martedì 17 dicembre 2013

La chiesa della Madonna dell'Arco a Miano, tra storia, arte e leggende...!

Chissà quante volte siamo passati accanto, a volte anche accedendo al suo interno per partecipare a funzioni liturgiche, ma credo che siano in pochi a conoscere l'importanza e l'antichità di questo nostro monumento di storia, d'arte, di folclore e di religiosità: "nostro" perché ubicato nel nostro territorio, ovvero nella cosiddetta Area Nord di Napoli. La chiesa in questione è dedicata alla Madonna dell'Arco e si trova a Miano, vicino all'ex stabilimento della Birra Peroni. Le tracce storiche ci portano a far risalire le origini della cappella dedicata alla Madonna ai primi anni del XVI secolo, in quanto in un documento del 1542 è già menzionata la sua esistenza.
Nel libricino "Cenno storico della taumaturga effige di Santa Maria dell'Arco che si venera nella chiesa dei frati minori riformati in Miano", scritto da  Eusebio Partenico, del 1851, così si legge: 
..."Miano, Casale distante da Napoli due miglia in circa, possiede un prezioso tesoro, quale si è appunto la taumaturga Effige di S. Maria così detta dell'Arco, che quivi si venera entro la chiesa dei padri minori riformati".[...]
"...E' onorata la Divina Madre nella suddetta Effigie col titolo di Santa Maria dell'Arco perché esisteva dipinta a fresco sotto un arco di fabbrica in mezzo alla strada pubblica, che conduce alla via regia, per cui si va a Capua; e poco lungi dal Casale, appunto dove ora è la chiesa e il convento dei Padri Riformati. Quantunque non ci conosca con certezza, l'anno nel quale sia stato fabbricato questo arco, e vi sia stata dipinta la S. Effigie: non pertanto giudicavasi, che si discovrisse miracolosa, o verso la fine del XVI secolo o nel principio del XVII, in occasione del seguente avvenimento..." [...]
L'avvenimento prodigioso, di cui si parla, capitò a un giovane paralitico, di nome Giuseppe. Il poveretto si tratteneva spesso ai piedi dell'immagine per chiedere l'elemosina ai passanti. Un giorno udì una voce che lo esortava ad alzarsi, ma voltatosi più volte, non vide alcuna persona nei paraggi; la scena si ripeté per altre due volte, allorché Giuseppe pensò di alzarsi, ascoltando l'esortazione..., cosa che gli riuscì senza problemi..., gridando ovviamente al miracolo! La fama del prodigio fu tale che accorse sul luogo una moltitudine di persone, provenienti da tutto il circondario e anche da lontano. Molti furono i pellegrini che negli anni seguenti si recavano a venerare la prodigiosa immagine e a portarle dei doni in offerta. I prodigi si moltiplicarono e con le offerte dei devoti fu eretta una cappella e un ricovero di quattro stanze, che fu affidato ad alcuni eremiti, con l'incarico di vegliare la cappella e il luogo sacro. 
Intorno al 1624 la chiesa fu ampliata e fu costruito un convento affidato nel 1625 ai padri domenicani, dall'arcivescovo di Napoli, Decio Carafa. La presa in possesso della chiesa avvenne in modo definitivo solo nel 1631.
I prodigi continuarono a essere numerosi nei decenni seguenti. Siamo a conoscenza solo di due di questi eventi: il primo avvenne il 16 agosto del 1640. Un tale don Fabrizio Sanseverino, gentiluomo di Catanzaro, ottenne la guarigione da una terribile febbre malarica che l'aveva ridotto in fin di vita. Si era affidato alla Vergine venerata a Miano dopo aver saputo che un suo amico, tale Giovanbattista Confalone, aveva ricevuto anch'egli una grazia.
Il secondo miracolo avvenne del 1641: un dottore di nome Giacinto di Masi, residente in Lecce, aveva un figlio di nome Prospero, che era paralitico fin dalla nascita. Dopo vari e inutili tentativi di cura, pensò con la moglie di invocare l'aiuto divino. Quando il bambino aveva circa 4 anni, gli apparve la Madonna, come rappresentata nell'immagine di Miano, dicendogli "...fatti portare a casa mia che ti farò la grazia". Supplicando i genitori di poter recarsi in chiesa, come chiesto dalla Madonna, il bimbo non sapeva però indicare dove si trovasse l'affresco miracoloso, così i genitori lo portarono inutilmente nella famosa chiesa di Chiaia a Napoli. Avendo saputo della fama che godeva l'immagine prodigiosa venerata nel casale di Miano, i due genitori pensarono di portare lì il loro bambino. Appena il bimbo vide l'affresco, esortò la Madonna a fargli la grazia, come aveva promesso e, quindi, si alzò e iniziò subito a camminare verso l'altare, tra lo stupore delle persone che gli erano accanto. 
Dopo pochi decenni alla chiesa fu conferito il titolo di "Santuario", e fu affidata alla giurisdizione della "Congregazione Riformata della Sanità" dei padri Domenicani di Napoli. La chiesa si trovava situata all'epoca in aperta campagna, distante almeno 300 metri dall'abitato del casale di Miano (132 canne= misura dell'epoca).
Agli inizi del 1800 la chiesa della Madonna dell'Arco fu ridotta allo stato di abbandono, in quanto i Domenicani furono espulsi durante il decennio francese, a partire dal 1809.
Dopo oltre 34 anni di abbandono, nel 1842 fu affidata ai Francescani appartenenti all'Ordine dei Frati Minori Riformati (OFM). Da allora i frati realizzarono importanti lavori di restauro. 
In seguito alla costruzione del ponte di Bellaria, che collegava agevolmente Miano con Capodimonte e con il resto del centro cittadino, la chiesa riacquistò la sua fama e con essa il numero dei pellegrini accolti. 
All'interno della chiesa di Miano, a lato dell'altare maggiore, si conserva ancora la cappella contenente il celebre affresco della Madonna dell'Arco; infatti, su un pilastro antistante è posta una lapide marmorea che ricorda il primo miracolo avvenuto.
Alla fine dell'ottocento fu accolto, dagli amministratori cittadini, il desiderio degli abitanti di avere un cimitero autonomo dalla città e, così, una parte del giardino della Chiesa, forse già utilizzato in precedenza dai frati come "Terra Santa", fu adibito intorno al 1880 ad essere cimitero comunale per le frazioni di Miano, Marianella, San Rocco e Capodimonte, con la successiva aggiunta di Piscinola. Fu realizzato anche un collegio per la formazione dei bambini.
Sulla facciata principale un tempo era presente un bel tondo di ceramica maiolicata, contenete l'immagine della Madonna dell'Arco (al momento è stato asportato, forse per eseguirne il restauro). Le due statue in gesso poste sulla facciata raffigurano S. Domenico di Guzmàn e San Francesco d'Assisi, fondatori degli ordini religiosi che hanno nei secoli retto le sorti del santuario, vale a dire i Domenicani e i Francescani.
Bella e caratteristica è la torre campanaria posta a destra della facciata, terminante con un particolare cupolino "a cipolla", mentre sulla sinistra si può ammirare una elegante meridiana in marmo bianco.
Nella parte centrale, sopra al portale d'ingresso, è inserita una lapide marmorea (foto in alto), con la seguente scritta: 

Questo tempio che un tempo toccò in (per averne) cura ai frati dell’ordine dei predicatori all’inizio (nell’entrare) del secolo decimo settimo, la pietà e la munificenza dimostrata con il denaro lo eresse là dove prima era stata dipinta un’effigie beneaugurante della Madre di Dio sotto un arco di fabbrica presso il pubblico cammino. Poi i frati dell’ordine di S.Francesco della prov. napoletana rif(erirono) che, per il danno dei tempi, (era) squallido, corroso e quasi andato in rovina. Nell’anno 1842, non appena fu concesso che fosse restituito a loro, curarono che fosse ornato con tetto, pavimento, altari marmorei, statue che sembravano vive in bronzo campano e allestito con abbondantissima suppellettile. Nell’ anno 1861, il 22 Settembre, adoperandosi assai il venerando P. Francesco da Pianura, guardiano del convento che (niente di) nessun ornamento mancasse ai sacri edifici, l’illustrissimo e reverendissimo signor Domenico Ventura, arcivescovo della chiesa amalfitana, con ingente folla di abitanti dei dintorni esaminò con un rito solenne.


Purtroppo la chiesa attende "un energico" restauro esterno.

L'interno del tempio è a unica navata, con cappelle laterali e con una cupola (a sesto ribassato), che sovrasta l'altare maggiore. Interessante è la decorazione, realizzata con fregi, paraste e fiori in stucco bianco, forse opera di manovalanza mianese. 
Persiste ancora il pulpito in legno, forse del XVIII secolo e alcuni affreschi, ma molto ritoccati. Un tempo nella prima cappella a sinistra, si poteva ammirare un bellissimo e antico presepe in terracotta, poi andato purtroppo rubato.
Nel convento di Miano visse per molti anni fra Michelangelo Longo, amico del beato fra Ludovico da Casoria, morto in odore di santità nel 1886, nel convento "della Palma" a Capodimonte e sepolto nel cimitero di Miano. Le sue spoglie furono poi traslate nella chiesa di Miano e solo alcuni anni fa sono state trasferite nella sua città natale di Marigliano(Na). Nel 2008 fra Michelangelo Longo è stato dichiarato Venerabile.

La festa dell’”Architiello” ...

La festa dell’”Architiello” (o Archetiello) di Miano, tanto cara anche ai Piscinolesi di un tempo, oggi è una ricorrenza ormai dimenticata. Si svolgeva da diversi secoli nel largo antistante al Santuario di Miano. 
Nelle mappe antiche, la zona attorno all’antica chiesa viene indicata con il toponimo di “Architiello”.
Di questa festa si hanno notizie a partire dal XVII secolo. Infatti, già intorno all’anno 1631, l’autorità governativa napoletana, denominata “Collegio Collaterale”, considerata la cospicua affluenza di fedeli e la presenza di numerosi commercianti durante le feste di Pasqua, emise un’ordinanza volta a scongiurare ogni atto d’irriverenza, fuori al Santuario ed al convento, retti allora dai padri Domenicani. L’ordinanza era rivolta principalmente a coloro che svolgevano attività ludiche, giudicate dalla stessa “Collaterale”, moleste verso i fedeli ed i commercianti presenti.


Ecco il testo dell'ordinanza:




PHILIPPVS DEI GRATIA REX ETC.

CAROLVS DE TAPIA MARCHIO BELMONTIS

CON^RIVS, REGIÆQ CANCELLARIÆ   REGENS ET COMM_S  PER S. E.  DELEGAT

PER IL PRESENTE BANNO ORDINIAMO E COMANDIAMO CHE DA HOGGI NISUNA PERSONA DI QUALSIVOGLIA STATO, CONDIZIONE ARDISCA DI GIOCARE A MAGLIO E PALLE AVANTI LA CHIESA DI N. S. DELL’ARCO DEL CASALE DI MIANO PER QVANTO TENGONO LI CHIUPPI POSTI IN STRADA, NÉ ATTORNO LA CHIESA DEL MONASTER. PREDETTO SOTTO LA PENA ONZE CINQUANTA PER OGNI VOLTA DI ESEGUIRSI IRREMISSIBILMENTE CONTRO LI TRASGRESSORI AL REGIO FISCO E SOTTO LISTESSA PENA SORDIA ALL’UNIVERSITÀ DI DETTO CASALE, AFFITTATORI E GABELLOTI ET ALTRI MINISTRI A CHI SPETTA PRESENTI E FUTVRI CHE NON DEBBANO MOLESTARE SOTTO QUALSIVOGLIA PRETESTO LE PERSONE CHE VENDERANNO E COMPRERANNO ROBBE NELLA STRADA PREDETTA IN TUTTI I GIORNI DELL’ANNO ED IN PARTICOLARE DELLA SS. PASCA DI RESURREZIONE E PENTECOSTE, NÉ GL’ANIMALI CHE SARANNO IN DETTA STRADA E GL’OFFICIALI E CORTE DI DETTO CASALE PRESENTI E FUTURI DI TENERE PARTICOLAR PENSIERO DELL’OSSERVANZA DEL PRESENTE BANNO ET ACCIOCCHÉ VENGA A NOTITIA DI TUTTI ET BANNO UT SVPRA.                                                                                      
CAROL DE TAPIA FANASTASIVS ATCVAR


Purtroppo di questo interessante passato oggi  si è perso ogni traccia, come pure non si ricorda più nulla dell'antica tradizione dell'"Archetiello". Speriamo, come sempre, in una possibile futura riscoperta da parte delle giovani generazioni, con la ripresa del culto e della festa profana della Madonna dell'Arco di Miano.
Salvatore Fioretto


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Si ringrazia Anna Maria Montesano per la cortese collaborazione.

 

NB: Le foto riportate in questo post sono state liberamente ricavate da alcuni siti web, ove erano pubblicate. Esse sono state inserite in questa pagina di storia della città, unicamente per la libera divulgazione della cultura, senza alcun secondo fine o scopo di lucro.
 

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