giovedì 1 febbraio 2024

Gli antichi metodi per la conservazione delle derrate e degli alimenti...

Il cosiddetto "Boom economico", avvenuto a partire dagli anni '60 del secolo scorso, ha favorito la diffusione a larga scala di apparecchiature definite con il termine "elettrodomestici", che hanno consentito, tra le tante cose, la conservazione di frutta, ortaggi, carni e tanti altri generi alimentari. Il frigorifero e il congelatore, infatti, sono elettrodomestici che oggi sono ormai diffusi in ogni famiglia, la loro introduzione ha permesso la conservazione per lungo tempo dei prodotti della terra e dei cibi, anche per molti mesi, attraverso la tecnica del congelamento. Altro beneficio è stato quello di poter importare i generi alimentari e i prodotti deperibili da regioni lontane da quelle di consumo, trasportarli e depositarli per lunghi periodi di tempo, tenendoli conservati in opportuni automezzi e locali, denominati "celle frigorifere".
Tuttavia è lecito chiedersi come si procedeva nei tempi passati a conservare il raccolto dei campi, nei cosiddetti "periodi di fuori stagione", ma anche le carni e gli altri generi alimentari, in assenza di queste apparecchiature, che hanno avuto larga diffusione soltanto negli ultimi 60- 65 anni?
Ebbene, in passato esistevano diverse tecniche per la conservazione dei prodotti: tecniche e procedure che erano consolidate e si può dire antichissime, perchè  tramandate di generazione in generazione, da tempo immemorabile e probabilmente discendenti dai primitivi popoli che ci hanno preceduti.
Queste tecniche sono essenzialmente legate alla disidratazione dei tessuti, ovvero all'essiccazione per l'esposizione al sole, oppure alla disidratazione per il contatto con dei prodotti naturali adsorbenti, come il sale da cucina; un'altra tecnica era quella di impedire la degradazione dei prodotti, eliminando l'aria dai contenitori di conservazione, attraverso l'utilizzo di liquidi o di soluzioni stabilite, come aceto, olio e alcool. Come si noterà sono tutte tecniche che utilizzavano sostanze naturali, oggi diremo "prodotti biologici", anche se la durata di conservazione dei prodotti non era molto spinta, come invece avviene oggi con l'utilizzo dei congelatori...
Ma procediamo con ordine, nell'esporre tutti i metodi utilizzati nel passato.

Essiccazione al sole:
Questa tecnica
consisteva nell'esporre i prodotti al sole, lasciando integri oppure eliminando i gusci o una loro parte facilmente deteriorabile.
I prodotti solitamente così conservati erano:
-noci
-nocciole
-fave
-piselli
-origano
-granoturco
-grano e orzo
-fagioli
-uva passa
-pomodori (da ridurre a farina)
-peperoncini piccanti
-semi di zucca
-arachidi
-semenze per la riproduzione agricola (rape, zucchini, pomodori, erbe per il sovescio, ecc.)
-residui vegetali usati per comporre le lettiere degli animali nelle stalle (piante di ortaggi e cereali, erbe selvatiche, ecc.)
-fieno per bestiame (loglio (detta 'ugliata), erba medica, avena selvatica, ecc.)
-sfoglie delle pannocchie di granoturco (dette sbreglie), per essere utilizzate come materassi nei letti delle case.
Oltre al grano, orzo e granoturco, sovente alcuni di questi prodotti sopra elencati erano trasformati,
successivamente all'essiccatura, in farine, per essere meglio conservati in alcuni vasetti di terracotta, per poi utilizzarli mesi dopo per la preparazione di pietanze, come pomodori, piselli, origano e fave.

Sotto olio:

Consisteva nel cuocere i prodotti a bagnomaria e, dopo il raffreddamento e l'asciugatura, si procedeva alla conservazione in barattoli di vetro, ripieni con olio extravergine di oliva.
I prodotti solitamente così conservati erano:
-melanzane
-peperoni
-carciofi
-pomodori (dopo essiccatura al sole)
-fagiolini (baccelli)
-alici.
Le melanzane, prima della cottura, erano
affettate e temporaneamente disposte a strati, a contatto diretto con il sale da cucina.

Sotto aceto:
La tecnica era simile alla precedente, ma i prodotti si conservavano in barattoli di vetro, ripieni con aceto di vino bianco.
I prodotti solitamente così conservati erano:
-varietà di peperoni (detti "papaccelle"), necessari per preparare la cosiddetta "insalata di rinforzo" natalizia.

Sotto sale:
La tecnica consisteva nell'ottenere la disidratazione degli alimenti (pesce e carne), mediante il contatto diretto con il sale da cucina (cloruro di sodio).
Con tale tecnica gli alimenti erano sistemati ordinati, in dei vasetti di terracotta smaltati, alternando i vari strati ottenuti, con del sale marino fino. Per i pezzi di carni da conservare, invece, si eseguiva il cospargimento manuale del sale di tipo fino direttamente su tutte le superfici dei pezzi da conservare.
I prodotti solitamente così conservati erano:
-alici e sarde
-pezzi di carne di maiale (lardo, interiora, ecc.).

Sotto spirito:
Con tale tecnica i prodotti erano immessi in vasetti di vetro, colmandoli al termine con alcol etilico puro al 99%.
I prodotti solitamente così conservati erano:
-ciliege e amarene
-pesche e percoche
-pere
-uva da tavola (es. uva corna, detta cornicella)
-gelsi e more
-albicocche
-prugne e susine
-fragole e lamponi.

Confetture e marmellate:
Con tale tecnica i prodotti erano portati a cottura insieme a dello zucchero, in determinate proporzioni; dopo il raffreddamento il composto ottenuto era immesso in vasetti di vetro, ripieni fino all'orlo, per eliminare tutta l'aria.
I prodotti solitamente così conservati erano:
-ciliege e amarene
-prugne e susine
-pesche
-pere e mele
-albicocche
-mele cotogne
-agrumi.
Con le pere, le pesche e le percoche si preparavano anche delle confetture sciroppate, con conservazione in acqua e zucchero oppure succhi di frutta conservati zuccherati in piccole bottiglie, sempre con cottura finale in bagnomaria.

Disidratazione per esposizione al forno:

Con tale tecnica i prodotti (solitamente frutta), erano esposti nei forni a legna, in fase di raffreddamento, dopo aver sfornato il pane. Gli elementi erano disposti all'interno di vassoi metallici (guantiere o ruoti). Dopo cottura, la frutta cotta era conservata, anche se per breve tempo, dentro alle credenze oppure consumata al momento, aggiungendo sulla superfice dello zucchero.
I prodotti solitamente così conservati erano:
-prugne
-mele cotogne
-mele e pere.

Esposizione in luoghi ventilati e riparati dall'acqua:
Con tale tecnica i prodotti erano esposti appeso alle pareti di balconi, oppure sotto i pergolati, le capriate o i soppalchi (suppigni), per essere consumati durante l'inverno. Per il loro ancoraggio si procedeva a raggruppare gli elementi tra loro formando dei mazzetti ('o mazzo), oppure erano legati a dei fili di spago ('e piennoli).
I prodotti solitamente così conservati erano:
-sorbi
-meloni
-uva
-pomodori
-granoturco
-peperoncini piccanti
-aglio e cipolle
-spezie a rametti (alloro, origano, rosmarino, ecc.)
-caki.

Conserve:
Con tale tecnica i prodotti erano lavorati e immessi in vasetti o bottiglie di vetro di vetro  e ripieni fino all'orlo per eliminare l'aria contenuta. I vasetti erano successivamente bolliti a bagnomaria, in grossi pentoloni di rame o alluminio oppure in bidoni di acciaio. In realtà dentro a questi contenitori con la cottura veniva realizzato anche un vuoto spinto.
I prodotti solitamente così conservati erano:
-pomodori, a pezzetti  ('e pellecchielle)
-passata di pomodori ('a cunserva)
-pomodori pelati.

Affumicatura:
Consisteva nel conservare i pezzi di carne o delle parti di essi precedentemente lavorate (insaccati), attraverso la disidratazione veloce, che avveniva con la tecnica dell'affumicatura all'aria aperta. Sovente si bruciavano foglie secche, oppure rami verdi di alberi per generare molto fumo.
I prodotti solitamente così conservati erano:
-salsicce
-noglie.

La sugna:
La sugna (chiamata 'nzogna), era utilizzata in cucina assieme al lardo per condire le pietanze e per eseguire le fritture.
Essa costituiva un grasso di origine animale, estratto durante la cottura delle parti più grasse del maiale, opportunamente tagliate a pezzetti. Dopo il raffreddamento, la sugna era conservata dentro vessiche estratte durante la macellazione degli stessi maiali oppure dentro a dei vasetti di terracotta.

Per conservare
durante il periodo estivo il vino, ma anche gli insaccati, il lardo, la sugna (dentro le vessiche), e altri pezzi macellati, si eseguiva l'esposizione nei depositi interrati, che qui da noi erano chiamati cellai o cellari. Il cellaio era un locale rustico caratteristico, realizzato in pietre di tufo, ricavato nelle zone sottostanti agli edifici antichi, sovente nelle antiche masserie, dove la temperatura si manteneva inferiore a questa esterna, anche di diversi gradi e praticamente costante. Unica condizione richiesta era quella che l'ambiente doveva essere ben ventilato, per evitare la formazione di muffe.  Anche le cisterne interrate (dette piscine), contenenti acqua piovana, erano sfruttate nel periodo estivo per tenere fresche bottiglie di vino, meloni e altri prodotti commestibili. Si otteneva lo scopo immergendo questi elementi direttamente nell'acqua, tenendoli appesi a delle cordicelle oppure dentro ai secchi dell'impianto di estrazione dell'acqua. Come è noto in queste vasche l'acqua si manteneva a temperatura costante e sicuramente più bassa di quella ambientale, garantendo quindi un'apprezzabile freschezza dei prodotti.

Ingresso cellaio, dipinto

Un'altra pratica assai curiosa, ma risultante efficace, era quella della conservazione delle patate durante il periodo invernale, fino alla successiva raccolta estiva. Per proteggere le patate dalla disidratazione e dalla luce, si procedeva a collocarle dentro a dei recinti interrati, spesso realizzati all'interno dei pagliai, e opportunamente coperte con gli stessi arbusti essiccati delle piante.
Infine, in passato anche il ghiaccio veniva prodotto in maniera naturale, in alcune località montane, come in Irpinia, dove esistevano le cosiddette neviere, che erano delle cavità scavate nella roccia o nel tufo. Nelle neviere si raccoglieva la neve fresca che cadeva nel corso dell'inverno nel territorio circostante e all'interno delle quali la neve veniva compressa in strati,
con i piedi, per farla diventare ghiaccio; il ghiaccio così formato si conservava fino all'inizio dell'estate. Secondo la richiesta, da queste masse ghiacciate si estraevano con frequenza dei piccoli blocchi di ghiaccio, che erano poi commercializzati nelle varie località, quindi a Napoli. Con l'iniziale diffusione dell'energia elettrica si realizzarono i primi opifici dediti alla produzione del ghiaccio, che veniva venduto a blocchi di dimensioni prestabilite. Il ghiaccio industriale era disponibile tutto l'anno, ma utilizzato prevalentemente nel periodo estivo, per la vendita delle bevande fresche in bottiglie (collocate in tinozze) e per la produzione dei gelati (grattate).

Ecco, abbiamo visto, in questo excursus storico-antropologico, come gli antichi si erano industriati a vincere il logorio del tempo e a tenere i prodotti ben conservati; con metodi semplici e tutti naturali. E chissà quanti saranno i lettori che, dopo aver letto questo post, scopriranno che alcune di queste tecniche vengono quasi istintivamente utilizzate ancora nelle loro case, senza farci tanto caso e solo per averle apprese dai loro genitori e nonni!

Salvatore Fioretto

Ringraziamo l'amico Pasquale di Fenzo, per averci ispirato su questo argomento, conducendoci alla composizione di questo post.

Per l'eventuale ripetizione di questi metodi di conservazione, rimandiamo il caro lettore alla consultazione dei saggi dedicati, perchè lo scopo del presente post è stato solo quello di farne menzione storica, senza esplicitarli.

3 commenti:

  1. Salvatore articolo molto interessante e simpatico da leggere... specie per le nuove generazioni che di queste tecniche non ne sanno praticamente nulla.
    Complimenti!

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  2. Molte delle cose descritte le faceva mia madre. Quello che non mancava mai erano le ciliegie sotto spirito che si consumavano in inverno. Spesso invece delle ciliegie

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  3. Spesso invece delle ciliegie si usava l'uva "a cornicelle" che aveva i chicchi più consistenti e che finivo a a punta, proprio come un piccolo corno. P.le Di Fenzo

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