venerdì 20 giugno 2014

'E ccerase.... 'e ccerase...!!!!

“Abbrile, abbrile! Mmiez’’e ffronne ‘e rosa
vaco vennenno ‘o frutto ‘e chistu mese;
cacciate ‘a capa, femmene cianciose,
io donco ‘a voce e vuie facite ‘a stesa:
- Frutto nuviello e mese ‘e paraviso!
Collera ncuorpo a nuie nun ce ne trase!…
‘E ccerase!……’E ccerase!….
Chiaiano celebra in questa settimana il suo appuntamento annuale con la ciliegia, in una sagra-evento che richiama da decenni tanti appassionati e anche tanti sostenitori, provenienti da diverse città cerasicole d'Italia. Quest'anno la "Festa delle ciliegie di Chiaiano" assomma a ben quarantatré edizioni, svolte praticamente con cadenza consecutiva... 


  
Già..., la ciliegia di Chiaiano...! Un frutto che ha origini lontane, ma che si è perfettamente ambientato in questo territorio, dove ha trovato un habitat ed un ecosistema favorevolissimo, sia per clima, sia per esposizione paesaggistica, sia per ricchezza di minerali presenti nel suolo e, direi anche, sia per la passione della gente di Chiaiano, che l'ha portato sempre nel sangue... Insomma Chiaiano è la città della ciliegia a tutti gli effetti e lo è da diversi secoli!
Per risalire all'origine di questo cultivar, infatti, dobbiamo portarci con la mente nella notte dei tempi e, come spesso capita, tra i "meandri", alle origini della civiltà, dove la storia si perde nelle leggende popolari... (Anche se credo che nelle leggende c'è sempre un pizzico di verità, tramandata nell'immaginario collettivo...).
Forse il ciliegio era già coltivato da queste parti in epoca pre-romana, forse gli Osci furono i primi a conoscere e ad apprezzare le eccellenti qualità nutritive delle sue drupe...
Dal libro "Opere inedite e rare"  scritto da Vincenzo Monti
Originario dell’Asia Minore, da dove si è poi diffuso in Europa, l’albero del ciliegio può vantare una lunga e antica tradizione di coltivazione in Campania, la cui diffusione è stata favorita innanzitutto per il suo clima mite. Secondo una testimonianza, più o meno attendibile, che risalirebbe a Plinio il Vecchio, il ciliegio fu importato nel 72 d.C.,  da L. Licinio Lucullo, dalla città di Cerasunte, sul Ponto, nell'attuale Turchia (da cui il dialettale “cerasa”), dove egli era stato in campagna militare. L'albero del ciliegio appare anche raffigurato negli affreschi pompeiani. Lucullo, che è rimasto uno sconosciuto generale romano, è però reso famoso soprattutto per la sua arte culinaria (ancora oggi si esclama dicendo: "...un pranzo luculliano"). Secondo un'altra testimonianza, anch'essa un po' leggendaria, pare che Lucullo avrebbe importato dalla Persia il pesco, da cui prese il nome (dal latino volgare "persica", ossia mela di Persia, e in dialetto "perzeca"). Queste due essenze, ciliegio e pesco, le avrebbe poi piantate nei giardini della sua villa napoletana, che come è noto si estendeva da Monte Echia (Pizzofalcone), fino all'isolotto di Megaride (Castel dell'Ovo)..., favorendone col tempo la diffusione nel territorio napoletano... Ma qui il condizionale è decisamente d'obbligo...!
Il poeta Virgilio nelle Georgiche ha citato il famoso ciliegio napoletano, esclamando: "...Pullulat ab radice aliis densissima sylva , Ut cerasis , ulmisque; etiam Parnassia laurus Parva sub ingenti matris se subiicit umbra....". Nella "Ode al Pontano" del 1430, lo scrittore Luigi Galluccio, in riferimento al giardino di Minturno, scriveva: "...Hic cersus densa est...". 
Nella Egloga del Pontano Quinquennius VI 5, è scritto: "...nun det fraga mihi cerasi num molle quasillum...".
Con il trascorrere dei secoli moltissimi sono stati gli scrittori e i poeti che, intenti ad omaggiare la ciliegia, hanno riportato delle citazioni del frutto nelle loro liriche, frutto sempre accomunato al ritorno della primavera e quindi dell'amore...!
Ricordiamo ancora qualche strofa della poesia scritta dal celebre Salvatore di Giacomo, "'E ccerase...", che già abbiamo inserito all'inizio di questo testo:
"L'anno passato , 'o tiempo d''e ccerase,
faceva 'ammore cu na Purticesa,
abbascio 'o Granatiello steva 'e casa,
e 'a chiammavano Rosa 'a vrucculosa.
Belli tiempe de lacreme e de vase!
Ogne lacrime quante a na cerasa.
Ogne cinche minute nu vaso!
'E ccerase!.... 'E ccerase!"
Molti ricorderanno sicuramente le parole della celebre Reginella scritta dal poeta napoletano Libero Bovio,
Reginè, quanne stive cu mmico 
nun magnave ca pane 'e cerase...



Il poeta Giuseppe Capaldo, vissuto e morto a Miano, cosi scriveva nella poesia "Vocca 'e Cerasa":
"Vocca addirosa, mia, vocca addirosa, 
ch'addure comm''e rrose 'e paraviso
nun essere cchiù nfama 'e dispettosa
tuorname nata vota 'o pizzo a riso!
......
Vocca 'e cerasa, mia, vocche 'e cerasa;
dinto 'a stu core mmio tu che 'nc'hé miso 
c'ammore se venuto a fa na casa
E pe' fa sta casa tu mme l'acciso?
...... 
Oltre alle colline di Chiaiano, le zone coltivate a ciliegio si estendono nel circondario, raggiungendo le campagne sopravvissute a Marano, a Mugnano e a Calvizzano. In passato anche nelle campagne di San Rocco, di Frullone, di Piscinola, di Miano e perfino di Capodimonte, si poteva ammirare la presenza di un discreto numero di alberi di ciliegio. 
Nel libro "La ciliegia  a Napoli e in Campania", scritto dal gen. dott. Giovanni Baiano, apprendiamo i nomi delle diverse varietà di ciliegie da tempo coltivate in questo territorio; partendo da quelle primitive di aprile fino alle tardive di giugno, ne sono riportate tantissime, qui ricordiamo alcune. Le più antiche, ormai rare, sono le qualità: Cefrune, Corvine, Campanarelle e San Giuvannella. Quelle, invece, ancora per lo pìù diffuse, risultano essere: Acquaiola, Durona Rossa, Nera e Gialla, Majatica (detta anche Maggiaiola o Napoletana), Tostola, Giulia, Lettera, Ferrovia, Casertana, Gamba Corta, Arecca, Malizia, Curnaiola, Sanbruna (o Zambruna), Del Monte, Mulignana, Mulignanella, Campanara, Aspra, Amarena, Pagliarella
Le ciliegie hanno favorito anche la nascita dei toponimi in alcune località nelle quali prosperavano, come a Marano, ove esiste la cupa Malizia e la località Recca, termini derivati sicuramente dalle due omonime varietà di ciliegie autoctone (Malizia e Arecca).
Singolare è la etimologia della celebre qualità Arecca che, secondo lo scrittore Domenico de Luca, di Chiaiano, deriverebbe da reminescenze reali, infatti bisognerebbe ricondurre il termine alla parola "'A Re" o "A rex", ossia "ciliegia Re o ciliegia reale" e non dal nome del proprietario del tenimento che era un certo Recco, come sostengono in tanti.
La ciliegia della Arecca o Recca matura tra la prima e la seconda decade di giugno. È un frutto dalla forma leggermente schiacciata, formato da una buccia di colore rosso scuro brillante che protegge una polpa biancastra e succosa. Viene considerata la ciliegia di maggior pregio di tutta la Campania.
Nei secoli scorsi, specie durante il mese di Giugno, si poteva assistere al dolce andirivieni dei muli che facevano la spola continua tra le colline di Chiaiano e di Marano e i depositi magazzini dove avveniva la conservazione provvisoria delle ciliegie. Qui venivano sistemate nelle cosiddette “varriate”, che erano delle grandi ceste rettangolari (sporte), sostituite in seguito dalle “cerasare”, più piccole e pratiche. Interessante era il confezionamento dei frutti prima della vendita al mercato, che avveniva in piccole casse di legno, composte in maniera ordinatissima e allineata e poi racchiuse nella classica carta velina rosse. Le ciliegie erano anche lucidate con appositi scopini, ricavati da rami di felci.
Un altro appassionato cantore della bellezza della ciliegia è stato lo storico e poeta dott. Domenico de Luca di Chiaiano, il quale nel suo saggio sulle ciliegie "Mito e canto del ciliegio e della cerasa" ha decantato forse più di tutti l'alto valore culturale e, soprattutto, antropologico delle ciliegie nel nostro territorio.
Anche la raccolta delle ciliegie merita un'attenzione, perché avviene ancor oggi con altissime scale a pioli, in legno (di recente  anche in alluminio), simili a quelle adoperate per raccogliere l'uva Asprino. Il paniere, un tempo utilizzato per la raccolta sugli alberi, era chiamato "la fescena", forse per la sua forma ogivale, a cono e terminante alla base con una maniglia appuntita. Questa specie di impugnatura favoriva la presa a terra da parte delle donne che assistevano alla raccolta, quando questi panieri erano calati attraverso funi, evitando al raccoglitore di salire e scendere le lunghe e scomode scale di legno. Queste pratiche e questi accorgimenti dimostrano quanto sia duro il lavoro di raccolta delle ciliegie e per tale motivo il costo al dettaglio delle drupe è sempre sostenuto, proprio perché incide notevolmente la manodopera che occorre per il faticoso raccolto.
Fino a pochi decenni fa, specie nei momenti di ristrettezze economiche, la ciliegia rappresentava un frutto desiderato (cannaruto), soprattutto da bambini, dai ragazzi e dalle giovani spose, al punto che queste, allo stato di partorienti, minacciavano l'aborto o la nascita di figli con vistose chiazze maculate di "voglie di ciliegie" sul loro corpicino, se non venisse assecondata l'innocente e sacrosanta voglia di cerase...! Desiderio che si riusciva sempre ad appagare, anche in pieno inverno, quando non era proprio il periodo di maturazione delle ciliegie... Quante volte si è consigliato al disperato sposo di recarsi senza dubbi, presso il rinomato fruttivendolo, che ancora oggi si trova al  Ponte di Tappia, nei pressi di via Toledo? Lì le ciliegie c'erano sempre, forse perchè provenienti dall'Australia o dalla California, ma all'epoca era una vera e propria primizia in assoluto, irripetibile in altri posti!
Un tempo si diceva ai ragazzi, intenti a tracotare chili di ciliegie rosse... "Gugliù, stateve attiente, ca ve vene nu panteche...!". 
Cari lettori, non mancate alla "Festa della ciliegia di Chiaiano"....!
Salvatore Fioretto
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