venerdì 1 ottobre 2021

Corsi e ricorsi storici..., la storia si ripete sempre...

Immagine di G. B. Vico
Per capire come le condizioni di vita e gli eventi, nel contesto territoriale e locale ma anche oltre regione, si ripetono e si ripresentano ciclicamente, quasi con le stesse caratteristiche e criticità, abbiamo intitolato questo post con la celebre frase del filosofo napoletano, gloria napoletana, Giambattista Vico: "Corsi e Ricorsi Storici"; in effetti il racconto che abbiamo trovato e pubblichiamo, collega paradossalmente dei periodi storici significativamente lontani (e tra gli altri, proprio quello vissuto dal nostro Filosofo, ossia il "Secolo dei Lumi"), che furono afflitti da ricorrenti epidemie e i nostri tempi..., con il XXI secolo, in tempo di "Pandemia"...
Lasciamo ai lettori i debiti confronti e le conseguenti considerazioni in merito. La morale che esce fuori da questo racconto storico, è quella che la storia si ripete, sempre, ma l'umanità ha la memoria corta, ovvero la memoria civica è appannaggio di pochi e spesso molti ignorano fatti e circostanze storiche di eventi comunitari simili, che sono stati vissuti e affrontati secoli fa, con grande spirito di sacrificio e determinazione dai nostri antenati e proprio qui, nel nostro territorio... Buona Lettura.


"LA PESTE DEL 1837 A SANTA CROCE

Non poche sono state le calamità naturali che Napoli ha dovuto sopportare, come peste, fame, carestia, terremoti, senza parlare di quelle sociali e politiche  come guerre e le rivoluzioni.
La peste falciò  la popolazione partenopea in varie occasioni.
Le cronache registrarono negli anni 1527, 1559, 1721, 1764, 1836/37, 1883/84 e ultimamente nel 1918.
Durante la peste del 1656, secondo il Celano, morirono 480 mila persone, altro autore calcola le vittime in 285 mila; secondo il Signorelli (Cultura della Sicilia) i morti sarebbero stati 400 mila.
In quella occasione i parroci non segnarono più i morti nel registro dei defunti e i cadaveri non venivano più sepolti, come di obbligo nella terra santa delle parrocchie (Cubicoli sotto le chiese), ma in tutte le cappelle più prossime ai luoghi dove si verificavano i decessi, rimanendo chiuse al culto fino alla cessazione dell'epidemia. A Napoli si scavavano fosse nelle zone extrameniali e i morti vi venivano seppelliti a migliaia, come fu fatto a Foria nel Largo Delle Pigne. Furono istituite apposite guardie  che lasciavano entrare nel regno solo le persone munite di "Bollettini di salute". In ogni sezione di Napoli furono assegnati un deputato di salute, medici, chirurghi e barbieri. Fu vietato ai becchini di spogliare i cadaveri come erano solito fare prima di sotterrarli. Nessuno poteva cambiare casa o vendere acqua in pubblico. Nessun appestato poteva uscire dalle case, sotto pena di morte. Infatti i Giudici della Corte della Vicaria giravano per le strade della città e procedevano sul posto, a modo di guerra, contro quelli che violavano la norma sanitaria. Furono istituiti i lazzaretti (o purgatori).
Quando la peste cessò, fu ordinata una visita ed una quarantena generale delle persone, delle cose e delle robe. Chiunque entrava in città doveva assoggettarsi alla quarantena e sotto, la pena di morte o di scomunica, ognuno doveva denunciare se e dove avesse nascosto oggetti contagiosi. Ne' alcuno poteva essere trasportato per terra o per mare se non munito di certificato sanitario.
L'epidemia del 1721 distrusse la decima parte della popolazione.
Negli anni 1836 e 1837 Napoli fu afflitta dalla "Lue Asiatica", che infierì a S. Croce all'Orsolone mietendo, nel mese di luglio del '37, una vittima al giorno. In tutto l'anno morirono 83 persone, mentre la media dei decessi negli anni precedenti non aveva superato la media di 20.
Nel 1837 il Comune di Chiaiano, Polvica e S. Croce prese in fitto un piccolo fabbricato, probabilmente quello alla Savorella, nella
proprietà Rusciano, nei pressi dell'attuale cimitero, per destinarlo a lazzaretto. Uno dei rimedi contro (l'epidemia) fu quello di spargere bitume nelle case e nelle strade.
A Napoli i morti furono sepolti nel cimitero delle Fontanelle. Ancora oggi una lapide sulla facciata della chiesa che sovrasta il cimitero ricorda che ivi sono seppelliti gli appestati del 1836 e '37.
Danni di gran lunga inferiori provocò, invece, il colera  del 1883: a S. Croce, il numero dei decessi rispetto alla media degli altri anni fu superiore di solo circa 15 unità, tanto che molti Napoletani lasciarono la città e si rifugiarono a S. Croce, la cui zona appariva la meno colpita dall'epidemia.
Da ultimo in occasione della "Spagnola" del 1918, a S. Croce si registrarono 18 vittime.
Quest'anno (anno di pubblicazione del libro 1988) ricorre il 70imo anniversario di tale epidemia che colpì l'Italia e in alcuni luoghi come a Conzo, in provincia di Cuneo, hanno celebrato lo scampato pericolo."

Testimonianza tratta dal libro: "SANTA CROCE AI CAMALDOLI - NAPOLI, 1688-1988, IERI-OGGI - DOMANI", ed. Parrocchia di Santa Croce ad Orsolone Napoli. Anno 1988. A cura di P. Camillo Degetto.

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