Non esistono luoghi con una storia più importante e altri con una storia meno importante..., ogni territorio ha la sua storia, piccola o grande che sia, che è sempre unica, bella ed affascinante, a prescindere dal contesto e dalle dimensioni geografiche del territorio di appartenenza. La storia di Piscinola, oltre a essere bella, è oltremodo copiosa e ricca di eventi e di personaggi importanti...!
Questo preambolo fa da cornice al racconto che segue: scritto per dimostrare che alcuni oggetti, oppure alcuni particolari architettonici del territorio (definiti "elementi antropici"), ritenuti fino a un certo momento "comuni" e privi di valore storico, riacquistano, con lo svolgersi della ricerca, il loro contenuto storico e la loro valenza culturale, spesso rilevante. Man mano che si procede con il lavoro, l'area di ricerca inizia subito ad estendersi, sia cronologicamente che geograficamente, spesso in maniera imprevedibile e si finisce per fuoriuscire dal perimetro di studio e andare lontano, molto lontano...! Si scoprono, non senza stupore, correlazioni con altri personaggi, con altri contesti storici, e altri luoghi, che possono essere anche lontanissimi, in un ambito di più ampio respiro: cittadino, regionale e perfino nazionale ed europeo!
L'unico fatto negativo che però emerge è quello che la perdita della memoria storica, vale a dire la perdita di quelle tracce di vissuto comunitario che identificavano gli "elementi" presi in esame, non consente di poter tramandare la loro storia ai posteri e costituisce un danno per l'intera comunità! Con la perdita della memoria storica, gli "elementi" (oggetti o entità antropiche) diventano dei semplici e muti "oggetti", privi di passato e di una valenza culturale.
Compito della ricerca storica, quindi, come dimostriamo in questo post, è quello di restituire alla comunità di appartenenza tutto il valore e l'importanza storica degli "elementi antropici" studiati: riscoperta che si tramuta in riappropriazione delle radici comunitarie, in cultura e in sapere per tutti.
Chissà quante volte le persone hanno pregato davanti a questa immagine ma senza chiedersi delle sue origini oppure, chissà quante sono passate innanzi, posando fugacemente il loro sguardo, ma senza chiedersi a quale santo appartenesse, e chissà quante altre persone, ancora, hanno pensato che si trattasse di una statua realizzata alla buona dai devoti, negli anni del dopoguerra o per opera di uno dei parroci che si sono avvicendati prima del secondo conflitto mondiale...! Con i risultati della ricerca storica oggi possiamo finalmente raccontare una parte della storia di questo particolare "elemento" della chiesa del SS. Salvatore, rappresentato dalla statua di Sant'Alfonso Maria de Liguori e anche della cappellina che la contiene!
L'immagine di Sant'Alfonso, che si venera nella cappellina omonima, posta sul lato destro della navata della chiesa, ha una storia di degno rispetto e risale a oltre 170 anni fa...! L'autore che la commissionò fu un personaggio molto discusso e controverso alla sua epoca, anche se oggi è stato rivalutato dalla storiografia moderna ed è rientrato a pieno titolo, per importanza, nella storia del Regno di Napoli e della comunità religiosa napoletana; quest'uomo si chiamava Celestino Maria Cocle, fu Rettore Maggiore dei Redentoristi e arcivescovo di Pratasso. Ma mons. Cocle è ricordato soprattutto per un altro aspetto importantissimo della sua vita, egli fu il confessore personale e consigliere spirituale di sua maestà, il re Ferdinando II di Borbone, per tanti anni, incarico affidatogli con insistenza dal pontefice regnante, Gregorio XVI.
Mons. Cocle fu quindi un uomo di Chiesa, tanto amato e odiato nello stesso tempo, temuto e perseguitato, religioso e pio, ma frequentatore dello sfarzo della corte borbonica, un uomo umile ma autorevole.... Insomma un personaggio abbastanza controverso, complesso da esaminare dal punto di vista storico, soprattutto perché è vissuto in un contesto difficile, nel quale le cronache, pubblicate dalla stampa di parte, condizionano fortemente la sua figura e la sua personalità, a favore o contro, a seconda del versante dal quale esse provengono: sia dalla casa reale, sia dalla Chiesa, che dai nuclei di Liberali e di Carbonari, all'epoca molto attivi anche nel Regno di Napoli.
Cercheremo di descriverlo in maniera "asettica", seguendo le testimonianze contenute nelle varie fonti storiche raccolte.
Mons. Celestino Cocle nacque a San Giovanni Rotondo (provincia di Foggia), il 23 novembre dell'anno 1783. Entrò in età giovanissima nella Congregazione del SS. Redentore, fondata da Sant'Alfonso Maria de Liguori. La sua vita subito volse a raccogliere traguardi importanti: culminò nel 1824, quando fu nominato Rettore Maggiore della Congregazione dei Redentoristi, che era stata appena riunificata; carica che mantenne fino al 1832, quando fu nominato dal papa Gregorio XVI, arcivescovo di Pratasso. Ebbe il privilegio di accompagnare il papa Pio IX e il re Ferdinando II, in visita al santuario di Pagani, ai piedi della tomba del Santo fondatore.
Tra le tante cariche ricoperte nella sua carriera ecclesiastica, ricordiamo quelle di: prelato domestico e assistente al Soglio Pontificio di Papa Gregorio XVI, Abate
Commendatorio di S. Maria Odegitria, Cavaliere Gran Croce del Real Ordine di Re
Francesco I e dell’Imperiale ordine di Cristo del Brasile, Balì Gran Croce del
Sacro Militare ordine Gerosolimitano, Decano Perpetuo della Regia Università
degli studi, Gran Dignitario di Luigi Filippo Re dei Francesi, Cappellano
Maggiore della Società Generale dei Naufragi di Parigi e, solo per finire, socio dignitario dell’Accademia Archeologica di Atene...
Mons. Cocle, quindi, nutrendo una profondissima venerazione per il Fondatore dei Redentoristi, fece realizzare a sue spese una devotissima immagine di Sant'Alfonso Maria de Liguori, con relativo altare eretto presso la parrocchia del SS. Salvatore di Piscinola, nel quale poi la statua fu riposta.
Non solo, egli volle organizzare personalmente, per diversi anni, nel giorno del 2 agosto (all'epoca era considerata la ricorrenza della morte e quindi la festa liturgica del Santo), una solenne celebrazione liturgica, che si teneva presso questo altare della parrocchia piscinolese, cerimonia che era sempre seguita da un ampio giubileo di devoti.
Per sua volontà e finanziamento fu realizzata anche la bellissima cappella che accoglie i resti di Sant'Alfonso nel Santuario di Pagani, rivestita di pregiati marmi. Fece altresì realizzare l'immagine reliquario del Santo, attraverso il pio gesuita, don Placido Baccher.
Celestino Cocle, in qualità di confessore della Casa Reale, godeva di una grande influenza verso il sovrano, ed otteneva da questi quanto chiedeva, soprattutto in termini di concessioni, che tuttavia Egli utilizzava per fare del bene, specie verso gli ultimi e i derelitti.
Presto, però, questi privilegi cominciarono ad essere visti con gelosia e sospetto, soprattutto nell'ambito della corte reale e tra i Liberali napoletani. Era opinione diffusa, alimentata soprattutto dai Liberali, che il mons. Cocle insieme al ministro Del Carretto, tenessero ideologicamente in ostaggio il sovrano, condizionandolo sensibilmente anche negli affari di Stato... Non trascorse molto tempo che questi nemici incominciarono a tramare contro i due famosi personaggi, alimentando il malcontento tra il popolino e la classe della borghesia dell'epoca.
In occasione dei moti insurrezionali del 1848, tra le varie richieste e condizioni imposte al sovrano dai Liberali, oltre all'agognata Costituzione, ci fu anche la richiesta di arresto per mons. Cocle e per il ministro Del Carretto.
Il sovrano, forse male consigliato, forse per una scelta ponderata mirata a salvare la propria incolumità e la corona traballante, forse pensando di smorzare sul nascere il malcontento popolare, decise, senza ripensamenti, di far arrestare i due confidenti, per lui diventati molto scomodi... Riversò irriconoscente e in modo indecoroso tutte le responsabilità del malgoverno su entrambe le persone, che erano state fino a prima dei punti di riferimento e indiscussi suoi confidenti.
Le cronache raccontano che il Cocle, intuendo che i fatti si mettevano male per lui, riuscì in tempo a mettersi in salvo, riparando dapprima presso alcuni conventi di frati, siti nei Casali intorno Napoli, per poi rifugiarsi nel convento di Castellammare, ospite del vescovo della diocesi omonima.
Questo però non servì a salvarlo dalla rappresaglia del sovrano e, forse per una "soffiata", fu scoperto dalle guardie borboniche nel rifugio di Castellammare e arrestato. La condanna infertagli fu l'esilio; condanna che egli accolse con lacrime e costernazione per l'ingiusto trattamento subito.
La mattina del 10 marzo 1848 fu imbarcato sul traghetto "Nettuno" e condotto a Malta.
Dopo la persecuzione e l'umiliazione patita, a quasi un anno di distanza dagli eventi raccontati, fu riaccolto in patria; tuttavia egli decise di ritirarsi definitivamente a vita privata, presso alcuni nipoti, che abitavano nel borgo di Montesanto.
Morì all'età di 74 anni, il 2 marzo 1857.
La sua tomba si trova a Napoli, nella chiesa redentorista di S. Antonio a Tarsia.
Non sappiamo purtroppo quali vincoli legavano mons. Cocle con Piscinola, e in particolare con la Parrocchia del SS. Salvatore, legami che hanno favorito sicuramente questa generosa concessione, compiuta per onorare la figura di Sant'Alfonso. Immaginiamo che dovesse essere stato per l'amicizia spirituale intercorsa con il parroco dell'epoca, nata forse in occasione di qualche Santa Missione Popolare, organizzata a Piscinola dai Redentoristi e dal mons. Cocle.
Non sappiamo se l'altare fatto costruire da mons. Cocle corrisponde all'attuale sistemazione dell'immagine di Sant'Alfonso, oppure si tratta di un'altra cappella.
Un tempo, proprio sul lato sinistro dell'attuale cappella, addossato alla paraste, era sistemato il pulpito di legno settecentesco, utilizzato per le prediche durante le funzioni solenni, come nel corso delle Sante Missioni Popolari. Non è da escludere che questo pulpito sia stato utilizzato da Sant'Alfonso per le prediche svolte durante una Santa Missione e quindi considerato una testimonianza del Santo, da immortalare con un altare e una sua immagine, in stretta adiacenza. Sicuramente l'attuale cappella di Sant'Alfonso ha subito delle modifiche nel corso dei secoli, perché essa è una delle due, tra quelle presenti lungo le pareti centrali della navata, che risultano essere prive di una mensa.
Fino a pochi decenni fa, ai piedi della statua di Sant'Alfonso era posta una specie di cornice di legno, leggermente decorata, sorretta da un piede di appoggio; dietro al vetro erano mostrate due carte antiche, al cui capoverso c'erano delle lettere miniate o forse stampate. Qualcuno ritiene che si trattasse di una o due epistole scritte da Sant'Alfonso e indirizzate al parroco di Piscinola. Tanto erano preziosi e venerati questi cimeli, che al cospetto di questo quadro erano sempre accese due lampade, sorrette con dei candelabri di ottone. Purtroppo oggi si è persa ogni traccia della loro esistenza, probabilmente furono rubate nel periodo del "Dopoterremoto del 1980". Forse non sapremo mai cosa effettivamente essi rappresentassero!
L'abito vescovile che oggi copre la statua del Santo non risulta essere quello originale dell'Ottocento, ma rifatto sommariamente alla fine degli anni '90 del secolo scorso.
La ricerca storica continua il suo corso, siamo del parere che le risposte ai diversi quesiti qui posti siano contenute tra le "note" dei diari parrocchiali e che la loro consultazione consentirà di colmare presto anche queste lacune storiche.
Salvatore Fioretto
Ringraziamo il fotografo Dario De Simone per la collaborazione a "Piscinolablog" e per averci concesso la sua foto, utilizzata nel post.
Interno della chiesa del SS. Salvatore in Piscinola, cartolina anni '40 ca. (A destra della foto il pulpito ligneo settecentesco) |
L'unico fatto negativo che però emerge è quello che la perdita della memoria storica, vale a dire la perdita di quelle tracce di vissuto comunitario che identificavano gli "elementi" presi in esame, non consente di poter tramandare la loro storia ai posteri e costituisce un danno per l'intera comunità! Con la perdita della memoria storica, gli "elementi" (oggetti o entità antropiche) diventano dei semplici e muti "oggetti", privi di passato e di una valenza culturale.
Compito della ricerca storica, quindi, come dimostriamo in questo post, è quello di restituire alla comunità di appartenenza tutto il valore e l'importanza storica degli "elementi antropici" studiati: riscoperta che si tramuta in riappropriazione delle radici comunitarie, in cultura e in sapere per tutti.
........ 0 .......
Chiesa SS. Salvatore, cappella con l'immagine di Sant'Alfonso Maria De Liguori (foto di Dario De Simone) |
Mons. Cocle fu quindi un uomo di Chiesa, tanto amato e odiato nello stesso tempo, temuto e perseguitato, religioso e pio, ma frequentatore dello sfarzo della corte borbonica, un uomo umile ma autorevole.... Insomma un personaggio abbastanza controverso, complesso da esaminare dal punto di vista storico, soprattutto perché è vissuto in un contesto difficile, nel quale le cronache, pubblicate dalla stampa di parte, condizionano fortemente la sua figura e la sua personalità, a favore o contro, a seconda del versante dal quale esse provengono: sia dalla casa reale, sia dalla Chiesa, che dai nuclei di Liberali e di Carbonari, all'epoca molto attivi anche nel Regno di Napoli.
Cercheremo di descriverlo in maniera "asettica", seguendo le testimonianze contenute nelle varie fonti storiche raccolte.
Mons. Celestino Cocle nacque a San Giovanni Rotondo (provincia di Foggia), il 23 novembre dell'anno 1783. Entrò in età giovanissima nella Congregazione del SS. Redentore, fondata da Sant'Alfonso Maria de Liguori. La sua vita subito volse a raccogliere traguardi importanti: culminò nel 1824, quando fu nominato Rettore Maggiore della Congregazione dei Redentoristi, che era stata appena riunificata; carica che mantenne fino al 1832, quando fu nominato dal papa Gregorio XVI, arcivescovo di Pratasso. Ebbe il privilegio di accompagnare il papa Pio IX e il re Ferdinando II, in visita al santuario di Pagani, ai piedi della tomba del Santo fondatore.
Mons. Cocle e il ministro Del Carretto in visita al re Ferdinando II |
Mons. Cocle, quindi, nutrendo una profondissima venerazione per il Fondatore dei Redentoristi, fece realizzare a sue spese una devotissima immagine di Sant'Alfonso Maria de Liguori, con relativo altare eretto presso la parrocchia del SS. Salvatore di Piscinola, nel quale poi la statua fu riposta.
Ritratto di mons. Celestino Cocle |
Per sua volontà e finanziamento fu realizzata anche la bellissima cappella che accoglie i resti di Sant'Alfonso nel Santuario di Pagani, rivestita di pregiati marmi. Fece altresì realizzare l'immagine reliquario del Santo, attraverso il pio gesuita, don Placido Baccher.
Celestino Cocle, in qualità di confessore della Casa Reale, godeva di una grande influenza verso il sovrano, ed otteneva da questi quanto chiedeva, soprattutto in termini di concessioni, che tuttavia Egli utilizzava per fare del bene, specie verso gli ultimi e i derelitti.
Presto, però, questi privilegi cominciarono ad essere visti con gelosia e sospetto, soprattutto nell'ambito della corte reale e tra i Liberali napoletani. Era opinione diffusa, alimentata soprattutto dai Liberali, che il mons. Cocle insieme al ministro Del Carretto, tenessero ideologicamente in ostaggio il sovrano, condizionandolo sensibilmente anche negli affari di Stato... Non trascorse molto tempo che questi nemici incominciarono a tramare contro i due famosi personaggi, alimentando il malcontento tra il popolino e la classe della borghesia dell'epoca.
Foglio di cronaca, fatto stampare e distribuire dai carbonari |
Il sovrano, forse male consigliato, forse per una scelta ponderata mirata a salvare la propria incolumità e la corona traballante, forse pensando di smorzare sul nascere il malcontento popolare, decise, senza ripensamenti, di far arrestare i due confidenti, per lui diventati molto scomodi... Riversò irriconoscente e in modo indecoroso tutte le responsabilità del malgoverno su entrambe le persone, che erano state fino a prima dei punti di riferimento e indiscussi suoi confidenti.
Le cronache raccontano che il Cocle, intuendo che i fatti si mettevano male per lui, riuscì in tempo a mettersi in salvo, riparando dapprima presso alcuni conventi di frati, siti nei Casali intorno Napoli, per poi rifugiarsi nel convento di Castellammare, ospite del vescovo della diocesi omonima.
Questo però non servì a salvarlo dalla rappresaglia del sovrano e, forse per una "soffiata", fu scoperto dalle guardie borboniche nel rifugio di Castellammare e arrestato. La condanna infertagli fu l'esilio; condanna che egli accolse con lacrime e costernazione per l'ingiusto trattamento subito.
La mattina del 10 marzo 1848 fu imbarcato sul traghetto "Nettuno" e condotto a Malta.
Articolo tratto da "Biografie manoscritte" di P. S, Schiavone, vol.2 |
Morì all'età di 74 anni, il 2 marzo 1857.
La sua tomba si trova a Napoli, nella chiesa redentorista di S. Antonio a Tarsia.
Non sappiamo purtroppo quali vincoli legavano mons. Cocle con Piscinola, e in particolare con la Parrocchia del SS. Salvatore, legami che hanno favorito sicuramente questa generosa concessione, compiuta per onorare la figura di Sant'Alfonso. Immaginiamo che dovesse essere stato per l'amicizia spirituale intercorsa con il parroco dell'epoca, nata forse in occasione di qualche Santa Missione Popolare, organizzata a Piscinola dai Redentoristi e dal mons. Cocle.
Non sappiamo se l'altare fatto costruire da mons. Cocle corrisponde all'attuale sistemazione dell'immagine di Sant'Alfonso, oppure si tratta di un'altra cappella.
Un tempo, proprio sul lato sinistro dell'attuale cappella, addossato alla paraste, era sistemato il pulpito di legno settecentesco, utilizzato per le prediche durante le funzioni solenni, come nel corso delle Sante Missioni Popolari. Non è da escludere che questo pulpito sia stato utilizzato da Sant'Alfonso per le prediche svolte durante una Santa Missione e quindi considerato una testimonianza del Santo, da immortalare con un altare e una sua immagine, in stretta adiacenza. Sicuramente l'attuale cappella di Sant'Alfonso ha subito delle modifiche nel corso dei secoli, perché essa è una delle due, tra quelle presenti lungo le pareti centrali della navata, che risultano essere prive di una mensa.
Ritratto di mons. Celestino Cocle e immagine della sua tomba, nella chiesa di S.Antonio a Tarsia |
L'abito vescovile che oggi copre la statua del Santo non risulta essere quello originale dell'Ottocento, ma rifatto sommariamente alla fine degli anni '90 del secolo scorso.
La ricerca storica continua il suo corso, siamo del parere che le risposte ai diversi quesiti qui posti siano contenute tra le "note" dei diari parrocchiali e che la loro consultazione consentirà di colmare presto anche queste lacune storiche.
Salvatore Fioretto
Ringraziamo il fotografo Dario De Simone per la collaborazione a "Piscinolablog" e per averci concesso la sua foto, utilizzata nel post.
Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati agli autori, ai sensi della legislazione vigente).
N.B.: Le foto riportate in questo post sono state liberamente ricavate da alcuni siti web, ove erano pubblicate. Esse sono state inserite in questa pagina di storia della città, unicamente per la libera divulgazione della cultura, senza alcun secondo fine o scopo di lucro.