mercoledì 28 agosto 2013

Quando in collina si andava in tram...!

E venne la moda dilagante degli autobus su gomma..., ossia dei mezzi  di trasporto collettivi che i napoletani in fondo in fondo non hanno mai amato tanto e che forse, per paradigma o per ilarità prettamente partenopea, essi continuano ancora oggi a identificarli impropriamente con il termine anglosassone di "Pullman", con la storpiatura di "'e purmanne" (come si sa il termine "Pullman" identifica gli autobus turistici... o addirittura le carrozze ferroviarie...).
Accadde che in pieno Boom Economico, il propagarsi del servizio di trasporto su gomma mise in crisi e chiuse l'epoca d'oro dei trasporti cittadini su ferro, i famosi Tramway: mezzi di trasporto che avevano caratterizzato la società di fine ottocento e la prima metà del secolo successivo, oltre che la vita di moltissime generazioni. Con i tram si era arrivati ad estendere il trasporto pubblico nelle città in maniera capillare e su larga scala, anche in ambito extraurbano e provinciale. Purtroppo dobbiamo dire che furono soprattutto le ragioni politiche ed economiche ad influenzare questa metamorfosi, che oggi, nelle grandi metropoli e a distanza di poco più di 50 anni, sicuramente non piace più a nessuno...!

Anche Napoli fu interessata, fin dalla fine del secolo scorso, da una costante e poi rapida diffusione della rete tranviaria, realizzata interessando ogni quartiere, ogni località della città, anche la più lontana e periferica del suo circondario, come le colline e la parte litorale.
Il tram divenne, con i suoi impianti, un elemento di arredo urbano, un componente del paesaggio e della stessa iconografia oleografica della città; moltissime sono, infatti, le cartoline d'epoca che raffigurano strade e facciate di monumenti napoletani con in primo piano o sullo sfondo, il passaggio o lo stazionamento di tram. 
(Lavoratori del deposito del Garrittone posano vicino al muro del Bosco di Capodimonte)  
Nel mondo della musica e della canzone popolare, il tram è stato più volte un elemento caratterizzante, quasi scenografico del racconto, come la celebre canzone di Armando Gill, intitolata "Primma, Siconda e Terza", (conosciuta più come "'O tram d''a Turretta", con il ritornello ripetitivo "'e allora...?". Anche nella cinematografia, infine, il tram ha fatto da sfondo alle scene di molti set di film cittadini, come ad esempio quello famoso: "Napoli milionaria", dove i due protagonisti principali, che erano Totò ed Eduardo, erano dei tramvieri, entrambi alle prese con il servizio, la guerra, i problemi familiari quotidiani e anche sociali.
La rete cittadina, nata inizialmente con carrozze a trazione a cavalli, identificati con il termine inglese "Omnibus" (carrozze che si muovono senza binari), si sviluppò e fu ampliata, poi, con i "tram a cavallo" (ossia con carrozze "incanalate" su binari).
La rete, già abbastanza abbastanza ramificata, fu elettrificata a partire dai primi anni del 1900. Essa continuò a svilupparsi, negli anni a seguire, grazie all'opera  di investitori stranieri, particolarmente da parte della Societè Anonyme des Tramways Napolitains (SATN). La ramificazione e lo sviluppo della rete crebbe ancora, fino agli inizi della prima guerra mondiale, tanto da raggiungere anche quei luoghi ritenuti difficilmente accessibili a causa della tortuosità delle strade o per il notevole dislivello presente, come la Sanità, il nuovo rione del Vomero, Capodimonte, Capodichino, ecc.
(Nelle due foto sotto,  tram sulla strada Provinciale Marano Giugliano, oggi corso Italia)
La periferia Nord, come quella Est e Ovest di Napoli, fu caratterizzata da importanti investimenti da parte di altre società straniere. La linea tramviaria extraurbana più antica, costruita sempre dalla (SATN), fu la celeberrima "Museo- Torretta-Pozzuoli", linea poi prolungata fino al Museo Nazionale; essa fu realizzata fin dalla costruzione con la trazione a vapore, con cremagliera e poi elettrificata. Nella zona nord, area che ci riguarda in particolare, la Societè Anonyme de Tramways du Nord de Naples inaugurò, nel lontano 1889, le "Tramvie del Nord", poi divenute "Tramvie di Capodimonte", costruite inizialmente con trazione a vapore. 

Furono realizzate i primi rami delle linee denominate: "Museo-Porta Grande di Capodimonte" e "Museo-Garrittone di Capodimonte". Successivamente la Società gerente fallì e cedette, nel 1896, la concessione dell'esercizio alla neocostituita Società Anonyme Belge de Tramays (SABT), che provvide al completamento della linea e alla realizzazione di tre direttrici di traffico principali, chiamate: "Museo Miano", "Museo Marano-Giugliano" e "Museo Porta Grande". Nei primi anni del 1900 le linee furono completamente elettrificate.
Le direttrici per Giugliano e per Miano si arricchirono negli anni di importanti bretelle, e prolungamenti, che interessarono i centri abitati vicini. Le prime furono le bretelle per Marano e Mugnano e il prolungamento per Secondigliano, seguì nel tempo anche la bretella per Piscinola. Ma di queste ne parleremo in un altro post "ad hoc".
All'inizio della guerra mondiale la "SABT" disponeva di cinque linee che erano:
1 Museo-Porta Grande
2 Museo-Porta Piccola
3 Museo-Miano-Secondigliano
4 Museo-Marano-Giugliano
5 Museo-Marano

Al capolinea del Museo, che si trovava all'altezza della chiesa di S. Teresa degli Scalzi,  era previsto l'interscambio con la rete tramviaria cittadina, con la navetta "Pessina-Piazza Dante". Il deposito-officina delle vetture tramviarie fu realizzato al Garrittone, esattamente dove esiste l'attuale deposito della ANM.

("Regresso" di Capodimonte, il toponimo "Regresso" si riferisce sicuramente alla presenza degli scambi tramviari e alle manovre dei tram, per deviare o invertire la marcia.  Nella foto sottostante tram a Calvizzano)

Nel 1929, in pieno ventennio fascista, la concessione passò alla società ATCN (Azienda Trasporti Comunali di Napoli), secondo la politica messa in auge da Mussolini di allontanare le compagnie investitrici straniere. La neocostituita Società comunale provvide a rendere autonomo l'esercizio della linea dai tram cittadini, realizzando il "sospirato" prolungamento verso Piazza Dante, ove i binari si poterono innestare nel grande anello dell'emiciclo, attorno al monumento di Dante Alighieri.

La Linea per Marano-Giugliano, realizzata a binario unico, si sviluppava su un lato della via provinciale Santa Maria a Cubito e poi su quello della strada provinciale Marano Giugliano, attraversando, con fermate stabilite, le località di Frullone, Marianella, Chiaiano, Mugnano, Marano, Calvizzano e Giugliano. A Giugliano e a Secondigliano era possibile eseguire l'intercambio con la linea della Tramvia Provinciale, diretta inizialmente ad Aversa e, in un secondo momento, fino a Casal di Principe; ma si poteva raggiungere il centro cittadino e le altre linee tramviare provinciali dirette a Caivano, Afragola, Grumo e Frattamaggiore.  (Nella foto sopra tram all'ingresso del vecchio deposito del Garrittone, nella foto che segue, tram al corso Amedeo di Savoia)
La trazione elettrica era erogata a una tensione continua di 600 V. I tram possedevano la doppia cabina di guida, con singolo trolley girevole per la captazione della corrente. Le vetture delle Tramvie di Capodimonte erano verniciate in maniera diversa da quelle dei tram cittadini, avevano infatti una fascia orizzontale di colore chiaro, posta su ogni lato della livrea. Spesso era prevista, aggianciata al convoglio della motrice, una seconda vettura rimorchiata, detta anche "folle".
L'esercizio fu  sospeso durante la seconda guerra mondiale per il bombardamento ai ponti del "Bellaria" e di "San Rocco Nuovo", ma riprese alcuni anni dopo, assicurando lo sviluppo dei quartieri periferici collinari. Le linee furono rinominate con i numeri: "60", "61", 62, 63, "37", "38".
Nel 1954 il Comune di Napoli diede il primo "colpo mortale" alla vita delle "Tramvie di Capodimonte", eliminando il fascio dei binari di piazza Dante e facendo così arretrare il capolinea cittadino al corso Amedeo di Savoia. 
Salvatore Fioretto
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(Nella foto precedente tram cittadino con il numero 62, al "Regresso" di Capodimonte; nella foto che segue, terminale delle tramvie di Capodimonte arretrato al Corso Amedeo di Savoia)
Purtroppo il 15 marzo del 1960 l'amministrazione comunale di Napoli e quelle degli altri Comuni a Nord della città decisero di eliminare interamente le tramvie di Capodimonte, sostituendo il servizio con autobus su gomma, che ironia della sorte furono denominate come i vecchi tram, aggiungendo "1" davanti alla numerazione, infatti si ebbero le famose linee, della neocostituita ATAN, identificate con: "160", "161", "162", "163" e "137".

 
Nel seguito alcune foto di vetture all'interno dell'antico deposito dei tram al Garrittone:








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