sabato 27 febbraio 2016

Vincenzo, un bell'angelo della mia fanciullezza...! Di Luigi Sica



Via Vittorio Emanuele, foto anni '70, foto collezione Gino La Bruna
La storia che sto per raccontare appartiene ai miei cari ricordi di infanzia ed è ambientata nel mio quartiere di Piscinola, a metà degli anni '50. A quei tempi non esistevano cucine a gas, stufe elettriche e termosifoni, ma si cucinava ancora sul focolare e ci si riscaldava con i bracieri, che erano tutti alimentati a carbone o con carbonelle vegetali. A Piscinola c’erano soltanto due rivendite di carbone, una era quella di don Gaetano, poi in seguito chiamato "‘o bumbularo" (oppure ‘o pibigas’), mentre un’altra stava in un terraneo del palazzo di don Beniamino Montesano, in via Vittorio Emanuele, era condotta da 'onna Filomena, soprannominata ‘a Sciallotta’, per il vezzo di cingere le spalle con uno scialletto, sia d’inverno che d’estate.
Foto di repertorio
Questo negozio aveva un unico ambiente, dalla superficie di circa 25 metri quadrati e dal soffitto altissimo. Tutte le pareti e la soffitta erano coperte da uno spesso strato di fuliggine nera. Addossata a una parete c’era una montagna di carbone, mentre sull’altra, una montagnola di carbonelle, ossia un tipo di carbone sminuzzato derivato dal sezionamento di quello grosso. Per esercitare la sua rivendita di carbone la Sciallotta si serviva di due bilance a stadera, una grande agganciata a un palo infisso nel muro e una piccola per la pesa di modiche quantità di carbonelle. La vendita di carbone era assicurata da una costante clientela, perché si doveva cucinare ogni giorno, ma d’inverno il suo commercio raddoppiava, perché c’era bisogno di riscaldarsi e di asciugare la biancheria lavata. Donna Filomena non navigava nell'oro e il suo piccolo commercio, anche se non molto redditizio, le garantiva una dignitosa esistenza.
Filomena vestiva sempre con abiti di lutto, di colore nero, per la precoce perdita del marito e aveva due figli maschi, Salvatore mio coetaneo e Vincenzo, che aveva qualche anno in meno. Vincenzo era soprannominato "‘o’boss", per la sua testa grande e per quel suo carattere cocciuto, come un mulo...! Erano entrambi ragazzi un po' discoli, figli del popolo come noi: il primo più disciplinato, il secondo un po' più scapestrato...
Giochi. Foto di repertorio
In quel periodo giravano per le solitarie strade di Piscinola i primi lenti autocarri e noi ci divertivamo a rincorrerli per appenderci alle sponde posteriori e per farci scorazzare, sino al rallentamento dell’automezzo, che avveniva in prossimità delle curve o degli incroci delle strade, dove scendevamo per riprendere i nostri giochi.
Insieme, con tanti altri coetanei, giocavamo a pallone, razziavamo frutta nelle campagne, sfottevamo le ragazze e a scuola... non facevamo buon profitto. E loro, questi due graunari’ (carbonari), sempre un po' sporchi di carbone, apparivano più scugnizzi degli altri. Evidentemente avvertivano molto la mancanza di una guida paterna.
Gioco del "carruociolo", foto di repertorio
A noi, loro compagni di giochi, poco interessava il colore della pelle o la pulizia personale, la cosa importante era essere in tanti per giocare, provare l’emozione, la compiacente gioia di scherzare e divertirci... Eravamo spensierati allora, il gioco ci aiutava anche a crescere insieme, ci esaltava con l’emulazione del più agile e il confronto con il più forte, ma ci forniva anche l'occasione di prestare aiuto a chi era più debole. Questo nostro stare sempre insieme ci faceva provare tante emozioni, con l'ingenuità e la spensieratezza di quegli anni... Si andava avanti così per giornate intere, l'unica nostro nemico era il buio della sera, che ci costringeva a terminare ogni forma di gioco.
Gioco con lo "Strummolo", foto di repertorio
Forse fu il desiderio di un’altra emozione a trattenere il caro nostro Vicienzo, nell’attesa di un ultimo camion da rincorrere, per aggrapparsi e farsi scorazzare, da non accorgersi che faceva già sera, oppure non volle considerarlo, pensando che il suo giorno fosse ancora lungo...
Chissà cosa fu, una rincorsa risicata, un appiglio debole, un sasso che fece sobbalzare il camion, uno schiacciamento delle dita tra piano di carico e la sponda, che gli fece perdere la presa... e cadde... cadde battendo violentemente la testa sul selciato!
Sono tanti anni che ricordandomi di Vincenzo, penso: "Quella Tua testa, caro Vincenzo, che doveva essere dura come quella di un mulo, quella Tua testardaggine ottusa e cocciuta, che noi credevamo durezza di cranio, si rivelò invece così fragile, come un duro cristallo... Sei caduto battendo la testa, sei rimasto tramortito, ma vigile. Hai guardato il cielo viola che mutava in sera e Ti sei rivisto cadere tante volte: dal muro, dagli alberi; hai rivisto le mille volte che ti hanno "ciaccato" con le pietre della "guainella", hai rivisto tutte le facce impaurite dei tuoi compagni che se ne andavano; ti lasciavano solo, come allora, per la tua ultima temeraria avventura e poi hai sentito un lungo urlo..., il grido lontano strozzato e piangente della tua povera madre...!" 
Non so come successe, ma al funerale di Vincenzo si mobilitò tutto il villaggio, una folla di persone, ma soprattutto una marea di bambini, che gli rendevano l’estremo omaggio e per Vincenzo che fu sempre "nero", fu ogni cosa bianca: i fiori, la bara, il carro...
Quando ripassammo davanti casa sua, ci fu uno spropositato lancio di petali di fiori, tutti bianchi, che pareva nevicasse e una pioggia di confetti che non finiva più, lanciati da uomini e da donne in lacrime di dolore, tra la moina dei bambini chini ad arraffarne quanti ne potevano; quella scena la "rivedo" sempre nel film de "L'oro di Napoli"...
Ricordo commosso ancora, quando in quelle stesse circostanze, facevamo anche noi la stessa cosa e io vedevo Vincenzo dare testate a destra e a manca, per rimpinguare il già grande bottino di confetti e, poi, ridendo, strizzarmi l’occhio...


Caro Vincenzo, amico mio, ora, sarà oltre mezzo secolo che Te ne sei andato, devi farmi un piacere, ogni volta che Ti ricordo, Ti evoco e torni dall"Oltre", portami uno di quei confetti e strizzami l’occhio come hai fatto l’ultima volta che ci siamo visti. 
Eravamo guaglioni, ricordi...!?
Luigi Sica 

Ringrazio l'amico scrittore Luigi Sica per la collaborazione a "Piscinolablog" e per aver consentito la pubblicazione del suo bel racconto.




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martedì 23 febbraio 2016

Storico, scrittore, poeta, musicista... Carmine Cecere






In strada, da Mugnano a Piscinola, per raggiungere il rione Don Guanella, anni '70
Terra feconda di scrittori, di poeti e di ricercatori storici, l'Area Nord di Napoli sa esprimere le proprie eccellenze, alla pari di altri territori, in ogni campo della cultura, attraverso le sue forze sane; forze generose che impegnano il proprio tempo libero e le proprie energie per scoprire e condividere il frutto delle loro passioni, attraversi i versi, i racconti, oppure attraverso la narrazione delle testimonianze storiche di questa comunità.
Fuori alla chiesetta di padre Benito, al rione Don Guanella
Oggi presenteremo ai lettori di Piscinolablog un generoso scrittore, che oltre a essere ricercatore storico, è anche scrittore di romanzi e di altro ancora..., il suo nome è Carmine Cecere.  
Ai lettori assidui del blog questo nome non dovrebbe risultare nuovo, perché egli è stato tante volte riportato a margine dei post, a ringraziamento della sua collaborazione e per il contributo documentale e fotografico fornito, infatti egli è soprattutto una persona generosa e sensibile, sempre disponibile a ogni forma di collaborazione, principalmente per gli argomenti di cui è appassionato. 
Cecere è nato a Napoli, nell'anno 1962, risiede nel Comune di Villaricca, ma ha trascorso gran parte della sua gioventù nel comune di Mugnano. 
Lo spettacolo "Progetto Uomo"
Per questi trascorsi egli è particolarmente legato alla cittadina di Mugnano, tanto da considerarsi mugnanese a tutti gli effetti... La sua dedizione alla cultura iniziò prestissimo, infatti, proprio a Mugnano, negli anni '70, insieme ad altri suoi coetanei, ha dato vita a “Il Giornalaccio”, un periodico di politica locale e di satira, che ebbe diverse edizioni; quella esperienza editoriale è ancora oggi ricordata da molti con simpatia.
Sul finire degli anni Settanta ha aderito al Movimento Biblico Cattolico di Mugnano, nel quale si dedicava ad animare musicalmente le attività religiose, oltre il tempo libero. Di quel periodo ricorda, con particolare commozione, l'esperienza che visse frequentando gli incontri che si tenevano nella chiesetta lignea nel rione Don Guanella, tra Miano e Piscinola. In quella piccola, ma graziosa struttura in legno, svolgeva inizialmente il suo ministero, il Reverendo don Benito Ricciardiello, che lì amava circondarsi della bella gioventù di questo Movimento.
Virtuosista della chitarra, agli inizi degli anni ottanta ha formato un gruppo musicale con il quale si è esibito in alcuni teatri della provincia di Napoli e nei teatrini delle parrocchie. Cavallo di battaglia del gruppo era lo spettacolo intitolato: “Progetto Uomo”. 
Di questo spettacolo musicale Carmine è stato l'autore ed ha curato la regia. Egli è stato anche autore di molte poesie scritte in lingua napoletana e di canzoni di carattere religioso.
Ma la principale passione di Carmine Cecere è stata ed è tutt'oggi, la storia locale, ha infatti collaborato, per circa tre anni, a partire dal 2005, al settimanale “Provincia Oggi”, curando una rubrica settimanale concernente argomenti storici e di cultura varia.
Attualmente è anche Webmaster del sito di internet http://www.mugnanostoria.it. Il sito contiene interessantissime  monografie riguardanti argomenti di storia.
Carmine Cecere è un prolifico scrittore di saggi storici e di romanzi, come si noterà, ha una bibliografia di degno rispetto, in quasi cinque anni ha scritto diversi romanzi e libri di storia riguardanti Mugnano ed alcuni comuni limitrofi.
Seguendo l'anno di pubblicazione, ha scritto:
-“Il Brigante Barbù”, racconto a sfondo storico, Roma 2010;
-“Storie della storia a nord di Napoli”, Roma 2010;
-“Mugnano inizio secolo ventesimo”, Roma 2010;
-“Il Ritiro del Carmine”, Roma 2010;
-“In memoria dei soldati mugnanesi caduti nella grande guerra”, Roma 2010;
-“Istituzione dello Stato civile a Mugnano di Napoli”, Roma 2011;
-“I matrimoni mugnanesi del XIX secolo”, Roma 2012;
-“Mugnano tascabile, dal XX al XXI secolo”, Roma 2013;
-“La luna con gli occhi, il naso e la bocca”. Romanzo. Roma 2013;
-“Cuore Nero”. Romanzo. Roma 2013;
-“Buon Lavoro!”. Romanzo. Roma 2013;
-“Alla corte di“re bomba” nel bel mezzo del ‘48”. Romanzo. Roma 2013.
-“1915-2015 Centenario della Grande Guerra. In memoria dei caduti mugnanesi”storia, Roma 2014;
-“1915-2015 Centenario della Grande Guerra. In memoria dei caduti maranesi” storia, Roma 2014;
-“1915-2015 Centenario della Grande Guerra. In memoria dei caduti calvizzanesi” storia, Roma 2014;
-“1915-2015 Centenario della Grande Guerra. In memoria dei caduti di Villaricca” storia, Roma 2014;
-“Il postino di El Alamein”. Romanzo. Roma 2015;
-“Il Tenente Fuoco”. Romanzo. Roma 2015.


Per presentare il poeta, ecco tre poesie che Cecere ha voluto dedicare alla cara "Piedimonte" e alla sua Mugnano...

Alla fermata del tempo
La siepe si riveste
sotto i raggi del sole,
di nuovo le formiche
sulla stretta traiettoria.
Su i rami di un noce,
ancora nudo, due passeri
a pulirsi le piume.
Tra l’erba fresca,
l’odore del ferro
della vecchia Piedimonte
col suo trenino fermo lì,
nella stazione dei ricordi.
Il venticello delle quattordici
accoglie i passeggeri,
sbadigli e valige di cartone,
vecchi coi baveri alzati
e ragazzine a spogliare fiori.
Si ritorna a casa,
nel tempo in cui la luce
non aveva falsi toni,
si ritorna indietro
per ascoltare i suoni,
le rime dei giorni che furono,
i passi dei nostri padri,
i passi dei nostri figli.

Passeggiate campestri
A ridosso
della vetusta villa Venusio,
tra i frutteti, all'ombra dei rovi
e degli anni quieti:
si facevano battaglie
tenendo strette spade di legno
a cavalcioni di cani pulciosi,
felici di giocare con noi.
Noi piccoli scugnizzi,
cuccioli randagi
per sentieri polverosi
nei giorni di un giugno che fu;
coi piedi nei sandali rotti
e braccia come piccoli alianti:
si saltava a turno
le sponde irte del lagno.
Tutto intorno, rimembro,
nuvole disordinate di verde,
silenziosi noci i cui rami
incorniciavano
la via ultima di ogni uomo.
Il tempo scandito
dalle foglie cadute,
dai solchi lasciati
nei viottoli solitari ma vivi.
Rincorrevamo lucertole
per ore ed ore,
seguendo le loro infinite traiettorie,
ruzzolando nella polvere,
tenendo il loro incerto destino
chiuso nelle nostre mani,
nei cappi dei fili d'erba
fatti con antica maestria;
e al calar della sera
voci di madri riempivano l'aria,
giovani urla chiamavano figli,
ombre al calar della sera,
in una Mugnano lontana,
forse più viva, forse più vera.
  
Quanno sunaveno  ‘e  campane d''o Ritiro (*)
‘Nmiezo  ‘o palazzo
‘nu munno sano:
vanno e venene
dananze ‘a vocca d''o furno
figliole allere,‘mbrattate ‘e farina,
che mmanne ‘nmprufumate
‘e millefiori 'e cannella.
‘Nfornano e sfornano,
da giovedì a ssabbato,
che piccerilli attuorno
che pazzeano, c’alluccano
e guardano ‘e mamme
ca ‘ppriparano ‘a Pasca.
Sonano ’e campane d''o Ritiro,
e je me ricordo ancora,
e me ricordo ‘o vestetiello
nuovo pe' ll’occasione,
che scarpetelle bbianche:
e guaje a chi me spurcave.
Sonano ‘e campane d''o Ritiro,
dint’all’aria
prufume ‘e scjure ‘e pesco,
sapure ‘e vita,
d’erba selvatica,
prufume ‘e tantu tiempo fa.
(*) Chiesa e convento delle suore carmelitane, detto del "Ritiro del Carmine".

Auguro al caro amico Carmine la pubblicazione di tanti altri saggi e  romanzi e che le sue passioni possano godere di tanti successi e soddisfazioni, in nome della cultura, di cui egli è un generoso diffusore.
Salvatore Fioretto
 
Premiazione dal direttore del settimanale "Provincia oggi"