Con l'approssimarsi della Pasqua di Resurrezione, abbiamo pensato di ricordare la tradizione contadina legata all'allevamento dei polli e al significato storico antropologico attribuito alle uova in rapporto alla ricorrenza cristiana. Buona Lettura!
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In ogni masseria e in ogni cortile del
centro storico era presente un recinto destinato all’allevamento delle galline,
detto “‘o vallenaro”. In questo a volte
si allevavano anche altri volatili, quali anatre, oche e tacchini.Il “vallenaro”era un grosso pollaio realizzato alla buona, spesso dai ragazzi, utilizzando
una rete zincata e degli steccati di legno di castagno o più semplicemente di abete
o di pioppo.
Dentro il “vallenaro” c’erano diverse zone atte ad accogliere le bestiole
durante l’allevamento.
Nella zona bassa, c’era la parte
frequentata dai polli durante le ore diurne, che corrispondeva praticamente a
tutta l’area di calpestio del pollaio. In esso erano anche presente uno o più
abbeveratoi, realizzati riutilizzando qualche vecchia pentola di alluminio e
una mangiatoia costruita alla buona con tavolette di legno.
I polli erano nutriti sempre con granoturco
prodotto nelle campagne; tuttavia ai polli si davano in pasto anche gli avanzi
dei pasti domestici, come pane bagnato, patate, insalata, e altri ortaggi.Nella zona superiore del “vallenaro” c’erano delle asticelle,
sopra le quali le galline e i galli si appollaiavano durante la notte. Negli
angoli c’erano pure delle vecchie ceste piene di paglia, dove le galline erano
solite deporre le uova e dove effettuavano anche la cova.
Non tutte le uova
erano però lasciate nel pollaio, ma solamente quelle che erano state fecondate
dal gallo e destinate alla riproduzione (ova
‘ngallate). Ovviamente bisognava verificare prima se la gallina mostrava la
volontà di covare le uova: questo era facilmente intuibile dalle massaie, in
base al comportamento e dai versi che emetteva nella circostanza il volatile.Diverse
erano le specie di volatili che erano allevate nel nostro territorio, c'erano le varietà dette "livornesi", le "padovane" e quella molto produttiva di uova, che era
chiamata "ovajola". Non trascurabile era la presenza costante della
varietà nana di volatili, chiamata in gergo: "galline coccodè" e "galli chicchirichì",
che poi appartengono alla razza detta: "Bantman". Questi polli erano allevati a scopo
prevalentemente ornamentale, per la bellezza del piumaggio dei galletti, per il timbro acuto dei loro canti mattutini e anche perchè le gallinelle avevano una produzione
intensiva di uova, che si ripeteva più volte nel corso dell'anno. Altra
particolarità di questa razza era quella che le galline effettuavano
costantemente la cova delle uova ed era possibile utilizzarle per
riprodurre i pulcini delle altre varietà grandi, meno avezze alla cova,
eseguendo la semplice sostituzione delle uova nella fase iniziale.
La cova delle uova durava circa ventuno giorni e
terminava con la schiusa dei pulcini.
La nascita dei pulcini non era simultanea,
ma dipendeva sopratutto dalla posizione assunta dalle uova durante la cova.
Infatti quelle più coperte e quindi più riscaldate dalla chioccia, schiudevano
sempre per prima.
I pulcini che nascevano per primi, erano
prelevati e protetti in un luogo caldo della casa, spesso vicino al camino. Per
farli “rinforzare”, si dava da mangiare loro delle molliche di pane inzuppate
con vino rosso. Una volta nati tutti i pulcini, la chioccia abbandonava la cova,
emettendo un verso caratteristico; si gonfiava con le piume e cercava di
raccogliere tutti i pulcini sotto le sue ali. Poi, insieme ai pulcini, si
recava a razzolare in giro per la masseria.
Era bello osservare le chiocce mentre
cercavano vermiciattoli e piccoli semi nel terreno e invitavano con dei
richiami caratteristici i pulcini a cibarsi. Quando la chioccia si spostava, i
pulcini la seguivano come tanti soldatini. Ad ogni rumore sospetto, la chioccia
(‘a vroccola) emetteva un verso
caratteristico, a mo’ di richiamo ed i pulcini, tutti insiemi, accorrevano
obbedienti a rifugiarsi sotto le sue ali protettrici.Man mano che crescevano, alcuni pulcini più
robusti venivano selezionati per essere ingrassati come capponi per il Santo
Natale o per Pasqua (‘e capune). Ad
essi si tagliava con una lama la cresta e i padiglioni, asportando le gonadi.
I capponi venivano ingrassati alimentandoli
con il granone, avena e pane bagnato (‘a
vrenna). (Segue nella seconda parte)
Salvatore Fioretto
Gran parte del racconto di questo post è stato tratto dal libro storico atropologico: "Piscinola, la terra del Salvatore - Una terra, la sua gente, le sue tradizioni" ed. The Boopen 2010, di S. Fioretto.
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