venerdì 1 ottobre 2021

Corsi e ricorsi storici..., la storia si ripete sempre...

Immagine di G. B. Vico
Per capire come le condizioni di vita e gli eventi, nel contesto territoriale e locale ma anche oltre regione, si ripetono e si ripresentano ciclicamente, quasi con le stesse caratteristiche e criticità, abbiamo intitolato questo post con la celebre frase del filosofo napoletano, gloria napoletana, Giambattista Vico: "Corsi e Ricorsi Storici"; in effetti il racconto che abbiamo trovato e pubblichiamo, collega paradossalmente dei periodi storici significativamente lontani (e tra gli altri, proprio quello vissuto dal nostro Filosofo, ossia il "Secolo dei Lumi"), che furono afflitti da ricorrenti epidemie e i nostri tempi..., con il XXI secolo, in tempo di "Pandemia"...
Lasciamo ai lettori i debiti confronti e le conseguenti considerazioni in merito. La morale che esce fuori da questo racconto storico, è quella che la storia si ripete, sempre, ma l'umanità ha la memoria corta, ovvero la memoria civica è appannaggio di pochi e spesso molti ignorano fatti e circostanze storiche di eventi comunitari simili, che sono stati vissuti e affrontati secoli fa, con grande spirito di sacrificio e determinazione dai nostri antenati e proprio qui, nel nostro territorio... Buona Lettura.


"LA PESTE DEL 1837 A SANTA CROCE

Non poche sono state le calamità naturali che Napoli ha dovuto sopportare, come peste, fame, carestia, terremoti, senza parlare di quelle sociali e politiche  come guerre e le rivoluzioni.
La peste falciò  la popolazione partenopea in varie occasioni.
Le cronache registrarono negli anni 1527, 1559, 1721, 1764, 1836/37, 1883/84 e ultimamente nel 1918.
Durante la peste del 1656, secondo il Celano, morirono 480 mila persone, altro autore calcola le vittime in 285 mila; secondo il Signorelli (Cultura della Sicilia) i morti sarebbero stati 400 mila.
In quella occasione i parroci non segnarono più i morti nel registro dei defunti e i cadaveri non venivano più sepolti, come di obbligo nella terra santa delle parrocchie (Cubicoli sotto le chiese), ma in tutte le cappelle più prossime ai luoghi dove si verificavano i decessi, rimanendo chiuse al culto fino alla cessazione dell'epidemia. A Napoli si scavavano fosse nelle zone extrameniali e i morti vi venivano seppelliti a migliaia, come fu fatto a Foria nel Largo Delle Pigne. Furono istituite apposite guardie  che lasciavano entrare nel regno solo le persone munite di "Bollettini di salute". In ogni sezione di Napoli furono assegnati un deputato di salute, medici, chirurghi e barbieri. Fu vietato ai becchini di spogliare i cadaveri come erano solito fare prima di sotterrarli. Nessuno poteva cambiare casa o vendere acqua in pubblico. Nessun appestato poteva uscire dalle case, sotto pena di morte. Infatti i Giudici della Corte della Vicaria giravano per le strade della città e procedevano sul posto, a modo di guerra, contro quelli che violavano la norma sanitaria. Furono istituiti i lazzaretti (o purgatori).
Quando la peste cessò, fu ordinata una visita ed una quarantena generale delle persone, delle cose e delle robe. Chiunque entrava in città doveva assoggettarsi alla quarantena e sotto, la pena di morte o di scomunica, ognuno doveva denunciare se e dove avesse nascosto oggetti contagiosi. Ne' alcuno poteva essere trasportato per terra o per mare se non munito di certificato sanitario.
L'epidemia del 1721 distrusse la decima parte della popolazione.
Negli anni 1836 e 1837 Napoli fu afflitta dalla "Lue Asiatica", che infierì a S. Croce all'Orsolone mietendo, nel mese di luglio del '37, una vittima al giorno. In tutto l'anno morirono 83 persone, mentre la media dei decessi negli anni precedenti non aveva superato la media di 20.
Nel 1837 il Comune di Chiaiano, Polvica e S. Croce prese in fitto un piccolo fabbricato, probabilmente quello alla Savorella, nella
proprietà Rusciano, nei pressi dell'attuale cimitero, per destinarlo a lazzaretto. Uno dei rimedi contro (l'epidemia) fu quello di spargere bitume nelle case e nelle strade.
A Napoli i morti furono sepolti nel cimitero delle Fontanelle. Ancora oggi una lapide sulla facciata della chiesa che sovrasta il cimitero ricorda che ivi sono seppelliti gli appestati del 1836 e '37.
Danni di gran lunga inferiori provocò, invece, il colera  del 1883: a S. Croce, il numero dei decessi rispetto alla media degli altri anni fu superiore di solo circa 15 unità, tanto che molti Napoletani lasciarono la città e si rifugiarono a S. Croce, la cui zona appariva la meno colpita dall'epidemia.
Da ultimo in occasione della "Spagnola" del 1918, a S. Croce si registrarono 18 vittime.
Quest'anno (anno di pubblicazione del libro 1988) ricorre il 70imo anniversario di tale epidemia che colpì l'Italia e in alcuni luoghi come a Conzo, in provincia di Cuneo, hanno celebrato lo scampato pericolo."

Testimonianza tratta dal libro: "SANTA CROCE AI CAMALDOLI - NAPOLI, 1688-1988, IERI-OGGI - DOMANI", ed. Parrocchia di Santa Croce ad Orsolone Napoli. Anno 1988. A cura di P. Camillo Degetto.

mercoledì 29 settembre 2021

L'atletica leggera: una bella pagina di storia sportiva del territorio... (I^ parte)

Continuando a sfogliare le pagine del giornalino parrocchiale "La Civetta - La vita alla periferia della grande città" (Anno V - Numero 8 - dicembre 1971), pubblicato nella chiesa del Salvatore, per opera di padre Don Severino), abbiamo trovato questo interessante articolo, che rappresenta un'altra bella pagina di storia sportiva di Piscinola, narrando le vicende atletiche del corridore Adriano Mastroianni e di altri atleti. L'articolo è sempre firmato dal cronista Carmine Montesano e si intitola "FIGURE DI CASA NOSTRA".
Invece, nell'articolo del giornale "Il Mattino" di Napoli, dello stesso periodo, abbiamo trovato l'articolo sportivo che da risalto al vincitore della gara provinciale "Giro del Rione": il piscinolese Adriano Mastroianni.

Ecco il testo dell'articolo pubblicato su "La Civetta":

"Il 4 novembre scorso, si è volta a Napoli la fase nazionale del “GIRO DEL RIONE”. La manifestazione sportiva, organizzata dall’ENAL col patrocinio del Mattino, intende portare lo sport in ogni angolo d’Italia. Consta d’una organizzazione capillare, che partendo dai Giri dei vari Rioni attraverso una fase provinciale per mettere in luce i più quotati.
Possono parteciparvi i giovani fino a venti anni, purché non tesserato per la FIDAL perché il carattere della corsa puramente dilettantistico.
Quest’anno,  per interessamento del B. C. Piscinola, la manifestazione è tornata anche nel nostro Rione, dopo un assenza durata diversi anni.
Noi a Piscinola, in fatto di corse podistiche, vantiamo alcuni precedenti degni di nota. Basterebbe ricordare il plurinazionale ALFONSO IANNONE con i vari Lello Di Chiara, Gianni Aprea, Umberto Marfella, Enzo Totaro, Gigino Sica, Pasquale Landolfi, Mario Castiello e molti altri della generazione 1945- 1950.
Il GIRO si svolgeva annualmente per la passione sportiva del Prof. Gerardo Della Corte e vi si partecipava con la foga e l’ardore, caratteristiche dell’orgoglio paesano. Poi, per l’incostante del carattere piscinolese, l’atletica fu travolta dalla pallacanestro e scomparve.
E’ riapparsa quest’anno, in coincidenza del ritorno dello sport attivo a Piscinola.
Una bella domenica di settembre, una ventina di giovani si diede convegno in piazza per partecipare al GIRO che si presentava massacrante, data la topografia di Piscinola.
Vincitore ne fu ADRIANO MASTROIANNI, un giovane che si era messo in luce nel gruppo sportivo della scuola media “GUGLIELMO MARCONI” vincendo parecchie gare studentesche e che avrebbe potuto fare molto strada, se la scuola italiana avesse più a cuore lo sport giovanile.
Dopo un paio di settimane si tenne la fase provinciale a Napoli e Piscinola fu rappresentata da quattro atleti tra i quali ADRIANO MASTROIANNI. E fu proprio lui ad aggiudicarsi la gara tra l’entusiasmo dei suoi amici.
Il giorno della fase nazionale, una ottantina di atleti, provenienti da ogni parte d’Italia, si radunò al Viale Augusto per darsi battaglia e conquistare l’ambita vittoria.
In quell’occasione, purtroppo, il nostro ADRIANO mise in luce tutte le carenze di allenamento e di mentalità competitiva e riuscì a classificarsi appena al 24° posto. A vincere fu un genovese, un vero campioncino che batté tutti con la potenza e la classe del corridore carico di esperienza.
L’avventura di MASTROIANNI è così finita. Onestamente non si poteva pretendere di più da un ragazzo non allenato e sprovveduto. Ha vinto fino a quando era possibile vincere con la sola forza di volontà; ma allorquando alla volontà subentrò la condotta di gara ragionata e la preparazione su lunghe distanze, è caduto.
In via G. A. Campania esiste, da un certo tempo, una società di atletica leggera, portata avanti da un certo Sig. Rocchetti: La FIAMAMA JUVENILIA. Con un suoi colori gareggiano alcuni ragazzi di Piscinola tra i quali si fa abbastanza onore un certo
LANZUISE ANTONIO. Ma l’attività di detta società passa alquanto sotto silenzio per cui viene spontaneo domandarsi : PERCHE’ L’ATLETICA, SPORT PER ECCELLENZA, NON ENTUSIASMA ED E’ IN CRISI?
Per quanto riguarda Piscinola si potrebbe obiettare che la società è fuori mano e non investe il centro del rione che è dominato dal Basket che vanta una tradizione locale. Ma in campo nazionale non è facile dare una risposta precisa. Bisogna andare alla ricerca di un motivo di fondo per spiegarci la sua carenza. L’atletica leggera è uno sport che richiede costanza, sacrificio, dedizione in cambio tutt’al più di una medaglia.
Purtroppo il tempo dell’idealismo è finito e con esso anche lo spirito di sacrificio. Oggi per far esercitare lo sport a qualcuno bisogna metterlo nella condizione adatta e confortevole. L’atletica raramente può offrire questa possibilità e perciò i risultati sono così rari. ARESE per esempio è diventato campione. Come ha fatto? E’ stipendiato dal G. S. Balengero, è agevolato negli orari d’ufficio e la gente, per farlo allenare ha spianato le colline di Balengero. Allora ARESE ha vinto. Evviva ARESE! Ricordiamoci però, degli innumerevoli giovani bruciati dall’inadeguatezza assistenziale, dal menefreghismo generale, dal gioco dei tornaconti personali.
La verità è che l’Atletica italiana soffre di un vuoto organizzativo ed assistenziale malgrado i miliardi spesi dal C.O.N.I., vuoto che si vuole mascherare sostenendo che l’atletica è uno sport puramente dilettantistico." 
 
Filmato della corsa campestre provinciale disputata a Piscinola, nel 1971:                   
 
Ecco l'articolo pubblicato nel giornale Il Mattino di Napoli" del 1971, che riporta la notizia della vittoria di Mastroianni, nella gara finale del torneo provinciale: "Giro del Rione":

"Nella finale provinciale

Mastroianni vittorioso nel  “Giro del Rione”

Al  secondo posto Capasso, terzo Collaro

Festa do sport al Viale Augusto a Fuorigrotta  per la finale provinciale della tredicesima edizione del Giro del Rione. La bella manifestazione sportiva  a carattere popolare che "Il Mattino" patrocinia e l’ENAL organizza con la collaborazione tecnica della FIDAL, ha visto schierati alla partenza ben novanta atleti in rappresentanza di diciotto “Rioni” decisi a difendere il proprio gonfalone ed a ottenere una bella vittoria o quanto meno, a conquistare un posto per la finale nazionale del 4 novembre.

Inquadratura degli atleti, sullo sfondo il treno della Piedimonte fermo nella stazione di Piscinola
La perfezione dell’organizzazione quest’anno  affidata esclusivamente a giovani ha contribuito al rispetto cronometrico degli orari. Alle 10:30 precise infatti l’assessore allo sport dott. Ugo Bergamo dava il via alla entusiasmante corsa. Ha vinto il diciottenne Adriano Mastroianni che difendeva i colori del Basket Club di Piscinola, dopo una gara accorta ed intelligente. Ha lasciato ad altri il compito di fare da battistrada e si è limitato a correre sempre in quinta, sesta posizione. A ottocento metri dal traguardo è scattato e non è stato più raggiunto. Con la stessa tattica e sulla sua scia si è classificato al secondo posto, con il diritto quindi di partecipare alla finale nazionale, Saverio Capasso di Frattamaggiore. […]".

La testimonianza che qui abbiamo raccolto rappresenta, come tutte le altre pubblicate in  questo blog, una bella pagina di storia, di cultura, di sport e di umanità, del nostro territorio. E' una bella testimonianza che ci riempie di orgoglio e anche di un pizzico di nostalgia...!

Salvatore Fioretto

sabato 11 settembre 2021

Anno 1971. Le vicende sportive di un campione di "Casa nostra", raccontate dalla gioventù dell'epoca...



Il nostro caro amico e assiduo lettore di Piscinolablog, Donato Marano, ha voluto generosamente fornirci una copia di un giornalino parrocchiale, edito a Piscinola nel lontano, 1971, dal quale abbiamo tratto questa bella testimonianza sportiva dell'epoca, scritta da un giovanissimo cronista, Carmine Montesano. Il giornalino in parola è intitolato: “La Fiaccola”, (Anno V. Numero 7, ed. del 4 novembre 1971). La Direzione e redazione della "testata" era stata assunta dal compianto e poliedrico, Don Domenico Severino che ne fu anche fondatore (sede redazionale Piazza B. Tafuri, 65\A). Le foto sono state gentilmente messe a disposizione dalla Famiglia Cossia.

Dalla rubrica: “Fatti e figure di casa nostra”, articolo scritto da Carmine Montesano:

"Quella che scrivo è una storia già nota alla maggior parte dei Piscinolesi. La sua collocazione temporale è negli anni ruggenti non solo per il cha-cha-cha, il boogie-boogie ed altri ritmi, portati tra noi dal vento della guerra, ma soprattutto perché difficili e amari perfino nel ricordo. In quegli anni, 1948 e seguenti, nella complicata situazione socio-politico-economica italiana, veniva crescendo una generazione che proveniva da un’adolescenza che, in verità, non era stata quale oggi si concepisce. Era la generazione dei “figli della guerra”. I figli d’una esperienza atroce, della quale non portavano colpa, ma che avevano immiserito i loro anni più belli e costruttivi. La guerra ha partorito una generazione caparbia, forte, abituata al sacrificio, alla lotta.
Un esempio, a noi molto vicino e degno d’essere  ricordato, è la storia, seppur solo sportiva, d’un nostro compaesano, d’un esponente di detta generazione: AGOSTINO COSSIA.

=LA MANO DEL DESTINO=

Frontespizio del giornalino "La Fiaccola", anno 1971

E’ nato nel 1930 e nel 1948, alla svolta decisiva, ha appena diciotto anni. Soliti trascorsi sportivi in Azione Cattolica, a livello molto dilettantistico. Allora si giocava a basket con pallone di cuoio; si correva per i prato a piedi nudi; si giocava al calcio dopo aver provveduto a fare più pieghe al pantalone. A diciotto anni quindi, al termine di una delle tante passeggiate con amici, passeggiate che abitualmente portavano a Marianella e a Miano, la mano del destino afferra il nostro AGOSTINO. Lo afferra in modo molto brusco, facendolo fare a cazzotti con un comunista che l’aveva invitato a battersi. Forse, se non fosse stato un comunista, neppure per scherzo ci sarebbe stata la tenzone e la passeggiata sarebbe finita tra i sospiri e le speranze dei diciottenni. Ma il 1948 era l’anno chiave della politica italiana. Agostino era democristiano purosangue  ed una bella batosta ad un comunista, anche se per gioco, era felice di farla. E la vittoria, foriera di felici eventi, arrivò immancabile e con essa anche l’interessamento del perditore che riconobbe la supremazia del vincitore.

=PRIMI PASSI=

Dopo tre giorni, alla palestra ROJO, dove l’aveva indirizzato un pompiere di nome Malvone, primo incontro tra i novizi con VERNUTO, finito con un pareggio. Il salto psicologico dalle battaglie della vita a quella del ring è notevole, ma il nostro è combattente di razza e lo supera disinvoltamente. Dopo otto giorni, all’ILVA di Bagnoli, la prima vittoria con due sonanti knock dove dopo quindici giorni i Campionati Italiani a Roma. Perde solo in finale con un romano tale DI FRANCESCO, ma il fatto d’aver combattuto e perso con un romano è già molto. AGOSTINO parte come peso gallo, è mancino in guardia normale, con una certa potenza ed una buona dose di coraggio, doti che non l’abbandoneranno durante la carriera, ma si affineranno col passare degli anni.

=CAPOLINO SULLA SCENA NAZIONALE=


La sua partenza bruciante mette in apprensione la famiglia, che fino allora aveva considerato quell’attività come un semplice hobby. Ora è diverso: Agostino promette bene, ma la famiglia non vuole. Un buon allenamento per il Nostro che così di abitua a combattere fino alla vittoria. Negli anni 1952-52 si succedono vittorie in campo regionale ed interregionale, fino al passaggio (1952) tra i dilettanti, con passaggio di categoria (piuma). Poi il servizio militare a Vigna di Valle. Al ritorno, nell’organico della Palestra “OLIMPIA” e prima chiamata in nazionale per l’incontro ITALIA-TURCHIA a Rimini, sotto la direzione di Steve Claus.
Nel 1955 arriva la prima affermazione nazionale: COSSIA batte MAINARDI ai punti dopo averlo messo K.O. alla seconda ripresa. A Varese si organizza la squadra per gli Europei: COSSIA nelle selezioni batte sonoramente SINACORI e conquista il posto in squadra. Ma SINACORI viene preferito con la scusa che il passaporto di Agostino non è pronto. Invece l’istituto della raccomandazione aveva dato i suoi frutti. Il disgusti e la delusione non intaccano però la volontà di riscossa di COSSIA, che nel ’56 a Parma batte NOBILI e conquista, per la seconda volta il titolo italiano.

=ALLE OLIMPIADI DI MELBOURNE=

E immancabile, a questo punto, la chiamata in nazionale, e, dopo numerose selezioni, che mettono sempre in maggior risalto il valore del pugile nostrano, il sogno delle OLIMPIADI di Melbourne diventa realtà. E’ il primo pugile napoletano a partecipare alle Olimpiadi, seguito dieci anni dopo da COTENA a Città del Messico.

A Melbourne la sfortuna lo mette subito di fronte al futuro vincitore delle stesse: il russo SOFRANOV, autentica forza della natura. Agostino perde ai punti, dopo un match la cui decisione richiede ben tre quarti d'ora d'attesa e risulterà poi l'unico avversario di SOFRANOV a non conoscere il tappeto.
Al ritorno in Italia, passaggio al professionismo con un bilancio molto lusinghiero. Quindici incontri: Quattordici vittorie ed un pareggio. Poi nel ’57 l’ultimo incontro  a Napoli COSSIA batte CIANGARELLI ed appende i guantoni al chiodo. Perché? Perché Napoli è avara con lui, mentre ROMA lo ricompensa con le più belle vittorie. Nemo profeta in patria.
Ora COSSIA AGOSTINO è un attempato maestro di boxe a Caserta; ha messo un po’ di pancetta e passa la maggior parte del tempo libero con la sua famiglia. La sua semplice storia vale a dimostrarci che con due soldi di coraggio e tanta, tanta buona volontà si può diventare veramente campioni."

Ringraziamo i nostri benefattori: Donato Marano, per averci fornito le copie del giornalino da cui abbiamo tratto l'intervista del dott. Carmine Montesano (a cui va il nostro saluto) e l'attore Antonello Cossia, per averci autorizzato alla pubblicazione delle foto di Famiglia. Sicuramente ricorreremo a loro nel prossimo futuro, per ricevere altre belle testimonianze come questa. GRAZIE!

lunedì 6 settembre 2021

San Gennaro e Padre Rocco, per il popolo e con il popolo...!

Domenico Gargiulo, detto Micco Spadaro, processione di San Gennaro, 1631

In occasione della principale ricorrenza annuale di San Gennaro, Patrono principale di Napoli e della Regione Campania, quella del "Dies Natalis", pubblichiamo un pezzetto della storia di Napoli, attraverso un episodio accaduto durante l'eruzione dell'anno 1779, che vede, al centro delle vicende cittadine, il popolare padre domenicano, Gregorio Rocco, assieme al patrono di Napoli, il vescovo San Gennaro. Il racconto è tratto dal libro "San Gennaro: Storia-folclore-culto", di mons. Luigi Petito, ed. LER (nota 80 pagg. 229-230 e pag. 232):

Padre Gregorio Rocco raffigurato in un stampa dell' '800

"Padre Rocco nato a Napoli il 4 ottobre 1700, entrò tra i Domenicani diventando sacerdote col nome di P. Gregorio Rocco. Si dedicò tutto alla elevazione sociale e religiosa del popolino.
Potremmo indicarlo come l'inventore della pubblica illuminazione a Napoli, perché diede luce alle strade esortando il popolo ad accendere delle lampade notturne davanti a circa trecento edicole ed immagini sacre che fece sistemare tra i vicoli e per le strade.
A protezione delle fanciulle pericolanti fondò il ritiro di S. Vincenzo Ferreri alla Sanità. Influì su re Carlo III di Borbone 
(Carlo di Borbone, ndr.)
Dipinto di Achille Gigante
per l'inizio della costruzione del grandioso edificio dell'Albergo dei Poveri, opera dell'architetto Ferdinando Fuga, con una facciata di 354 metri, destinato ad accogliere vecchi, ciechi, la gioventù povera perché apprendesse un lavoro
; combatté tenacemente il gioco d'azzardo. 
Mischiato paternamente e autorevolmente col popolo che s'era abituato a conoscere abbastanza bene per il suo bastone, anche se veniva scagliato da lontano senza che apparisse il padrone, se ne guadagnò così piena la fiducia, da ottenere col suo ascendente quanto nelle sommosse popolari non riusciva a conseguire nemmeno la forza pubblica.
Dipinto acquerellato, tratto da stampa francese dell''800
Nell'eruzione del 1779, il popolo tumultava nel Duomo minacciando di scassinare il portone del Tesoro, perché essendo sera, l'arciv. Serafino Filangieri (1775-1782) aveva negato la consegna delle reliquie di S. Gennaro per la processione. L'ancora di salvezza fu P. Rocco invocato con urgenza, che col suo classico bastone e la voce sonora, imposto il silenzio, così si rivolse al popolo terrorizzato: "Sentite, napoletani miei concittadini: prima che fossi chiamato da S. E. l'Arcivescovo, mi posi a letto, e per la stanchezza avendo preso un po' di sonno, mi venne il desiderio di andare in Paradiso: ci arrivai due ore fa all'oscuro, e bussai, ribussai; finalmente S. Pietro si affacciò, mi riconobbe e mi disse: che vai facendo P. Rocco a quest'ora importuna? Son pieno di timore risposi, vorrei parlare con S. Gennaro, Protettore di Napoli.

Padre Rocco predica al ponte della Maddalena, stampa '800

S. Pietro di aprì la porta, e mi disse: "Vattelo a trovare". Io subito mi indirizzai al coro dei SS. Martiri e lo riconobbi: mi accostai vicino e gli tirai il piviale, lo feci voltare e lo pregai ad interporsi presso dell'Altissimo Iddio a far cessare il fuoco del Vesuvio, ad avere pietà del fedele popolo napoletano.
Egli in verità non mi escluse, ma solamente mi disse: "Questo tuo popolo napoletano non la vuole finire con tanti peccati che di continuo commette in offesa di Dio che è veramente sdegnato; ma io di continuo lo prego con Maria Immacolata a placarsi, ma non è ora; domani mattina ti servirò, vattene ed assisti i tuoi napoletani".
A questo, mi svegliai, m'intesi chiamare che mi voleva S. E. l'Arcivescovo per cosa di somma importanza. Sicché, napoletani vi ripeto quello che mi ha risposto S. Gennaro, cioè, che mò, non è ora, ma fatto giorno, onde pazientate un altro poco".
Eruzione del Vesuvio, Giovanni Battista Mascolo, anno 1633
E con preghiere, parabole e canzoncine riuscì a persuadere il popolo ad organizzare la processione al mattino seguente. Alla sua morte, 2 agosto 1782, la forza pubblica non riusciva a contenere la folla che si accalcava per baciare la sua salma.
Una strada di Napoli, nel rione popolare, verso la zona di S. Anna alle Paludi è a lui intitolata."

Luigi Petito continua a scrivere nel suo libro di Padre Rocco, riferendoci altri aneddoti legati alle vicende dell'eruzione del Vesuvio del 1779 e della attiva protezione di San Gennaro verso i napoletani e la loro città: 

Dipinto di Oswald Achenbach, "Ponte di notte"
"Al ponte della Maddalena Padre Rocco intervenne ancora l'8 agosto 1779; le fiamme del Vesuvio salivano a migliaia di metri di altezza con continue esplosioni, assordanti boati e pioggia di cenere e lapilli infuocati. Il popolo in lacrime, terrorizzato raggiunse con la processione partita dal Duomo l'edicola del Santo e P. Rocco riuscì a calmare la folla ispirando fiducia nella protezione di S. Gennaro che certamente avrebbe impetrato dal Signore l'effetto sperato.
Benedetto l'igneo Vesevo
(Vesuvio) con le le reliquie del Sangue, si avvertì ancora qualche fortissimo boato del vulcano, poi subentrò la stasi e "l'allegria di tutti", come ci attesta l'epigrafe posta poi al basamento della statua."
Dipinto di Scipione Compagno, eruzione del 1631

L'aiuto chiesto a San Gennaro dal popolo napoletano, durante l'eruzione del Vesuvio, non è stato solo quello qui raccontato, ma numerose altre volta si è ripetuta la "scena", nel corso dei secoli, in concomitanza di altre eruzioni distruttive. Probabilmente già intorno al VII secolo, durante una violenta eruzione del Vulcano, molti napoletani si rifugiarono nelle catacombe di Capodimonte e si rivolsero al Santo martire lì sepolto, sperimentando la Sua protezione. Ricordiamo, poi, i fatti ritenuti miracolosi, accaduti il 16 dicembre 1631, che videro l'istituzione della festa del Patrocinio di San Gennaro (3^ festa dell'anno dedicata al Santo) e la costruzione della "Guglia", fino alla solenne processione svolta durante l'eruzione dell'anno 1906. Nel 1944, ovvero durante l'ultima eruzione del Vesuvio, non si ebbe, come ci risulta,  la processione esterna per le strade, a causa dell'occupazione anglo-americana in corso, mentre la Cattedrale risultava inagibile perché colpita da bombe scagliate durante le incursioni aeree; anche se in quella circostanza non mancarono preghiere collettive.

Ponte della Maddalena, devoti all'edicola di S. Gennaro, durante l'eruzione del 1906

La redazione di "Piscinolablog" augura "Buon San Gennaro" a tutti i lettori che si chiamano Gennaro, alla Città di Napoli, a tutta la Regione Campania e ai tanti napoletani e campani che vivono fuori Regione e all'estero

Salvatore Fioretto

Edicola di San Gennaro al Ponte della Maddalena, foto fine degli anni '60. 

Particolare del monumento, con l'immagine di San Gennaro che ferma la lava del Vesuvio

domenica 5 settembre 2021

"Fore 'o trentotto" e... un tram per il Casale...! Parte seconda

La nostra ricerca storica, che non presenta soste, annovera un'altra importante scoperta documentale, ed è quella che presentiamo in questo post, a compendio dell'articolo pubblicato il 23 settembre del 2013, dal titolo "Fore 'o trentotto" e ... un tram per il Casale...!". 
Si tratta del testo del Regio Decreto di autorizzazione per la costruzione della bretella tranviaria Miano-Piscinola, dell'anno 1926. La notizia è stata tratta dal "Bollettino Ufficiale del Ministero dei Lavori Pubblici".
Ecco il testo e le foto:

DECRETO REALE 2 maggio 1926, n.847, (1) che autorizza a costruire ed esercitare un tronco tranviario dal raddoppio di Miano, sulla tranvia di Napoli-Secondigliano, sino a Piscinola.

(Numero di pubblicazione della Gazzetta Ufficiale, 1160).

VITTORIO EMANUELE III

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE

RE D’ITALIA

Visto il progetto portante il bollo dell’ufficio del registro di Napoli in data 10 febbraio 1926, presentato il 25 stesso mese dalla “Società Belga tranvie di Capodimonte” per la costruzione e l’esercizio di un tronco tranviario dal raddoppio di Miano sulla tranvia Napoli Secondigliano, sino a Piscinola;

Visto il testo unico delle disposizioni di legge per le ferrovie concesse all’industria privata, le tranvie a trazione meccanica e gli automobili, approvato con il Nostro decreto 9 maggio 1912, n. 1447;
Sentito il Consiglio superiore dei Lavori Pubblici;
Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per i lavori pubblici;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Art.1.

La “Società Belga per le tranvie di Capodimonte” è autorizzata a costruire ed esercitare un tronco tranviario dal raddoppio di Miano, sulla tranvia Napoli-Secondigliano, sino a Piscinola.

Art.2.

La costruzione del tronco tranviario di cui sopra, dovrà essere eseguita in conformità al progetto dalla Società anzidetta presentato il 25 febbraio 1926, portante il bollo dell’ufficio del registro di Napoli in data 10 stesso mese e tenute presenti le osservazioni contenute nel voto n. 797 emesso sul progetto in parola, in data 16 aprile 1926, dal consiglio superiore dei Lavori Pubblici.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo di Stato sia inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 2 maggio 1926.

VITTORIO EMANUELE.

GIURATI.

Visto, il Guardiasigilli: Rocco

Registrato alla Corte dei conti , addì 27 maggio 1926.

Atti del Governo, registro 248, foglio 139. – COOP

   (1) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno n.124, del 29 maggio 1926.




Per leggere il testo della prima parte, ecco il link:


Via Miano, di fronte all'ex deposito officina del Garrittone

A compendio della notizia storica, ci piace aggiungere una piccola descrizione, molto poetica: rappresentante un "ritratto" del nostro territorio, che ha visto per tanti anni questo mezzo di locomozione, ecologico per eccellenza, attraversare le sue strade e le numerose campagne... E' uno scritto di Giovanni Artieri, tratto dal libro "Italia mia".

[…] Noi napoletani siamo grandi cacciatori di fantasmi, ammalati di curiose nostalgie di luoghi o di persone “mai viste”, di scene fantastiche, di realtà leggendarie; ma ci facciamo personaggi di noi stessi, ricontemplandoci nelle prospettive del tempo, traverso i cristalli deformanti, ma così ricchi di poetici tremori, della nostalgia […]. 
Una trepida tenerezza poetica, quella mattina, mi spingeva su per la salita di Santa Teresa, verso Materdei, dove la collina riposa un breve ripiano e continua per il ponte della Sanità, che si vede in fondo alla strada grandiosa aperta da Pietro Colletta. Ma non si vede il palazzo reale; si vede soltanto ciò che una volta si chiamava il Tondo, un altro ripiano, circolare ombrato di pioppi giganteschi […] una volta un tram verde che conduceva dalla piazza Dante ai paesini di provincia verso il Nord della città: Marianella, Piscinola, Marano; ed anche questa altura, nel silenzio della campagna (ancora campagna a quell’epoca) avevano fondato una fabbrica di birra, uno stabilimento” a vapore” levando un alto camino per lo sfogo del fumo […].

Salvatore Fioretto




Deposito officina del Garrittone, a Capodimonte


Diverse foto delle Tranvie di Capodimonte sono state tratte dal sito degli amici dell'"Associazione Clamfer", che ringraziamo per la consueta e generosa disponibilità.