sabato 6 dicembre 2014

Un Finanziere... per muro...!!


Le mura attorno alle città hanno sempre rappresentato, nel corso dei secoli, un'espressione del continuo evolversi della cultura e della civiltà di un popolo. Prima, di difesa contro gli invasori, poi, di protezione e accentramento contro le speculazioni edilizie e, poi ancora, come strumento fiscale per poter applicare tasse e gabelle, esse hanno avuto una continua metamorfosi, adattandosi, via via, nel corso dei secoli all'espansione della città, per includere altri pezzi di territorio urbanizzato dentro il perimetro cittadino.
Mappa di Napoli, con la delimitazione del "Muro Finanziere" e delle mura precedenti (Elab. dalla Mappa di F. Schiavoni)


Anche per Napoli le mura hanno contraddistinto i vari passaggi storici: dai greci ai romani, dai bizantini agli aragonesi, dal vicereame spagnolo (con il grande don Pedro de Toledo) ai francesi, fino alla cortina realizzata durante la Restaurazione borbonica, di cui parleremo nel seguito.
Il fine primario delle mura era ovviamente militare e di difesa, ma nel contempo doveva contrastare il commercio clandestino e il contrabbando di derrate tra la capitale ed il suo suburbio rappresentato dai Casali, aiutando a "foraggiare" le casse dello Stato, sempre in cerca di risorse da reperire...
La barriera doganale di Capodichino (particolare della mappa Baratta)
L’ultima cortina realizzata nell'ordine di tempo, che fu chiamata Muro Finanziere,  ha avuto una storia complessa, sia come opera architettonica e sia come finalità sociale ed amministrativa.
Il progetto porta la firma di un valente architetto di casa reale, tal Stefano Gasse, che era stato già attivo nel Decennio Francese e con la Restaurazione fu eletto membro del Consiglio Edilizio e componente in varie giunte di Stato, sempre in tema di opere pubbliche. Sue sono anche le progettazioni dell'Osservatorio Astronomico di Capodimonte (tra i primi in Italia), del palazzo dei Ministri (Palazzo San Giacomo), della galleria in vetro, detta appunto Galleria Gasse (prima in Italia), dei vari mercati cittadini, della dogana al Mandracchio, ecc. ecc.
Ponte Vecchio di San Rocco
Il nuovo Muro Finanziere fu  richiesto, fin dal 1820, dal marchese de Turris, all'epoca direttore generale dei Dazi Indiretti del Regno, il quale mirava a realizzare una cinta fortificata che, a suo dire... "chiuda interamente la estensione del Distretto, a cominciare dal Ponte della Maddalena fino a Posillipo". Il muro avrebbe tra l'altro segnato il limite amministrativo della Capitale con i suoi Casali. 
Il progetto fu approvato da Ferdinando I di Borbone nell’anno 1824 e promulgato con regio decreto. 
I numeri dell’opera alla sua definitiva realizzazione erano importanti: lungo circa venti chilometri, partendo da est, dalla costa, nei pressi del ponte della Maddalena, attraversava le paludi, le colline (di Capodichino, di Capodimonte, di San Rocco, dell'Arenella e di Posillipo), fino ad arrivare di nuovo sul litorale, nei pressi di Mergellina. Fu realizzato in poco meno di 4 anni..., una cosa sbalorditiva per l'epoca, pensando alle risorse ed ai mezzi disponibili... infatti, iniziato nel 1826, fu completato già nel 1830, quando regnava Francesco I di Borbone.
Piazza G. Di Vittorio a Capodichino, con "La Rotonda" (edificio daziario)
Il muro fu realizzato con pietre di tufo napoletano, era alto mediamente 12 palmi e largo alla sommità solo due palmi. Il progetto prevedeva lungo il suo sviluppo una serie di barriere, chiamati Edifici Daziari principali. Questi erano ubicati sulle principali direttrici di accesso alla capitale, come ad esempio sulle odierne Via Ponte dei Granili (est), Via De Pinedo-Calata Capodichino (nord), Via Nazionale delle Puglie (Poggioreale) e Via Miano. Ci furono anche numerose postazioni doganali di controllo presidiate, che con il trascorrere dei decenni assursero al numero di ben 35 unità
Nei decenni successivi la cortina fu oggetto di molti cambiamenti e modifiche, con l’aggiunta o la soppressione di postazioni.
"La Rotonda" in piazza G. Di Vittorio a Capodichino
Le quattro barriere principali sopravvissute sono: in Via Ponte dei Granili (in prossimità del ponte della Maddalena), in via Poggioreale (in prossimità del cimitero), a Capodichino, nell’attuale piazza G. di Vittorio e a Capodimonte, in prossimità della porta di Miano del Bosco di Capodimonte e a San Rocco.  Di queste l'edificio meglio conservato è quello di Capodichino, dapprima trasformato in scuola elementare ("L. Ariosto"), per poi diventare una sede del comando dei vigili urbani locale. Mentre l’edifico daziario di Capodimonte è stato trasformato nel tempo in civili abitazioni. Gli edifici furono realizzati da Gasse in stile neoclassico, con poderose colonne doriche in stucco poste sulla facciata: probabilmente Gasse s'ispirò alle opere realizzare da Ledoux per la corrispondente cortina parigina. 
In particolare, per quanto riguarda la barriera di Miano, dobbiamo aggiungere che l‘asse stradale sul quale si ergeva, ossia via Miano, fu costruito nel Decennio Francese per consentire un agevole collegamento della Capitale alla sua immediata fertilissima campagna ed ai numerosi Casali ivi presenti, dai quali Essa traeva le maggiori fonti di sostentamento, in termini di derrate agricole e di prodotti rurali. Sulla stessa strada, poi, fu aperta la terza porta d’accesso al "Bosco", detta Porta di Bellaria” o "Porta di Miano", situata proprio vicino alla postazione doganale. La porta daziaria fu chiamata “Porta doganale di Bellaria”.
Edificio Daziario in piazza G. Di Vittorio
Lo sviluppo del muro in dettaglio risulta molto articolato; seguendo la mappa riportata all'inzio di questo post è possibile seguire il suo percorso. Iniziando dal ponte della Maddalena, il muro superava il luogo dei Granili, attraversava le paludi della zona di Sant’Eframo, il quartiere di San Giovanni, i Pasconi, fino a raggiungere il cimitero di Poggioreale, dove incontrava l'edificio daziario. Da lì saliva per via Santa Maria del Pianto, lambendo poi in rettilineo l'allora frequentato Campo di Marte (oggi l’aeroporto di Capodichino), fino a raggiungere la barriera di Capodichino, nella attuale piazza G. Di Vittorio.
"Muro Finanziere" in via Miano, nei pressi del ponte "Bellaria"
Il percorso del muro supera, poi, le acclività e le criticità del territorio che seguiva, caratterizzato dall’alternarsi di profondi valloni e di dolci colline. Il punto più critico era forse il Cavone di Miano, dove il tratto di muro costeggiava come un terrapieno il Bosco di Capodimonte ed era lambito dall’alveo-canale proveniente dal Vallone S. Rocco, dopodichè risaliva ripidamente sulla Via Miano. Il tratto di muro sulla strada è ancora visibile oggi. Il Muro Finanziere attraversava, poi, il vallone San Rocco, per proseguire verso i Colli Aminei. In prossimità del vecchio ponte di San Rocco era ubicata una postazione daziaria, anch’essa presidiata. Gli edifici di questo antico presidio sono ancora esistenti e si possono osservare sui margini della strada, anche se allo stato molto diroccati.
I due edifici daziari (contrapposti) al Ponte della Maddalena, l'odierna Via Ponte dei Granili
Dopo il tratto dello Scudillo, il muro si sviluppava nei presso di via Saverio Gatto, fino a raggiungere il Largo Cangiani, e da lì, proseguiva per l'attuale zona di via Jannelli. Ad Antignano si conservano ancora tratti del muro, con una lapide monitoria, che riporta la scritta “Qui si paga per gli regi censali".
La cortina del muro proseguiva ancora verso la collina del Vomero e, poi, pressappoco, lungo l'attuale via Manzoni. Si collegava, infine, alla porta di Posillipo, e di lì raggiungeva Largo Sermoneta, per terminare sulla spiaggia, nei pressi di Mergellina. 
Postazione daziaria presso la "Porta di Miano", detta anche di "Bellaria"
La difficoltà di confinare la linea di costa fu risolta, sempre da Gasse, negli anni prima del 1835, realizzando una serie di delimitazioni e postazioni doganali lungo la via del Piliero e ristrutturando il vecchio dazio della Farina.
Dobbiamo dire che i risultati dell'opera alla fine non furono esaltanti, perché, oltre al notevole esborso di denaro pubblico che fu necessario per la realizzazione della poderosa cortina e per i relativi espropri, essa non apportò grandi miglioramenti in termini di recupero della fiscalità elusa e della lotta al contrabbando, che continuarono a persistere, fino alla caduta del regno borbonico e anche con il sopraggiungere del nuovo regno savoiardo.
Salvatore Fioretto

(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)

Residui di fabbricati della postazione daziaria al ponte Vecchio di San Rocco





Ricostruzione della cortina nella zona di Capodimonte-San Rocco-Colli Aminei (Mappa elaborata da "Google maps")
 

Edificio daziario all'emiciclo di Poggioreale


N.B.: Le foto riportate in questo post sono state liberamente ricavate da alcuni siti web, ove erano pubblicate. Esse sono state inserite in questa pagina di storia della città, unicamente per la libera divulgazione della cultura, senza alcun secondo fine o scopo di lucro.