giovedì 6 ottobre 2022

Il marchesino di Polvica, Carlo Mauri, martire del '99!

Nella ricerca storica condotta alla riscoperta dei personaggi famosi del nostro territorio, abbiamo trovato l'interessante biografia della breve vita e delle eroiche imprese del Marchesino Carlo Mauri, Feudatario di Polvica, giustiziato dopo le vicende rivoluzionarie del 1799, abbiamo preparato quindi questo post che pubblichiamo per i nostri lettori.
Il marche Mauri fu parte attiva nella Rivoluzione napoletana: fu Comandante del primo battaglione della Guardia Nazionale. Membro della Municipalità e della Commissione per la Toponomastica.

Nacque nel 1742 a Buccino, in provincia di Salerno. Il casale di Polvica, fu concesso in feudo, fin dal 1631, dal vicerè di Napoli Conte di Monterrey a Giovan Battista Salernitano. Nei decenni seguenti passerà di mano ad altri sette diversi feudatari, l’ultimo di questi fu il marchese Carlo, dopo che la nobile famiglia Mauri lo ebbe acquisito, a partire dall'anno 1761.

La spiagga di Miliscola (Bacoli)
Già prima dell’arrivo dei napoleonici, il giovane Carlo, sebbene giovanissimo, sposato e padre di due bambini, percepì le lusinghe e la nobile causa del vento rivoluzionario che arrivava dalla Francia e partecipò con abnegazione ed estro giovanile a varie cospirazioni, messe in atto per il desiderio di libertà. Quale fervido patriota, legò intese con molti ufficiali inquadrati nell’esercito borbonico che, patteggianti per la Repubblica, anche loro cospiravano contro il re. Ben presto venne sospettato e poi condannato. Fu rinchiuso nelle carceri napoletane, dal 1795 fino al 28 luglio 1798.
Quando venne proclamata la Repubblica Partenopea, il marchese Carlo divenne prima tenente di Compagnia e poi capo di battaglione della “Guardia Nazionale”, al cui interno favorì la formazione della Milizia Civica.
L'Albero della Libertà in una stampa antica
Entrò a far parte della municipalità napoletana, nei periodi più pericolosi della repubblica. In quel periodo rivoluzionario, coerente alle sue idee professate, si mosse ad abiurare le sue condizioni di feudatario del marchesato di Polvica e, recandosi come semplice e libero cittadino, vi organizzò l'innalzamento dell’Albero della Libertà, secondo l'usanza giacobina, proprio nella località che tutt'oggi è chiamata “Arco di Polvica”. Seguitò a festeggiare pubblicamente la Repubblica, assieme ai rivoltosi di Polvica e Chiaiano, banchettando nell'osteria che fu di sua proprietà, detta “Taverna del Portone”. La taverna si trovava in prossimità dell'attuale Largo San Rocco.
All’avanzata reazionaria dei sanfedisti, guidata dal cardinale Ruffo, vide approssimarsi il pericolo della disfatta e il rischio della perdita della libertà; quindi abbandonò le cariche degli uffici pubblici e, assieme a trecento valorosi combattenti, si portò a presidiare la spiaggia di Miliscola a Bacoli, luogo nel quale si temeva l'arrivo e lo sbarco delle forze navali inglesi. Le navi e i marinai della flotta inglese in quel frangente già occupavano le isole del golfo di Napoli. Il 13 giugno, la città di Napoli fu occupata dai Realisti, i quali subito si spinsero oltre, verso le località di Pozzuoli e di Baia. Carlo, con i suoi seguaci, percependo l'imminente pericolo, si rifugiarono all’interno del Castello di Baia, all'epoca fortificato e presidiato dal capitano Antonio Sicardi.
Castello di Baia
Ci fu l'assalto dei filoborbonici e la stenua difesa della fortezza da parte dei giacobini, ma il giorno 16 giugno i difensori della Repubblica si arresero, anche perché ricevettero in cambio della loro capitolazione la promessa di un salvacondotto da parte del Conte Giuseppe de Thurn che, dalla nave fregata “Minerva”, comandava le forze navali assedianti. I fatti però non si misero bene per i soldati filogiacobini, perchè ci fu l'alto tradimento degli inglesi. A nulla valse il salvacondotto assicurato dall’ammiraglio del re. Tutti i militari della brigata e quindi Carlo Mauri, vennero fatti prigionieri e nel seguito processati.
Così scrive lo storico di Chiaiano, Domenico De Luca, nella sua opera "Il Marchese Carlo Mauri feudatario di Polvica giustiziato nel 1799":
"Carlo Mauri fu giustiziato il 14 dicembre 1799 nella storica piazza Mercato di Napoli per impiccaggione (come usanza, accompagnarono il condannato al patibolo i confratelli della Compagnia dei Bianchi).
Nel Diario del De Nicola è detto: "Giovedì 5 (dic.) Si è intesa quest'oggi la condanna del P. Granata ex provinciale dei Carmelitani, di don Nicola Fiorentino, già giudice Regio, e del marchese Mauri". Ma verrà riportato nell'elenco a parte. Infatti nel martedì 10 (dic.) il De Nicola rimanda: "Sono passati in cappella il marchesino Mauri, d. Nicola Fiorentino, il p. Granata".

Lapide sulla facciata di Palazzo S. Giacomo,
con i nomi dei patrioti del '99 (all'8^ fila c'è Mauri)

Ma al Mauri il 12 risultava sospesa l'esecuzione, chi dice perchè abbia detto di aver cosa da scovrire in utile allo Stato, chi che sia stato per le più parti fatte dai parenti, giovandosi di una capitolazione particolare da lui fatta col comandante inglese. Per tale capitolazione ci fu frode da parte di Nelson sull'ambiguo suo comportamento verso i lazzari e i giacobini napoletani, prima che verso i nobili.
Il De Nicola continua: "Sabato 14 Mauri è stato seguito quest'oggi, come vada  ciò che è una arcano almeno per me". Figuriamoci, lui che era un avvocato, che cosa doveva pensare il popolino dei lazzari, oggi si dice di massa". Invece Giustino Fortunato cosi riporta: "Carlo Mauri marchese di Polvica giustiziato". Tra tanta storia ogni autore di saggi su quell'infelice '99 gli ha dedicato almeno un ricordo. Ed è importante accennare ora che sulla Repubblica Napoletana del 1799 esiste una ricca e varia letteratura storiografica e documentaria, come i manoscritti all'Archivio della Soc. Nap. di Storia Patria, alla Naz. di Napoli (Biblioteca) e la preziosa mostra. Ma la maggior parte dei fasci della Suprema Giunta di Stato del Ruffo e quella successiva del re, al suo rientro dalla Sicilia, furono dati alle fiamme di proposito per non far ricordare ("Dannate memorie" ndr.) che mentre lui era fuggito dalla patria, da lontano, oltre che a provvedere a far liquidare fisicamente chi l'aveva anche difeso e credeva alla patria, lui la patria l'aveva abbandonata, senza essere in prima linea."
Tra i vari capi di accusa per i quale Mauri fu sottoposto a  processo e quindi condannato alla pena capitale, ci furono quelli di aver cospirato contro il re, aver aderito alle idee giacobine e per le azioni che aveva condotto in campo, quali: aver piantato l'Albero della Libertà all'Arco di Polvica e aver fatto festa alla Taverna del Portone, come era consuetudine dei rivoltosi. Fu particolamente incolpato dalla Suprema Giunta di Stato. Non ricevette mai il perdono dal re.
Tormentate sono le vicende che, secondo alcune testimonianze, si svolsero tra la sentenza di condanna a morte del Mauri e la sua esecuzione. Secondo alcune fonti, la moglie, gli amici e i feudatari di Polvica ricorsero a tutti i tentativi per salvarlo, chiedendo l’intervento a suo favore di persone influenti. Le lettere di corrispondenza intercorse con la moglie, durante il periodo di prigionia, delineano quello stato di profondo sconforto e i vani tentativi di salvataggio, con l’alternanza di speranze e cocenti delusioni, che si faranno sempre più cupe.  L'unico beneficio estremo che fu concesso al Marchesino Mauri fu la magra consolazione di vedere tramutata la pena di morte, da decollazione ad impiccaggione, che fu eseguita pubblicamente nella piazza del Carmine.
I confratelli della Compagnia dei Bianchi provvidero alla sua pietosa sepoltura nella chiesa di San lazzaro al Lavinaio.
Dopo la condanna capitale, la dimora nobile di Polvica della famiglia Mauri fu depredata di tutto quanto contenuto; secondo alcune fonti ad opera degli stessi servitori del marchese..., mentre i beni posseduti dalla famiglia Mauri furono tutti confiscati dal Regio Demano. Ecco l'elenco dei beni e rendite confiscate pubblicati nell'opera citata di Domenico De Luca:

Beni del reo di Stato Carlo Mauri confiscati. 

Beni siti in Buccino

Case:
-Una casa palaziata in più appartamenti dentro l'abitato vicino alla Chiesa Madre con comodi per riporre generi, cellari ed altro, pochi membri terrane in affitto della rendita di annui due.

Castrello del Carmine in una mappa antica
- Un tappeto per macinare olive sistente sopra la Piazza affittato a Domenico Figliuolo per quarantini 31, d'oglio di Nuzzo.

- Diversi corrispondono per censi sopra case anni due.

Territori:
-Diversi corrispondono per censi sopra territori anni duc. 96.30 Oltre la corrisponsione in oglio.

-Territorio alli Sambuci di tom.10 affittato in danaro a Giov. Caio per an. duc.52.

-Vigna moggia 2 1/4 con alberi di olive a S. Mauro affittata ad Angelo Pucciariello per an. duc. 9 Oltre l'oglio.

-Territorio di tomola 400 tra boscoso, seminabile con alberi di olive nel luogo detto Moncelli, o sia Feudo rustico affittato a Giuseppe di Stasio per tom. 126. Oltre le olive, e la ghianda.

Castello del Carmine, che fu ultima prigione di Mauri

-Territorio seminatorio di tom. 40 con alberi di olive, e di quercie nel luogo  alla Caprignola per tomola 14.03.

-Territorio di tomola 12. con alberi di olive nel luogo detto Mariomeo affittato a Nunzio di Gio:Battista Trimarco per annui tomola 19.

-Territorio con olive di tom. due in circa nel luogo detto Pietrelate affittato ad Onofrio Montesano per tom. 2.04. Orzo tomola .04.

-Territorio detto delle Piante alla Petrosa affittato a  Giuseppe de Jorio per tom. 3 Oltre l'oglio.

Piazza Mercato, in una foto antica

-Territorio a Campanile, ossia Pisciarelli, spanditura e Giardino di D. Carlo affittato  a Gioacchino Volpe, a Giacomo Chiariello per 15. Orzo tomola 15.

-Territori in contrada  di S. Mauro denominati  Calancone, Terre Danze, Sterponi, e le Noci affittate ad Angelo Pucciariello per duc.100. Oltre l'oglio.

-Territori allo Scuorzo, Cotine, e Noci, di tom. 60. affittati ad Onofrio e Luca Policastro, per tom. 40 Orzo tomola 10.

-Territori di moggia 41, alle Pedicare della Montagna, Auriglio, Vallone di Mauro, Lavinaro della Teglia, ed il Forluso con Grotta, affittati a Gregorio di Diego Moniello per tom. 32.

-Chiusa di tomola 15. con masseria di fabbrica ed alberi di Olivenella contrada Carmine, o sia Pellegrini, affittata a  D. Gio. Marasco. 31.04

-Territori di tomola 15 con alberi di olive, e querce nella contrada di Marcellino affittato a Nicola Graziano e Camilla Pisierchio. 7.

Censi in grano:

- Eredi di Agostino Bastardo per censo del territorio alla fontana di Frattamane. tom.5 

- Agostino Pucciariello per Catarina Morrietto per censo del territorio a Vallocupo tomola 12, oltre l'oglio. 5.42.

Fiscali:

L'Università di Buccino corrisponde annui 7.14

Istrumentari:

Eredi di D. Michele Cippaluni per capitale di duc. 30 - 1.80.

Seguono l'elenco di numerosi altri Censi e Benefici siti a: "S. Marina", "Santa Maria Maddalena" e "S. Nicola a Piazza", che omettiamo riportare per questioni di spazio.


(Beni posseduti nel) Feudo di Polvica:

Il castello del Carmine, su via Marina

Case:

-Il Palazzo Marchesale e la Cappella. Tre comprensori di case, uno detto "Case Nuove all'Arco", altro detto: " Degli Orefici alla Piazza" ed il terzo "Il cortile della Monica", affittati a D. Ferdinando de Conciliis per an. duc. 109.

-Il forno con due centimoli col diritto di non potere altri panizzare e vendere farina, e l'Ingegno de'maccaroni, affittato al suddetto de Conciliis per an. duc. 480.

-Tre taverne una luogo detto l'Arco, altra detta del Portone e la terza detta la Piazza

Territori:

-Moggia 9 territorio nel luogo  detto la Vignitella affittata a D. Ferdinando de Conciliis per an. duc. 110.

-Altro comprato da Salemme affittato al detto De Conciliis per an. duc. 220

-Territorio di moggia 4. murato accosto al Palazzo Baronale, affittato a Crescenzo Sarnella per an. duc. 110.

-Giardino di moggia 2 1/4 affittato a Salvatore Riccio per an. duc. 50.

Dopo questo racconto alquanto triste, ci piace onorare la memoria del marchesino Carlo Mauri, "libero cittadino" di Polvica, con le stesse belle parole scritte da Ugo Foscolo nei Sepolcri, ricordando Ettore: "E tu onore di pianti, ... avrai, ove fia santo e lagrimato il sangue per la patria versato, e finchè il sole risplenderà su le sciagure umane"!

Salvatore Fioretto


lunedì 3 ottobre 2022

Quella volta che il tesserino dell'Associazione ci salvò dal baratro…! (parte III)

Foto di H. Rohrer
Trascorrevano spensierati gli anni tra il 2008 e il 2012 e io, con la mia partecipazione al forum dell’Associazione G.A.F.A. (Gruppo Amici della Ferrovia Alifana), continuavo a rinverdire i ricordi della mitica Piedimonte, tuttavia iniziai anche a programmare delle escursioni organizzate sul territorio, in cerca di testimonianze sopravvissute della bella ferrovia. Posso dire che all'inizio della mia esperienza Alifana, nessuno conosceva bene la storia della Tratta Bassa della ferrovia Piedimonte, ed io rappresentavo a tutti gli effetti come un "pioniere" che portava le testimonianze di questo ramo di ferrovia abbandonato, soprattutto ai più giovani. Nell’Associazione inizialmente c’erano molti soci che erano appassionati di modellismo ferroviario e misero in cantiere la costruzione di un plastico sociale, in scala H0, vale a dire in scala 1:87, riproducendo stazioni e tratti di ferrovia della cosiddetta Tratta Alta nuova dell'Alifana, altri erano solo simpatizzanti della storia, degli impianti e dei treni.
Dopo poco tempo riuscii a creare una specie di sottosezione all'interno dell'Associazione (anche se informale), a cui aderirono un manipolo di soci, che presero a condividere con me la stessa passione per le vicende storiche della "Tratta Bassa" della "Ferrovia Napoli - Santa Maria - Capua", che come è noto fu sospesa al servizio nell'anno 1976.
Gli amici erano Pasquale, Biagio, Sabatino e, ultimi arrivati,
Marco e Mariano. Anche se Mariano, causa il suo lavoro, riuscì a partecipare solo a un paio di eventi in sede.
Iniziammo a studiare in dettaglio il territorio attraversato dalla Tratta Bassa, dapprima attraverso la consultazione delle cartine geografiche e delle immagini dall'alto e, poi, passammo a programmare delle vere e proprie escursioni con dei rilievi in campo, anche per cercare di recuperare dei cimeli sopravvissuti.
Foto di H. Rohrer
Nel corso di queste escursioni, mi divertivo a sbalordire gli amici, mostrando come riuscissi facilmente a trovare dei particolari ferroviari, che apparivano nascosti alla vista dei più, aiutandomi solo con il mio intuito....; una sorta di sesto senso posseduto...! (un "fiuto alifano" come dicevano gli amici, prendomi bonariamente in giro...).
La prima nostra "avventura", per la ricerca delle tracce della Piedimonte, capitò in una località tra il napoletano e il casertano, che per ovvie ragioni di riservatezza non dirò il nome, ma che conservava ancora il rudere di una stazione della ferrovia. Con Biagio e Pasquale ci recammo un sabato mattina a visitare questo sito, dove sapevamo che si trovava la stazione, con molti particolari originari ancora al loro posto, come la scritta, i lampioni, ecc. Giunti sul posto, notammo che fuori all’edificio abbandonato della stazione, alcuni uomini erano presi a fare dei lavori, credo per la sistemazione del piazzale e anche al collocamento di alcuni pannelli da applicare sulle finestre e sulle porte...
Biagio, incurante della situazione un po’ critica..., iniziò con la sua fotocamera a fare delle foto alla facciata della stazione, pensando che forse non sarebbe stata più visibile da quel momento in poi. Eravamo posizionati sul marciapiede della strada, sul lato opposto alla stazione, distanti da questa almeno una ventina di metri. A un certo punto queste persone notarono la nostra presenza e forse sospettarono che fossimo delle spie... Quindi, con atteggiamenti minacciosi, iniziarono a venire verso di noi, imprecando e minacciando…! Quando ce li trovammo addosso, a quasi a un palmo dal naso, uno di questi cominciò a strattonare Biagio, pretendendo che gli consegnasse la sua fotocamera, per distruggerla...! Ci fu un brutto parapiglia, che durò diversi minuti...! Biagio, ovviamente, non voleva saperne di consegnare la sua fotocamera! Iniziai a preoccuparmi per gli amici e, sotto sotto, iniziai anche ad aver paura... Mi sentivo un po’ responsabile di questa incresciosa situazione, che inconsapevolmente si era venuta a creare mio malgrado… L’idea di andare in ricognizione era stata tutta mia…
Passavano lentamente i minuti... Altri strattonamenti, altre minacce degli individui e altri dinieghi da parte di Biagio…! La situazione stava sull'orlo per precipitare... e poco mancava che degenerasse...! A un certo punto, uno di costoro iniziò a chiedere ad alta voce, rivolto verso di me (che ero anche il più anziano del gruppo): “…Ma chi site?! Ma chi v’ha mannato?!” A questa domanda, che poi rappresentava una vera e propria provocazione, con prevedibile reazione, in base alla risposta che davo..., ebbi un vero guizzo...
Non so’ chi mi ispirò e nemmeno quale santo mi aiutò; conservai la calma e misi con cautela una mano in tasca, dove avevo il cartellino dell’Associazione del G.A.F.A., lo estrassi e con risolutezza glielo misi sotto al muso, dicendo con fermezza e autorità: “Siamo questi…!!
Il cartellino aveva, oltre la mia foto in evidenza, con il nome e cognome, anche il simbolo dell’Associazione, che era formato da un fascio di colori graduali, dal celeste al blu, e aveva in evidenzia, a caratteri marcati, la scritta: “Amici della Ferrovia Alifana”.
Non so cosa pensarono, ma credo che forse compresero il grande "abbaglio" che avevano preso...; tuttavia, so solo che la mia determinazione nel mostrare con un piglio di autorità il tesserino associativo, fu decisiva ed efficace, tant’è vero che queste persone rimasero per un attimo immobili, senza fiatare e, poi, cambiarono completamente l'espressione dei volti e anche negli atteggiamenti nei nostri riguardi... Divennero rapidamente: sorridenti, cordiali e ospitali,... anche il tono della voce si fece dolce e calmo...! Praticamente erano diventati l'opposto di quello dimostrato poco prima...!
Ci dissero: “Ma pecché non ce l’avite ditto primma?! Jamme, venite con noi, venite a vedere la stazione, state a casa vosta…!” Noi ovviamente, avevamo l’adrenalina a mille…, eravamo impauriti per quella insolita avventura e soprattutto per le minacce ricevute pochi minuti prima... Credo che eravamo diventati tutti "viola nel viso"…!
Ci guardammo bene di non aggiungere altre spiegazioni, che potevano far causare altri capovolgimenti... e accogliemmo l'invito ricevuto, anche se con residua e naturale diffidenza…
Ci portarono a visitare la stazione o meglio di quello che rimaneva della stazione.
Fu per me e per i miei amici un’esperienza bellissima: un brutto sogno che tutto a un tratto si era trasformato in un momento di pura gioia…!
A volte le situazioni che ci propongono la vita e il caso sono veramente impensabili e imprevedibili…! Ed è curioso constatare come esse evolvano in maniera velocissima...!
Vedemmo il locale biglietteria, anche se in gran parte modificato. Salendo la scala in muratura, che era ancora quella originaria, visitammo i locali superiori che furono l’alloggiamento del capostazione. Uscimmo
di nuovo all’aperto e entrammo nel magazzino, attraverso l’apertura posta sul lato posteriore, dove c’erano un tempo i binari. In questo locale, che si trovava in uno stato molto fatiscente, senza l’intonaco alle pareti e con la presenza di tanta umidità che affiorava dal solaio, c’erano dei cumuli di detriti a terra e tra questi notammo delle vecchie carte ammuffite, ma ancora integre. Ci accostammo per leggerle, estraendole, delicatamente con le mani, dal mucchio di detriti. Sgranammo gli occhi..., perché erano proprio tre "orari ufficiali" della ferrovia, risalenti al periodo di esercizio: due tra gli anni '50 e '60 e il terzo, più antico dei primi, risalente forse agli anni '30... Chiedemmo ai nostri interlocutori se potevamo prenderli; ci risposero senza esitare: "Si, prendeteli pure...", forse per farsi perdonare del loro discutibile comportamento di pochi minuti prima...! Notammo, poi, che era stato asportato uno dei lampioni in stile liberty che erano posti sulla parete della stazione che dava sui binari, mentre gli altri due erano miracolosamente ancora al loro posto. Pensammo che si doveva salvare almeno uno di questi preziosi cimeli...
Al termine della visita, ci congedammo da queste persone che ci avevano fatto inizialmente tribolare ma che, poi, stranamente, erano diventate amiche, con la promessa di ritornare per recuperare gli altri cimeli. Intanto eravamo contentissimi per i preziosissimi "orari" recuperati miracolosamente; i quali, grazie alla nostra avventura, sarebbero stati conservati al sicuro, per dare una testimonianza ai posteri della storia della ferrovia. Furono i primi tre cimeli ad essere recuperati dall’Associazione G.A.F.A.
Non siamo più ritornati sul luogo della stazione, un po’ anche per paura. Ci hanno riferito, tempo dopo, che anche gli altri lampioni hanno avuto la stessa sorte del primo scomparso...
Morale del racconto, che non è una favola, ma realtà: "...il male a volte può portare anche del bene" ... Provare per crederci...!

Salvatore Fioretto 

Al termine di questo racconto ci piace inserire il link di un raro anche se breve filmato a colori del nostro mitico trenino (cliccare con il mouse il link  sottolineato che segue): Filmato a colori nelle campagne anni '60

 
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