martedì 24 agosto 2021

L'"accattoncello" di padre Ludovico che scambio' la sua Patria...!

Foto di fra Ludovico da Casoria poco più che trentenne
Come è noto fra Ludovico da Casoria, al secolo Arcangelo Palmentieri (* Casoria 1814, + Napoli 1885), recentemente elevato agli onori degli altari (2014), fu in vita un uomo prodigo di numerosissime iniziative filantropiche, nel territorio napoletano, ma anche fuori regione, come ad Assisi, a Firenze e a Parigi, dedite soprattutto all'accoglienza e alla formazione dei fanciulli italiani orfani, ciechi e appartenenti a famiglie disagiate (accattoncelli), ma anche di fanciulli stranieri di diverse etnie (moretti e morette). 
Ci piace oggi narrare un simpatico aneddoto, di un incidente, diciamo "di immagine", capitato al Santo, che fu causato inconsapevolmente da un ragazzetto originario di Piscinola, durante una visita ispettiva condotta 
nel 1864, dall'allora Prefetto di Napoli. Padre Ludovico, oltre ad avere tanti amici e persone che lo stimavano, aveva anche molti avversari e nemici che cercavano di ostacolarlo...
L'episodio è descritto nel bel libro di Giuseppe Pesce, dal titolo: "
Casoria 1861. La difficile Unità. I Rocco, Proto e Padre Ludovico", dal quale prendiamo in prestito la curiosa notizia che ci interessa.
"Gli istituti – a cui si aggiungevano quelli di Casoria e Pozzuoli – contavano 300 accattoncelli, 118 moretti e 364 esterni indirizzati ai mestieri di sarto, calzolaio, falegname, ebanista, tipografo e legatore di libri. Ma i più inclinati studiavano anche musica (vari strumenti, dal pianoforte al violino ai fiati) e ovviamente a leggere e scrivere. Paolo Emilio Imbriani visitò i vari istituti in veste di delegato scolastico e fece una buona relazione, presentata anche alla Provincia di Napoli. Dove tuttavia l’apposita commissione, pur confermando il sussidio economico, invitò il Municipio a mandare degli insegnanti comunali per impartire lezioni di “catechismo sociale”, ovvero l’educazione civica.
Il grande impegno di p. Ludovico, che andava oltre Napoli – già nel maggio del 1860 aveva fondato a Firenze un “Collegio per morette” con Anna Maria Lapini – gli valse un importantissimo riconoscimento da Vittorio Emanuele II, che il 4 gennaio 1863 lo nominò addirittura Cavaliere dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Alla fine di luglio del 1864, tuttavia, una visita del Prefetto di Napoli Rodolfo d’Afflitto scatenò un grave incidente. Un ragazzino giunto da pochi giorni in collegio, interrogato dal prefetto, rispose che il suo re era Francesco II, (era un errore di ignoranza familiare, tant’è vero che sosteneva anche che la sua “nazione" fosse Piscinola).
D’Afflitto sollevò un putiferio, ma p. Ludovico lo prese in contropiede, andando a protestare dal questore Nicola Amore e minacciando di lasciare Napoli per trasferirsi in Francia o in Germania dove lo invitavano ad aprire i suoi istituti."


Appena possibile dedicheremo un post biografico a questo grande personaggio, che fu insegnante nella piccola scuola pubblica esistente all'epoca a Piscinola e fondatore di una casa di accoglienza e formazione degli "accattoncelli" anche in questo quartiere.

Salvatore Fioretto

Dipinto allegorico con le opere filantropiche e gli Ordini religiosi fondati da San Ludovico

giovedì 5 agosto 2021

Tutti gli scritti e gli eventi (2004-2021) per ricordare la festa del SS. Salvatore a Piscinola. In memoriam... !


Oggi, 6 agosto 2021: possiamo affermare che, dopo anni di ricerche (2004-2021), è stato trascritto e pubblicato quasi tutto quanto riguarda la festa del SS. Salvatore a Piscinola: storia, aneddoti, personaggi. Nel seguito sono elencati tutti i lavori e le collaborazioni svolte negli anni,  sia su "Piscinolablog" che sulle pagine Facebook di "Amici di Piscinolablog" e anche su Youtube
Si ringraziano tutti gli amici (in particolare quelli citati nei titoli: Pasquale di Fenzo, Anna Maria Montesano, Giulia Biancardi, Maurizio de Gennaro Dario de Simone, Luigi Sica, Teresa Ciancio, Ass. Centro Arcobaleno e tanti altri); il loro aiuto è stato prezioso affinché tutto questo si realizzasse e con successo. 

Post pubblicati in Piscinolablog:

 

-Lunedì 5 Agosto 2013

Piscinola e il "suo" Salvatore: Una comunità civile che ricorda...!

http://piscinola.blogspot.com/2013_08_04_archive.html

 

-Giovedì 24 ottobre 2013

"Angolo poetico del venerdì: Un ricordo della festa del SS. Salvatore a Piscinola, post scritta da Anna Maria Montesano."
https://piscinola.blogspot.com/2013/10/angolo-poetico-del-venerdi-un-ricordo.html


-Sabato 30 Novembre 2013

"Edizione Straordinaria: Ricordando la Festa del SS. Salvatore a Piscinola!"
http://piscinola.blogspot.com/2013/11/edizione-straordinaria-ricordando-la.html


-Domenica 3 agosto 2014: “Dalla letteratura e da Internet...Un ricordo della festa del Salvatore...“
http://piscinola.blogspot.com/2014/08/dalla-letteratura-e-da-internetun.html


-Venerdì 10 Aprile 2015

"Il Salvatore va in India...! "Come Francesco" 2^ parte"
http://piscinola.blogspot.com/2015/04/il-salvatore-va-in-india-come-francesco_10.html

 

-Lunedì  6 agosto 2018 “Festa del SS. Salvatore 2018 - "Componimento dedicato alla memoria dei musicisti della banda musicale di Piscinola”
http://piscinola.blogspot.com/2018/08/festa-del-ss-salvatore-2018.html


Sabato 3 agosto 2019 “I festeggiamenti a Piscinola in onore del SS. Salvatore“
http://piscinola.blogspot.com/2019/08/l-ricorrenza-del-ss-salvatore-per.html


-Sabato 18 Aprile 2020

"Signori e Signore benvenuti alla festa del SS. Salvatore!! E iniziava così la bella festa a Piscinola!! Post scritto da Pasquale di Fenzo"

https://piscinola.blogspot.com/2020/04/signori-e-signore-benevenuti-alla-festa.html?m=1

 

- Martedì 4 Agosto 2020

"Piscinola è "La Terra del Salvatore": un'indagine storica su uno straordinario legame millenario!!"
https://piscinola.blogspot.com/2020_08_02_archive.html

 

-Poesia dedicata al Salvatore, anno 2020

https://www.facebook.com/vicus.pissinula.2013/posts/d41d8cd9/2197922400498513/





- Mercoledì 4 agosto 2021: "La festa del SS. Salvatore: ricordi di umanità e di tante vite vissute!" Post scritto da Pasquale di Fenzo.

 

Video e foto pubblicati su Youtube o Facebook:

 

-Museo del Ricordo Piscinola-Marianella, sezione fotografica dedicata alla festa del Salvatore, marzo 2004, atrio della stazione metropolitana di Piscinola, realizzazione grafica mostra e video a cura S. Fioretto.

https://www.facebook.com/1415961335361294/videos/1428606554096772


- 5 agosto 2012: Videoclip con foto d'epoca nella pagina di facebook per ricordare la processione del SS. Salvatore 

-“Piscinola e il "SUO" Salvatore

Documentario sulla storia della festa del Salvatore a Piscinola, anno 2013, regia Dario de Simone, ideazione e conduzione di S. Fioretto.

https://www.youtube.com/watch?v=eqv3fnBOpl8&t=1204s


-“Piscinola 1978 - 2013  - Don Salvato’ ”, regia di Dario De Simone, dicembre 2013. Collaborazione S. Fioretto

https://www.youtube.com/watch?v=BGYD1gEIU8g


-“Ricordando una festa”. Spettacolo alla Madonna delle Grazie, dicembre 2013, a cura "Cooperativa Mazra" e "NoiePiscinola", ideazione di S. Fioretto, conducono Maurizio di Gennaro e Giulia Biancardi.

https://www.youtube.com/watch?v=96HtpSp0pzY

 

-Videoclip realizzato da S. Fioretto, 4 agosto 2015

Festeggiamenti del SS. Salvatore in Italia e a Piscinola (Napoli)

https://www.youtube.com/watch?v=BZSnybBnbYc&t=2s


-Mostra fotografica sulla festa del Salvatore, organizzata presso i locali dell'Ass. Centro Arcobaleno di Piscinola, 6 agosto 2016, a cura di S. Fioretto (alcune foto della mostra)


-Video Fuochi pirotecnici a Piscinola per il SS. Salvatore, 6 agosto 2016

https://www.youtube.com/watch?v=snqlAis54BA

 

-Mostra fotografica a Piscinola, 6 agosto 2017 “Piscinola in festa 2017”, allestita da S. Fioretto nei locali dell'Ass. Centro Arcobaleno  di Piscinola (videoclip foto della mostra)

https://www.youtube.com/watch?v=WtInMII2zZw&t=30s

 

-Video sfilata della banda di Casandrino a Piscinola, per la festa del Salvatore, 6 agosto 2018 (in rappresentanza dei vari video pubblicati)

https://www.youtube.com/watch?v=xz6etacV5OU


-Mostra fotografica per la festa del Salvatore, 6 agosto 2018, “Tra cartografia storica e vedutismo, Piscinola e il suo Salvatore” - Locandina della mostra.

https://www.facebook.com/photo/?fbid=10216403593873159&set=a.1614271367412


-Mostra fotografica per la festa del Salvatore, 6 agosto 2018, “Tra cartografia storica e vedutismo, Piscinola e il suo Salvatore”, mostra allestita da S. Fioretto nei locali dell'Ass. Centro Arcobaleno di Piscinola (videoclip foto della mostra)

https://www.facebook.com/salvatore.fioretto1/videos/10216519627973939


Libri:

"Piscinola, la terra del Salvatore. Una terra, la sua gente, le sue tradizioni". Di S. Fioretto, anno 2010, ed. The Boopen.
Interi capitoli dedicati alla storia della chiesa e alla festa del SS. Salvatore a Piscinola.

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Quando si lavora per una giusta causa, quando si dedica il proprio tempo per una passione, niente è sprecato, nessuno sforzo risulterà mai vano. Tutto ritorna, come benefici culturali, cento, mille volte di più...!
Passerà il tempo, passeranno gli anni, ma considero questa esperienza estremamente edificante per la mia persona, che ha arricchito il mio bagaglio culturale e il mio animo ed ha contribuito a conoscere tante belle persone. Grazie!
Ad maiora semper!
Salvatore Fioretto

NB: per leggere un post o visionare un video è necessario cliccare col tasto sinistro del mouse sopra al link (carattere sottolineato), riportato al margine sottostante.

martedì 3 agosto 2021

La festa del SS. Salvatore: ricordi di umanità e di tante vite vissute! di Pasquale di Fenzo

All'approssimarsi della festa del SS. Salvatore, protettore di Piscinola, sono tanti i ricordi che affiorano nella mia mente dal passato, quando i festeggiamenti duravano una settimana e per noi bambini era il periodo più bello dell'anno. Le luminarie, montate sui pali di legno di colore azzurro, venivano poste in tutte le strade del quartiere, davanti alla chiesa veniva allestita “la porta”, che consisteva in una scena sacra interamente fatta di lampadine colorate, e nel centro della piazza veniva montato il palco per il “concertino” che vedeva esibirsi cantanti anche di livello nazionale. Spesso veniva fatta anche una gara di “voci nuove”. In una di queste, credo intorno al 1960, vinse un ragazzino piscinolese che faceva il giovane di barbiere da don Mimì, che aveva il suo salone/abitazione nel palazzo “dello Staviano” (palazzo in via Plebiscito a Piscinola). Il bambino aveva una decina di anni, si chiamava Antonio Buonomo e vinse interpretando magnificamente un successo dell'epoca di Nunzio Gallo, dal titolo “ 'Sti 'mmane”. Antonio, col quale quando mi incontro rievochiamo i vecchi tempi, in particolare quando ci scambiavamo i giornaletti, di cui eravamo entrambi gran divoratori, è rimasto molto legato alle sue origini piscinolesi. Ha avuto una buona carriera sia canora che teatrale, partecipando anche ad alcuni film e sceneggiati televisivi.

Ma tornando alla festa, il culmine era la serata finale, quando si effettuava la cosiddetta “'a venneta” che altro non era che un'asta svolta in piazza, dove venivano messi in vendita i prodotti che venivano offerti dai contadini e dai commercianti locali. Ad ogni rilancio il battitore lanciava una sigaretta con una precisione estrema a chi aveva rilanciato il prezzo. Spesso il costo superava di gran lunga il valore dell'oggetto in palio, la qual cosa accadeva quando a sfidarsi erano due contendenti che non intendevano darla vinta al rivale. Ma la buona riuscita della “venneta” era dovuta soprattutto al "battitore d'asta" che era il mitico “Eugenio cu 'e lente”, al secolo Don Eugenio Pragliola da Giugliano. Oggi si chiamerebbe “one-man-show”: i suoi lazzi, le sue battute, le sue filastrocche, completamente improvvisate, riuscivano a divertire il pubblico per diverse ore.

Al suo personaggio si ispirò il grande Antonio Casagrande, attore Eduardiano, papà di Maurizio, col suo “Don Liborio Occhialoni”. Alla fine della “venneta” c'era lo spettacolo pirotecnico, che rappresentava la chiusura dei festeggiamenti. Io ricordo che assieme a mio padre, tornavamo a casa per goderci lo spettacolo dal lastrico dell'abitazione di un nostro vicino, che ci ospitava con grande apprensione di mia madre, che diceva “statte accorto 'o criaturo”, perché bisognava arrampicarsi su un altissimo e stretto scalino di legno, il cosiddetto “scalillo”, quello che i contadini usavano per raccogliere l'uva sulle alte vigne nelle nostre campagne. Generalmente si esibivano vari “fuochisti”, con la gente che faceva il tifo di volta in volta per l'uno o per l'altro.
I migliori fuochisti venivano da Mugnano, ma noi piscinolesi facevamo il tifo per un nostro compaesano, il Cav. Piccolo, di cui purtroppo non ricordo il nome di battesimo, ma mi ricordo benissimo dei suoi fratelli e di tutta la sua famiglia, perché abitava proprio nel vico Primo Plebiscito, dove abitavo io. La sua purtroppo non fu una storia a lieto fine. Sua madre, Donna Livietta, era una signora austera, che incuteva rispetto solo a guardarla.
Spesso redarguiva noi ragazzi che facevamo chiasso davanti alla sua abitazione, dove c'era un cartello di una qualche autorità sanitaria o comunale, che vietava di fare chiasso, perché in quella abitazione viveva un grande invalido. Don Gennaro, il capofamiglia, era un vecchietto dai capelli bianchissimi, sempre vestito in giacca e cravatta, che spesso si intratteneva a parlare con Don Vicienzo 'o Popolo; quest'ultimo una specie di ciabattino filosofo, cui questo blog ha già dedicato qualche pagina. Don Gennaro era un grande invalido, probabilmente della prima Guerra Mondiale; “Uagliù, ca nun putimmmo pazzià, chi la sente a Donna Livietta!”, ci dicevamo tra di noi e ci spostavamo in altri spazi...
Il Cav. Piccolo aveva una sorella più piccola, di nome Assuntina e due fratelli, Enzuccio e Giruzzo, che erano esattamente l'opposto l'uno dell'altro. Per quanto Giruzzo fosse introverso e solitario, così tanto era estroverso e giocherellone Enzuccio. Un vero “sfuttitore” che non lasciava in pace nessuno. Aveva un cane inseparabile dal pelo nero e lucidissimo, che lui aveva chiamato “Blak”.
Enzuccio era un vero capobanda per noi scugnizzi dell'epoca, anche perché ci permetteva di giocare col suo cagnolone che lui diceva essere talmente furbo da essere sfuggito, con un suo comando, al cappio dei “cangiarioti” (cosi chiamati gli accalappiacani comunali). Una famiglia modesta, ma perfetta, come ce ne erano tante a Piscinola. Ma il triste destino era purtroppo in agguato. Un giorno si diffuse la notizia che la fabbrica di fuochi (che non si trovava a Piscinola), dove lavoravano sia il Cav. Piccolo che il fratello Enzuccio, era andata a fuoco e che due dei tre fratelli erano morti nell'incidente!
Forse anche il povero Blak seguì la sorte del suo padroncino, perché noi ragazzi lo cercammo a lungo, ma non riuscimmo mai a trovarlo. La povera mamma non si riprese mai più da quel dolore, perse tutta la sua autorevolezza di colpo
, e il povero Don Gennaro, credo di non averlo visto mai più intrattenersi a parlare piacevolmente con Don Vicienzo 'o Popolo. La sorella Assuntina, nei miei ricordi è rimasta per sempre vestita di nero. Il fratello sopravvissuto, Giruzzo, si chiuse ancora di più nel suo mutismo, tanto che credo di non averne mai più sentito la sua voce.
Forse qualche persona anziana che leggerà queste righe si ricorderà di questo tragico episodio accaduto verso la metà degli anni '60, che non tutti i piscinolesi oggi ricordano. Anche perché mi farebbe piacere che qualcuno mi ricordasse e si ricordasse il nome di battesimo del Cav. Piccolo. Purtroppo questo episodio rappresenta un velo che ha un po' ingrigito i miei bei ricordi d'infanzia dei fuochi e della festa per il SS. Salvatore a Piscinola.

Pasquale Di Fenzo

Ringraziamo il carissimo amico Pasquale di Fenzo per averci deliziato con quest'altro bellissimo racconto pieno di ricordi della festa per il SS. Salvatore, celebrati a Piscinola, negli "anni d'oro". La parte struggente di racconto, riguardante i fratelli Piccolo, ci ha profondamente commossi per la sua umanità... Storia che purtroppo non conoscevamo.

venerdì 30 luglio 2021

6 agosto 2021: Ricordando le origini della festa della Trasfigurazione ...


Trasfigurazione, di Raffaello Sanzio, Pinacoteca Musei Vaticani

L’episodio della Trasfigurazione di Gesù, da cui trae origine la festa dedicata al SS. Salvatore, che si celebra ogni anno il 6 agosto, è raccontato nei tre Vangeli, chiamati "Vangeli Sinottici", precisamente in quello di Matteo, 17,1-8; di Marco, 9,2-8 e di Luca, 9,28-36. In essi, in maniera pressoché corrispondente, si racconta che Gesù scelse di prendere con sé alcuni discepoli e di salire su un Monte a pregare. Sei giorni prima aveva detto ai suoi discepoli: «Vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno» (Mt 16, 28) ed ecco che gli apostoli prediletti, Pietro, Giacomo e Giovanni, furono scelti per assistere all’evento straordinario: Cristo apparve loro radioso di luce (da cui il termine "Trasfigurazione"). Infatti, mentre pregava, «il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante» (Lc 9, 29) e due uomini, anch’essi apparsi nella scena di gloria, parlavano con Lui del compimento in Gerusalemme del suo sacrificio: erano Mosè ed Elia, che rappresentavano la Legge e i Profeti. “A questo punto, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè, una per Elia». Non aveva ancora terminato di parlare, quando una nube luminosa li avvolse e fu udita una Voce che diceva: «Questi è il Figlio mio amato. Ascoltatelo!».
Fu il papa Callisto III, nel 1457, a estendere la festa della Trasfigurazione alla Chiesa dell'epoca, inserendola nel Calendario Universale. 
Per quanto riguarda la località che vide lo svolgersi dell'evento, sebbene nel corso dei secoli siano state avanzate diverse interpretazioni, è quasi certo che la montagna su cui Gesù condusse gli Apostoli sia stata quella del Tabor.
Anche se il Tabor è assimilabile più a una collina che ad una montagna, visto che misura pressappoco 600 metri di altezza, tuttavia quello che è interessante comprendere è il significato di questo simbolo evangelico del "monte": l’altura 
infatti nelle Sacre Scritture simboleggia la vicinanza a Dio, il luogo in cui si può incontrare Dio. Lo stesso si verificò 

sul monte 
Sinai, dove Dio consegnò a Mosé le Tavole della Legge
.
Come è immaginabile pensare, considerata l’antichità dell’evento, non ci sono prove certe di questa identificazione storica; il luogo evangelico apparirebbe più come una tradizione attestata già nel IV secolo. In tale periodo, infatti, furono Cirillo di Gerusalemme e San Girolamo ad identificare per primi il Tabor, come il luogo della Galilea dove sarebbe avvenuta la Trasfigurazione di Gesù (il termine Tabor, in arabo: Gebel et-Tur, sta a significare "la montagna").

Secondo una leggenda, poi, la prima basilica costruita sul Tabor, dedicata alla Trasfigurazione, fu voluta da Elena, madre dell’Imperatore Costantino il Grande, nel IV secolo, ed è molto probabile anche che la primitiva festa fosse stata fissata per celebrare la dedicazione di questa basilica costruita in quel luogo, a ricordo della Trasfigurazione.
Sul luogo del Tabor, nei secoli successivi, i Bizantini costruirono tre chiese, delle quali parla 
il Pellegrino Anonimo di Piacenza, che vi farà visita nell’anno 570.

Un secolo dopo, Arculfo, visitando il luogo, vi troverà raccolti un gran numero di monaci; il Commemoratorium de Casis Dei (secolo IX), menzionerà il vescovado di
Chiesa parrocchiale di Piscinola, particolare della statua del SS. Salvatore
Tabor, con diciotto monaci, al servizio di quattro chiese.
Successivamente, 
 nell'XI secolo, dei monaci Benedettini costruiranno sul Tabor una loro abbazia, con due cappelle, una dedicata ad Elia e una a Mosè e tutto il complesso monastico, assieme ad abitazioni, furono circondati da una cinta fortificata, che tuttavia non impedì al sultano Al-Adil di distruggerla, intorno all'anno 1212 e di costruire al loro posto una sua fortezza.
Un successivo santuario cristiano, che vi fu edificato nel 1255, dall'Ordine ospedaliero di San Giovanni, fu anch'esso distrutto dal sultano Baibars, nell'anno 1263. L'efferata azione degli infedeli ridusse quindi il monte del Tabor all'abbandono totale, stato che durò per diversi secoli.
L'arrivo dei monaci Francescani sul luogo del Tabor viene datato nell’anno 1631, quando Francesco da Verrazzano, console  del Granduca di Toscana a Saida, ottenne dall'Emiro Fakhr-ad-dìn l'autorizzazione al loro insediamento nella regione; ma solo nel 1873 i frati presero sede stabile nel luogo. 
Da quel momento i frati cominciarono a progettare una degna basilica, ma che riuscirono ad ultimarla soltanto nel 1924. Il tempio fu realizzato in stile antico siro-romano, su disegno dell'architetto romano Antonio Berluzzi. Nella cripta, posta al centro della basilica, sono stati conservati i resti archeologici riconducibili ad una delle precedenti antiche basiliche.
Da quel periodo i luoghi del Tabor  hanno conservato il loro aspetto, pressoché immodificati, fino ai nostri giorni.
Tabor, basilica francescana dedicata alla Trasfigurazione
Passando ora a parlare dell'origine della festa della Trasfigurazione, possiamo affermare, con sufficiente determinazione, che essa era diffusa in Oriente già a partire dei primi decenni del V secolo. Alla fine del V secolo la festa era celebrata anche dalla Chiesa Nestoriana, mentre nel VII secolo, invece, è documentata nella Siria Occidentale. 
Tuttavia, secondo alcuni studiosi, la festa della Trasfigurazione fu probabilmente introdotta in Armenia, già all'inizio del IV secolo, per cristianizzare una festa pagana in uso in quella regione, dedicata alla dea Afrodite. Dall'Oriente la festa della Trasfigurazione passò presto a celebrarsi anche nella chiesa Bizantina, dove prese il nome di «Metamorfosi del Salvatore». 
In Occidente la festa probabilmente fu conosciuta dapprima in Spagna, quindi a Napoli e in alcuni paesi germanici, pressappoco intorno alla metà del IX secolo.
Monte Tabor (Galilea)
Successivamente, nel X secolo, la festa venne diffusa in Francia e, nei secoli XI e XII anche a Roma (Basilica Vaticana). Notevole fu il contributo di Pietro il Venerabile, che la introdusse nella liturgia cluniacense (nel convento di Cluny). Da Cluny, dove fu profondamente valorizzata si diffuse attraverso il monachesimo, fino a trovare una collocazione stabile nella liturgia della chiesa occidentale, ma soltanto con l'edizione del Messale Romano, del 1570.
Per quanto concerne le fonti storiche che fanno riferimento alla terra napoletana, sia per il culto del Cristo Trasfigurato che per l'edificazione di monasteri e chiese dedicate (ne abbiamo diffuso i dettagli nel post pubblicato lo scorso anno su questo blog), oltre alla basilica S. Restituta (IV-V sec.)ubicata all’interno del complesso dell’antica Cattedrale di Napoli e al Monastero del Salvatore (VI-VII sec.), sorto sull'isolotto di Megaride, c’è anche la nostra chiesa di 
Piscinola, con la già mentovata: “Terra del Salvatore” (almeno ai primi decenni del X secolo)…!
Per quanto concerne il giorno fissato per celebrare la solennità della Trasfigurazione nell'ambito dei calendari delle varie chiese cristiane, diverse sono le possibili ipotesi messe in campo dagli storici, per capire le motivazioni che hanno portato a scegliere, quasi per tutte, il "6 agosto".
In primis, ed è l'ipotesi più condivisa, essa deriverebbe da una antica tradizione cristiana, in quanto l'episodio narrato dai Vangeli sarebbe avvenuto quaranta giorni prima della crocifissione di Gesù, la cui festa, era già celebrata nella Chiesa d'Oriente e poi anche in quella d'Occidente, il 14 settembre, con la ricorrenza dell'"Esaltazione della Santa Croce".
La festa della Trasfigurazione divenne una delle dodici grandi feste del calendario Bizantino, e si celebrava a partire dalla vigilia, il 5 agosto, fino a tutta l’ottava successiva al 6 agosto (14 agosto).
Tuttavia nelle chiese ortodosse, che continuarono a seguire il Calendario Giuliano, la ricorrenza veniva celebrata il 19 agosto.
Secondo altri storici, invece, le motivazioni secondo le quali papa Callisto III inserì nel calendario Romano, nel 1457, la ricorrenza della Trasfigurazione, con data 6 agosto, deriverebbe da un atto simbolico, di ringraziamento, per l'avvenuta vittoria dell’esercito cristiano sui Turchi, a Belgrado, nel 1456; mentre, per altri, ancora, le origini della festa potrebbero derivare dal ricordo della "Dedicazione" di una delle primitive basiliche sul monte Tabor.
E' da sottolineare che la liturgia romana declamava il brano evangelico riferito all’episodio della Trasfigurazione, il sabato delle Quattro Tempora in tempo di Quaresima, mettendo così in relazione questo mistero evangelico con quello della Passione di Gesù.
In merito alla scelta di papa Callisto III, di collocare la festa nel calendario liturgico romano il 6 agosto, a ricordo della Vittoria di Belgrado sui Turchi, bisogna cercare di calarsi nella realtà di quel tempo per comprendere le motivazioni che indussero a quella scelta. 

Accadde allora che, dopo la conquista di Costantinopoli (1453) e la caduta dell'Impero Romano d'Oriente, il sultano Mehmed II (Maometto II), spingeva a salire con le sue truppe verso nord, alla conquista dell'Ungheria; ma per poterlo fare era obbligato ad espugnare la fortezza di Belgrado, posta sul confine dell'epoca. La fortezza fu quindi stretta d'assedio dal suo esercito nell'anno 1456. In quel momento in molti temettero che i Turchi-ottomani, risalendo la valle del Danubio, dilagassero in tutta Europa; anche il papa Callisto III era visibilmente molto preoccupato e paventava addirittura la fine di tutta la Cristianità...! Il principale obiettivo del suo breve pontificato fu, quindi, proprio quello di indire una sorta di crociata per arrestare quell'avanzata turca in Europa. Il "suo uomo" scelto per il campo di battaglia, fu Giovanni da Capestrano (poi divenuto Santo e protettore dei Cappellani), un umile frate francescano che, con un gruppetto di confratelli, riuscì a mettere insieme una fattispecie di esercito, formato essenzialmente da contadini e da braccianti, raccolti nelle zone interessate e armati in gran parte di soli forchettoni e falci. Tuttavia le forze militari cristiane furono coadiuvate anche da una flotta navale, guidata dal nobile ungherese János Hunyadi (soprannominato il Cavaliere Bianco) che, lasciato solo nell'impresa dagli altri cortigiani, mise mano alla propria tasca per finanziare la difficile impresa, quella di respingere le forze del Sultano; ma l'aiuto ricevuto da Giovanni da Capestrano, che era anche il suo consigliere, si rilevò strategicamente importante e molto decisivo per le sorti della causa, perché Giovanni seppe spronare con veemenza il morale delle truppe verso la storica impresa: riuscì con un racimolato esercito di pressappoco 5.000 persone a far fronte e mettere in fuga, via terra, il numeroso esercito Turco-ottomano, mentre Hunyadi colse la vittoria anche sul campo navale.

San Giovanni da Capestrano
Durante lo svolgersi battaglia, il Papa aveva ordinato di suonare in tutti i luoghi la "campana di mezzogiorno", perché il suono chiamasse i credenti a pregare per la vittoria; in molti posti però le istruzioni del Papa arrivarono tardi, a battaglia ormai conclusa, e allora "la campana di mezzogiorno" fu invece suonata  come simbolo della festa e per celebrare l'avvenuta vittoria.
A Roma, la notizia della vittoria sui Musulmani arrivò il 6 agosto, e papa Callisto III pensò bene di ricordare lo scampato pericolo, istituendo la festa della Trasfigurazione, simboleggiante "la letizia che trasfigura l'Europa". A partire dal 1457, la festa fu ufficializzata e celebrata ogni anno, in tutto il mondo. Il caso ha voluto che il papa Callisto III morì proprio nel giorno 6 agosto, del successivo anno 1458. Mentre i due condottieri, Giovanni da CapestranoHunyadi morirono entrambi di peste, contratta nel campo di battaglia, nello stesso anno 1456.  

Considerato come andarono gli eventi storici, c'è da dire che le preoccupazioni del papa Callisto III non furono esagerate, infatti i Turchi, pochi decenni dopo, tornarono alla carica non solo per sottomettere Belgrado (nel 1521, col sultano Solimano il Magnifico), ma anche per occupare tutta l'Ungheria. Fortunatamente, anche questa volta, il rischio di un'invasione dell'Europa fu arginato,  grazie all'intervento dell'esercito cristiano (Lega Santa), promosso dal papa Innocenzo XI
Attualmente tutte le chiese d'Oriente e d'Occidente celebrano la festa della Trasfigurazione del Signore, il 6 agosto, anche se la ricorrenza viene celebrata localmente in altri periodi del calendario cristiano, in aggiunta alla festa titolare del 6 agosto, come, già ricordato, avviene nel secondo sabato di Quaresima.
Nel Lezionario Comune Riveduto, seguito da alcuni adepti delle chiese protestanti (luterani, metodisti uniti, anglicani e altri confessionisti), la domenica immediatamente precedente il Mercoledì delle Ceneri è dedicata al ricordo della Trasfigurazione.

Statua del Salvatore - Cappella Sant'Alfonso a Marianella
Infine, in alcune chiese cattoliche dell'Europa settentrionale, la festa viene celebrata nell'ottava domenica dopo la Pentecoste.
Questo evento Forte della cristianità è stato immortalato nel tempo in pregevoli opere in ogni periodo della storia dell'arte: dal periodo romanico e medioevale, fino ai grandi artisti del periodo rinascimentale e barocco; ricordiamo Giotto, Giovanni Bellini, Beato Angelico, Perugino, Paolo Veronese, Raffaello Sanzio, Tintoretto, Luca Giordano, e tanti altri.
Ritornando ai nostri tempi, a partire dall'anno 2000, su proposta del patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartholomeos I, la festa della Trasfigurazione è diventata una ricorrenza liturgica nel calendario delle chiese, da celebrarsi per invocare una particolare intercessione per l'unità dei cristiani.
Nella festa del 2019, Papa Francesco ha ricordato la festa della Trasfigurazione con questo Twitter: “Nella Trasfigurazione Gesù ci mostra la gloria della Risurrezione: uno squarcio di cielo sulla terra“!

In occasione della ricorrenza del 6 agosto, la redazione di "Piscinolablog" porge gli auguri di buon onomastico a tutti i lettori e ai simpatizzanti che si chiamano Salvatore, e all'antico borgo di Piscinola: "La terra del Salvatore"...!
Auguri e buona festa a tutti!

Salvatore Fioretto



venerdì 23 luglio 2021

1-2 agosto 1787... Una folla incontenibile a Pagani, per salutare il Santo di Marianella...!

In occasione del "Dies Natalis" di Sant'Alfonso, ovvero della Sua nascita al cielo (ricordiamo che Alfonso morì a Pagani di Nocera, il giorno 1 agosto del 1787), abbiano pensato di ricordare per questa ricorrenza, gli imponenti e straordinari funerali che furono celebrati a Pagani, per l'amato padre fondatore dei Redentoristi. Per tale compito abbiamo scelto la cronaca molto dettagliata, contenuta nella biografia, che porta il titolo: "Compendio della vita di S. Alfonso Maria de Liguori, estratto dai processi giuridici di sua causa dal Sacerdote Giacinto Amici, Torino, anno 1839". Il Giacinto fu il difensore durante il processo canonico, che portò all'elevazione di Alfonso agli onori degli altari. Al termine del racconto è riportato anche il miracolo del bambino, che avvenne quando erano ancora in corso i funerali. Ecco la parte estratta dal testo:

"Gran commozione e concorso del popolo ai solenni suoi funerali.

Il suono lugubre della campana annunziò alla città di Nocera esser morto il gran Servo di Dio, l'insigne operaio evangelico, il padre de' poveri, il consolator degli afflitti. Tali in vero furono le voci che in quell'istante rimbombar si udirono per le contrade tutte della città. Non vi fu persona, che abbandonata ad un tratto la casa, e gl'interessi, non si portasse a dar segni di grata riconoscenza e venerazione a quegli che avendo in vita beneficato tutti, sperar si doveva ugualmente propenso ad interceder da Dio grazie per tutti. Intanto da padri della Congregazione, e da altri pii sacerdoti processionalmente si calò il corpo del Santo Vescovo nella gran cappella dedicata all'Immacolata Concezione di Maria nel piano di quel collegio di S. Michele; ove fu elevato in eminente tumulo circondato da lumi.
Si fé tosto un pio tumulto di popolo, non che nella cappella, ma ancor nel collegio e nelle vicine contrade. Giacché canonici, parrochi, regolari, sacerdoti, cavalieri, gentildonne, mercanti, artieri, e tutti gli ordini e classi de' cittadini eran colà concorsi per venerare a gara quel venerabile Corpo. Onde per impedire l'indiscreta divozione del popolo fu d'uopo apporre le guardie della regia cavalleria situata in Nocera. Mentre da' sacerdoti si cantava l'uffizio di requie, la recita del quale fu successivamente continuata da tutti gli ordini regolari della città sino all’un'ora di notte, facendo forza il popolo di salire sul tumulo per toccare il Corpo con fazzoletti ed abitini, e corone, fu commessa a' sacerdoti la cura di soddisfare il comun desiderio.

Cappella San Gennaro, Statua d'argento di S. Alfonso

Gareggiavan altri per ispargere sopra quel Corpo de’ vaghi fiori per indi ritrarli in conto di preziose reliquie. Come più dilatavasi la novella della di lui preziosa morte per i casali, terre, e città circonvicine vieppiù a dismisura cresceva il concorso del popolo.
Giunto appena il primo albore del seguente giorno due agosto, si vide la città di Nocera piena e ridondante di gente. Tanto era il numero de' forestieri concorsi da più lontani luoghi per render paga la lor divozione. Furono decorate l'esequie di quanto avea di più ragguardevole la città. Imperocchè radunatisi ivi il capitolo della cattedrale, il clero secolare, e tutti gli ordini regolari fu trasferito il Santo Corpo con funebre pompa della chiesa di S. Michele Arcangelo di quel Collegio, e fu posto sopra un catafalco alto più di palmi dieci, attorno a cui giravano lunghe e folte file di cere 'ardenti.
Appena colla forza armata reprimer si poteva il popolar tumulto, che ad ogni momento cresceva attorno al feretro per aver reliquie, per sparger fiori, per approssimarvi rosari e corone, e per togliere, non potendo aver altro, financo le stille e gocce di cera che cadevano dalle torce. Supplichevoli si prostravano ginocchioni avanti il sacro Corpo le persone non che plebee, ma le più ragguardevoli per dottrina, carattere, e dignità. Chi colle lagrime, e chi colla voce faceva ciascuno a gara di rammentare le di lui virtù, e tessere elogi alle gloriose sue operazioni.
Recitatosi intanto dal capitolo della Cattedrale l'ufficio si cantò la gran messa coll'assistenza dello zelante vescovo di Nocera monsignor Sanfelice, del menzionato capitolo e seminario dell'uno e dell'altro clero, e del magistrato della città. Decorò poi la sacra funzione una ben intesa e dotta orazione funebre recitata dal signor D. Fortunato Pinto allora canonico della Metropolitana di Salerno, indi vescovo di Tricarico.

La più antica immagine, conservata nella chiesa di Marianella

Ma già pervenuto l'avviso della di lui morte ai luoghi e città più lontane concorrevano ad ogni ora nuove torme di popolo. Per la qual cosa fu duopo sospendere la sepoltura di quel benedetto Corpo sino alla sera. Era in vero cosa di gran meraviglia il vedere colà accorsa gente financo da Napoli, dalla Torre, da Sarno, dalla Cava, da Salerno, e da molte altre, benché rimote città. Né lo straniero concorso composto era di persone volgari soltanto, ma ben anche di canonici, sacerdoti, e regolari. Vennero ancora fra gli altri a rendere uffici di onore e venerazione al Santo, i monaci di Monte Vergine, i Cassinesi della Cava, i Camaldolesi che si trovavano fuori dei loro eremi, l'abbate coll'intera sua religiosa famiglia del monastero di Materdomini, e tanti altri personaggi per carattere e nobiltà ragguardevoli.
Ammirava ognuno il bell'aspetto di quel Corpo, che appariva risplendente e giocondo a somiglianza di chi riposa, e piano saziar si sapeva di quella vista. Sembrava che la morte stessa ardito non avesse indurre sopra quel volto il consueto pallore, e che fuori del moto le prerogative ancor ritenesse di un corpo animato. Sopravvenuto infatti da Napoli circa l'ora di vespero un ritrattista, avendo questi nel ritirare dalla venerabil faccia il cavo di gesso scorticata la parte destra del naso, ne uscì vivissimo sangue; che anzi quel volto per molte ore in appresso comparve rubicondo oltremodo ed acceso. Durò fino a notte la folla del popolo, che sempre più si aumentava; né appagar si poteva la brama di tutti, che a gara chiedevano pezzetti di cose usate da lui per conservarli come reliquie.
Nella sera finalmente dello stesso giorno due agosto, chiuse a stento coll'aiuto de' soldati le porte della chiesa, si stimò opportuno tumulare il Corpo, acciò nel seguente giorno non crescesse a dismisura la folla. Nel calar che si fece dal catafalco quel corpo si ammirò, non che il di lui volto candido e bello, ma altresì le carni morbide, e ciascuna membra flessibile. Indi circa le ore due della notte chiuso entro due casse, la prima delle quali era laminata di piombo, alla presenza del Vicario Generale, coll'intervento ancora del Governatore della città, e di altre persone nobili, ed ecclesiastiche, fu riposto sotterra a "cornu epistolae" dell'altar maggiore nella menzionata chiesa di S. Michele. Si coprì poi l'avello con pietra, in cui scolpito era il suo nome.
Mentre gli uomini tanti onori rendevano al corpo del Santo, si compiacque il Signore palesare con grazie e prodigi la gloria che quella grand'anima godeva nel cielo. Uno soltanto ne riferisco per compimento di questo capitolo. Tormentava da gran tempo Giuseppe Maria Fasco, fanciullino di un anno e poco più, una cocentissima febbre e diarrea. Disperavasi già di sua salute ai due di agosto, giorno delle solenni esequie del Santo Vescovo, quando la zia, contro il parer de’ domestici, presosi sulle braccia il moribondo fanciullo il condusse alla chiesa di S. Michele, e lo fè approssimare al sacro Corpo. Ed oh meraviglia! al contatto di questi risanò immantinente il fanciullo che spiritoso e vivace fu da' sacerdoti restituito alla zia. Ciascun comprende qual fosse lo stupore che recò al folto popolo sì repentino miracolo. Ma non ebbero qui termine i prodigi. Imperocchè ricondotto a casa il sanato fanciullo, avendogli nel seguente giorno tre agosto mostrato il suo zio sacerdote D. Gaetano Fusco un'immagine del Santo, la bacia teneramente il fanciullo, e se la pone alla fronte. Quindi, sebbene per l'età sciolto ancora non avesse la lingua, rimasto ad un tratto estatico e fuori di sè, con una manina tenendo l'immagine, e coll'altra indicando il cielo fortemente esclama : Alfonso in cielo, Alfonso in cielo. Inarcarono i domestici per lo stupore le ciglia in sentire quelle prime ben sensate parole che proferiva il fanciullo, e molto più si meravigliavano, che chiamasse il Santo col proprio nome a lui affatto incognito. Ed ecco che nuovamente il fanciullo festoso e giulivo replica: Alfonso il santo, Alfonso il santo; ed indicando altra volta l'immagine, alzate ambedue le mani e gli occhi al cielo, ripete: il Santo in cielo, il Santo in cielo. Non potendo a se stessi credere i domestici per meraviglia tornano nel seguente giorno a mostrare l'immagine a quel fanciullo ed esso nuovamente la bacia, e con gli occhi in alto rivolti esclama: il Santo in cielo. Allora il pio sacerdote suo zio gli fè togliere dalle manine l'immagine, al che montò egli in collera, e si disciolse in dirottissimo pianto.
Gli presentò per quietarlo altra immagine simile nella grandezza e figura alla prima; ma il fanciullo da se rigettandola, no, ripete, non è. Per la qual cosa, acciò più non si straziasse col pianto, gli fu restituita l'immagine del Santo, e ad un tratto rasserenato il volto, la baciò, e se la pose sul capo. Laonde conchiusero i domestici, che contestarono con giuramento negli atti il prodigio, che Dio, il quale servir si suole della lingua innocente de' fanciulli per manifestare la santità de' suoi servi, sciolto avesse la lingua di quel fanciullino per dimostrare in terra la gloria che S. Alfonso godeva nel cielo.


Portenti operati in vita dal Santo. 
Noi non potremo dirli tutti a causa del troppo gran numero. Si manifestano nei processi della beatificazione più di cento miracoli, che il nostro Santo ha operato durante il suo vivere. Altri che non sono specificati negli atti dei processi, ma che dietro le informazioni che furono prese potrebbero contarsi in maggior numero.
È stato provato che in tutte le volte che egli sortiva a piedi o in carrozza, si mettevano lungo la strada degli ammalati d'ogni età, e soprattutto de' fanciulli infermi."

Basilica di Pagani (SA): Statua reliquario di gesso che contiene l'urna con le ossa del Santo

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NdR. Nella trascrizione della cronaca dei funerali di Sant'Alfonso, abbiamo preferito utilizzare la parola "corpo", in sostituzione del termine arcaico usato dallo scrittore biografo, poco incline a una lettura attualizzata, per il nostro racconto storico.

In occasione della solennità di Sant'Alfonso, la redazione di "Piscinolablog" porge gli auguri a tutti i lettori che portano il suo nome e a Marianella, sua cara terra di nascita.

Salvatore Fioretto 


Cappella di Sant'Alfonso nella Basilica di Pagani. Altare con la statua reliquiario di Sant'Alfonso