sabato 24 settembre 2022

Quell'antica nobiltà residente presso il Casale di Piscinola...

Il Casale di Piscinola, come è noto, non fu stato mai "infeudato", vale a dire non fu mai venduto ai "Baroni" da parte delle autorità del Regio Demanio, ma ha conservato nei secoli la propria autonomia amministrativa, anche e principalmente durante il periodo del Viceregno Spagnolo (1503-1707), quando maggiormente molti Casali furono ceduti. In ragione di tale aspetto, Piscinola (che ricordiamo si "autoriscattò", facendo colletta pubblica e raccogliendo il pari valore in ducati,  richiesto per la vendita) conservava, come alcuni casali di Napoli, lo status amministrativo di Casale Demaniale Regio, e pertanto esentato a pagare i tributi degli Arrendamenti, come avveniva per tutte le Ottine (rioni) della Città di Napoli. Tuttavia, nei secoli passati, Piscinola ha accolto le residenze nobiliari, principalmente estive, e anche i tenimenti agricoli, di importanti famiglie nobili appartenenti al fior fiore dell'aristocrazia napoletana, in gran parte di quella cosiddetta di "Seggio" (ascritta ai cinque Sedili nobili della Città); per tal motivo, nei testi antichi, i membri di tali famiglie vengono impropriamente menzionati come "Signori di Piscinola".
In questo post descriveremo sinteticamente il rapporto storico con Piscinola di una parte di quella nobiltà presente, in particolare di tre famiglie nobili:
quella dei d'Afflitto, conti di Trivento, quella dei Carafa della Stadera, conti di Montefalco e principi di Sepino e quella dei Giordano, duchi di Falangola. 


I D’Afflitto conti di Trivento
La famiglia D’Afflitto fu un'illustre ed antica famiglia nobile di origine amalfitana, che nei secoli s’impiantò in Calabria e in Sicilia. Un ramo dei D’Afflitto sopraggiunse anche a Napoli ai tempi degli aragonesi e subito si integrò nella vita civile e politica della città.

I conti D’Afflitto di Trivento, infatti, avevano il patronato di una cappella nell’antica chiesa napoletana di “Santa Maria la Nova”. Nella tomba di famiglia, che si può ancora oggi vedere, esiste il cenotafio in marmo del conte Michele D’afflitto, rappresentato genuflesso e, nelle due nicchie ai lati, i suoi due figli Vincenzo e Ferdinando, rappresentati armati. Don Michele D’afflitto fu molto caro al re Ferrante I d’Aragona.
Tra i rampolli della stirpe napoletana è degno di menzione don Matteo D’Afflitto, che compose nel gennaio 1497, su richiesta del mantovano cardinale Oliviero Carafa, l’”Ufficio della traslazione del corpo di San Gennaro da Montevergine a Napoli”.

Altro erede insigne di questa nobile famiglia fu il napoletano Scipione D’Afflitto, letterato e compositore, che tradusse un’opera, dal titolo: “I sei libri del sacerdozio di San Giovanni Crisostomo”. I libri furono tradotti in lingua volgare nel 1574, a Piacenza.
Del ramo piscinolese di questa famiglia conosciamo ben poco, se non la partecipazione dei suoi componenti ad alcune cerimonie pubbliche che si tennero in particolari ricorrenze nella chiesa del SS. Salvatore, come le feste patronali, i battesimi ed i matrimoni. Non sappiamo di preciso in quale luogo di Piscinola questa antica famiglia possedesse la sua nobile dimora; tuttavia una traccia storica ci conduce al complesso edilizio “a corte” esistente in Via Plebiscito.

Addirittura le due famiglie nobili piscinolesi dei De Luna e dei D’Afflitto, finirono per “legarsi” tra loro, attraverso il battesimo di un loro rampollo; infatti, il 19 settembre 1574, Don Geronimo De Luna fece da padrino al battesimo dell’infante Giovanni D’Afflitto, figlio di don Marco conte di Trivento e di Beatrice Carafa.

I Carafa della Stadera, conti di Montecalvo e principi di Sepino
Dagli albi araldici consultati risultano diversi componenti di questa nobile famiglia napoletana, nati o morti a Piscinola. Abbiamo già parlato di Donna Beatrice Carafa, che sposò don Marco d’Afflitto, conte di Trivento e “signore” di Piscinola.
Isabella Carafa, nacque a Napoli nel 1593 e morì a Piscinola il 13 aprile 1618; sposò nel 1607 Francesco Caputo, marchese di Petrella; mentre Carlo Carafa, nato a Napoli il 5 novembre 1602 e sposo di Ippolita Carmignano, morì a Piscinola l’11 luglio 1667.
Giovanna Carafa, infine, nacque a Piscinola nel 1638 e sposò, in diverse nozze, Giuseppe Staibano, Fabrizio Staibano e Ascanio Sensale. Morì a Grumo nel 1737.
La famiglia Carafa possedeva a Piscinola una masseria, denominata “Masseria del Monte”, la quale, come si evince dalla mappa di G. Porpora, si trovava nella parte meridionale del Casale, confinante con la località “San Rocco”. Non sappiamo se questi nobili avessero in questa zona delle residenze, oppure delle ville di campagna.

I Giordano, duchi di Falangola
Questa famiglia possedette diverse proprietà e cespiti nel Casale di Piscinola. In particolare ci sono giunte molte notizie riguardanti la vita del duca don Giuseppe Giordano, che visse verso la prima metà del ‘700.
Dei fasti di questa famiglia si hanno delle preziose testimonianze attraverso la lettura di un raro documento del 1755, oggi conservato nella Biblioteca della Società di Storia Patria di Napoli, che ha per titolo: “Appuramento de’ fatti e ragioni a pro del Rev. Sacerdote D: Pietro Ruffo del Casale di Piscinola contro l’ill. Duca D. Giuseppe Giordano Falangola. Presso il rev. Notare D. Bonifacio Paulillo”. In questo manoscritto si descrive minuziosamente la controversia nata tra il duca Giuseppe e un sacerdote di Piscinola, Don Pietro Ruffo. La contesa fu dibattuta davanti alla Rev.ma Congregazione della Corte Arcivescovile di Napoli.

Il prelato, che fu per dieci anni al servizio del Duca, nella qualità di fattore-amministratore dei beni, lamentava per la circostanza il mancato pagamento dell’onorario spettantegli per le prestazioni svolte al servizio del nobile. Il documento è di enorme interesse, soprattutto perché, oltre a descriversi gli episodi della vita del Duca e del Sacerdote, registra molte testimonianze di fatti e descrive vari personaggi piscinolesi dell’epoca. Sono riportati anche i nomi e le attività svolte dai numerosi testimoni chiamati a deporre.
Palazzo Fioretto in via Plebiscito, un tempo residenza nobile

Sappiamo, ad esempio, che i “parzonari“ (termine per indicare i conduttori dei fondi e delle masserie) erano tali Aniello Cuozzo, Antonio Manna, Angelo Ruffo (alias Lillone) e Biagio Cascella, che il forno era dato in affitto a tale Domenico Basile di Giugliano e che la taverna era data a Tommaso Chiarolanza.
Il Duca aveva diversi cespiti, tra cui un vasto tenimento posto a Nord del Casale e diverse case, che faceva periodicamente ristrutturare.
Molto curati erano anche il mobilio e le suppellettili della sua dimora. Considerevoli erano poi le attività di biancheria che commissionava periodicamente alle lavandaie del posto.
Fatto curioso è quello che avvenne nel 1748, quando, per ben otto mesi, il Duca ospitò a Piscinola, per conto dell’Università e del re, sei compagnie di fucilieri di Barcellona, fornendo biancheria, vitto e alloggio ad oltre 300 uomini, tra soldati e ufficiali.
Nel 1745, il duca Giordano acquistò dal Casale di Piscinola “…due comprensori di case ad uso del forno, chianca e bottega lorda…”, per l’importo di duc. 2032. Detti cespiti, nell’anno 1863, erano diventati di proprietà del Comune di Piscinola e formavano la “casa municipale”.

Le notizie riportate nel presente post sono state integralmente tratte dal libro: "Piscinola, la terra del Salvatore - Una terra, la sua storia, le sue tradizioni", di S. Fioretto, ed. The Boopen, anno 2010. 

Queste notizie storiche, supportate dalle citate fonti documentali, sono da considerarsi ancora incomplete, in quanto gli argomenti trattati saranno oggetto di ulteriori approfondimenti e di future ricerche.

Salvatore Fioretto 


Cappella del Succorpo di S. Gennaro (Cattedrale di Napoli), Tommaso Malvito, stemma del cardinale Oliviero Carafa, della Stadera

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