martedì 14 gennaio 2014

I Taralli e la pecorella di Sant'Anduono....!

Ecco un altro racconto di un episodio veramente accaduto nel quartiere di Piscinola, prima della seconda Guerra Mondiale, durante la festa di sant'Antonio abate, chiamato qui da noi Sant'Anduono.
Useremo nomi di fantasia.
Come ogni anno e secondo l'usanza dell'antichissimo borgo di Piscinola, anche Rituccio di Vascio Miano si apprestava ad onorare il grande Santo eremita, protettore degli animali, che per la chiesa ufficiale è Sant'Antonio Abate.
Il parroco di Piscinola usava ogni anno, un po' come avveniva in tante altre chiese di Napoli e provincia, esporre sul sagrato della parrocchia (allora era libero e non ancora occupato dall'ampliamento e dalla nuova facciata, realizzati negli anni '50), un piccolo altare di legno, con sopra esposta al rito la settecentesca statua lignea del santo: un vecchio vestito di saio nero, con l'immancabile campanello, con un vecchio libro aperto tra le mani e in mezzo alle pagine una grande fiamma rossa che arde simboleggiando l'inferno. 
Secondo la tradizione di origine medioevale, il Santo era invocato contro l'infezione di Herpes Zoster, un tempo chiamata anche Fuoco di sant'Anduono. Spesso all'immagine di Sant'Antonio Abate era accostata anche un maialetto, perché nei secoli trascorsi per lenire le infiammazioni causate da questa terribile malattia, veniva utilizzato un unguento ricavato dal grasso del maiale. Per tale utilizzo di salute pubblico si arrivò addirittura ad avere in città molti maiali allevati allo stato libero tra i vicoli e le strade, rovistando tra i rifiuti o gli avanzi nei mercati oppure cercando il cibo offerto dai devoti del Santo. Si ebbero anche dei seri problemi di viabilità... Ci volle un editto vicereale per abolire questa barbara usanza...!
Ma ritorniamo alla nostra storiella...
Ad attendere i fedeli che giungevano durante tutta la mattinata sul sagrato della Chiesa, c'era il parroco seduto su un seggio, assistito da alcuni chierichetti, muniti di tanto secchiello con l'acqua benedetta e di scopino aspergente. Era un bel via vai di persone, di ogni età e sesso, ognuno recante in braccio o condotto per una cordicella, il proprio animale domestico da benedire: chi portava una capretta, chi il cavallo, chi il cane, oppure un coniglio, un'anatra o una gallina...
Rituccio era un ragazzo di appena 10 anni e non frequentava gli scugnizzi di strada, doveva, malgrado la sua tenerissima età, eseguire i lavori nei campi e non aveva tanto tempo per frequentare la strada e i suoi coetani per fare delle esperienze... diciamo che era un po' ingenuotto...! 
Aveva preparato per l'attesa festa la sua pecora prediletta, alta quasi quanto lui, addobbandola con una collana composta da tanti taralli di sugna, legati tra loro da una cordicella di canapa, che aveva appeso al collo della bestiola. Il tragitto verso la piazza avvenne in maniera tranquilla e, all'ora convenuta, riuscì a partecipare alla funzione di benedizione che come ogni anno il buon sacerdote amministrò a tutti i partecipanti... poi la solita offerta di qualche monetina nel secchiello e in cambio l'immagine benedetta del Santo...
Al ritorno a casa, però, il povero Rituccio veniva suo malgrado completamente accerchiato da una banda di ragazzacci più grandi di lui che, una volta afferrata la pecora, riuscirono di gran lena ad alleggerirla di tutti i taralli appesi al collo e, solo per puro caso non soffocarono la povera bestiola!
Rituccio alquanto sorpreso, non ebbe manco il tempo di urlare e ci restò ovviamente molto male, anche se ebbe la magra consolazione di portare a casa la bestiola che gli era stata affidata dai genitori. Raccontò con le immancabili lacrime di rabbia il triste e spiacevole episodio accadutogli, pur confortato dalla mamma e dal papà, che a stento riuscivano a nascondere un accenno di risata... 
A tarda sera il sorriso ritornava sul limpido e bonario viso di Rituccio che, avendo ormai dimenticato il triste episodio del mattino, poteva festeggiare nell'aia, assieme a tutti i vicini della masseria, il gran falò, detto 'o fucarazzo (chiamato anche 'a lampa 'e Sant'Anduono). Era una grande piramide composta di vecchi mobili e di fascine, che all'imbrunire veniva accesa per omaggiare il vecchio Santo, ma anche per festeggiare l'inizio del Carnevale. 
Qualche anziana ripeteva ancora quella famosa cantilena, che recitava così...
Carnevale mio è mmuorto!
Ah, si sapevo ca tu murive,
t'accerevo na vallina cennerina,
gioia soja....!

Altri tempi cari amici, questi racconti fanno tanta tenerezza e oggi, a distanza di oltre 70 anni, sembrano fiabe per bambini!
Oggi, in simile circostanza, avremmo rischiato oltre per la pecorella anche per l'integrità del ragazzo....! 
Ad ogni modo, viva Sant'Anduono protettore degli animali, che si festeggerà il prossimo venerdì, 17 gennaio.
Salvatore Fioretto  
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NB: Le foto riportate in questo post sono state liberamente ricavate da alcuni siti web, ove erano pubblicate. Esse sono state inserite in questa pagina di storia della città, unicamente per la libera divulgazione della cultura, senza alcun secondo fine o scopo di lucro.

 

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