venerdì 23 luglio 2021

1-2 agosto 1787... Una folla incontenibile a Pagani, per salutare il Santo di Marianella...!

In occasione del "Dies Natalis" di Sant'Alfonso, ovvero della Sua nascita al cielo (ricordiamo che Alfonso morì a Pagani di Nocera, il giorno 1 agosto del 1787), abbiano pensato di ricordare per questa ricorrenza, gli imponenti e straordinari funerali che furono celebrati a Pagani, per l'amato padre fondatore dei Redentoristi. Per tale compito abbiamo scelto la cronaca molto dettagliata, contenuta nella biografia, che porta il titolo: "Compendio della vita di S. Alfonso Maria de Liguori, estratto dai processi giuridici di sua causa dal Sacerdote Giacinto Amici, Torino, anno 1839". Il Giacinto fu il difensore durante il processo canonico, che portò all'elevazione di Alfonso agli onori degli altari. Al termine del racconto è riportato anche il miracolo del bambino, che avvenne quando erano ancora in corso i funerali. Ecco la parte estratta dal testo:

"Gran commozione e concorso del popolo ai solenni suoi funerali.

Il suono lugubre della campana annunziò alla città di Nocera esser morto il gran Servo di Dio, l'insigne operaio evangelico, il padre de' poveri, il consolator degli afflitti. Tali in vero furono le voci che in quell'istante rimbombar si udirono per le contrade tutte della città. Non vi fu persona, che abbandonata ad un tratto la casa, e gl'interessi, non si portasse a dar segni di grata riconoscenza e venerazione a quegli che avendo in vita beneficato tutti, sperar si doveva ugualmente propenso ad interceder da Dio grazie per tutti. Intanto da padri della Congregazione, e da altri pii sacerdoti processionalmente si calò il corpo del Santo Vescovo nella gran cappella dedicata all'Immacolata Concezione di Maria nel piano di quel collegio di S. Michele; ove fu elevato in eminente tumulo circondato da lumi.
Si fé tosto un pio tumulto di popolo, non che nella cappella, ma ancor nel collegio e nelle vicine contrade. Giacché canonici, parrochi, regolari, sacerdoti, cavalieri, gentildonne, mercanti, artieri, e tutti gli ordini e classi de' cittadini eran colà concorsi per venerare a gara quel venerabile Corpo. Onde per impedire l'indiscreta divozione del popolo fu d'uopo apporre le guardie della regia cavalleria situata in Nocera. Mentre da' sacerdoti si cantava l'uffizio di requie, la recita del quale fu successivamente continuata da tutti gli ordini regolari della città sino all’un'ora di notte, facendo forza il popolo di salire sul tumulo per toccare il Corpo con fazzoletti ed abitini, e corone, fu commessa a' sacerdoti la cura di soddisfare il comun desiderio.

Cappella San Gennaro, Statua d'argento di S. Alfonso

Gareggiavan altri per ispargere sopra quel Corpo de’ vaghi fiori per indi ritrarli in conto di preziose reliquie. Come più dilatavasi la novella della di lui preziosa morte per i casali, terre, e città circonvicine vieppiù a dismisura cresceva il concorso del popolo.
Giunto appena il primo albore del seguente giorno due agosto, si vide la città di Nocera piena e ridondante di gente. Tanto era il numero de' forestieri concorsi da più lontani luoghi per render paga la lor divozione. Furono decorate l'esequie di quanto avea di più ragguardevole la città. Imperocchè radunatisi ivi il capitolo della cattedrale, il clero secolare, e tutti gli ordini regolari fu trasferito il Santo Corpo con funebre pompa della chiesa di S. Michele Arcangelo di quel Collegio, e fu posto sopra un catafalco alto più di palmi dieci, attorno a cui giravano lunghe e folte file di cere 'ardenti.
Appena colla forza armata reprimer si poteva il popolar tumulto, che ad ogni momento cresceva attorno al feretro per aver reliquie, per sparger fiori, per approssimarvi rosari e corone, e per togliere, non potendo aver altro, financo le stille e gocce di cera che cadevano dalle torce. Supplichevoli si prostravano ginocchioni avanti il sacro Corpo le persone non che plebee, ma le più ragguardevoli per dottrina, carattere, e dignità. Chi colle lagrime, e chi colla voce faceva ciascuno a gara di rammentare le di lui virtù, e tessere elogi alle gloriose sue operazioni.
Recitatosi intanto dal capitolo della Cattedrale l'ufficio si cantò la gran messa coll'assistenza dello zelante vescovo di Nocera monsignor Sanfelice, del menzionato capitolo e seminario dell'uno e dell'altro clero, e del magistrato della città. Decorò poi la sacra funzione una ben intesa e dotta orazione funebre recitata dal signor D. Fortunato Pinto allora canonico della Metropolitana di Salerno, indi vescovo di Tricarico.

La più antica immagine, conservata nella chiesa di Marianella

Ma già pervenuto l'avviso della di lui morte ai luoghi e città più lontane concorrevano ad ogni ora nuove torme di popolo. Per la qual cosa fu duopo sospendere la sepoltura di quel benedetto Corpo sino alla sera. Era in vero cosa di gran meraviglia il vedere colà accorsa gente financo da Napoli, dalla Torre, da Sarno, dalla Cava, da Salerno, e da molte altre, benché rimote città. Né lo straniero concorso composto era di persone volgari soltanto, ma ben anche di canonici, sacerdoti, e regolari. Vennero ancora fra gli altri a rendere uffici di onore e venerazione al Santo, i monaci di Monte Vergine, i Cassinesi della Cava, i Camaldolesi che si trovavano fuori dei loro eremi, l'abbate coll'intera sua religiosa famiglia del monastero di Materdomini, e tanti altri personaggi per carattere e nobiltà ragguardevoli.
Ammirava ognuno il bell'aspetto di quel Corpo, che appariva risplendente e giocondo a somiglianza di chi riposa, e piano saziar si sapeva di quella vista. Sembrava che la morte stessa ardito non avesse indurre sopra quel volto il consueto pallore, e che fuori del moto le prerogative ancor ritenesse di un corpo animato. Sopravvenuto infatti da Napoli circa l'ora di vespero un ritrattista, avendo questi nel ritirare dalla venerabil faccia il cavo di gesso scorticata la parte destra del naso, ne uscì vivissimo sangue; che anzi quel volto per molte ore in appresso comparve rubicondo oltremodo ed acceso. Durò fino a notte la folla del popolo, che sempre più si aumentava; né appagar si poteva la brama di tutti, che a gara chiedevano pezzetti di cose usate da lui per conservarli come reliquie.
Nella sera finalmente dello stesso giorno due agosto, chiuse a stento coll'aiuto de' soldati le porte della chiesa, si stimò opportuno tumulare il Corpo, acciò nel seguente giorno non crescesse a dismisura la folla. Nel calar che si fece dal catafalco quel corpo si ammirò, non che il di lui volto candido e bello, ma altresì le carni morbide, e ciascuna membra flessibile. Indi circa le ore due della notte chiuso entro due casse, la prima delle quali era laminata di piombo, alla presenza del Vicario Generale, coll'intervento ancora del Governatore della città, e di altre persone nobili, ed ecclesiastiche, fu riposto sotterra a "cornu epistolae" dell'altar maggiore nella menzionata chiesa di S. Michele. Si coprì poi l'avello con pietra, in cui scolpito era il suo nome.
Mentre gli uomini tanti onori rendevano al corpo del Santo, si compiacque il Signore palesare con grazie e prodigi la gloria che quella grand'anima godeva nel cielo. Uno soltanto ne riferisco per compimento di questo capitolo. Tormentava da gran tempo Giuseppe Maria Fasco, fanciullino di un anno e poco più, una cocentissima febbre e diarrea. Disperavasi già di sua salute ai due di agosto, giorno delle solenni esequie del Santo Vescovo, quando la zia, contro il parer de’ domestici, presosi sulle braccia il moribondo fanciullo il condusse alla chiesa di S. Michele, e lo fè approssimare al sacro Corpo. Ed oh meraviglia! al contatto di questi risanò immantinente il fanciullo che spiritoso e vivace fu da' sacerdoti restituito alla zia. Ciascun comprende qual fosse lo stupore che recò al folto popolo sì repentino miracolo. Ma non ebbero qui termine i prodigi. Imperocchè ricondotto a casa il sanato fanciullo, avendogli nel seguente giorno tre agosto mostrato il suo zio sacerdote D. Gaetano Fusco un'immagine del Santo, la bacia teneramente il fanciullo, e se la pone alla fronte. Quindi, sebbene per l'età sciolto ancora non avesse la lingua, rimasto ad un tratto estatico e fuori di sè, con una manina tenendo l'immagine, e coll'altra indicando il cielo fortemente esclama : Alfonso in cielo, Alfonso in cielo. Inarcarono i domestici per lo stupore le ciglia in sentire quelle prime ben sensate parole che proferiva il fanciullo, e molto più si meravigliavano, che chiamasse il Santo col proprio nome a lui affatto incognito. Ed ecco che nuovamente il fanciullo festoso e giulivo replica: Alfonso il santo, Alfonso il santo; ed indicando altra volta l'immagine, alzate ambedue le mani e gli occhi al cielo, ripete: il Santo in cielo, il Santo in cielo. Non potendo a se stessi credere i domestici per meraviglia tornano nel seguente giorno a mostrare l'immagine a quel fanciullo ed esso nuovamente la bacia, e con gli occhi in alto rivolti esclama: il Santo in cielo. Allora il pio sacerdote suo zio gli fè togliere dalle manine l'immagine, al che montò egli in collera, e si disciolse in dirottissimo pianto.
Gli presentò per quietarlo altra immagine simile nella grandezza e figura alla prima; ma il fanciullo da se rigettandola, no, ripete, non è. Per la qual cosa, acciò più non si straziasse col pianto, gli fu restituita l'immagine del Santo, e ad un tratto rasserenato il volto, la baciò, e se la pose sul capo. Laonde conchiusero i domestici, che contestarono con giuramento negli atti il prodigio, che Dio, il quale servir si suole della lingua innocente de' fanciulli per manifestare la santità de' suoi servi, sciolto avesse la lingua di quel fanciullino per dimostrare in terra la gloria che S. Alfonso godeva nel cielo.


Portenti operati in vita dal Santo. 
Noi non potremo dirli tutti a causa del troppo gran numero. Si manifestano nei processi della beatificazione più di cento miracoli, che il nostro Santo ha operato durante il suo vivere. Altri che non sono specificati negli atti dei processi, ma che dietro le informazioni che furono prese potrebbero contarsi in maggior numero.
È stato provato che in tutte le volte che egli sortiva a piedi o in carrozza, si mettevano lungo la strada degli ammalati d'ogni età, e soprattutto de' fanciulli infermi."

Basilica di Pagani (SA): Statua reliquario di gesso che contiene l'urna con le ossa del Santo

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NdR. Nella trascrizione della cronaca dei funerali di Sant'Alfonso, abbiamo preferito utilizzare la parola "corpo", in sostituzione del termine arcaico usato dallo scrittore biografo, poco incline a una lettura attualizzata, per il nostro racconto storico.

In occasione della solennità di Sant'Alfonso, la redazione di "Piscinolablog" porge gli auguri a tutti i lettori che portano il suo nome e a Marianella, sua cara terra di nascita.

Salvatore Fioretto 


Cappella di Sant'Alfonso nella Basilica di Pagani. Altare con la statua reliquiario di Sant'Alfonso