La nostra terra, abitata nei secoli scorsi
da braccianti agricoli e da muratori, ha alimentato storie di personaggi e
figure leggendarie, ma anche di misteri e di magici poteri. Storie e misteri
che si sono tramandati nei secoli e sono giunti miracolosamente fino a noi, pressoché
incontaminati. Ci piace oggi raccontare qualche aneddoto di personaggi e curiosità tratti dalla nostra antica tradizione popolare contadina.
Iniziamo con alcuni personaggi tratti dai racconti di Natale Mele, che sono stati rappresentati in un lavoro teatrale organizzato alcuni anni fa nell'Auditorium della VIII Municipalità, nel corso della kermesse cittadina del "Maggio dei Monumenti".
“‘O
Misciulillo”
Tra i tanti personaggi straordinari
realmente esistiti, ricordiamo “ò
Musciulillo”, ossia colui al quale venivano attribuiti dei grandi poteri
magici. Si narra che questo uomo una volta fu sfidato da un pastore di capre (craparo).
Il “capraro” conduceva i greggi a pascolare nello “Scampagnato”, vale a dire nel territorio dell’attuale “Scampia”. Il “capraro” erano una sorta di camorrista dell’epoca e la gente lo temeva perché era facilmente avvezzo a ritorsioni ed a vendette. Usava abilmente il suo bastone, per infliggere sonore bastonature ai malcapitati di turno, specie quelli che non volevano sottostare ai suoi abusi. Uno di questi caprai, mettendo in discussione il potere magico del “Musciulillo”, simulò con un gesto del braccio di colpire l’uomo con il suo bastone, ma questi con la forza del suo sguardo lo pietrificò, inibendo ogni suo movimento. Anche altri caprai che accorsero a sostegno del loro compagno, subirono la stessa sorte. Solo l’intervento dei vicini convinse il “Musciulillo” a liberare i malcapitati da quella stregoneria, affinché potessero ritornare a sera ai loro capanni. Intanto la notizia dell’episodio si diffuse rapidamente tra gli abitanti di Piscinola e i caprai dovettero ridimensionare di molto i loro comportamenti estorsivi e vendicativi nei confronti dei contadini. Con quell’episodio, il “Musciulillo” consolidò la sua fama di “mago stregone”, già da tempo attribuitagli.
“‘A
vermenara”
Ricordiamo poi “‘a vermenara”, ossia colei che aveva il potere di “sverminare” i bimbi, colti da infezione
di vermi intestinali. In antico tempo si pensava che lo sviluppo di tenie
avvenisse a seguito di un grosso spavento. Si diceva, in sintesi, che il bimbo
aveva avuto una “vermenata”. La “vermenara” procedeva con un rituale
prestabilito, tramandato di madre in figlia, fatto di gesti, preghiere e invocazioni.
Eseguiva al contempo con le mani una sorta di massaggio direttamente sul
pancino del bimbo, eseguendo dei segni sacri ed esoterici. Ancora oggi a
Piscinola persistono queste figure di “guaritrici”.
“Zia
Maria ‘o Cristo“
La figura di questa pia donna è rimasta nei
ricordi di molti anziani Piscinolesi. Era una semplice vecchietta, che forse
lasciò questa terra in “odore” di santità ed era soprannominata “Zia Maria ‘o Cristo”. La sua fama è
legata al fatto che andava ogni giorno girovagando per “cupe” e per masserie della zona in cerca di crocifissi rotti, che
erano stati buttati via dalla gente. La poverina li teneva in braccio come si
tiene un bambino e, camminando, invocava la pietà del Signore per la gente che
li aveva abbandonati. Ella ripeteva, dicendo: “Che t’hanno fatto!… che t’hanno fatto!”. Si racconta che, quando la donna morì,
furono trovati sul comodino di casa numerosissimi crocefissi rotti, raccolti
per strada durante le sue periodiche ricerche.
“Raziella
‘a muntona”
Molta più tenebrosa è la storia di “Raziella ‘a muntona”, considerata una “fattucchiera”, ovverossia costei aveva
il potere di fare fatture, per favorire i “ritorni d’amore”, oppure per
vendicare i torti subiti. Questa vecchietta si distingueva per avere una figura
minuta e un vistoso gozzo. Due episodi si attribuiscono al suo potere: il primo
avvenne un giorno per strada, quando un carrettiere osò brandire la frusta del
cavallo, per sollecitarla a liberare celermente la strada al transito del suo carro.
La donna fissò il conducente con uno sguardo gelido, esclamando: “... Ci vediamo stanotte!” Si narra che
quella notte la donna, con l’aiuto di altre fattucchiere, entrò nella stalla del
malcapitato e ne prelevò i cavalli, cavalcandoli poi fino all’alba.
La mattina seguente il carrettiere constatò, entrando nella stalla, che i cavalli erano molto sudati, presentavano una vistosa bava alla bocca e a stento riuscivano a mantenersi sulle zampe. Subito l’uomo collegò la vicenda all’episodio accaduto il giorno prima e non osò più sfidare la vecchia, anzi ne ebbe molto timore. La seconda vicenda, legata a questa leggendaria vecchietta, avvenne sempre per una sfida lanciata da un padre di famiglia, che mise in discussione i suoi poteri magici. In quella notte l’uomo trovò la sua bimba senza il “tudero”, ossia senza la stretta braga di fasciatura. La bimba fu trovata sul pavimento nel centro della camera da letto, anziché nel letto, dove era stata riposta la sera prima. Nel letto fu trovata la fasciatura integra. Anche questo episodio veramente accaduto, fu attribuito alla magia della donna. Si sa che era impossibile liberare a quei tempi un bimbo dalla sua fasciatura (tudero), senza romperla o srotolarla!
“‘O
lupemannaro”
Un’altra figura leggendaria di Piscinola era
il “lupemannaro”, ossia l’”uomo-lupo”.
Si diceva che il lupemannaro appariva
sempre in occasione del plenilunio, quando era costretto ad uscire allo
scoperto ed a emettere, per la forza esercitata dalla Luna, dei singulti simili
ai latrati di un lupo. Di questi personaggi ce ne erano diversi a Piscinola; accorrevano
nel loro girovagare vicino a fontanine pubbliche, per ristorarsi e provare a
placare il loro stato di sete. Ciò avveniva spesso in Via SS. Salvatore e in Via
V. Emanuele, come racconta qualche convinto testimone oculare… Forse queste
persone, veramente esistite, erano affette da malattie, che oggi sono riconducibili
all’asma, ma in passato, a causa dell’ignoranza popolare, venivano loro
attribuiti dei veri poteri sovrannaturali.
Continua questo “viaggio” nel tempo, tra personaggi e aneddoti popolari…, riportiamo ora i racconti tratti dai ricordi del sig. Pasquale Di Fenzo.
“‘A
signora cu’ ’a coda!…”
Si racconta che una signora, abitante in Via
Vittorio Emanuele (‘O cape ‘e coppa),
un giorno si mostrò infastidita dal passaggio della processione, forse a causa
del suono della banda e del frastuono delle voci emesse dalle persone e dagli
scugnizzi che seguivano il corteo. Invece di esporre al balcone la solita
coperta colorata e lanciare petali di fiori, la signora chiuse stizzita i
battenti del balcone e si ritirò in casa. La leggenda popolare vuole che, dopo
tale fatto, alla donna crebbe una vera e propria coda...!! Molte persone, dichiaratisi
testimoni dell’avvenimento, erano pronte a giurare di aver veramente visto
questa “appendice” anatomica, non comune per un essere umano…!!
“‘O
serpente cu’ ’a calamita...!”
Si racconta che nella “casa dei serpenti”,
di cui abbiamo già descritto il manufatto, un tempo avesse trovato ricovero e
vi dimorasse uno straniero vagabondo, forse di origine greca o indiana e che
costui avesse con sé un serpente. Questo serpente, secondo l’immaginario
popolare, aveva qualcosa di sovrannaturale, forse di magico! Si racconta, infatti,
che avesse la facoltà di ipnotizzare con lo sguardo le persone, un po’ come fa
una calamita bloccando gli oggetti di ferro! Per questo potere, il serpente fu
soprannominato “‘O serpente cu’ ’a
calamita”. Alcuni sostengono che il rettile avesse le corna, oppure le
lenti. E’ molto probabile che lo straniero fosse
un girovago o un circense, che guadagnava qualche soldo esibendo nelle feste la
“danza del serpente”. Come pure è
attendibile che questo serpente fosse un cobra e ciò spiega l’attribuzione
degli occhiali. La forma del rettile e il suo modo di porsi in posizione
eretta, che fissa le persone, sicuramente all’epoca avranno attirato la
fantasia e la curiosità dei popolani. Spesso le madri ammonivano i pargoli a
non allontanarsi troppo dal loro sguardo vigile, ricordando il “serpente cu’ ‘a calamita”...!
“‘O
Barone”
Anche quest’uomo, come gli altri personaggi
raccontati, è realmente esistito. Tutti lo chiamavano con il nomignolo bonario
di “‘o Barone”. Non si conosce precisamente
il vero motivo, forse a causa del suo portamento un po’ bizzarro e trascurato,
forse parafrasando il suo stato di povertà con il titolo previsto per una
persona ricca e blasonata. Una volta, nell’immediato dopoguerra, fu
preso in giro anche dai soldati americani, che marcando la sua nomea di nobile,
lo scortarono fino a casa, con tanto moschetto e di picchetto...! Dal fisico
apparentemente normale, anche se non proprio bello nell’aspetto e forse anche
un po’ sciatto nel vestire, è entrato a far parte nell’immaginario collettivo della
nostra gente per un’altra caratteristica che lo distingueva: vale a dire
l’eccezionale forza posseduta. Egli sembrava un uomo dal fisico normale, ma era
dotato di una forza straordinaria. Secondo le testimonianze raccolte, riusciva
a sollevare e trasportare sulle sue spalle, mobili o sacchi pesanti, anche
oltre il quintale, senza l’aiuto di nessuno. Ironia della sorte, spesso si
riduceva anche in stato di ubriachezza e si vedeva brancolare nei pressi di
qualche “vineria” di Piscinola. Prese moglie in tarda età. Per molti anni abitò
in un “basso” di Piscinola, non ebbe mai un lavoro fisso e visse soprattutto grazie
al sostegno e alla generosità della gente di Piscinola. Quando morì, furono in
molti a compiangerlo, perché in fondo si era fatto volere bene da tutti, per la
sua semplicità e umanità.
“‘Don Vicienzo" detto "'O Popolo"
Foto di repertorio |
Un altro personaggio caratteristico di Piscinola di un tempo è stato “Don Vicienzo”, detto “‘O Popolo”, di professione ciabattino, il quale con un suo “repertorio” di centinaia di storielle e aneddoti ha incantato diverse generazioni di piscinolesi. Don Vincenzo si posizionava con il suo banchetto di “solachianiello” nel cortile antistante alla sua abitazione in Vico Plebiscito, sempre circondato da bambini e ragazzi incantati ad ascoltare i suoi affascinanti racconti e a osservare le sue espressioni colorite. Specie in estate, iniziava di buon mattino e finiva all’imbrunire, raccontando come in una recita senza sosta, i suoi numerosi “fattarelli”. Si esprimeva sempre in italiano, con una prosopopea da letterato e per tale motivo la gente gli coniò il nomignolo di “‘O Popolo”. Si racconta che egli ricordava tutta la Divina Commedia a memoria. Era un concentrato di filosofia di vita e di simpatia!
Foto di repertorio |
L'intero contenuto di questo post è tratto da un intero paragrafo del libro "Piscinola, la terra del Salvatore - Una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di Salvatore Fioretto, ed. The Boopen, anno 2010. Si ringraziano sempre con affetto gli amici: Natale Mele e Pasquale di Fenzo, per la loro continua e generosa collaborazione nel fornire queste preziose testimonianze e ricordi.
Salvatore Fioretto