pesce (‘o pisciavinnalo), il venditore di legumi secchi (‘e spassatiempe), il venditore di olive (l’aulivare), il venditore di ostriche (l’ostricaro), il venditore di zucche e zucchine (‘o cucuzzare),

Realizzatore di cesti e rivestimenti in vimini, detto "Canestraro"

l’aggiustatore di sedie (‘o 'mpagliaseggie, mentre il costruttore di sedie era chiamato ‘o seggiaro), l’aggiustatore di piatti e zuppiere (‘o tammarriello), il venditore di castagne arroste (‘o castagnaro), il venditore di castagne lesse (‘a ‘llessa), il venditore di ricotta (‘a ricotta ‘e fruscella, oppure ‘o ricuttaro), il venditore di latte di vacca (‘o lattaro), il pastore di capre e venditore di latte (‘o capraro), il venditore di caglio (‘o massese), il pastore di pecore e venditore di agnelli (‘o pucuraro), il venditore di trippa (‘o carnacuttaro, detto anche ‘o pere ‘e ‘o musso), il venditore di brodo di polipi (‘o brod’ ’e purpo), il venditore di cozze (‘o cuzzucaro), il pulitore e riparatore di pentole di rame (‘o stagnaro, detto anche 'o rammaro), il venditore di carbone (‘o cravunaro), il venditore di lumache (‘o marruzzaro), il venditore di fichi (‘o fecajuolo), il venditore di ciliegie (‘o cerasaro), il venditore di gelsi (‘e cèveze annevate), il venditore di sorbe (‘e sòvère pelose) e, solo per finire, il venditore di olio (l’oliandolo).

Realizzatore di materassi di lana, detto "Materazzaro"

Bisogna precisare che il venditore di latte (‘o lattaro) si recava al mattino e alla sera, direttamente al domicilio dei clienti, portando con sé la mucca da mungere.
Anche i venditori stanziali in botteghe avevano nomi caratteristici, come il venditore di stoffe, bottoni e giocattoli per bambini (‘o zarellare, recentemente chiamato anche a merceria), il venditore di formaggi (‘o casanduoglio), il venditore di carne (‘o chianghiero), il venditore di stoccafisso e ventricelli (‘o baccalajuolo), il venditore di vini e oli (‘o canteniere), il venditore di sale, tabacchi e marche da bollo (‘o tabbaccaro), il venditore di polli e conigli (‘o pulliere), il venditore di calce e articoli edili (‘o cavuciajolo oppure ‘o ferrareccia), il venditore di carbone (‘o gravunaro).

Canestrari

Gli operai addetti alla manutenzione delle selve erano chiamati “severaioli”, mentre quelli addetti a lavorare nelle cave per estrarre il tufo o altre pietre, erano chiamati “montesi”.
Altri mestieri antichi e specialistici erano “‘o ferracavallo”, ossia il maniscalco, che si occupava di sellare i cavalli, “‘o maste ‘e capetiello”, ossia lo stuccatore e il decoratore di interni, “‘o masterascio”, cioè maestro d’ascia, “‘o sfasciacarrozze” (detto anche mannese), cioè l’aggiustatore di carri, “‘o fravecatore”, ossia il muratore, mentre il costruttore o riparatore di forno era chiamato “‘o furnaro”.
Gli operatori dediti al trasporto dei prodotti dalle campagne in città e in altri paesi erano chiamati “carresi”, mentre i costruttori dei recipienti, utilizzati per contenere il vino, erano chiamati “varricchiali”.

Posizione di operatore della lana su scardasse

Un altro mestiere caratteristico della zona era il “matarazzaro’, ossia l’operatore ambulante che girovagava durante il periodo del dopoguerra e fino agli anni ’80, tra masserie e cortili, specializzato ad “allargare” e rendere soffice la lana dei materassi. Egli si aiutava con un particolare strumento di legno, che era chiamato “‘o scardasse”. Quest’attrezzo era una sorta di telaio costituito da due piastre di legno curvate, di cui la parte inferiore era fissa al telaio, mentre la piastra superiore era mobile e poteva oscillare con la spinta manuale del “materazzaro”. Le piastre erano rivestite da numerosi chiodi, che con il movimento alterno favorivano la sfibratura della lana. La lana, prima dell’operazione, doveva essere opportunamente lavata e asciugata al sole.
Sovente, la lana dei materassi veniva lavorata anche a mano, a cura delle pazienti donne di casa. Molti erano, infine, i sarti specializzati per collazionare abiti su misura maschili.

Arrotino su bicicletta, "Mola forbice"

A conclusione di questo interessante argomento, c’è da aggiungere che nonostante la variegata quantità di mestieri esistenti nel territorio piscinolese, è stata la lavorazione della canapa e anche del lino ad avere e conservare per molti secoli un posto di rilievo tra i mestieri maggiormente esercitati dalla popolazione locale. Per lavorare e produrre queste due fibre, le cui fasi abbiamo già descritto, [...] nell'apposito post di questo blog, a volte occorreva sfidare le disposizioni delle autorità sanitarie, come avvenne nell’anno 1764, durante l’epidemia del colera, quando gli abitanti di Piscinola, Marianella, Chiaiano e di altri Casali continuavano a portare i canapi e i lini a macerare nel lago di Agnano, nonostante i divieti imposti dal governo della città. Ecco una testimonianza raccolta nella cronaca del tempo:

Attrezzo per la lana detto "Scardasse"

“Napoli nell’anno 1764, documenti della carestia e della epidemia…”: “[…] Con dispaccio del 13 luglio del 1764 venne vietata la macerazione della canapa e del lino nel lago di Agnano, come cosa pregiudizievole alla pubblica salute, e si ordinò di farsi il macero nel Fusaro, nel lago di Patria e in altri luoghi lontani dall’abitato e poiché i contadini di Piscinola, Marianella e Chiajano ed altri si negarono di ubbidire, fu ordinato dal Commissario di Campagna di procedere con rigore contro i trasgressori […]”.
Negli ultimi cinquant’anni, grazie alla scuola aperta a tutti ed a causa degli espropri delle campagne, per i programmi urbanistici di espansione della città di Napoli, Piscinola ha cambiato volto: non più agricoltori, né contadini, né operai, ma quasi tutti impiegati o aspiranti impiegati, liberi professionisti e qualche raro e caro artigiano.

Riparatore e lucidatore di pentole di rame:"Rammaro" o "Stagnaro"

Il commercio conserva sempre le “dimensioni” e le caratteristiche insufficienti a far fronte alle necessità quotidiane della popolazione locale, senza alcuna velleità di espansione. I venditori ambulanti sono praticamente scomparsi, resiste solo qualche improvvisato venditore “meccanizzato”, con l’immancabile altoparlante amplificato...

Salvatore Fioretto

Sicuramente un tempo c'erano tanti altri mestieri che non sono stati riportati in elenco, solo per un problema di spazio. 

Il racconto è stato interamente tratto dal Libro: Piscinola, la terra del Salvatore, una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di Salvatore Fioretto, ed. The Boopen, 2010. Le foto sono state liberamente tratte dalle pagine del Web, nelle quali erano pubblicate e sono state inserite in questo post senza fini di lucro, ma solo con lo scopo della libera diffusione della cultura. La stampa originale della "Nutrice di Marianella" appartiene alla collezione di S. Fioretto.

Realizzatore di cesti e canestri in salici, canne e vimini, detto "Canestraro"