venerdì 20 maggio 2016

I tesori perduti della Selva di Chiaiano: la grotta e la fontana 'e Maletiempo, del dott. gen. Giovanni Baiano


Tra i tanti ricordi della mia felice infanzia, affiorano con vivacità, nitidezza, freschezza, e spesso con prepotenza, tutti quelli impressi dagli splendidi, suggestivi, strani e misteriosi luoghi che circondavano la mia masseria, nonché gli stupendi paesaggi che da essa si potevano ammirare.
È lì che sono nato e ho vissuto fino a ventitré anni, ed è lì che sono ritornato migliaia di volte sempre volentieri e gioia.
Sto parlando delle rigogliose e meravigliose selve di castagni e di ginestre, che popolavano ed ancora ornano le pendici della collina dei Camaldoli, site ad ovest di Chiaiano, ricche di leggendarie e misteriose caverne, con piccoli pozzetti pieni di acqua sorgiva, chiamati impropriamente fontane.
Questi tesori si nascondevano nei profondi canaloni di quelle selve, difficilmente accessibili e noti solo a pochissime persone, che ne ignoravano completamente il grande valore.
La più nota e frequentata caverna era la “Grotta e Fontana ‘e Maletiempo”, ma la più famosa era "La Grotta dei Briganti.
Queste due grotte erano ancora rimaste vive nella mia memoria, che aveva avuta la fortuna di registrarle in tempo nella loro interezza e originalità.
Solo in seguito ho scoperto che una di queste mitiche grotte è stata risparmiata dalle ruspe, che hanno distrutto anche intere colline con tutti i tesori, che in esse erano nascosti (Siamo nel 1995). Una distruzione che, purtroppo, nonostante le mie ed altrui denunce e proteste, continua tuttora, alla faccia di tutte le leggi vigenti in materia ambientale.
Per raggiungere queste caverne, si doveva fare molta strada, attraversare impervi sentieri, percorrere delle mulattiere con un fondo stradale, praticabile solo in certi periodi dell’anno, e comunque sempre molto pericolose per le persone  abituate a vivere in città.
Andavo a visitarle attraverso due itinerari: o raggiungevo le selve, che si trovavano al confine della mia campagna, scendendo nel canalone per un ripido costone di olmi e querce, fino ad un luogo chiamato “Tre Vie”, o passavo per la strada che porta al paese e, poi, giunto vicino ai “Monti dei cani”, svoltavo a destra per la Cupa Vrito.
Da qui, partivano altri due canaloni, uno in direzione nord, chiamato Canale o Cupa Vrito, e un altro in direzione ovest, chiamato Canale o Cupa di Fontanarosa. Proseguendo per il Canale Vrito, dopo circa duecento-trecento metri, si raggiungeva la Fontana di Maletiempo, sita sul costone di sinistra, a cinque o sei metri dal livello del fondo stradale, che fungeva da mulattiera e da letto per un fiume che rendeva inagibile o troppo pericolosa la strada nell’epoca delle piogge.
La chiamavano fontana, ma era soltanto una semplice vasca ricavata nel tufo, dalle dimensioni di un paio di metri quadrati circa ed altrettanto profonda. In essa si raccoglievano le acque sorgive che sgocciolavano continuamente, anche per tutta l’estate, dalle pareti di tufo, che ad essa sovrastavano.
Questo pozzetto fungeva anche da abbeveratoio per tutte le bestiole della zona ed era una preziosa riserva di acqua, fresca e pulita, per tutti coloro che raramente frequentavano quella solitaria zona e per tutti quelli che in tempi antichi erano probabilmente vissuti nella contigua grotta.
Lo si deduce dal fatto che sul lato sinistro della cosiddetta fontana, ad un livello di circa mezzo metro più alto, c’era una strana caverna ricavata nel tufo del ripido costone.
Non era molto grande, ma sufficiente per la dimora di un’intera famiglia, anche se numerosa. Si affacciava a picco sul canalone e vi si accedeva con degli scalini ricavati nel tufo, che erano molto consumati, non tanto dall’uso, quanto dal tempo e dalle intemperie.
Questa scalinata era assai sdrucciolevole, perché sempre bagnata dall’eterno e sonoro sgocciolio dell’acqua che scendeva lungo tutte le sovrastanti pareti di tufo, quasi verticali, assolutamente inaccessibili, senza l’aiuto di idonee attrezzature. Nei periodi invernali particolarmente rigidi, quella grotta e quella fontana si presentavano ai miei occhi di ragazzino come uno spettacolo unico, fantastico, che mi riempiva di meraviglia.
Dal canalone si vedevano centinaia di stalattiti di ghiaccio, appese alle pareti interne ed esterne della grotta e di tutta quella zona circostante. 
Si formavano  ghiaccioli di tutte le dimensioni, alcuni così grandi che non si riusciva a staccarli dalle pareti e nemmeno ad abbracciarli per interi.
Noi ragazzi ci divertivamo un mondo ad abbattere tutti quei ghiaccioli raggiungibili con le mani e a farli cadere giù anche con le pietre e bastoni. E non smettevamo finché ne rimaneva ancora qualcuno appeso.
Era anche un divertimento scagliare, poi, giù nel canalone tutti quei pezzi di ghiaccio che riuscivamo a recuperare, per lo sfizio di assistere all’effetto del loro impatto col fondo della mulattiera e della loro frantumazione in tanti pezzettini.
In quei periodi, era molto pericoloso raggiungere quella fontana e quella caverna, ma io, mio fratello Biuccio ed i vicini di casa, più grandi di noi due, eravamo tutti degli spericolati. Figli di contadini, eravamo abituati ad arrampicarci dovunque, senza mai temere i pericoli.
Ci piaceva il rischio ed amavamo l’avventura. Inoltre, dopo aver fatto tanta strada per raggiungere quella Fontana e quella Grotta, non ci piaceva affatto ritornarcene a casa, lasciando intatti tutti quei pezzi di ghiaccio appesi a quelle pareti.
Ad ogni costo, dovevamo salire lassù per sostare in quella strana grotta almeno qualche minuto per riposare e provare delle strane emozioni. Sembrava che qualcuno fosse ancora là dentro vivo, dietro quelle pareti, tutte ricoperte da un spesso strato di polvere e ragnatela.
Si aveva l’impressione di avvertire l’alito degli spiriti di quegli antichi abitanti della spelonca, che cercavano di comunicare con noi.
Messaggi che non giungevano alle nostre orecchie, ma direttamente al nostro piccolo cuore che batteva forte.
Erano messaggi incomprensibili come quei segni strani che stavano incisi sulle pareti e che scambiai per antiche scritture.
Purtroppo quella Fontana e quella Grotta sono state distrutte dalle ruspe e con esse anche quei strani segni rimasti impressi nella mia memoria.
dott. gen. Giovanni Baiano 

Ringrazio il caro dott. G. Baiano, per aver contribuito con questo suo bel racconto alla ricostruzione di un altro pezzo di storia del nostro territorio, in particolare della bella Selva di Chiaiano. S.F.


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