L’argomento qui trattato sarà
sviluppato in più post, perché complesso e articolato, dato che è complessa e
articolata la storia delle attività medico assistenziali esercitate e delle
strutture realizzate nel territorio napoletano e in particolar modo a Nord di
Napoli, favorite soprattutto dalla tranquillità e dall’amenità del paesaggio e
per la salubrità del suo clima. Mi riferisco alle opere deputate alla cura
delle persone affette da patologie neuropsichiatriche e quelle psicolabili.
Se il progresso di un popolo si misura da come vengono trattati e assistiti gli ultimi e i diversamente abili della società, allora possiamo dire che nei secoli passati c’è stata una particolarissima attenzione per queste problematiche, da parte dei vari regnanti che si sono succeduti nell’amministrazione del territorio, e dobbiamo anche aggiungere, a differenza di quanto avviene ai giorni nostri, dato che il problema dei “malati di mente” è tanto spesso trascurato e sottovalutato.
Se il progresso di un popolo si misura da come vengono trattati e assistiti gli ultimi e i diversamente abili della società, allora possiamo dire che nei secoli passati c’è stata una particolarissima attenzione per queste problematiche, da parte dei vari regnanti che si sono succeduti nell’amministrazione del territorio, e dobbiamo anche aggiungere, a differenza di quanto avviene ai giorni nostri, dato che il problema dei “malati di mente” è tanto spesso trascurato e sottovalutato.
L'istituto provinciale "San Francesco di Sales" a Napoli |
Nella capitale partenopea si ebbe, fin
dal XVI secolo, una particolare attenzione per la cura e per l’assistenza delle
persone affette da problemi psichici; infatti per la cura di queste patologie
era stato demandato, praticamente fin dalla sua fondazione (nell’anno 1525), un
reparto esistente nell’antico ospedale di “Santa Maria del Popolo”, meglio
conosciuto come “Ospedale degli Incurabili”, fondato nel 1520, dalla pia donna
di origini spagnole, al secolo Maria Lorenza Longo (Lonc). Dobbiamo però attendere
la venuta dei Francesi, con il celebre “Decennio Giacobino”, per assistere alla
realizzazione del più grande complesso di cura dell’allora penisola italiana,
ossia il Morotrofio di Aversa,
fondato da Gioacchino Murat nel 1813, considerato infatti il primo manicomio
d’Italia. La grandiosa struttura, detta anche “Real Casa per Matti di Aversa”,
fu realizzata nella cittadina normanna, vicino
alla chiesetta di S. Maria Maddalena (è detto per questo anche Complesso della Maddalena) e riusciva, per le sue ragguardevoli dimensioni
(esteso su un’area di 170.000 mq) ad ospitare fino a 6000 pazienti, di
qualsiasi età, sesso e condizione sociale, sia essi indigenti che facoltosi.
L'istituto provinciale "Madonna dell'Arco" di S. Anastasia |
Presto
qui si affiancò anche una sezione per i detenuti maniaco-criminali, fino a
divenire il primo manicomio giudiziario d’Italia. Per le persone benestanti l’ospedale
disponeva anche di reparti riservati, a pagamento, con stanze singole e con
trattamenti personalizzati, anche per il tipo di assistenza prestata. Nel
complesso di Aversa operarono le più illustre e illuminate menti del mondo
medico-accademico dell’epoca, quali il prof. Biagio Miraglia, in ruolo nel
nosocomio fin dal 1843, e per tal notorietà esso ebbe numerosi pazienti
provenienti da ogni angolo del Regno. Con la sopraggiunta restaurazione
borbonica il complesso di Aversa fu praticamente confermato nella gestione preesistente,
senza apportare sostanziali modifiche all’organizzazione.
Locandina pubblicitaria della Casa di Salute di Miano |
Nel 1825, un medico dell’ospedale di
Aversa, il dott. Giuseppe Santoro, dopo aver ottenuto l'autorizzazione dal Ministero degli Interno, ebbe la brillante idea di prendere in fitto
un appartamento della famiglia Quattromani, sito nella frazione di Miano, complice il paesaggio e la
vicinanza con la capitale, e qui vi impiantò il primo stabilimento di cura privato per
matti, vale a dire il primo manicomio privato del Regno e, salvo smentite, forse
il primo in Italia…, con rette di pagamento contrattate direttamente tra il
fondatore ed i familiari dei pazienti. Il canone di fitto mensile della casa di Miano era di 25 ducati e 80 grani. Il medico Santoro capì, infatti, prima
di tutti, la reale portata dell’investimento e le potenzialità di guadagno
derivanti dall’esercitare pratiche di cure offerte in forma privata, conoscendo
bene i problemi dell’ospedale di Aversa e le necessità di riservatezza delle classi
agiate e dell’aristocrazia. Infatti tra costoro elevato era il numero di quelli
che volevano far curare i propri parenti, affetti da problemi psichici, in
piccole strutture loro riservate, evitando la bolgia esistente nel nosocomio di
Aversa, la cui condizione di promiscuità scaturita dal contatto con il ceto popolare,
favoriva indubbiamente l’accrescimento dei sintomi delle patologie depressive.
Occorre sapere che nell’ospedale psichiatrico di Aversa, pur disponendo a pagamento delle camere riservate per trascorrere la notte, non era possibile, invece, evitare
la promiscuità diurna con i pazienti ricoverati, soprattutto con quelli in
grave stato di salute mentale; esposizione questa che infondeva uno stato di particolare
disagio e di sconforto nelle persone affette da patologie leggere e reversibili (definito contagio morale),
che non aiutava di certo il loro rapido recupero. Poi il fatto di essere stati
ricoverati ad Aversa ed esserne usciti guariti non toglieva all’ex malato
l’onta impressa dalla società civile, ossia di essere stato un paziente
ricoverato nel manicomio di Aversa...
Il prof. Leonardo Bianchi |
Nel 1839 l'immobile di Miano fu venduto dal Cav. G. Quattromani a Santoro per la somma di 1300 ducati, con l'aggiunta di altri 121 ducati e 32 grani di interessi, da pagarsi in quattro rate, entro l'anno 1839. Lo stabilimento aveva una ricettività di circa 12 stanze, procurando al Santoro un reddito annuo di circa 1200 ducati.
Saggio teatrale eseguito da inferme ricoverate nella Villa Russo |
L'isitituto provinciale "S. Francesco di Sales" di Napoli |
Nella seconda metà del ‘800 si ebbe un
proliferare di strutture private e pubbliche per la cura dei malati di mente,
sia nella capitale che nel suo immediato suburbio.
Nell’allora “Infrascata”, oggi Via Salvator Rosa, nacque nel 1881 l’Ospedale Provinciale di San Francesco di Sales (dal nome del convento esistente), mentre, nel 1871, il comune di S. Anastasia aveva già fondato il manicomio, detto ”Madonna dell’Arco”, perché ospitato nel convento della celebre chiesa. Le due strutture pubbliche si organizzarono dividendo i pazienti in modo che, al "Sales" erano ricoverati i folli non curabili, di ambo i sessi, mentre alla "Madonna dell’Arco" quelli curabili.
Nell’allora “Infrascata”, oggi Via Salvator Rosa, nacque nel 1881 l’Ospedale Provinciale di San Francesco di Sales (dal nome del convento esistente), mentre, nel 1871, il comune di S. Anastasia aveva già fondato il manicomio, detto ”Madonna dell’Arco”, perché ospitato nel convento della celebre chiesa. Le due strutture pubbliche si organizzarono dividendo i pazienti in modo che, al "Sales" erano ricoverati i folli non curabili, di ambo i sessi, mentre alla "Madonna dell’Arco" quelli curabili.
L'atrio interno e il monumento a Giuseppe Russo |
Seguirono il "Regio Ospizio di San Gennaro e san Pietro" in ex moenia, detto “dei poveri”,
il manicomio privato “Leboffe” a
Ponticelli, la “Villa Vernicchi” e il
“San Francesco Saverio alle Croci”, detto
“dei Miracolilli”, queste ultime due
strutture si trovavano sempre in città. La clinica di Miano ebbe
negli anni un notevole apprezzamento e successo, tanto che il Santoro rilevò
diverse proprietà attigue e l’ampliò di molto, realizzando diversi reparti. La gestione Santoro
si protasse fino al 1888, allorquando, essendo la struttura caduta in uno stato di abbandono, fu
chiusa e di lì a poco fu rilevata dal possidente cav. uff. Giuseppe Russo, noto imprenditore originario di Miano,
che aveva fatto fortuna producendo e commercializzando guanti di pelle. Russo ristrutturò il complesso, riportandolo al passato splendore e rinominandolo “Villa Russo”,
titolo che conserva ancora oggi. Con la gestione Russo la casa di cura di Miano
ebbe una "nuova primavera", arruolando i medici e gli accademici più famosi
dell’epoca e dotandosi di reparti divisi in prima, seconda e terza classe. Il manifesto pubblicitario che riportiamo in questo post, la dice
lunga sul prestigio e importanza delle tante personalità che in essa svolsero
la loro libera professione. Ricordiamo: Leonardo Bianchi, Pietro Castellino, Andrea Grimaldi, Giuseppe Buonanno,
ecc.
La clinica stipulò negli anni diverse e importanti convenzioni con enti e province italiane, tra cui, degna di nota, quella con la provincia di Matera, convenzione che risulta rinnovata nel 1924 e protratta fino al 1960, per curare i pazienti originari della lucania.
La clinica stipulò negli anni diverse e importanti convenzioni con enti e province italiane, tra cui, degna di nota, quella con la provincia di Matera, convenzione che risulta rinnovata nel 1924 e protratta fino al 1960, per curare i pazienti originari della lucania.
Un reparto della casa di cura convenzionata di Miano |
Nelle strutture di Miano si tennero,
nel corso del secolo scorso, diversi convegni specialistici e simposi
scientifici di levatura e importanza europea. A Miano, inoltre, si pubblicarono
diverse riviste scientifiche attinenti alle problematiche psichiche, con l’istituzione
di una vera e propria casa editrice, che fu chiamata "Casa editrice di Villa Russo". Infatti il prof. Andrea
Grimaldi con il dott. G. F. Montesano fondarono, nel 1924, la “Nuova rivista di clinica
ed assistenza psichiatrica e di terapia applicata" (con cadenza
trimestrale); mentre, nel 1933 risulta che la società Russo, aveva fondato la “Rivista di
Psicologia, neuropsichiatria e psicoanalisi” diretta inizialmente dallo stesso dott.
Andrea Grimaldi (già vicedirettore della clinica e poi, successivamente, direttore per molti anni).
Negli anni seguenti, siamo nel 1951, il dottor
Marco Levi Bianchini (che fu direttore della clinica dal 1945 al 1957), diede
vita nella struttura di Miano alla sua ultima iniziativa editoriale, la "Rivista di psicopatologia, neuropsichiatria
e psicoanalisi", che diresse per sei anni, prima di ritirarsi a vita privata.
Nelle strutture di Miano era presente anche
una sala teatrale, dove spesso i pazienti si poterono esibire come attori
dilettanti, recitando testi teatrali.
L'insegna della casa di cura convenzionata |
Salvatore Fioretto
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
L'ingresso principale e la facciata della casa di cura "Villa Russo" |
N.B.: Le foto riportate in questo post sono state liberamente ricavate da alcuni siti web, ove erano pubblicate. Esse sono state inserite in questa pagina di storia della città, unicamente per la libera divulgazione della cultura, senza alcun secondo fine o scopo di lucro.
Ottima ricostruzione storica. Mai mi sarei aspettato chela storia di Villa Russo fosse così antica. Complimenti e soprattutto grazie
RispondiEliminaGrazie a te, continua a seguirci...
RispondiEliminaSalve,
RispondiEliminasto facendo una ricerca su un familiare ricoverato presso questa struttura da dicembre 1948 a gennaio 1950.
Saprebbe darmi qualche indicazione su come poter accedere agli archivi, considerato che ad oggi la struttura è chiusa e in corso di fallimento?
Grazie
Egidio Calabrese
Molto interessante! Si sa che fine abbiano fatto gli archivi e le cartelle cliniche? Grazie
RispondiEliminaMolto interessante. Vi è poi il collegamento con la Villa Anna, fondata a San Giorgio negli anni 30, adibita alla cura dei minori, nella Villa che fu del pittore Luca Giordano; struttura che fu rilevata dalla stessa Villa Russo, divenendone un reparto dedicato appunto ai minori.
RispondiEliminaGrazie caro lettore, per questa ulteriore informazione storica, provvederemo ad approfondire e ad integrare la storia della fondazione.
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