venerdì 21 giugno 2024

Una strada regia per Capodimonte e MIano... Seconda Parte


(segue dalla prima parte)

La realizzazione della nuova strada per Capodimonte suscitò notevole apprezzamento in Città e nel Regno, soprattutto nella società e negli ambienti culturali dell'epoca, infatti, tante furono le guide e i saggi scritti che ne esaltavano gli aspetti paesaggistici e panoramici, oltre la tecnica costruttiva, come ad esempio nel libro:  "Rapporto generale sulla situazione delle strade sulle bonificazioni e sugli edifizj pubblici dei reali dominj al di quà del faro...", pubblicato nell'anno 1827. Ecco uno stralcio del testo: "Nel corso dell'anno si sono eseguiti ulteriori perfezionamenti nella strada di Capodimonte la cui magnificenza corrisponde al decoro della capitale ed alla bellezza del sito. Si è compiuto il lastricato di pietre squadrate di basalto dal quadrivio Materdei fino al ponte, e si sono rendute rotabili le comunicazioni col quartiere di Fonseca e coll'Imbrecciata della Sanità. Si è migliorata la strada che menando al regio bosco di Capodimonte conduce a Miano. Si è del pari intrapreso il miglioramento della strada che per lo Scudillo va ad incontrare quella del Vomero. Si è perfezionata ed ingrandita quella che dal regio palazzo di Capodimonte si prolunga ai Ponti rossi. Si è inoltre ridotta a regolare costruzione quella che dai Ponti rossi mena a S. Maria de' monti, e se ne sono restaurate le rampe . In tutte le anzidette strade si sono supplite le mancanti piantagioni di alberi, e di nuove piante si è abbellito il giardino ellittico appiè della collina di Capodimonte".

Foto di fine ottocento, mancano la cancellata del ponte e i binari del tram
Nel libro "Confutazione dell'Architetto Pietro Valente ad un libello anonimo che ha per titolo Memoria di ragioni pe' proprietarii..", Roma 1840, si legge: ...Ma se poi quei parigini, pur col pensiero potessero passeggiare per la riviera amenissima di Chiaia, di Mergellina e di Posilipo; per la spiaggia estesissima e costantemente giuliva da Napoli a Castellammare; per la strada da Capodimonte per i Ponti Rossi o per Miano, Secondigliano e strada del Campo, luoghi tutti ridentissimi, variati, incantevoli, pittoreschi e sempre animatissimi, si sentirebbero indosso non che la noia massima, ma sebben la smania della morte ritornando in quella loro strada dei baloardi !!!”.
E ancora nel libro: "Delle strade e di altre opere pubbliche nel continente dell'Italia meridionale", Napoli 1861, si legge: "Le strade delle coste di Sorrento e di Amalfi, del Campo, di Miano, di S.ª Maria del Pianto, della Valle di Roveto, d'Itri ad Arce; quella da Sapri all'Ionio, la rete di strade nelle tre Puglie , e specialmente nella terra di Bari, assai fitta, alcuni tratti di nuove strade nelle Calabrie; tutte si appalesano ben tracciate per andamento e pendenze, e parecchie sono così perfette, che non sapremmo se in tutta Italia ce e fossero di migliori".
Altre testimonianze storiche ci pervengono dalle visite condotte in zona da parte di personaggi illustri, i quali, ospiti della città di Napoli, hanno attraversato
nei loro spostamenti la nuova regia strada di Capodimonte. Tra essi, oltre ai membri della famiglia reale dell'epoca e ai personaggi di Stato, annoveriamo quella di due papi. Il primo pontefice fu Pio IX, durante la sua permanenza napoletana nel triennio 1848-50, quando, a causa dei moti del 1848 e della proclamata Repubblica Romana, fu ospite di casa Borbone, il secondo papa fu Giovanni Paolo II, nella visita papale dell'anno 1990. La cronaca della visita condotta da Pio IX alla Reggia e al Bosco di Capodimonte, e indi al Camposanto di Poggioreale, la troviamo scritta nel testo: "Diario del soggiorno in Napoli di sua Santità Pio IX P. M.", scritto dal Cav. Stanislao D'Aloe, segretario del real Museo di Napoli, Roma 1850; infatti si legge: "Alle ore 4 (del 20 dicembre 1849) il Papa, con tutti gli eminentissimi Cardinali ed i personaggi del seguito, parti alla volta del Camposanto napoletano, traversando le strade di Miano, di Secondigliano e del Campo di Marte. All'ingresso fu Sua Beatitudine ricevuta in ginocchioni dallo stesso cav. Murena, Direttore del Ministero dell'interno, dall'Intendente, dal sindaco di Napoli e dall'ispettore del luogo. I quali ebbero l'onore di far osservare alla S. S. le singole parti di questo maraviglioso cimitero. Entrò primamente nel gran peristiglio rettangolare; vide schiuse e tutte illuminate le cento cappelle di esso, che sono assegnate a tante pie confraternite della Città, rappresentate in questa occasione da' singoli loro governatori, i quali tutti erano genuflessi avanti la porta delle cappelle medesime [...]". Tralasciamo la descrizione della visita di Pio IX al sito reale di Capodimonte, che sarà oggetto di un apposito futuro post.
Le ville Ruffo e Petrillo e il relativo cancello d'ingresso

Con il trascorrere dei decenni, con l'avvenuta Restaurazione Borbonica prima e il periodo Postunitario dopo, la strada fu continuamente abbellita e dotata di diversi servizi e con la costruzione di residenze nobiliari e borghesi.
Iniziamo col raccontare che il sito, che accoglierà il primo tratto della nuova strada, era in antico tempo un casale situato fuori dal centro edificato, della città: il Casale era chiamato "Casciello", al quale si accedeva con una ripida a impervia salita. La zona era comunque discretamente urbanizzata e presistevano diverse chiese, ville, fondi agricoli e giardini, sovente di proprietà di conventi. 
Tra le preesistenti emergenze architettoniche, presenti lunga la primitiva salita che menava al colle, troviamo la seicentesca chiesa di Santa Teresa degli Scalzi (detta anche "ai Regi Studi"), e il palazzo settecentesco della famiglia Albertini, principi di Cimitile. Entrambe le strutture  dovettero quindi essere integrate e adeguate al nuovo livello stradale, che risultava significativamente abbassato rispetto alla situazione pregressa, perchè la nuova strada per Capodimonte doveva presentarsi meno acclive al passaggio dei mezzi di trasporto. Il salto di livello creatosi con l'ingresso della chiesa di Santa Teresa fu superato con la costruzione di una nuova doppia rampa di scale, completata nell'anno 1835, su progetto dell'architetto Antonio Annito; mentre per il palazzo dei principi Albertini, che in principio si affacciava su un largo, chiamato di Sant'Agostino degli Scalzi, fu realizzato un nuovo corpo di fabbrica addossato alla base della primitiva facciata, con la scala interna che permetteva di superare il dislivello.
Per la costruzione del nuovo ponte sul vallone della Sanità si dovettero sacrificare non poco le strutture sottostanti preesistenti, a iniziare dalla chiesa di Santa Maria della Sanità, che dovette rinunciare per sempre al suo chiostro grande, mentre il chiostro ellittico fu devastato per la costruzione di uno dei pilastri del ponte, che capitava proprio nel suo centro. Altri furono gli edifici modificati o abbattuti per realizzare la nuova strada, ma si dovette mettere mano pure alla viabilità secondaria preesistente, quella che consentiva il raggiungimento dei borghi della Sanità, dei Cristallini e delle zone circostanti, come la via che menava alla chiesa di Sant'Agostino degli Scalzi e la strada che consentiva l'accesso al collegio dei missionari cinesi, annesso alla "Chiesa della Sacra Famiglia dei Cinesi", strutture che furono  ampliate nel XVIII secolo, dal fondatore, padre Matteo Ripa (L'edificio del collegio fu poi trasformato nell'ospedale "Elena d'Aosta").
Intanto iniziarono ad essere edificati i nuovi palazzi e le chiese ai lati della nuova strada di Capodimonte. Uno di questi palazzi, di aspetto esteriore non proprio bello, è passato alla storia per essere stato la residenza napoletana del poeta Giacomo Leopardi.
Il poeta di Recanati, colpito dal morbo del colera, si spegneva proprio in questa casa, nell'anno 1837. Sulla facciata del palazzo è stata apposta la lapide marmorea, con la seguente epigrafe: "Ospite della città di Napoli negli ultimi quattro anni di sua vita GIACOMO LEOPARDI moriva in questa casa al XIV giugno MLXXXIIIVII".
I due larghi che si aprivano lungo il suo asse furono abbelliti con monumenti. Nell'emiciclo, prima del ponte, fu sistemato il monumento dedicato ai morti durante l'epidemia del colera dell'anno 1884. Sul blocco centrale del gruppo scultoreo e campeggia l'epigrafe, che si legge tutt'oggi: "A Pordenone si fa festa, a Napoli si muore, vado a Napoli". La frase fu pronunciata dal re Umberto I, prima che intraprendesse la sua venuta a Napoli, compiuta tra l'8 e il 12 settembre 1884, per visitare i colerosi. Per tale nobile gesto la stampa dell'epoca diede al re l'appellativo di "Re Buono". Purtroppo la lastra di bronzo, con sopra inciso il bassorilievo della scena del re che visita i malati di colera, è stata miseramente asportata alcuni anni fa...!
Stampa che riproduce il bassorilievo in bronzo un tempo presente sul monumento
Ci resta una stampa ottocentesca che inseriamo in foto... Nel lato opposto dell'emiciclo si erge un'altro bel monumento, scolpito a forma di esedra, in marmo bianco, che ricorda i caduti della prima guerra mondiale. Su questa scultura campeggia un busto marmoreo di un fante con elmetto, decorato con foglie di quercia, mentre al centro, tra due palme, splende una stella iridata, forse a simboleggiare la "Sezione Stella". Nella sua parte inferiore si legge la dedica scolpita nel marmo: "La Sezione Stella ai suoi gloriosi caduti per la Patria nella guerra 1915-1918". Il monumento, opera dello scultore Calabrò R., è stato realizzato tra il 1920 e il 1925. Ai suoi due lati si trovano le lastre, con sopra inciso l'elenco dei nomi dei soldati caduti, originari del quartiere "Stella".
Anche  
l'altro largo, situato alla sommità della strada, quello detto "Tondo di Capodimonte", fu sottoposto a successive integrazioni edili. In particolare dobbiamo descrivere l'importante opera intrapresa dal frate francescano alcantarino, chiamato fra Ludovico da Casoria, al secolo Arcangelo Palmentieri, divenuto poi Santo, che ebbe come unico scopo della sua vita quelle rivolte alla raccolta e all'accudimento dei ragazzi abbandonati, che chiamò "Accattoncelli e Accattoncelle" e dei ragazzi africani, che riscattava dalla povertà della loro terra e trasferiva a Napoli (Moretti).
Curva stradale esistente dopo la Basilica del Buon Consiglio

Padre Ludovico estese la sua missione anche verso le bimbe di colore, che chiamò "Morette", e per tal proposito fu aiutato da una suora di origini fiorentine, al secolo Anna Maria Fiorelli Lapini, che poi divenne fondatrice delle suore Stimmatine. Il collegio delle "Morette" fu realizzato in una struttura edificata al Tondo di Capodimonte, per volontà della pia regina, Maria Cristina di Savoia e fu solennemente inaugurato nel mese di maggio del 1859. La struttura comprendeva due collegi e una chiesa che, allora come oggi, delimitano il Tondo.
Queste strutture accolsero anche un convento per le suore e per i frati della congregazione che San Ludovico fondò, dando loro i nomi di "Suore Elisabettine Bigie" e di "Frati Bigi".
Contestualmente all'apertura del nuovo sistema di strade per Capodimonte e per i Casali settentrionali, i sovrani borbonici avviarono il progetto di edificazione di una nuova cinta muraria che delimitasse l'area cittadina e consentisse una più disciplinata e sicura esazione delle imposte doganali sulle derrate in transito.
I lavori della nuova cortina, chiamata "Muro Finanziere", furono avviati intorno all'anno 1824 e furono affidati all'architetto Stefano Gasse. Nella zona di Capodimonte il nuovo "Muro Finanziere" ricalcò il confine settentrionale del Bosco (nel lato del Vallone San Rocco) e una porzione del muro esistente lungo la strada di Miano. Nel largo antistante all'attuale varco secondario del Bosco (intitolato "Porta di Miano"), fu edificata una postazione doganale, dotata di uffici per gli ufficiali doganali e di una sbarra di regolamentazione dei passaggi sulla strada. Altro edificio, simile a questo, si trovava ai margini del Ponte di San Rocco, ma risulta essere stato demolito solo alcuni anni fa. L'ex edificio daziario di "Porta Piccola" è ancora esistente, anche se si presenta modificato, per essere adattato a residenze private.
Intanto nell'anno 1861 veniva inaugurato il nuovo asse stradale interprovinciale con la provincia di Terra di Lavoro, che si diramava dalla nostra strada, in un punto intermedio (posto tra le due porte del Bosco di Capodimonte); la strada fu poi denominata via Santa Maria a Cubito, per ricordare una chiesetta omonima, esistente fin dal XIV secolo, in una località compresa tra Giugliano e Aversa. La strada, iniziata dai Borboni, fu portata a compimento nel suo progetto originario, nei primi due anni del governo sabaudo. All'inaugurazione risultava avere una lunghezza di ben 25 miglia, corrispondenti a circa 37 chilometri. All'incrocio con la strada per Miano fu eretta una stele marmorea, con sopra incisa una dedica memoriale, scritta in latino, che tradotta e implementata nel significato, recita pressappoco così:
Primo stazionamento dei tram in via Santa Teresa degli Scalzi
Questa strada va da Capodimonte fino a Mondragone (Montem usque draconis), per una lunghezza di circa 25 miglia, raggiunge la località di Cascano presso la località di Sessa Aurunca (Suessam). Per trenta miglia è una strada perfettamente completa e lastricata ed è stata completata nell’anno 1861. Caro Viandante, osserva che furono costruiti 40 ponti ad arco, posti ad intervalli per adattare il territorio attraversato e per farne un percorso di utilizzo pubblico. Sono stati uniti otto comuni, attraversandoli per un considerevole tratto. Sono state incanalate le acque del tratto inferiore del fiume Volturno, trasformando quei terreni acquitrinosi in una fertile pianura“.
Questo incrocio tra le due strade prende un toponimo alquanto curioso, infatti è chiamato "Garrittone". Probabilmente il termine deriva dalla presenza nel sito di una postazione di controllo o una sede del "Corpo della Guardia di Città" (divenuto nel 1919 "Corpo della Regia Guardia per la pubblica sicurezza", detto comunemente anche "Guardia Regia"), che era la polizia cittadina al servizio del governo Postunitario, a cui era affidato il controllo del territorio e la tutela della pubblica sicurezza.
Il "Regresso"

Con l'avvento del "progresso" in città, la zona Capodimonte fu sottoposta a nuove e importanti modifiche, a iniziare dai trasporti, con la costruzione di una importante rete tramviaria, realizzata, a partire dall'anno 1889, da parte di una società belga: la "Societè Anonyme de Tramvays du Nord de Naples" (SATN). La linea tramviaria fu chiamata inizialmente "Tramvie di Capodimonte" e, successivamente, durante il corso della sua massima espansione: "Tramvie del Nord". A Capodimonte fu realizzato il deposito officina dei tram, nell'area adiacente l'incrocio viario di via Miano con la strada provinciale di Santa Maria a Cubito, e prenderà lo stesso toponimo del luogo, ossia di "Deposito del Garrittone". Sulla salita di Santa Teresa degli Scalzi fu collocato il primitivo stazionamento terminale cittadino dei tram, che consentiva anche l'inversione di marcia dei veicoli.
Il terminale dei tram, col trascorrere dei decenni, fu successivamente spostato a Piazza Dante, in promiscuità con la rete tramviaria cittadina. La linea tramviaria, inizialmente esercita a vapore, prevedeva due rami: uno diretto a "Porta Grande" e l'altro al "Garrittone", quest'ultimo, a sua volta, venne successivamente spostato verso il largo di San Rocco. La trasformazione della trazione, da vapore ad elettrica, e l'aumentata frequenza dei passeggeri, spinsero la società gerente ad implementare la rete. Il terminale di San Rocco fu successivamente spostato fino a Giugliano, con la realizzazione di una lunga linea che lambiva i comuni di Mugnano, Marano e Calvizzano; mentre dal nodo ubicato in corrispondenza del deposito del Garrittone fu derivata la nuova linea, con terminale a Miano, prima e  a Secondigliano dopo, consentendo l'intercambio al Corso di Secondigliano (corso Umberto), con le Tramvie Provinciali di Napoli, ossia con la linea diretta ad Aversa. Per realizzare la nuova linea tramviaria per Secondigliano, furono costruite all'uopo via Lazio e via Regina Margherita. Riguardo alla prima strada (via Lazio), per scavalcare l'antica cupa rurale che proveniva da Miano, fu necessario costruire un nuovo ponte in mattoni rossi, che risulta essere ancora oggi presente.
 Deposito dei tram al Garrittone

Negli anni (1907-1926) prima dell'assorbimento degli impianti tra le file della società comunale dei trasporti cittadini (avvenuta per opera del governo fascista, nell'anno 1929), furono costruite tre bretelle di interscambio con i centri delle località attraversate: rispettivamente a Marano, a Mugnano (1907) e a Piscinola (1926). Le "bretelle" nacquero inizialmente per svolgere un brevissimo "servizio navetta", con interscambio con i tram precorrenti la direttrice principale (provenienti da Giugliano o da Secondigliano e diretti al capolinea del Museo Nazionale), ma poi divennero esse stesse parti di nuove linee autonome, che percorrevano in comune la linea, fino al nuovo capolinea napoletano, spostato nell'emiciclo di Piazza Dante. Dette linee tramviarie furono col tempo contraddistinte con i numeri: "37", "38", "39", "60", "61" e "62" e restarono in funzione fino all'anno 1960 ("37" per Miano, "38" per Piscinola, "39" per Porta Grande, "62" per Mugnano, "61" per Marano, "60" per Giugliano).
Curiosa è la denominazione assegnata all'incrocio situato tra via Miano e via nuova Capodimonte, con il toponimo di "Regresso". Ci sono giunte due versioni per farci risalire all'etimologia del termine. La prima, è ricondotta alla presenza di una postazione per il cambio dei cavalli utilizzati per il trasporto dei carri lungo la salita di Capodimonte. In questo luogo i cavalli venivano sostituiti per il dispendioso esaurimento delle loro forze, a causa dell'irta salita, che poi facevano ritorno a valle, per riprendere un altro carico. 
Tram nei tornanti in corrispondenza della residenza Villa Ferretti
In pratica era come se "regredivano" ogni volta nei loro andirivieni quotidiani: ed ecco il toponimo... La seconda versione è legata all'esercizio dei tram; per essa prendiamo in prestito dal sito dell'Associazione Clamfer, il bel articolo scritto dal gen. Antonio Gamboni e dal prof. Andrea Cozzolino: "I tram diretti in provincia imboccavano anch’essi lo stesso binario, ma utilizzando questo tratto di rete appunto come un regresso (e in direzione inversa anche come un binario di salvamento, vista la notevole pendenza), essendo praticamente impossibile (per la ristrettezza della curva) deviare verso Miano. Mutata la direzione (e operato, se necessario, il “salto della rimorchiata” grazie al raddoppio ivi presente) le vetture riprendevano la loro corsa dirette al capolinea provinciale o, viceversa, a quello urbano. Solo negli anni ’10 del XX secolo, grazie ad un ampliamento della carreggiata, sarà possibile per i convogli tramviari effettuare la curva eliminando il regresso".
Il tram 62 in via Nuova Capodimonte, in prossimità del "Regresso"

Il tracciato della nuova strada per Capodimonte divenne la sede di ubicazione di altri importanti edifici cittadini, sia di carattere sacro che di residenze nobiliari. Sorsero belle e panoramiche ville. La più bella sicuramente è villa Ruffo, con il casino avamposto, che oggi prende il nome di villa Petrillo. Più sopra la famiglia di banchieri svizzeri Meuricoffre edificò la loro prima villa, poi successivamente demolita per accogliere la cittadella della Nuova Facoltà di Teologia dell'Italia Meridionale, realizzata nella prima metà degli anni '70 del secolo scorso. L'altra villa dei Meuricoffre fu edificata sul versante della salita dello Scudillo, che oggi è ancora esistente e si chiama "Villa Fiorita" o "Villa Domi". Furono poi edificate in zona altre ville, come Villa Rodinò e Villa Ferretti, mentre Villa De Gas (oggi chiamata villa Flagella) e Villa Lieto, furono costruite in luoghi adiacenti alla nostra strada, ma che ricevettero sicuramente da essa dei benefici, in termini di miglioramento delle comunicazioni con la città. Poco dopo il ponte della Sanità, fu edificata anche la piccola chiesa dedicata a S. Maria del Soccorso.

Nell'anno 1930 la zona di Capodimonte fu sede della nascita di un importante sito industriale, infatti in un'area situata poco prima del "Tondo", sorse il primo opificio cittadino per la produzione della Birra, chiamato "Birra Peroni Meridionale"; gli imprenditori fondatori furono i fratelli Giovanni e Cesare Peroni. Ma l'esperienza industriale dei Peroni a Napoli era iniziata fin dai primi anni del '900. La Birra Peroni divenne un marchio conosciuto e apprezzato in Italia, ma la birra prodotta a Napoli lo fu ancor di più: si diceva che la sua particolarità era da attribuire al piacevole gusto conferito dall'acqua del Serino...
Solo nell'anno 1953
il sito di Capodimonte della Birra Peroni fu dismesso, con la delocalizzazione dello stabilimento nel nuovo e moderno complesso industriale sorto a Miano. Nel primitivo sito di Capodimonte furono edificate moderni palazzi per le residenze private.
La basilica della Madonna del Buon Consiglio, edificata in tempi moderni nel piazzale ricavato dopo il Tondo di Capodimonte, è sicuramente una delle chiese più belle e imponenti di Napoli, la cui cupola, di colore verderame, è visibile di giorno e di notte da molti angoli della città.
La chiesa, che ricalca per le dimensioni e per le forme la Basilica di San Pietro a Roma (anche se in scala ridotta 1 a 3), fu edificata per volontà della pia donna Maria Landi, e fu inaugurata nell'anno 1960, come si può leggere nell'intestazione impressa sulla sommità dell'ampia e monumentale facciata: "Augustae - Matri Boni Consilii - Reginae Cattolicae Ecclesiae - Anno Domini MCMLI" - Dicatum". Per la sua somiglianza alla basilica vaticana, viene indicata anche con il termine di "La piccola San Pietro". Ai lati del tempio sono presenti una serie di residenze dedicate all'accoglienza dei sacerdoti anziani, soli e indigenti, e anche una residenza arcivescovile.
Nell'estate del 1969, dietro interessamento del cardinale Corrado Ursi e dell'ispettore dell'epoca, monsignor Aldo Caserta, fu possibile realizzare e inaugurare il nuovo accesso alle catacombe di San Gennaro.
Da allora, l'accesso al complesso monumentale delle Catacombe avviene attraverso il piazzale laterale della Basilica, oltrepassando una serie di camminamenti e rampe di scale esistenti sul versante della breve collinetta. Per lo scopo fu eseguito un piccolo varco nel blocco tufaceo e fatta installare una breve scala di acciaio.

In passato per accedere alle Catacombe di San Gennaro si doveva attraversare tutto il popolare Rione della Sanità, passando per l'ospedale San Gennaro dei Poveri. Si entrava nella parte terminale del nosocomio, attraversando la doppia rampa di scale e l'ingresso della Basilica medievale di San Gennaro Extra Moenia.
Sull'estradosso della curva stradale, che viene subito dopo la Basilica della Madonna del Buon Consiglio, si erge una monumentale fontana in piperno e mattoni rossi, dono alla città di Napoli da parte della duchessa Elena D'Aosta. La fontana, progettata da Giovanni Mongiello e Amedeo Teotolato e realizzata nel 1939,
presenta un caratteristico frontale, con due eleganti archi laterali. Nella parte inferiore sono inserite cinque teste di leone in bassorilievo, tre grandi e due piccole, dalle cui bocche sgorga l'acqua che viene raccolta in tre vasche sottostanti di marmo. Nella parte alta si ammira lo stemma nobiliare della famiglia D'Aosta. In passato erano presenti altri due stemmi, posti ai lati del primo, poi scomparsi.
Il tram attraversa la cosiddetta "Curva della Morte" in via Miano
Anche le antiche teste di leone sono scomparse; quelle che si vedono oggi sono state riprodotte e ricollocate alcuni anni fa. Nello spazio libero frontale si legge incisa la seguente dedica: "Laudato si' mio Signore per sora aqva la quale è molto vtile, et vmile, er pretiosa, et casta... (S. Francesco) Donata da Elena, Dvchessa d'Aosta".
Affacciandosi dal parapetto presente ai lati della fontana, si può ammirare una magnifica vista panoramica sulla città e sul vallone della Sanità, con la visione di alcune delle antiche cave tufacee presenti in zona.
Nel 1937 fu realizzato l'ascensore comunale addossato al ponte della Sanità,  che consentì di migliorare notevolmente le comunicazioni tra la parte bassa del rione Sanità con Capodimonte e con via Santa Teresa degli Scalzi. L'ascensore ha subito un primo rifacimento negli anni '60.
Negli anni settanta del secolo scorso, la strada per Capodimonte è stata oggetto di altri interventi di modifiche, con la realizzazione degli svincoli di ingresso e di uscita della tangenziale cittadina. Per il completamento delle opere fu necessario costruire due brevi gallerie nel banco tufaceo della collina.
Veduta dall'alto del vecchio stabilimento della Peroni a Capodimonte

Ritornando alle visite papali che hanno interessato l'attraversamento della strada per Capodimonte: come accennato sopra, nel 1990 si ebbe quella di Papa Giovanni Paolo II. Nei tre giorni di permanenza a Napoli (dal 9 all'11 novembre), il Papa scelse come sua dimora il palazzo del Seminario Diocesano Maggiore, situato sul viale dei Colli Aminei. In quel periodo, il corteo papale con il pontefice, a bordo della "papamobile", attraversò più volte la strada di Capodimonte, per raggiungere questa dimora papale provvisoria. Indimenticabile è la foto scattata sul terrazzo del Seminario, che riprende il pontefice, nel mentre passeggiando, recitava le orazioni mattutine e ammirava il panorama sulla città.
Un'ultima descrizione, prima di concludere questo post dedicato alla "Strada Regia per Capodimonte e Miano", la riserviamo al ponte di Bellaria, costruito, come già detto, per congiungere la nuova strada di Capodimonte con Miano, Secondigliano e con gli altri Casali esistenti a Nord di Napoli. Il ponte di Bellaria svolse egregiamente il suo compito fino all'anno 1943, quando fu vilmente bombardato dai tedeschi in ritirata, nel corso delle Quattro Giornate di Napoli. Per molti mesi che seguirono l'evento, fino alla ricostruzione del ponte, il collegamento dell'Area Nord con la città avvenne solo attraverso una piccola e precaria passerella pedonale in legno, che fu costruita dall'esercito di occupazione anglo-americano. I Tram attestavano le loro corse poco a valle, verso la Villa Ferretti. Altra alternativa, ma ancor meno agevole, era quella di attraversare (sempre solo a piedi) la vecchia stradina che si snodava nella parte sottostante il vallone di San Rocco.
Fortunatamente i tedeschi, nella loro furia devastatrice, risparmiarono il vecchio ponte di San Rocco, che in pratica restò l'unico ponte sopravvissuto di collegamento con la città, altrimenti l'Area Nord di Napoli sarebbe stata completamente isolata dal centro cittadino, dal lato del versante di Capodimonte.
Ponte di Bellaria, ponte provvisorio in legno, e casseforme per cemento in fase di realizzazione, 1945 ca

Abbiamo concluso questa "carrellata" dedicata alla descrizione degli aspetti storici, monumentali e paesaggistici riguardanti l'antica strada regia per Capodimonte; chissà quante volte l'abbiamo attraversata nel corso della nostra vita e, un po' per consuetudine dei luoghi e un po' per distrazione, abbiamo sorvolato e non approfondito tanti degli aspetti e dei particolari che abbiamo qui descritto. Essi rappresentano il retaggio di un passato glorioso e generoso e sono soprattutto la testimonianza viva e l'eredità lasciata da parte di un'umanità passata che ci ha preceduto: sono una traccia indelebile sia nella storia della città di Napoli, che in ciascuno di noi.

Salvatore Fioretto

Ai vari argomenti storici, ai quali nel post abbiamo riportato delle notizie essenziali e di sintesi, sono stati dedicati da "Piscinolablog" negli scorsi anni dei post specifici, a cui si rimanda il lettore interessato per l'approfondimento. Ecco i link, buona lettura!

-Per la storia del Muro Finanziere:

Un finanziere per muro... 

 -Per la storia di Frate Ludovico da Casoria:

Quei moretti e accattoncelli di Ludovico  

 -Per la storia della Basilica del Buon Consiglio:

Una basilica sontuosa sopra le pendici di Capodimonte

 -Per la storia di via Santa Maria a Cubito:

L'antica circumvallazione borbonica...

 -Per la storia delle Tramvie di Capodimonte:

Quando alla collina si andava in tram

 -Per la storia della famiglia Meuricoffre:

Il cotone o un acquedotto...?

-Per la storia della Birrirreria Peroni

Quando la birra nasceva in collina 

 
Le  immagini riportate nel post sono state tratte da collezioni personali o da alcuni siti web
nelle quali erano pubblicate; il loro utilizzo è finalizzato solo ed esclusivamente a dar maggior chiarimento al racconto, affinchè si possa dar seguito alla libera diffusione della cultura verso tutti, senza nessun fine di lucro o personale. Qualora esse appartenessero a collezioni private riservate, provvederemo a eliminarle dal post, dopo aver ricevuto preventiva segnalazione.



sabato 15 giugno 2024

Una regia strada per Capodimonte e Miano... Prima parte


Apprezzata fin dai tempi antichi, dai nostri progenitori Osci, fino ai Romani, per passare ai vari conquistatori d’oltralpe, che dal periodo medioevale si sono avvicendati alla guida del Regno di Napoli, la collina di Capodimonte fu popolata e vissuta fin dalla fondazione della città, sfruttando la sua stupenda posizione dominante su Napoli, ma soprattutto per il suo clima, l’aria salubre e la feracità dei suoi giardini e delle sue campagne, non trascurando le ambite cave di tufo giallo che possedeva. Per tale peculiarità, il territorio fu dotato fin dai tempi antichi di alcune vie di comunicazioni (all'epoca sufficienti per il traffico) che permettevano di raggiungere il sito, con la presenza di tante ville rustiche disseminate nel suo ampio territorio. Il sistema viario permettevano di raggiungere anche i tanti villaggi sparsi nella piana che un tempo costituiva l’Agro napoletano (Ager Neapolitanus) e ancor più lontano le terre della Liburia: di quella che sarà la terra decantata con l'appellativo di Campagna Felice (Campania Felix). Basti pensare alle prime strade osco-romane, ovvero a quelle vie che oggi chiamiamo Salita Scudillo e Via Santa Maria ai Monti (la prima attraversante il borgo della Sanità e la seconda, Capodichino e i Ponti Rossi) che sono entrambe giunte fino a noi e sono ancora in parte (solo la seconda) considerate importanti vie di comunicazioni. Purtuttavia con l’era moderna, la difficile orografia del territorio, con la presenza di cave e costoni, non permisero subito di avere una viabilità degna di questo nome. La collina si mostrava quasi inabitata nella parte alta, a causa delle impervietà geografiche sopra descritte, ma aveva comunque registrato nei secoli, nella parte bassa di essa (quella a contatto con la città), una sostenuta urbanizzazione, di espansione dei vicini borghi della Sanità, dei Vergini e di S. Eframo Vecchio.

Salita dello Scudillo, in una foto del 1890







La sua urbanizzazione era proseguita lentamente fino al XVIII secolo, fino a raggiungere la mezza collina,  nonostante i reiterati divieti emanati dalle autorità, soprattutto durante il Viceregno spagnolo (e anche dopo), di non estendere le aree edificate al di fuori delle mura aragonesi. Il contesto urbano, che era caratterizzato da una edificazione alquanto disordinata e con modesti edifici, aveva sviluppato alcune stradine che si presentano tutte acclive e in parte gradonate; le più importanti delle quali erano le attuali Salita Capodimonte e Salita Moiariello, che si inerpicavano nella parte del versante orientale.
Dobbiamo ora fare un volo pindarico di quasi un secolo e mezzo, per arrivare al periodo di massimo splendore e di diffuso apprezzamento del sito di Capodimonte da parte della nobiltà, principalmente da parte della casa regnante, con l’avvento della dinastia Borbonica, allorquando salì al trono di Napoli un sovrano illuminato, Carlo di Borbone.
Ebbene, nell’anno 1734, Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese, granduchessa  di Parma e Piacenza, conquista Napoli e i suoi domini, allora Viceregno austriaco e le ridà lo status di Capitale di un Regno autonomo, indipendente dalle potenze straniere. Fin dal suo primo insediamento in città, il re Carlo, oltre ai suoi impegni politici e istituzionali, ebbe modo di coltivare la sua passione principale che era la caccia della selvaggina, apprezzando moltissimo la macchia verdeggiante situata ai margini della città e a contorno del sobborgo di Capodimonte: all’epoca in parte boschiva e in parte disseminata di tenimenti agricoli coltivati. Il luogo si prestava molto bene allo scopo, perché oltre ad essere vicino alla residenza reale della Capitale, si trovava in una posizione dominante sulla città e sul golfo ed era ricco di selvaggina. Quindi, fin dall’anno 1735, Egli soleva organizzare periodiche battute di caccia, assieme a tutta la sua corte di nobili, principalmente nella parte nord orientale del falsopiano di Capodimonte.

Per tale passione, ebbe modo di coltivare l’amicizia di alcune famiglie aristocratiche e di notabili napoletani, che all'epoca possedevano ville, tenimenti e masserie nel territorio sopra la collina di Capodimonte, anche verso Miano, Marianella e Piscinola, in particolare con i Carmignano, marchesi d’Acquaviva, che qui possedevano un casino e una vasta tenuta con masseria, che si estendeva tra Capodimonte e Piscinola, per un centinaio di moggi (le proprietà dei Carmignano furono successivamente espropriate e inglobate nel perimetro della nuova reggia, e la villa con la stalla prenderà il nome di “Casino dei Principi”).
Questo attaccamento del Re per il sito di Capodimonte non si arrestò negli anni, ma divenne sempre più forte, anzi portò all'emanazione di diverse Prammatiche (Disposti di legge) che disciplinavano e delimitavano il territorio, considerato di interesse reale per la caccia. Successivamente Egli affidò all’ingegnere regio di origini siciliane, Giovanni Antonio Medrano, la realizzazione di una riserva boschiva destinata per sè e la sua corte allo svolgimento della caccia:

Il re e la sua corte a cavallo. nel piazzale davanti alla Reggia
«...per il divertimento della caccia de’ Beccafichi, e per farvi de’ Boschetto, per tenervi degli animali quadrupedi, come cervi, caprj, e cose simili, per real divertimento vicino alla capitale…».

Nel 1737 già erano stati perfezionati gli atti di acquisizione delle proprietà da asservire al progetto. Oltre a una parte della proprietà della famiglia Carmignano, furono espropriati i tenimenti agricoli appartenenti alla Deputazione del Tesoro di San Gennaro, al monastero di San Potito, al monastero di Monte Vergine e quelle dei notabili: Di Luzio, Favilla e Ammendola.
Il sito di Capodimonte fu la seconda riserva di caccia realizzata dai Borbone, la prima fu quella di Procida. Inizialmente, per la sosta e il ristoro dei partecipanti alle battute di caccia, furono utilizzati gli ambienti delle masserie dei fondi acquisiti, oppure fu sfruttata l’ospitalità delle ville nobiliari confinanti al sito.
Il nucleo primitivo di quello che sarà chiamato il Real Bosco di Capodimonte, fu delimitato da un muro lungo sei miglia, costruito tra febbraio e aprile dell'anno 1736,
anch'esso  progettato dall’ingegnere Medrano. L’accesso al sito avveniva dalla cosiddetta “Porta di Mezzo”, dopo la quale si apriva uno slargo alberato a forma ovale, che immetteva nella riserva, attraverso i primi viali distribuiti a forma di ventaglio.
La reggia in fase di costruzione, da notare la viabilità esistente
Come è logico immaginare, la frequenza degli eventi organizzati dal re, con la partecipazione della corte, favorirono l’apprezzamento e la notorietà del sito di Capodimonte, tanto da spingere diversi aristocratici all’acquisto delle proprietà di fondi, di masserie e di tenimenti posti ai margini del territorio, facendo a gara tra loro a prevalere per estensione e posizione... Restava tuttavia l'atavica carenza del sistema viario, che penalizzava non poco le comunicazioni con la città.

Se come si dice “l’appetito vien mangiando”, ed ecco che dopo aver completato la prima parte del “Bosco di Capodimonte”, si passò subito al suo ampliamento, con acquisto di altri terreni e con allargamento del perimetro delle mura di recinzione. Ma ben presto il Sovrano maturò il desiderio di far realizzare un incantevole “giardino delle delizie” e ancor di più... una nuova reggia…
Nacque l’idea della Reggia di Capodimonte!
Per la realizzazione di tale opera venne scelta un’area esterna al "Bosco", aperta verso il fronte panoramico della collina di Capodimonte, affidando le fasi iniziali della progettazione sempre all’ing. Medrano, che successivamente fu affiancato dall’architetto Antonio Canevari. La Reggia nell’idea iniziale doveva erigersi priva di recinzione e aperta al caseggiato preesistente.
La strada deputata per raggiungere la Reggia, restava la via antica chiamata "Salita di Capodimonte", passando per la chiesa di S. Antonio a Capodimonte, strada che all’epoca, come oggi, si snodava lungo il versante orientale della collina, partendo dal borgo dei Vergini e salendo fino all’ingresso della Reggia. 
Questa strada fu per oltre mezzo secolo la principale via di comunicazione al sito reale.
Si noti nella mappa l'assenza del ponte di Bellaria
Con tale strada si poteva accedere al largo antistante alla nuova residenza e si poteva inoltrare nella parte settentrionale della tenuta, raggiungendo la "Porta di mezzo del "Bosco", poi costeggiando la sua recinzione, fino alla strada che lambiva il cavone di Miano. Da questo punto si poteva altresì raggiungere il casale di Miano, anche se attraverso irte discese e salite sui versanti del Vallone di San Rocco. E’ inutile dire che la
strada era particolarmente angusta e acclive per percorrerla con carri di trasporto!
I lavori di costruzione della Reggia di Capodimonte procedettero a rilento fino ai primi anni dell’'800; nella direzione dei lavori si alternarono
nomi importanti dell'epoca: Medrano, Canevari, Sanfelice, Astarita e Fuga. Tuttavia fu necessario che trascorresse quasi un secolo per considerarla completata in tutte le sue parti ed apparati!
Intanto si iniziò anche a pensare alla costruzione di una degna strada che permettesse di raggiungere agevolmente la Reggia e il "Bosco" di Capodimonte, partendo da lato del "Regio Museo", oltrepassando il Cavone della Sanità...
La svolta si ebbe con l’avvento del Decennio Francese e la salita al trono di Napoli di Giuseppe Bonaparte, prima, e di Gioacchino Murat, dopo. Furono proprio i francesi a portare avanti il progetto di unire la Reggia con il "Bosco" e di realizzare una nuova viabilità di accesso del sito dalla città. Per il primo progetto si procedette a spianare lo spazio interposto tra le due opere, con l’abbattimento di molti cespiti ed opere edili appartenuti alla famiglia Carmignano, marchesi d’Acquaviva. F
urono demoliti anche la chiesa di Sant'Antonio e il monastero ad essa adiacente. I lavori del ricongiungimento del "Bosco" alla Reggia seguirono di pari passo quelli stradali di collegamento alla città, affidati all’ingegnere di fiducia di corte, Charles-François Mallet.
Intanto partivano anche i lavori di miglioramento e di adeguamento delle attuali via dei Ponti Rossi e di via Santa Maria ai Monti, sempre diretti dal Mallet.
Muro di delimitazione del Bosco, con la Porta di Mezzo
 Anche queste strade, come per la strada Napoleone, furono tracciate con andamento sinuoso,
immerse nel verde, tra le varie proprietà private. Nella sistemazione definitiva, il sito reale si inserirà perfettamente sul colle verdeggiante di Capodimonte, collegandosi, senza soluzione di continuità, ai campi e ai giardini che all'epoca esistevano sulla collina. Il completamento di queste nuove opere, assieme al definitivo accorpamento del "Bosco" alla Reggia, segnerà la nascita del Real Sito di Capodimonte. Successivamente, al termine delle modifiche subentrate negli anni a seguire, il perimetro di delimitazione dell'area attorno alla Reggia sarà anch'esso fortificato con una cortina di mura, con due porte di accesso, mentre il primitivo "Bosco" sarà trasformato in parco, con l'inserimento di giardini, con statue e vasche, conservando la primitiva recinzione e la presenza della cosiddetta "Porta di mezzo".
Ma il piano di ammodernamento iniziato da Giuseppe Bonaparte non poteva trascurare il miglioramento della rete stradale di collegamento del centro cittadino ai suoi borghi e ai suoi casali settentrionali. Ad ogni modo il collegamento con i casali avrebbe avuto sicuramente delle ripercussioni positive dalle opere programmate per l'accessibilità del sito di Capodimonte. Inutile sottolineare che questa necessità di collegamento si protraeva fin dalla fine del secolo precedente!
Un primo progetto di collegamento con il palazzo reale fu redatto dal regio ingegnere Ignazio di Nardo. Anche Vincenzo Ruffo nel Saggio sull’Abbellimento di cui è capace la città di Napoli, definiva tra le improrogabili opere di cui si doveva dotare la città era una strada che collegasse il Regio Museo con il nuovo palazzo reale di Capodimonte.
Egli proponeva: « ...e se si aprisse un magnifico stradone, dritto, largo, lungo e ben decorato di comunicazione colla reggia di Capodimonte; i Francesi potrebbero vantare i loro superbi e pubblici passeggi?».
L’idea venne riproposta anche da Gaetano Barba dieci anni dopo.
Situazione precedente alla costruzione del nuovo sistema viario per il collegamento della Reggia
Il 14 agosto del 1806, alla presenza del re Giuseppe Bonaparte, fu posta la prima pietra per la costruzione della strada, che il sovrano decideva di chiamare “Corso Napoleone”: il primo tratto dal Regio Museo (oggi Museo Nazionale) al Cavone della Sanità, poi “piazza Napoleone”: lo slargo all’altezza del Cavone e, infine, “Strada Napoleone”: l’ultimo tratto che costeggiava il lato sud ovest del palazzo reale.

La nuova strada, che presentava una forte pendenza, perimetrava anche il confine sud-est del parco, cioè le attuali via Ponti Rossi e via Santa Maria ai Monti. Il progetto esecutivo fu elaborato da Gaetano Schioppa e revisionato dal direttore Mallet. I lavori iniziarono nel mese di aprile 1807 e furono diretti dall’ingegnere Raffaele Pannain coadiuvato dallo stesso Mallet. Fu messo mano successivamente al riordinamento e al riassetto del territorio circostante alla reggia e al suo parco, acquisendo ampie estensioni di territorio da mani private, con il successivo affidamento a famiglie nobili referenziate, gradite al Sovrano: “….affinché sia abitato da persone di mia casa, e che le passeggiate siano intrattenute a norma dello stabilimento già fatto, è mia mente, che voi mettiate in possesso de differenti Casini le persone qui sotto descritte col trasferimento loro la proprietà, come pure il possesso, e domini de territorj da voi acquistati; facendone la divisione in sei parti, coll’obbligo, 1 d’intrattenerne la porzione di passeggiata che passa ne loro territorio, 2 di non potersi vendere la loro vita durante, 3 di non poter fabbricare mura di chiusura”.
Nella mappa risulta che la Nuova strada per la Reggia è in fase di costruzione
Al Sig. Cardinal Firrao Grande Elemosiniere il Casino detto Di Gallo, al Sig. Duca di Cassano Gran Cacciatore il Casino Morra, al Sig. Principe Gerace Primo Ciambellano il Casino de Simone, al Sig. Principe di Stigliano Gran Ciambellano il Casino Amendola, al Sig. Duca di S. Teodoro Gran Maestro di Cerimonie il Casino Accadia, al Sig. Cav. Macedonio Intendente di Real Casa il Casino de Angelis.” Risultava ottenuta, così facendo, una fascia di rispetto contornate il sito reale…
Con la Restaurazione e il ritorno dei Borbone sul trono di Napoli, si continuò l’opera di completamento della Reggia e con gli interventi di implementazione ed abbellimento dell’impianto stradale che conduceva a Capodimonte, senza modificare la parte realizzata dai francesi. Fu infatti completato il progetto, precedentemente redatto da Nicola Leandro, approvato ed eseguito a partire dal 1807, che prevedeva due slarghi: uno di forma semiellittica (prima del ponte della Sanità), e l’altro di forma circolare (l’attuale "Tondo di Capodimonte”) e poi, ancora, il tratto di congiunzione tra il “corso Napoleone” (via Nuova Capodimonte) e la “strada Napoleone” (Via Miano).
Disegno redatto da A. Niccolini, con evidenzia della cave di tufo presenti, 1824
Su progetto di Antonio Niccolini, fu riqualificato il costone di roccia di tufo presente nella parte sommitale del Corso Napoleone, che con il ritorno dei Borbone, fu rinominata “Strada nuova di Capodimonte”. Veniva realizzato un bel giardino romantico, con elementi di gusto neoclassico e neoegizio, che aveva anche la funzione di suddividere il traffico carrabile da quello pedonale, tramite la creazione di una ripida scalinata che attraversava il piccolo ma interessante parco urbano (Scala e giardini Principessa Jolanda).
Veniva successivamente richiesto a Antonio Niccolini, con l’aiuto del Giordano, un progetto che prevedesse la sistemazione dell’ansa della curva che dal Tondo menava alla Reggia e della nuova situazione altimetrica che si sarebbe configurata in seguito al taglio della collina, da cui si doveva estrarre ancora altro materiale necessario per terminare il palazzo reale di Capodimonte.
L’idea era quella di realizzare un "giardino delle delizie" che risaltasse la bellezza del luogo e il panorama mozzafiato: “...Quel promontorio difeso come è dai venti del nord con propizia esposizione a mezzo giorno, porge occasione di abbellirlo in ogni rara specie di piante arboree, di forma, colore e grandezze diverse, le quali, sorgendo fra gli aranci in gruppi vagamente disposti, di Eucalipti, di Lauri, di magnolie, di pepe, di palmiere, farebbero bella mostra colla loro perpetua verdura, frutti, fiori e fragranza della fecondità e piacevolezza del nostro felicissimo clima.
Le strade denominate "Strada di Secondigliano" e "Strada dei Ponti Rossi"
Un tale gradevole boschetto, si facile ad ottenersi, e non ancora procurato in Napoli, diverrebbe la delizia di quella passeggiata, e la meraviglia degli esteri che non cessano di ammirare i prodotti di questo suolo”.
Dopo contrasti e alterne vicende tra il Niccolini e i membri della “Direzione di Ponti e Strade” (organo che sovrintendeva le nuove opere stradali nel Regno), il cui principale obiettivo era quello di condizionare l'approvazione dei progetti alla loro economicità, ma anche di favorire una possibile speculazione edilizia del sito, si dovette ricorrere all'aiuto dei privati per ricevere un finanziamento dell'opera, in particolare dai Meuricoffre (famiglia di banchieri svizzeri impiantati a Napoli e proprietari di due ville in zona) e, successivamente, dallo stesso Niccolini. Alla fine l'idea di sistemazione del Niccolini vinse la contesa! Il suo progetto prevedeva la realizzazione di due terrazzi, raggiungibili da una scala a doppia rampa e avrebbe ospitato un giardino all’inglese.
Restava in campo il completamento della grandiosa scalinata, già incominciata dai francesi, che avrebbe dato risalto alla prospettiva del Tondo, a corollario della regia strada di Capodimonte. Il monumentale scalone (dedicato poi alla principessa Jolanda) fu realizzato in pietrarsa, con sette rampe di scalinate, divise in altrettanti ballatoi di riposo, ciascuno provvisto di sedili, della stesso tipo di pietra.
Manca ancora il tratto di strada per Miano con il ponte di Bellaria
Le rampe venivano altresì fiancheggiate da muri di contenimento in tufo, incorniciati con blocchi di pietrarsa, dalle quali si aprivano accessi pedonali ai diversi livelli del giardino/parco. Nella parte bassa della monumentale scalinata furono collocati due pilastri, anch’essi di pietrarsa, abbelliti da rosoni in marmo bianco e sormontanti da caratteristiche anfore stilizzate, anch’esse in marmo bianco, con figure muliebri egizie. Nel "Tondo" veniva altresì installata una fontana con vasca di travertino bianco, che fungesse da ristoro per i viandanti e anche da abbeveramento per gli animali da tiro.
Mentre nella parte sommitale dello scalone fu realizzato un emiciclo gradonato a forma di teatro, anch’esso in pietrarsa, destinato ad accogliere nel fuoco un obelisco, poi sostituito con un platano, che è sopravvissuto fino ai nostri giorni. 
Il Niccolini imprenditore realizzò gli edifici posti a contorno del Tondo di Capodimonte e per finanziare l'opera fu costretto a vendere una sua pregiata collezione. Questi lavori di completamento si protrassero fino all’anno 1845. La parte a verde del nuovo giardino fu sistemata dai regi giardinieri Giacomo Crip e Raffaele Fioretti, con l’impianto di pregiate varietà di essenze botaniche.
Il Corso Napoleone, rinominato dai Borbone “Strada nuova di Capodimonte”, fu terminato su progetto dell’ingegnere Bartolomeo Grasso, responsabile anche del disegno del largo semiellittico prima del ponte della Sanità (lato Museo, oggi denominato "Emiciclo Capodimonte").
La strada per Miano risulta completata con il ponte

Il collegamento del nuovo asse viario con l’Area Nord di Napoli, (Miano, Piscinola e Secondigliano ecc.), fu completato con la realizzazione della strada che sormontava il Vallone San Rocco, attraverso il ponte, chiamato ponte di Bellaria, la cui costruzione dovette risalire a un momento conclusivo dell'opera, dato che in diverse mappe non risulta essere ancora presente nel primitivo tracciato inaugurato.
Dal libro "Napoli e i luoghi celebri per le sue vicinanze", vol. 2, apprendiamo che l'opera del ponte fu fortemente voluta dal re
Ferdinando II; eccone la traccia:“Oltre la grande entrata del bosco possono annoverarsene ben quattro altre, delle quali una sulla stessa spianata della collina , una verso il cammino de’ Ponti Rossi, e due altre verso quello di Miano. Uscendo da questo lato puoi trovarti sulla magnifica strada di Miano, della quale diremo brevemente che venne compiuta dal 1834 al 37, che la sua lunghezza fino alla consolare di Roma è di presso a due miglia, che la sua larghezza è di palmo sessanta, e ne’ due lati abbellita da file di platani , ornamento il quale aggiunto alla perfetta costruzione di questa via la rendono delle più belle che fanno corona alla città.
Uno smisurato torrente il quale, correndo per la vallata di Miano prendeva in seguito il nome dai ponti-rossi, attraversava pochi anni indietro la consolare di Roma e riusciva sovente funesto a’ viandanti. Non ostante i disastri avvenuti, non vi era volto il pensiero a costringere quelle acque, per la difficoltà dell’impresa. Ma il re Ferdinando II volle che, superato ogni ostacolo, venisse compiuta quell’opera, e fu gettato su quel vallone un ponte di perfetta costruzione lungo oltre ai palmi duecento, nel punto dove la strada si volge a quella detta dell’arenaccia. Ed all’altra de’ ponti rossi
."
Dalla storia del Santuario della Madonna dell’Arco a Miano, sappiamo come l’edificazione del ponte di Bellaria avesse arrecato grandi benefici ai pellegrini che si recavano ogni anno al Santuario, rialimentando il culto verso l’antica effige della Madonna dell’Arco e aumentando il numero dei fedeli che si registravano durante lo svolgimento delle feste liturgiche.
Lungo il nuovo tracciato stradale e immediatamente a ridosso di esso, sorsero diversi casini e ville nobili, tra le quali le ville: Ruffo, Petrilli, Meuricoffre, Lieti, Ferretti, Rodinò, De Gas, e altre.
La strada chiamata dai francesi “Via Napoleone”, fu rinominata dai Borbone “Strada Nuova di Miano” o “Strada di Miano”, per divenire oggi “Via Miano”. Solo in alcune mappe ottocentesche è riportata una generica “Strada Nuova di Secondigliano”, per distinguerla dall’altra, “Strada Nuova dei Ponti Rossi”.
Il parco fu dotato di altre due porte di accesso, oltre quelle denominate “Grande” e “Di Mezzo”, una proprio sulla strada per Miano, dalla quale prenderà il nome (Porta di Miano).
Seguiranno, nel corso del tempo, altre innovazioni che saranno apportate a questa importante via di comunicazione, come l’innesto della strada provinciale di Santa Maria a Cubito, l’edificazione del convento dei Frati Bigi da parte di Padre S. Ludovico da Casoria, con annessa chiesa, il “Muro Finanziere”, con i posti di Dogana, la rete delle tramvie di Capodimonte, con il
deposito del Garrittone, la Basilica del Buon Consiglio e la residenza arcivescovile, per finire con il nuovo svincolo della Tangenziale, la facoltà di Teologia dell’Italia Meridionale, l’accesso alle Catacombe di San Gennaro e il nuovo ponte di Bellaria, ma questi saranno argomenti della seconda parte... 

Salvatore Fioretto 



Le fonti utilizzate per la scrittura del presente post sono state le diverse mappe consultate e alcuni testi, in particolare i saggi: "Il sito reale di Capodimonte - Il primo bosco, parco e palazzo dei Borbone di Napoli" di Francesca Capano, ed. fedOA press.
, e "Napoli e i luoghi celebri per le sue vicinanze", vol. 2 Napoli, 1845. Stab.to di G. Nobilie.

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G.F. Heilmann de Rondchatel - Panorama a volo d'uccello, con la Reggia di Capodimonte