martedì 4 agosto 2020

Piscinola è la "Terra del Salvatore": un'indagine storica su uno straordinario legame millenario!!

Prefazione:
“I paesani di esso Villaggio avuto avessero un culto speciale verso il Santissimo Salvatore”…, è la deduzione che fece il celebre storico Antonio Chiarito, nella sua opera “Commento Istorico-critico-diplomatico sulla costituzione de Istrumentis conficiendis per curiales dell’imperador Federico II” (ed. anno 1772), quando descrisse il Villaggio di Piscinula, riferendosi a una “carta celebrata” il 20 agosto dell’anno 1323.
Basilica di S. Restituta, Cristo Pantocratore (VI e XVI sec.)
Partiamo da questa bella attribuzione, che riconosce ed evidenzia l’antico culto dei Piscinolesi per il loro Protettore, ossia per il Santissimo Salvatore, per eseguire questa trattazione storica a riguardo, che ha l’intento di cercare di ricomporre e di ordinare, a livello storico e antropologico, quanto oggi conosciamo dalle fonti storiche certe e quanto, invece, sia ancora avvolto nel mistero e nella leggenda addensate nei secoli trascorsi…! 
E' proprio vero che questa volta la nostra storia si perde nella notte dei tempi..., d'altra parte il sito ecclesiale di Piscinola, su cui si erge la chiesa parrocchiale del SS. Salvatore, conta ben 1000 anni di storia!  Vedremo che per ricostruire le vicende storiche che ci interessano,  dobbiamo attraversare buona parte della storia di Napoli, fino a lambire le origini del cristianesimo in città...! 
Ma procediamo per gradi, e con calma...
 
Piscinola è la "terra del Salvatore"...:
Nella summenzionata carta, celebrata nel 1323, sono descritti i confini di un appezzamento di terreno detenuto da un certo Pietro di Fiore, detto l’Amalfitano, dato in fitto dal monastero di San Pietro a Castello; in particolare questo terreno era situato nella Villa di Piscinola e confinante con la "Terra del S. Salvatore"… Ecco l'estratto del testo, in latino:“l’Udex Petrum de Flore dictus Amalfitanus tenet a Monasterio S. Petri ad Castellum quamdam terram modiorum trium, fitam in Villa Piscinule pertinentie Neapolis, cujus fines hii, cum terra Sancti Salvatoris de predicto loco Piscinule & cum terra...”.
Facciata della cattedrale angioina, prima della trasformazione ottocentesca
Risulta evidente che la carta presa in riferimento dal Chiarito non rappresenti la testimonianza storica più antica che descrive il legame di Piscinola con il SS. Salvatore, dell’esistenza della “Villa di Piscinola” e della sua Chiesa, ma bisogna andare molto più indietro nei secoli. Per trovare testimonianze più antiche dobbiamo far scorrere almeno altri quattro secoli..., fino a giungere intorno alla metà del X secolo d.C.!
Nella carta celebrata nell'anno 941, per mano del "curiale" (era figura di notaio dell'epoca) Anastasio, si legge: “Die 20 m. augusti ind. XIX Neapoli (Anno 941) Imperante d.n. Costantino m.i. an. 33 et Romano m.i. an. 20. Gregorius filius d. Sergii vendit et tradit d. Ihoanni cognato suo, filio d. Andreae quatur pectias de terra positas in loco nominatur Piscinulae, qui est in marzano Massa belenzanense, quartum una que vocatur Custaneu, coheret cum terra dicti Iohannis, cum terra de illi Langubardi, cum terra dicti Iohannis Rannusi; alia terra que vocatur ad illum Felicem coheret cum terra Iohannis Toccatocca, cum terra Iohannis  filii Gaudiosi Vicedomini, cum terra Drose uxoris Pituli, alia terra que nominatur Fracta coheret cum terra monasterii Insule Salvatori et cum terra d. Gregorii Sparharii; alia terra que dicitur Marilianum coheret cum terra de illu Langubardi, cum terra ecclesie S. Severini, et ab uno capite est paludis…; pro pretio auri taren sex et pena controventionis statuta est in auri solidos sex bizanzios.
Actum per Anastasium culialem et testes subscripti sunt omnes caractere greco.” [...].
Questo documento risulta essere il più antico (al momento conosciuto) che menziona la villa di Piscinola e con essa una terra posseduta dal monastero del Salvatore; la pergamena viene denominata Notam istrum. S. Gregori, n. 297. 
Basiliche di Santa Restituta e della Stefania, stampa contenuta in un libro
In sintesi esso sancisce una compravendita eseguita tra un certo Gregorio, figlio di Sergio e Giovanni, suo cognato, riguardante quattro appezzamenti di terreno situati nella villa di Piscinola, nella località antica, chiamata Marzano Massa Belanzanese. Sono quindi descritte le quattro parti. La "terza parte" di terreno venduta viene chiamata “Fratta” e confina con la terra dei Longobardi, con i Toccatocca, con la terra del Monastero del Salvatore, e con Gregorio Spataro.
Si deduce che nel X secolo (941), dei monaci del monastero del Salvatore possedevano una “grancia” di terreno, ovvero un appezzamento di terreno coltivato, nella Villa (o Vicus) di Piscinula
All’epoca erano numerosi i monasteri di Napoli che avevano in dote terreni nei territori suburbani alla città, come il citato monastero di S. Severino.
Questa zona di Piscinola, posseduta dal monastero del Salvatore, prenderà con tempo il nome dei proprietari. Lo storico dott. Franco Biagio Sica, nel suo libro, "Viaggio nella mia terra" (tip. Cortese, 1989), sostiene che "la Terra del Salvatore", rappresenta un appellativo “Prediale”, ovvero un toponimo che la gente userà per indicare il luogo, attraverso i proprietari del terreno che erano, appunto, i monaci del monastero del Salvatore
Forse su questo appezzamento di terreno era già presente o sorgerà da lì a qualche decennio dopo, una primitiva edicola o cappella e, poi, una chiesetta dedicata al SS. Salvatore, che potrebbe essere stata l'antesignana struttura dell'attuale chiesa parrocchiale. Probabilmente il continuo contatto dei monaci del Salvatore con gli abitanti del posto, e la loro continua opera missionaria, avrebbero condizionato e favorito la nascita del culto verso Gesù Salvatore. Di queste evoluzioni storiche, purtroppo, non abbiamo ancora la certezza documentale, ma possiamo solo presentarle come deduzioni, risultanti però alquanto fondate...almeno come una delle ipotesi possibili.
Affresco del Cristo Pantocratore, altare magg. basilica di S.Restituta. Il tondo con testa del Cristo è in legno ed è il più antico
A questo punto è legittimo chiedersi: dove si trovava questo monastero dedicato al Salvatore, dal quale provenivano questi monaci, chiamati "Monaci del Salvatore"? E una volta individuato che tale sito sia stato su un'isola napoletana: quale è quell'isola del golfo di Napoli che all'epoca era anche chiamata "Isola del Salvatore" e, poi, perché essa fu chiamata così?
Il monastero di cui parliamo si ergeva sull'isola del Salvatore, fondato in quel luogo almeno fin dal VI-VII secolo. L’"Isola del Salvatore" (o insula Sancti Salvatoris), era la denominazione medioevale che identificava l’isola di Megaride: l'attuale sito del Castel dell'Ovo.
Su questa isola esisteva in epoca romana la lussuosa e vasta villa di Lucio Lucullo, da cui prese il nome e, poi, anche un castrum (luogo fortificato), nel quale fu rinchiuso prigioniero e vi morì (intorno al 476), l'ultimo imperatore romano d'occidente, il povero Flavio Romolo Augusto, chiamato Augustolo. In tale periodo l'isola prese il nome di “Castrum Lucullianum”, e andava trasformandosi gradualmente in fortezza.
Altare maggiore della basilica di S. Restituta (Basilica del Salvatore)
Nei secoli successivi (VI-VII secolo ca.) la villa di Lucullo andò in rovina e sui suoi resti fu edificato un cenobio, costruito dai monaci basiliani, i quali, in fuga dall'oriente, a causa delle persecuzioni che imperversano, attraversavano il Mediterraneo e qui approdavano, sentendosi al sicuro sull'isola. Qui si fermò, dopo la fuga da Costantinopoli, anche la nobile principessa Patrizia, e vi morì dopo essersi fatta monaca. 
I monaci basiliani ricavarono le loro celle nelle cavità naturali di tufo presenti nell'isola e poi adattarono alcuni ambienti superstiti della villa di Lucullo, come ad esempio il refettorio, utilizzando la cosiddetta sala delle colonne. Con il tempo questi monaci intrapresero anche intensi scambi commerciali con la terraferma. Organizzarono una  biblioteca, forse in parte derivata da quella sopravvissuta dalla villa di Lucullio ed esercitarono l'arte amanuense, per la duplicazione dei testi antichi e rari. L'isola nei secoli fu chiamata anche "Insula Maris".
Non si sa bene il periodo preciso in cui all'isola di Megaride fu dato l'appellativo di Isola del Salvatore (insula Sancti Salvatoris).
Partiamo col dire che non sempre la ricostruzione storica e l'identificazione dell'isola del Salvatore fu precisa e immediata... Purtroppo nel corso dei secoli, soprattutto nel XVIII secolo, si è fatta una certa confusione tra gli storici per la sua identificazione, i quali male interpretarono i documenti e le testimonianze antiche che menzionano l'isola e il suo cenobio. Si è spesso confuso l'isola di Megaride con quella di Nisida, per una serie di errori banali d’interpretazione... 
Nisida, prima della costruzione del collegamento alla terraferma
Fu lo storico Alessio Simmaco Mazzocchi (conosciuto con l'appellativo di "Canonico Mazzocchi") a indentificare tra i primi, ma erroneamente, l’isola, confondendola con Nisida. La fonte di riferimento, da cui partiva Mazzocchi per l'identificazione dell'isola, fu la cronaca che descriveva la traslazione del corpo di S. Attanasio, uno dei primi vescovi della chiesa di Napoli. Nella testimonianza scritta si parla di "Insula Maior", distante dalla sede episcopale napoletana, XII stadia; quest'isola fu poi affidata dall'imperatore Costantino il Grande, all’Episcopio di Napoli, ovvero all'antica basilica edificata grazie al suo intervento, chiamata "Sanctis Salvatoris" (odierna basilica di Santa Restituta). 
La citata testimonianza è contenuta nel Liber Pontificalis. E' da precisare che questa cattedrale costantiniana fu dedicata inizialmente (IV-V secolo) al SS. Salvatore e agli apostoli, e solo verso l'inizio nel IX secolo cambiò nome in Santa Restituta d'Africa, quando vi furono traslate le reliquie di questa Santa. Anche la primitiva denominazione dell'antica cattedrale costantiniania, dedicata al Salvatore, potrebbe aver esercitato una certa influenza sull'attribuzione del nome dato all'isola del Salvatore e quindi al cenobio di cui parliamo... 
Nisida, prima della costruzione del collegamento alla terraferma
Quindi il Canonico Mazzocchi, nella sua opera che descrive la cattedrale di Napoli, affermò, senza riserve, che l'isola Maior, ovvero l'isola del Salvatore, era l'isola di Nisida.
Ma in realtà l’Insula Maior (isola maggiore), contrariamente alle sue più ridotte dimensioni rispetto all'isola di Nisida, era identificabile correttamente nell'isola di Megaride, come poi dimostrato dallo storico Antonio Chiarito, il quale ebbe modo di smentire pubblicamente il Canonico Mazzocchi per l’errore commesso, nei capitoli del già citato compendio: "Commento Istorico-critico-diplomatico sulla costituzione de Istrumentis conficiendis per curiales dell’imperador Federico II”, nel 1772. 
Più recenti opere e testimonianze hanno fatto chiarezza anche sull’appellativo di "Isola Maggiore" (Insula Maior) conferita a Megaride, deducendo che esso derivi dalla maggiore estensione dell'isola rispetto al vicino isolotto (non più esistente) chiamato Isola di San Vincenzo, sul quale pure sorse un cenobio di monaci.
Ecco due brevi passaggi estratti delle conclusioni del Chiarito:
"Che l'istessa Isola (Megaride) detta ancora si fosse: Insula maris domini, et Salvatori nostri Iesu Xpi, apparisce da un copiosissimo numero di carte, [...]. 
Castel dell'Ovo, in un dipinto
"Si conchiude, che l'Isola di Megari detta si fosse del Salvadore, a cagion del Monistero quivi esistente sotto detto titolo - A lumi recati finora ben si deduce, che punto non regga ciocchè si è scritto dal Signor Canonico, che labente XII seculo Salvatori, nomenetiam Megaridi tributunn reperiri (2), poichè abbiam fatto vedere che non solo l'isola di Megari ne' mezzi tempi chiamata si fosse del Salvadore, a cagion del Monistero ivi eretto dedicato al SS. Salvadore, e che questo in una tal Isola stato fosse fin dal tempo della venuta di S. Patrizia ne' nostri lidi; ma ben anche, che il Monistero sotto l'istesso titolo, che il Signor Canonico lo vuole nell'Isola di Nisida, sia una pura sua immaginazione, non avendosene veruna memoria. Per l'opposto del vero ed effettivo Monistero del Salvadore in Megari se ne han da ogni dove certissime ed indubitate notizie assai prima del labente XII. seculo, [...]
La conferma che le due isole napoletane, Megaride e Nisida, fossero state distinte, con propri nomi, è ben evidente del documento che sancisce un patto di pace (1128), tra il duca Sergio VII (ultimo duca di Napoli) con i rappresentanti della repubblica di Gaeta: Il Duca Sergio promette pace per la durata di dieci anni, a nome suo e dei suoi sudditi; fra essi sono menzionati gli abitanti dell’”Arx (o Arce) Sancti Salvatoris” (Isola di Megaride) e quelli di “Gipeo” (forse analogo a Zippio), che è il nome dato a Nisida. La presenza di una comunità nisidiana è confermata anche dallo storico Capasso, che individua sull'isola di Nisida, ai tempi di Federico II (1240), un “monasterium Sancti Archangeli de insula Gipei”.
Castel dell'Ovo (particolare da una stampa dell''800)
L'"Arx o Arce dell'isola del Salvatore" citata, si riferisce a una sorta di cittadella abitata sull'isola del Salvatore. In questo periodo l'isola si era fortificata, inglobando anche il convento. 
Nel 1140, con l'arrivo dei Normanni, tutta la cittadella dell'Arce dell'isola del Salvatore divenne residenza fortificata ad uso di re Ruggiero e dalla sua corte: nasce quindi il celebre Castel dell'Ovo.
Ritornando all'etimologia dell'isola del Salvatore e del monastero dei monaci del Salvatore, possiamo avanzare al momento solo due ipotesi: o i monaci basiliani giunti a Napoli, importarono il culto del Salvatore dall'Oriente, dove esso era fiorente già dal IV-V secolo, e intitolarono il loro cenobio sull'isola, dedicandolo al Gesù Trasfigurato e per tale dedica anch'essa verrà chiamata Isola del Salvatore oppure, a seguito della citata donazione dell'isola di Megaride, fatta dall'imperatore Costantino alla chiesa cattedrale di Napoli (basilica chiamata del Salvatore), l'isola e il monastero prenderanno lo stesso titolo della basilica proprietaria, ovvero Sancti Salvatoris. 
Al momento non siamo in grado di indirizzare il lettore verso l'esatta verità storica su questo punto, ma una delle due deduzioni potrebbe essere quella corretta...
Sala delle Colonne, interna al Castel dell'Ovo
Ma continuiamo con le vicende legate al monastero del Salvatore.
Attanasio, vescovo di Napoli, intorno all’anno 850, edificò nel cenobio dell'isola, la chiesa di S. Salvatore in “Castro Luculliano” e concesse il culto quotidiano ai monaci di San Benedetto.
Nell'anno 861 lo stesso Vescovo Attanasio qui si rifugiò, con tutto il clero napoletano, venendo perseguitato dal nipote Sergio III (duca di Napoli), che produsse dei tumulti contro di lui, e promosse l'assedio con dei Saraceni che teneva assoldati.
Sala delle Colonne, interna al Castel dell'Ovo
Verso il 1137 il monastero del Salvatore, detto poi anche “in insula maris” venne aggregato a quello cittadino, chiamato di San Pietro a Castello, presente anch'esso sull'isola e, successivamente, quando l'isola di Megaride fu fortificata per difendere la città di Napoli dagli attacchi nemici provenienti dal mare, i monaci furono aggregati al convento cittadino dei SS. Pietro e San Sebastiano e quindi trasferiti sulla terraferma.
Tutte queste vicende storiche, quindi, potrebbero aver caratterizzato nei secoli il toponimo di una parte del territorio di Piscinola che fu, come si è detto, chiamato “La terra del Salvatore”. Come già asserito, non sappiamo con certezza se tale "terra" sia identificabile con quella che poi sarà sede della costruzione della primitiva cappella o della chiesa dedicata al Santissimo Salvatore e il periodo nel quale questo avvenne, ma sicuramente tutto ciò dovrà essere avvenuto gradualmente e molto lentamente nei secoli lontani. 
Dalla descrizioni dei confini dei terreni e delle proprietà contenute nelle carte antiche menzionate, sembra che gli appezzamenti o "grance" citate, siano state tutte vicinissime tra loro, ma in realtà bisogna considerare che all'epoca le proprietà terriere erano poche e molto estese, e le abitazioni stanziali non erano molto diffuse nel territorio, quindi c'era anche difficoltà da parte nei "curiali" di trovare dei punti di riferimento fissi e inequivocabili per descrivere i confini e, quindi, anche se oggi le zone appaiono lontane, in quell'epoca dovevano essere tra loro confinanti. 
 Carta de Evirnos de la Ville de Naples, anno 1778
Come pure non sappiamo se la chiesa di Piscinola nacque per volere dei monaci proprietari terrieri oppure furono gli abitanti stessi dell'epoca ad accogliere e ad accrescere nella loro primitiva comunità il culto verso Gesù Salvatore, tanto da dedicargli la chiesa che divenne sempre più grande, fino a essere quella principale del Villaggio.
Partic. mappa, con indicazione della chiesa del SS. Salvatore
Sicuramente, come è facile dedurre, il continuo contatto di questi monaci con gli abitanti, forse anche con opere missionarie e di carità, avrebbero potuto stimolare il culto.
L'altra chiesa esistente a Piscinola era la chiesa dedicata a San Sossio diacono, anch'essa citata nelle carte antiche, fin dal X secolo, era però situata in un luogo decentrato rispetto all’attuale centro del quartiere, verso la zona dello Scampia.

La chiesa del SS. Salvatore in Piscinola:
Di sicuro nell’anno 1033 la chiesa del Salvatore in Piscinola era già stata edificata ed era officiata, perché è menzionata in un altro documento rogato, da parte del curiale Sergio; nel quale si sancisce che il presbitero Martino custode della chiesa dei Santi Cosma e Damiano, vende a Stefano Ferrario, chiamato Bonisculo, un appezzamento di terreno detto at Nipititum, sito presso S. Sossio a Piscinola, e che questa terra confina con la terra di Pietro Presbitero detto Patrizio, con la terra di quella ”estaurita plevischiamata S. Sossio, con la terra di Leone Luppari e con la terra che appartenne a Maria Russo di Donna Agata, dove sorge la “Staurita plevischiamata chiesa del Salvatore in Piscinola.
[...] coherente sivi ab uno latere terra qui fuit domini petri presbyteri qui nominatur patricii: seum et terra de illa staurita plevi memorata ecclesia sancti sossii et terra domini leoni luppari: sicuti inter se sepis exfinat: et de alio latere coheret terra qui fuit memorati domini petri parametiomeno: sicuti inter se sepis exfinat: et de uno capite coheret terra qui fuit domina maria russa de domina aghathe que modo detinet stauritas plevis ecclesie salvatoris nostri ihesu christi de memorato loco piscinule sicuti inter se sepis exfinat et de alio capite terra heredes quondam domini sergii cognomento gruccaanima [...]
Altare maggiore, e pulpito a lato, prima delle modifiche, foto cartolina, anni '50
Da quest'anno in poi altri atti menzionano e confermano l’esistenza della chiesa di Piscinola dedicata al Santissimo Salvatore, come l’atto rogato il 23 dicembre 1058, per mano del curale Giovanni, nel quale si tracciano i confini di un terreno: da un lato con la terra della staurita della parrocchia della predetta chiesa di san Sossio e dall'altro lato confinante con la terra che fu di signora Maria Russa de donna Agata che detiene la staurita della parrocchia della chiesa del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo dell’anzidetto luogo Piscinola:
[...] comparatio de memoratis iugalibus genitoribus nostris continet in presentis aput vos remisi pro vestra vestrisque posteris et de memorata ecclesia salbatione: Coherente sibi ab uno latere terra qui fui quondam domini petri patricii et presbyteri seu et terra staurita plevis memorate ecclesie sancti sossii et terra domini leoni iuppori: sicuti inter se sepis exfinat: et de alio latere coheret terra qui fuit de domino petro parametiomino sicuti iterum sepis exfinat: de uno capite coheret terra qui fuit domina maria russa de domine agathe quem detinet staurita plevis ecclesie domini et salvatoris nostri ihesu christi de memorato loco piscinule sicuti sepis exfinat: et de alio capite terra heredum quondam domini sergii gruccianima sicuti iterum sepis exfinat [...].
Calvizzano, chiesa di S. Giacomo Apostolo
Il dott. Franco B. Sica considera che se la chiesa del SS. Salvatore di Piscinola, già esisteva ed era officiata nell’anno 1033, tuttavia la sua fondazione dovette avvenire almeno 100 anni prima, considerando anche che la chiesa di Piscinola risulta essere la più antica tra quelle suburbane della Archidiocesi di Napoli, quindi ancora più antica di quella di Calvizzano, che è ritenuta di antichissima fondazione. Ad avvalorare tale tesi, infatti, è l’opera del notaio Antonio Sirleto: “Platea…”. In questo libro il Sirleto asserisce che la chiesa di San Giacomo a Calvizzano era antichissima, ed era seconda solo a quella del Santissimo Salvatore di Piscinola. Mentre, in un altro documento, celebrato per conto del Duca di Napoli, si menziona la chiesa di Calvizzano, che era già presente nell’anno 951. 
Quindi la chiesa di Piscinola, per semplice deduzione, dovrebbe essere stata fondata almeno del decennio 930-940… Ma qui il condizionale è fortemente d’obbligo! 
Altare della chiesa del SS. Salvatore, durante i festeggiamenti, anni '50
A conferma di questa teoria, ossia del primato dell’antichità della chiesa del SS. Salvatore di Piscinola su tutte le altre parrocchie e quindi anche su S. Giacomo di Calvizzano, c’era l’antica consuetudine o cerimoniale, in vigore nei secoli scorsi nella Cattedrale di Napoli, durante l’atto di conferma dell’obbedienza all’arcivescovo, che ogni anno i parroci diocesani eseguivano nella prima domenica di maggio. Durante tale manifestazione religiosa, i parroci delle chiese cittadine e quelli delle chiese suburbane (ossia della parte extramoenia di Napoli) venivano ordinati e disposti nella chiesa cattedrale, secondo un preciso ordine, dettato sia dalla ubicazione geografica e sia dall’antichità della chiesa parrocchiale di appartenenza. Quindi, negli scanni della Cattedrale, per primi, sedevano i parroci cittadini e, a seguire, sempre in ordine di precedenza, quelli del suburbio, secondo l’età di fondazione della loro chiesa. Con lo stesso ordine di sequenza si eseguiva la chiamata dei parroci all’atto dell'obbedienza all'Arcivescovo ("rito del baciamano").  Dopo quelli delle parrocchie e diaconie cittadine, il primo parroco suburbano ad essere chiamato al rito di obbedienza era quello della chiesa del SS. Salvatore di Piscinola e, a seguire, quello della chiesa di San Giacomo di Calvizzano. Questa testimonianza è un altro riscontro importante per dimostrare l’antichità assoluta della parrocchia del SS. Salvatore di Piscinola nel comprensorio dell’Archidiocesi di Napoli, fuori le mura cittadine.
Immagine del SS. Salvatore donata alla chiesta in India, anni '50
La chiesa del SS. Salvatore di Piscinola non fu subito "parrocchia", ossia "chiesa rettoria", nella quale il parroco oltre alla gestione del culto provvedeva anche alla gestione amministrativa e conservativa del tempio, così come avviene oggi; infatti fino alla prima metà del XVI secolo, come avveniva per altre chiese dei Casali, anche nella chiesa del SS. Salvatore, il sacerdote non risiedeva stabilmente nella canonica e vi si recava in chiesa solo quando doveva celebrare la messa. Il parroco più antico, del quale si hanno notizie, è stato don Antonio Ristaino, che resse la parrocchia del SS. Salvatore, dal 1538 fino al 1576.
Si può dire che, fino a pochi decenni fa, la secolare chiesa parrocchiale di Piscinola sia stata l’unica chiesa parrocchiale dell'Archidiocesi di Napoli ad avere la titolarità del suo nome, del SS. Salvatore. Infatti dopo le antichissime basiliche di S. Restituta e della Stefania, solo la cinquecentesca chiesa dell’Abazia dei Camaldoli di Napoli, che non è mai stata una parrocchia, è dedicata al SS. Salvatore; quest'ultima fu costruita nel 1585, sulle vestigia della più antica cappella ivi presente, intitolata: San Salvatore al Prospetto, che secondo alcuni fu fondata dal vescovo di Bitinia, san Gaudioso, intorno al V secolo. Quest'ultimo aspetto storico, alquanto vicino geograficamente a noi, è un altro tassello che pure dovrebbe essere considerato per la nostra ricerca...
Non sappiamo in quale periodo fu ufficialmente affidato il patronato del Casale di Piscinola al Santissimo Salvatore. Forse non c’è mai stato un atto solenne, come avvenuto in altre comunità, ma sarà stato un processo lento e graduale. 
Chiesa SS. Salvatore prima del restauro, anni '50 (foto R. P.alladino)
Sicuramente nel periodo in cui scrisse il Chiarito, ossia nella seconda metà del XVIII secolo, il SS. Salvatore era già considerato il "patrono" di Piscinola, vista l’enfasi con cui il Chiarito scrive il suo commento.
Dopo le testimonianze del X secolo, della chiesa di S. Sossio non si hanno più notizie, probabilmente l'edificio sacro andò in rovina e la chiesa del SS. Salvatore rimase l’unica ecclesia attiva sul territorio, perché viene continuamente menzionata nelle carte successive. 
Nel XIII-XIV secolo la nostra chiesa avrà avuto le fattezze di un tempio in stile Gotico, come dimostrerebbe l'unico suo reperto sopravvissuto, che è il frammento di un affresco della Madonna della Misericordia, oggi incastonato sopra l’altare maggiore. L'immagine del volto della Madonna è realizzata con uno stile pittorico, definito: "giottesco napoletano", perché eseguito da qualche allievo o seguace del grande maestro (Giotto fu attivo a Napoli diversi anni).
Nei secoli seguenti avvenne la trasformazione della chiesa nello stile Barocco; sicuramente questo avvenne prima dell'anno 1688, perchè sappiamo dai diari della parrocchia che in quell'anno un violento terremoto distrusse il tetto della chiesa barocca.  L'unica testimonianza pittorica sopravvissuta della chiesa barocca, di autore ignoto, è un frammento della scena della Trasfigurazione, che si trova ancora conservato nella parete retrostante l’antico organo della chiesa. 
L'attuale immagine in legno del Salvatore risalirebbe al XIX secolo. Un tempo, quando sopra l’altare maggiore della chiesa era collocata la tela della Sacra Famiglia (opera perduta), la statua del SS. Salvatore era esposta, come ci testimoniano gli anziani, nella nicchia dell’altarino, situato sul lato sinistro della chiesa, dove oggi è collocata la statua dell’Addolorata
Processione del SS. Salvatore, in via del Plebiscito a Piscinola, foto anni '50
La chiesa conserva anche alcune statue settecentesche e ottocentesche, appartenenti ai santi compatroni, l'organo del settecento e quello che resta degli altari laterali e di quello maggiore, che pure sono antichi.
Della presenza di una statua in argento del SS. Salvatore posseduta dalla chiesa nei secoli scorsi, abbiamo ricevuto solo testimonianze lacunose e quasi leggendarie, raccolte dai racconti degli anziani piscinolesi. Purtroppo non abbiamo trovato testimonianze scritte di questa opera in argento e non sappiamo come questa, a un certo punto, scomparve dalla scena... Su questo aspetto la leggenda fa ovviamente la sua parte... 
Tuttavia ipotizzare che in passato, anche nella nostra chiesa esisteva un’immagine del Santo Patrono cesellato in argento, non sarebbe un fatto tanto azzardato, considerando che sia Miano e sia Chiaiano hanno oggi le statue argentee dei rispettivi santi patroni. Confidiamo sulla futura ricerca storica...

Postfazione:
Immagine su locandina di festa, 1968
Il lettore avrà certamente percepito l'importanza e la complessità della materia storica che qui è stata oggetto d'indagine e di analisi: una gran varietà frastagliata di episodi, di personaggi, di luoghi, di testimonianze, che interagiscono tra loro, nei secoli; e, come per una predestinazione o forse per pura casualità, hanno condizionato la vita degli abitanti di un piccolissimo borgo, quello di Piscinula medioevale; borgo antico, abitato da semplici e poveri contadini, i quali, nel corso della storia, sono stati però aperti alla "contaminazione" degli eventi e con questi hanno interagito, accogliendo positivamente gli influssi cittadini che hanno condizionato la loro cultura, le loro tradizioni, le loro usanze e quindi il loro credo.

Conclusioni:
Il culto per il SS. Salvatore, per "Gesù Trasfigurato", che ha singolarmente attecchito nell'antico borgo di Piscinola, circa 1000 anni fa, perviene dai primi secoli della cristianità, per una serie di collegamenti storici e di coincidenze logistico-temporali, che potrebbero essere: 
1) dalla possibile donazione al clero dell'Episcopio napoletano, intitolato al Salvatore, del possedimento dell'Isola di Megaride e di un castrum, che  per questo forse prenderà il nome di "Isola del Salvatore", diffondendone il nome ai cespiti ed opere collegate;
2) dalla venuta dall'oriente, di un gruppo di monaci basiliani, i quali probabilmente importeranno a Napoli il culto di Gesù Salvatore (VI-VII secolo) e lo diffonderanno a Napoli;
3) dalla realizzazione sull'isola di Megaride di una chiesa dedicata al Salvatore, all'interno del cenobio retto da un gruppo di monaci, che già si chiamavano "Monaci del Salvatore" e il convento intitolato "Monastero del Salvatore". Il convento e la chiesa saranno successivamente affidati ai monaci Benedettini,
4) dalla presenza di un appezzamento di terreno (grancia) posseduto a Piscinola dal "Monastero del Salvatore", che per tal motivo, esso fu chiamato: "Terra del Salvatore",
5) dall'azione missionaria che probabilmente ebbero a svolgere i monaci nella villa (borgo) di Piscinola, portando all'edificazione di una primitiva cappella o chiesa dedicata al SS. Salvatore e promuovendone il Suo culto tra gli abitanti.
6) da una possibile altra motivazione o influenza, al momento a noi ancora ignota, ma da tener conto nelle future ricerche, che potrebbe far risalire la nascita del culto del Salvatore a Piscinola ad un periodo ancora più indietro nei secoli (come il riferimento alla vita di S. Gaudioso, V secolo).

Successivamente, nei secoli più recenti, al SS. Salvatore è stato affidato il patronato della comunità parrocchiale di Piscinola, mentre la chiesa è stata riedificata diverse volte e quindi ingrandita, diventando parrocchia. Almeno fin dal XVII secolo, al SS. Salvatore è stato affidato anche il patrocinio civico dell'Università e del successivo Comune di Piscinola
Speriamo in futuro di raccogliere altre notizie e conferme di quanto qui assunto, e di chiarire con fonti affidabili quegli argomenti avvolti ancora nel velo dell'incertezza e della leggenda.

Dedica:
Con questo post abbiamo voluto omaggiare Piscinola e i suoi abitanti, in occasione della prossima festa patronale. Dedichiamo questo lavoro di ricerca alla "presenza" storica millenaria del Santissimo Salvatore che, come dimostrato, è "venerato" e adorato a Piscinola, almeno fin dal IX-X secolo.
L'abbiamo scritto con umiltà e con la consapevolezza di affrontare un argomento gravoso e ricco di insidie. Alcune fonti sono lacunose e poi mancano ancora delle testimonianze più precise sull'edificazione e sulle varie trasformazioni subite dalla chiesa parrocchiale, oltre le relative tracce monumentali e archeologiche, il cui rinvenimento potrebbero chiarire diversi dubbi e aspetti. Lo abbiamo scritto con la volontà e la passione, e con lo scopo principale di diffondere, soprattutto tra i giovani di oggi, la grandezza della nostra storia e la profondità della nostra cultura, affinchè questi possano raccogliere il "testimone" (e lo speriamo vivamente), possano appropriarsi della loro storia e possano promuovere ulteriori indagini storiche e opere di divulgazione: perché queste testimonianze rappresentano le radici fondamentali del nostro essere cittadini di oggi..., del nostro essere piscinolesi del terzo millennio! 

Auguri Piscinola, e auguri a tutti i lettori che si chiamano "Salvatore"! 
Viva Gesù Salvatore, protettore di Piscinola!
Salvatore Fioretto

Il presente approfondimento storico è da considerarsi una integrazione di ricerca al capitolo contenuto del libro "Piscinola, la terra del Salvatore", in merito all'identificazione dell'"Isola del Salvatore" e sulle origini del culto a Piscinola per il SS. Salvatore.