martedì 10 febbraio 2015

Dove passò lo straniero...! Giovanna Altamura


Campo di grano (foto di repertorio)
Tra i personaggi che hanno contraddistinto la storia moderna del quartiere di Piscinola, oltre agli scienziati, ai predicatori, ai banchieri e ai combattenti, troviamo anche questo personaggio singolare; un personaggio apparentemente tranquillo, come ai tanti pazienti e bravi insegnanti che si sono succeduti all'insegnamento nella scuola pubblica, ma che in realtà ha dimostrato una straordinaria sensibilità d'animo, oltre che un appassionato attaccamento alla scrittura e alla vita politica e sociale della sua epoca, militando anche in diverse organizzazioni sorte nel primo dopo guerra per la pace e per il progresso dei popoli: parliamo della scrittrice ed insegnante Giovanna Altamura.
Il centro storico di Piscinola in una foto aerea del 1943
Nata a Napoli, il 15 marzo 1905, la scrittrice insegnò per molti anni nella scuola elementare “Torquato Tasso” di Piscinola e fu redattrice politica, dal 1944 al 1950, del settimanale “Rinaldo in campo”, il cui produttore fu Michele Parise.
Aveva giunonica presenza fisica, ma dotata di straordinaria capacità espressiva e di facile eloquenza, fu accostata, per aspetto, nel carattere e nel temperamento, alla scrittrice Matilde Serao.
Fu autrice, oltre che di poesie, anche di numerose commedie, collaborando in diverse rubriche letterarie.
Nel 1950, durante le elezioni amministrative di Trieste, fu invitata dalle "Medaglie d'oro" (della cosiddetta Italianissima Città), a tenervi una serie di comizi a favore del "Blocco Italiano". Si narra che, una volta, al termine di un applauditissimo comizio in piazza Vittorio Veneto, riuscì ad incitare la massa di popolo che stava seguendo il suo discorso ed a far togliere dall'obelisco di San Giusto (patrono della città di Trieste) l'emblema in ferro smaltato della "falce e martello", che l'organizzazione comunista filo-slava aveva cementato alla sua base di pietra, minacciando chiunque avesse osato solo parlarne male...!
L'edificio scolastico al momento della sua inaugurazione, anno 1929
"L'Onorevole Don Pasquale", una sua commedia dialettale segnalata alla sezione Melpomene del “Premio Napoli delle nove muse" del 1955, ebbe uno strascico in Pretura, che comunque le fu utile per pubblicizzare l'opera... La denuncia partì da un venditore di crusca e carrube dei dintorni di Napoli, poiché, a suo dire, si considerava plagiato fisicamente e moralmente da uno dei personaggi previsti nella movimentata commedia. La commedia fu rappresentata con lusinghiero successo al "Teatro del Popolo", tra i mesi di luglio e di agosto dell'anno 1956. 
Giovanna Altamura fu autrice di altre commedie, tra le quali ricordiamo: "Signorinelle d'Oggi", "Carabinieri", "Dramma alle terme"... (*)
Collaboratrice di vari giornali nazionali ed esteri, Altamura vinse diversi premi letterari. E' stata sicuramente una figura artistica di grande rilievo dell'immediato dopoguerra, purtroppo oggi ingiustamente dimenticata...
Piazza B. Tafuri, vecchio Municipio e la chiesa del SS. Salvatore
Tra le sue pubblicazioni letterarie ricordiamo:
-"La rivolta dell'umanità" e altre Novelle, ed. Castaldi Editore, anno 1964.
-"Versi per un sogno d'amore", ed. Roberto Cervo Editore.
-"Fior di giglio", ed. Castaldi Editore, anno 1953.
Foto dell'ins. Giovanna Altamura

Una delle novelle contenute nel libro "La rivolta dell'umanità", che s'intitola "Dove passò lo straniero", è stata dedicata ad una sua cara e sfortunata alunna, che lei chiamava affettuosamente Peppinella. Si tratta della dodicenne piscinolese, Giuseppina Bianco, uccisa nel 1944 per mano di un soldato sbandato, nelle campagne tra Piscinola e Mugnano, sotto gli occhi della madre e dei fratellini... Nel racconto la scrittrice riversa tutto il suo sdegno e la compassione per l'ingiusta morte della sua carissima e compianta alunna!




Dove passò lo straniero (Novella)
Dedica:

"Questa è la tua storia Giuseppina Bianco, fanciulla di Napoli mia, che preferisti la morte all’onta che ti imponeva l’immondo straniero, forte della tua mal guadagnata vittoria sulla nostra Terra. E’ la tua storia, piccola scolaretta mia, che macchiasti con il tuo sangue verginale ed innocente le bionde spighe del grano da te coltivato, e che non potè celarti e salvarti.
Forse quelle spighe arrossate, Tu le cogliesti, nel volo verso il Cielo, e le offristi, mistica simbolica Ostia, a Gesù che amavi.
Egli certo le accolse dalle tue mani monde, e ne intrecciò un serto di gloria immortale per te, piccola contadinella della mia Terra.
Ed Egli voglia che questo umile scritto, alla tua memoria dedicato, possa essere la prima pietra dell’edificio di sacra gloria, costruito al tuo nome, e che un giorno, dagli altari di tutte le chiese del mondo, il tuo volto di fanciulla, innocente e serena, possa guardare alle fanciulle di ogni terra, dando forza e conforto ai cuori, che vacillano sulle dure vie del sacrificio e della fermezza."                                       La tua maestra
Giovanna Altamura


Monumento dedicato a Giuseppina Bianco nei pressi di via A. Moro
Riportiamo l'introduzione di questa Novella, nella quale ella descrive, in modo appassionato, il quartiere di Piscinola, com'era all'epoca del racconto, con la narrazione delle tradizioni e delle abitudini dei suoi abitanti. La novella è ambientata nell'anno 1944. 
"Tre o quattro stradicciole contorte, con poche case basse allineate ai loro lati come soldatini di carta, una piazza angusta e irregolare, nella quale due chiese di fronte si guardano.
Due chiese, la Parrocchia e la Congregazione, ambedue orgogliose della solennità data ai sacri riti che vedono, come oggi tanti anni fa, la brava gente del luogo riunita, a turno, nell’una o nell’altra, a celebrare una solennità religiosa o ad implorare la pace eterna per un trapassato.
Più in là una casa bassa, un tempo Municipio, ora dipendenza comunale, e qualche botteguccia, tenuta in modo primitivo, nella quale, dalle granate alle maglie “di lana vera”, è possibile trovare di tutto.
Questo era, trent’anni fa, il piccolo paese del quale parlo, posto alla periferia di Napoli.
Poi la città, ampliandosi, se ne impossessò, ne fece una sua propaggine.
Una cartolina d'epoca nella quale sono ripresi la Piazza e l'edificio scolastico, anni '40
Oh, nemmeno un quartiere, ché con tre stradette contorte e quattro case un rione di città non si riesce a metterlo insieme.
Non aveva nemmeno un cimitero proprio suo, il piccolo paese, nulla oltre le due chiese pretenziose, e intorno tanta terra, fertile e feconda.
Il piccolo ex comune ebbe dalla città tutti gli oneri, ma essa non seppe o non poté conferirgli decoro e conforti di vita cittadina.
Restò un borgo di campagna, e la sua gente laboriosa e mite presentì che avrebbe dovuto continuare a vivere come cento e cento anni fa, seminando il grano e la canapa, coltivando i noci secolari ed i rigogliosi meli, unica fonte di vita e di benessere per tutti.
Un sol dono fece la città al piccolo paese assorbito.
Gli costruì, proprio al centro, un grandioso edificio scolastico, il più moderno ed ampio che si possa pensare, così bello da destare la gelosia e l’invidia degli altri rioni cittadini.
Quella scuola e le due chiese sono i fulcri intorno ai quali gravita ancora oggi la vita religiosa e civile del paesino, diventato appena un lembo d’uno dei rioni estremi della città.
E che feste meravigliose che vi fanno!
Ogni occasione è buona, ogni ricorrenza dà lo spunto per una festa, così come ogni fine di anno scolastico vede tutta la popolazione raccolta nell’ampio cortile-palestra della scuola, intitolata al cantor della Gerusalemme, intorno ai bimbi, che con movenze aggraziate eseguono i più complicati esercizi ginnico-sportivi, volteggiano o recitano da ballerini ed attori provetti, o cantano, con voci intonate ed aggraziate, gli inni della Patria." 

[...]

Corpo docenti della "T. Tasso" durante un Saggio di fine Anno, 1957. Tra essi potrebbe essere stata presente G. Altamura
"Gente semplice e buona quella che vive nel piccolo borgo, al quale la grande città non ha saputo o potuto dare conforto e decoro di vita cittadina.
Gente che conserva le secolari abitudini della campagna nostrana: La benedizione degli animali domestici e di fatica per Sant’Antonio Abate, la cura del grano tenero, cresciuto al buio perché diventi paglierino, che si offre al Sepolcro e si conserva poi con cura devota, per spargerlo al vento quando minaccia tempesta, l'offerta delle primizie alla chiesa, la benedizione delle spighe all’Ascensione.  
Oh, le cerimonie nuziali! Quel matrimonio celebrato “a rate” prima con i due sposi ed i soli genitori, senza abiti belli, poi, magari due o tre anni dopo, il tempo cioè per lo sposo di provvedere all’ammobigliamento della casa nuova e per la sposa di fare il corredo, e ancora tutti in chiesa, la sposa in bianco, con strascico e velo, lo sposo impettito, in abiti molto spesso presi in fitto per l’occasione, e il lungo corteo di parenti ed amici che, seguendo gli sposi si dirige in chiesa, dov’è radunato tutto il paese, perché tutti devono sapere e vedere che la sposa ha, dopo tanto tempo, il diritto di accostarsi in abito bianco all’altare, là dove il Parroco in persona dà la benedizione alla nuova coppia, auspicando ad essa vita lunga e feconda progenie.
Poi il corteo si snoda di nuovo per tutto il paese, e si dirige alla casa nuova, lustra ed ornata, dove la sposa viene fatta sedere al centro, con lo sposo a fianco, e tutti passano dinanzi ad essi, fanno i loro auguri e depositano, nel grembo della sposa, l’offerta nuziale. 
Gente serena e semplice che vive di fatica dura e feconda!"

Scorcio dell'edificio scolastico "T. Tasso", anno 1978
La novella continua, poi, con la narrazione della vita di Giuseppina Bianco e termina con la tragedia della sua uccisione. 
Dedicheremo a quell'episodio cruento del 1944 un post intero, nel prossimo futuro, riportando altri brani di questa novella.
Purtroppo il risultato delle nostre ricerche sulla vita e sulle opere di questo importante personaggio della storia di Piscinola moderna si fermano a queste notizie, non conosciamo altre sue opere scritte e pubblicate e non sappiamo come Giovanna Altamura abbia trascorso il resto della sua impegnatissima e fruttuosa esistenza.
Salvatore Fioretto

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(*) Alcune notizie contenute in questo post sono state attinte da “Acene D'oro”- di Salvatore Maturanzo- Ed. La Floridiana - 1956 - Napoli.

Via V. Emanuele con l'edificio scolastico, e il vecchio Municipio. Elab. grafica da una foto di Dario De Simone

N.B.: Le foto riportate in questo post sono state liberamente ricavate da alcuni siti web, ove erano pubblicate. Esse sono state inserite in questa pagina di storia della città, unicamente per la libera divulgazione della cultura, senza alcun secondo fine o scopo di lucro.