venerdì 6 ottobre 2023

Vittorio Avolio, ciclista per amore... in ricordo!

Ormai è quasi diventato il motto di "Piscinolablog": "Piscinola è la terra della musica..., e anche la terra dello sport...!" Tra le pubblicazioni di questo blog contiamo, infatti, un nutrito numero di post dedicati agli sportivi originari del quartiere, che si sono affermati nelle varie discipline, tra cui: il Basket, la Boxe, l'Atletica e ovviamente il Ciclismo. E proprio di quest'ultima disciplina sportiva, quella del Ciclismo, intendiamo oggi tessere le lodi per un altro atleta piscinolese, che ha onorato la sua terra nello "sport delle due ruote", non solo in ambito regionale, ma anche in tante competizioni disputate al di fuori della regione Campania, ci riferiamo al ciclista, pluricampione, Vittorio Avolio!
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Vittorio Avolio nacque a Piscinola; durante l'adolescenza e la sua giovinezza, abitò con la famiglia in uno stabile situato in via Vittorio Emanuele (detto 'o Capo 'e Coppa). Il padre, Francesco, fu musicista della banda musicale di Piscinola, suonando la tromba. Da sempre appassionato di sport, Vittorio intraprese la carriera ciclistica, anche se in tarda età, intorno ai quarant'anni, coniugandola con i suoi impegni lavorativi, ma non accusò mai per questa il gap dell'età anagrafica e degli impegni. Iniziò a gareggiare quindi da cicloamatore, ma dimostrò di avere una spiccata attitudine alle competizioni, vincendo praticamente da subito i tanti tornei a cui partecipava, gareggiando e confrontandosi, senza timore, con i cicloamatori più forti dell'epoca, specie con quelli che avevano fatto la storia del ciclismo agonistico campano.
Avolio ha gareggiato nei tornei assieme a tanti ciclisti veterani, tra cui diversi sportivi che erano originari del quartiere di Piscinola (quartiere che ha sempre manifestato una spiccata vocazione sportiva per la bicicletta). Ricordiamo: Raffaele Riccio, Giovanni Ciaramella e, poi, Salvatore de Novellis, Pino Cutolo, Antonio Cardinale (che fu suo maestro nella specialità "Cross"), i fratelli Terracciano, i fratelli Grassia, Pasquale Barra, Mimmo Tranchese, Franco D'amore, e tanti altri.
Il nostro corridore piscinolese ha vinto tantissime competizioni, in quanto era molto veloce; tante vittorie sono state da lui coronate anche al di fuori della Regione Campania, particolarmente nelle gare svoltesi in Puglia, in Calabria e nel Lazio. Unico suo rammarico fu quello che, pur partecipando alle gare organizzate a Piscinola, suo quartiere natale e a Melito, suo quartiere d'adozione (dove risiedeva dopo il matrimonio), non riuscì a raggiungere la vetta del traguardo da vincitore; insomma, un "Nemo propheta in patria".
Avolio ha vinto diverse maglie di campione regionale, sia nella specialità "Strada" che in quella del "Cross", facendo "doppietta" di vittorie, negli anni 1983 e 1985.
Una vittoria che ricordò sempre tra le più belle conquistate, fu quella al "Campionato Regionale di Paestum", dove vinse in volata, dopo una fuga di 50 km, e un testa a testa finale con il corridore Saverio Cascone!
Uomo semplice e generoso, gran lavoratore e amante della famiglia, Vittorio Avolio si è spento alcuni anni fa, nel comune di Melito, dove risiedeva.
Vittorio ha trasmesso la passione per la bike anche ai suoi figli. Alessando, ricalca da tempo le orme del papà, infatti, l'ultima vittoria è stata colta domenica scorsa, 1 ottobre, a Paestum, dove ha conquistato il titolo di "campione di ciclismo nazionale Acli", vincendo sul rettilineo dei templi di Paestum, proprio dove il papà Vittorio ebbe l'apoteosi delle sue vittorie... Ed è vero, come dice il detto: "Buon sangue non mente"...!
L'altro figlio di Avolio, Rosario, anche lui ciclista per passione, ha fondato ed è presidente dell'associazione sportiva: "I Cavalieri di Melito" e promuove la cultura dello sport del ciclismo. L'associazione ha già organizzato diversi tornei per amatori e dilettanti. Ammirevole è l'organizzazione dei due Memorial, con raduno sportivo e corsa, dedicati al padre Vittorio: il primo, nel 2021, intitolato: "In giro con Vittorio" e, il secondo, nel 2022, intitolato "Cicloscalata dell'Eremo".
Nel primo "Memorial", che ha visto la partecipazione di un numeroso
gruppo di ciclisti, ha avuto per tappa la direttrice: Melito-Scampia-Piscinola, con traguardo in piazza Bernardino Tafuri, davanti al sagrato della Chiesa del SS. Salvatore.
La “Cicloscalata dell’Eremo” disputata nel 2022, che ha visto un numero di partecipanti più che raddoppiato, è stato il primo evento ciclistico entrato a far parte della campagna: “Pedalando verso il futuro” di Oceanus, l’organizzazione internazionale, che dal 2022 ha scelto Napoli per promuovere l’uso della bicicletta come mezzo alternativo di trasporto urbano, attraverso eventi e tour su tutto il territorio nazionale, chiedendo alle Amministrazioni Pubbliche di prendere provvedimenti per favorire e tutelare l’utilizzo della bicicletta per una mobilità ecosostenibile.
In conclusione, ecco due interviste rilasciate da Rosario Avolio e pubblicate in due siti web ("Napoli Tagged" e "Sportflash24"): Promuovere la bicicletta come mezzo di trasporto, oltre che come uno sport altamente formativo per i nostri giovani, è un po’ una missione di famiglia un obiettivo trasmesso da mio padre e condiviso con tanti amici e appassionati che partecipando all’evento del 23 ottobre saranno protagonisti di questo messaggio di cambiamento e attenzione verso un nuovo modo di spostarsi e vivere il tempo libero sul nostro territorio” (anno 2022).
“La partecipazione di tanti amici, provenienti da più province della nostra regione, è la dimostrazione che la passione per la bicicletta, che mio padre ha trasmesso a me e ai miei fratelli, è qualcosa che va oltre il risultato, perché ci insegna a soffrire, a stare insieme. E’ un qualcosa di eccezionale, che lega tutti noi nel rispetto reciproco.
Ieri mattina, partendo da Melito, abbiamo toccato Aversa, Lusciano, Parete, Giugliano, Qualiano, Calvizzano, Marano, Chiaiano e poi siamo arrivati a Piscinola. Papà ha gareggiato, e molto spesso ha vinto, belle corse in quasi tutti questi centri, ma mai a Piscinola e Melito. Per la serie… ‘Nemo Propheta in Patria’, ma soprattutto perché, negli anni in cui lui correva, non ne sono state organizzate. Grazie a questa 1^ edizione della manifestazione ‘In giro con Vittorio’, però, papà ha vinto sia a Melito che a Piscinola. E spero che da lassù… sia contento di questa cosa”. (anno 2021)

Ringraziamo Rosario Avolio, per averci fornito diversi articoli di giornali, le foto e altre notizie, che sono state utilissime per la redazione di questo post dedicato al grande campione di "casa nostra."
Salvatore Fioretto
 

 
 


sabato 30 settembre 2023

I Casali di Napoli: le origini...(parte I)

Tabula Choronographica Neapolitani Ducatus, di Bartholomeo Capasso
Ritornando alla "grande storia" del nostro territorio, che poi è comune a tutta la provincia di Napoli e all'Italia meridionale, descriveremo l'origine e lo sviluppo delle istituzioni amministrative chiamate "Casali", che tanto lustro diedero al nostro territorio e alla nobile Capitale. Tanti furono gli studiosi e gli storici che si dedicarono con passione a questa materia, tra i quali ricordiamo: Giovanni A. Summonte,
G. M. Galanti, Lorenzo Giustiniani, Antonio Chiarito, Bartolommeo Capasso, Domenico Chianese e Cesare de Seta, tanto per citare i più importanti.
La trattazione storica viene suddivisa per questioni di spazio in quattro parti, ecco la prima parte.

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L’origine dei Casali

Particolare della mappa di B. Capasso, copia a mano a cura S. Fioretto

In antichità i primi insediamenti agricoli sorti attorno alla città di Napoli erano detti “Pagus” e indicavano villaggi di tipo rurale oppure erano detti “Villa” e indicavano gli stabilimenti agricoli con annesse abitazioni patrizie. In seguito, sempre per indicare i primi insediamenti, fu usato anche il termine barbaro di “Vicus”.
Il termine di “Casale” si pensa che derivi dalla parola “Casati”: allocuzione usata tra i secoli VIII e IX, in riferimento alla presenza di “Terzatori”, i quali erano i primitivi abitanti dediti a vigilare e a coltivare la terra a loro affidata e denominati così in ragione della regola stabilita per la suddivisione dei beni e dei raccolti. 

Tra i Casali vicini a Napoli e la linea di fortificazione presente attorno alla città, si contrapponevano i “Castra” od “Oppida”, che avevano invece delle funzioni difensive della città. Non dimentichiamo che per tale scopo difensivo, nei tempi più antichi del ducato napoletano, fu tracciato anche uno sbarramento artificiale, chiamato "Fossato Napoli", che
nel lembo di territorio più vicino a noi, si sviluppava attraversando i casali di Melito e Mugnano (l'etimologia del toponimo di Melito (Mellito) risalirebbe proprio al termine arcaico di "Fossato").
La necessità di raggrupparsi per migliorare la sicurezza e, nello stesso tempo, il bisogno di essere vicino ai terreni da coltivare, spinse i contadini che abitavano in povere abitazioni sparse nelle campagne, a concentrarsi in caseggiati o villaggi, intorno alle primitive chiese presenti o intorno a palazzi feudali.

Carlo I d'Angiò, facciata Palazzo reale Napoli

Nacquero così i Casali. Il processo fu lento e graduale nel corso dei secoli e si stabilizzò in seguito alla pace avvenuta tra i Napoletani e i Longobardi, cioè verso la fine del VII secolo.
Questo evento storico diede pace e tranquillità a un vasto territorio fertile: la “Liburia”. Lo storico Bartolommeo Capasso scrive a tal proposito: “Lenta e graduale dovette essere a mio credere l’origine di tutti i villaggi della Liburia che durante il Medioevo sursero nell’agro napoletano ed aversano […]”.
In età Normanna, molti Casali perdettero la loro autonomia, diventando “Casali Feudali” (o Infeudati), perché dipendenti da feudatari. Mentre, altri Casali, come quello di Piscinola, divennero “Casali Demaniali”, dipendenti cioè dal Demanio.
Gli Svevi, diversamente, inasprirono l’imposizione fiscale. Il re Federico II stabilì una tassa di tre tarì all’anno per ogni abitante e fece compilare un elenco dei Casali e dei loro abitanti.
In questo periodo, con l’unificazione del Regno, venne a mancare il bisogno di difesa dei “Castra” e da allora in poi il termine corrente per indicare i territori confinanti con la città rimase solo quello di “Casale”. Di questi elenchi, come abbiamo già riferito, ne rimane una copia quattrocentesca, chiamato il “Cedolare Angioino”. 


Durante il periodo Normanno-Svevo, molti Casali, tra i quali il Casale di Piscinola, acquistarono una certa autonomia amministrativa, tuttavia, furono sempre obbligati a pagare le varie gabelle, tra cui: la tassa di uso dei campi per il pascolo (nonostante avesse l’accesso alle aree demaniali), la tassa del “Macellatico” sulle carni, la tassa del “Plateatico” sull’occupazione di suolo pubblico, il “Catapania” sui pesi e sulle misure e la “Portolania” sui passi e sulle strade, oltre alla tassa per la manutenzione delle fortificazioni (mura cittadine).
Gli Angioini continuarono questa politica esattiva, obbligando il pagamento delle tasse anche agli abitanti dei Casali, che si erano trasferiti a Napoli per evitarne il pagamento. Quest’ultimi venivano chiamati “Revocati”. Tale politica favorì il ritorno di questi cittadini ai loro Casali di origine.
In questo periodo l’imposizione fiscale si mostrò molto gravosa, tanto che molti contadini per poter sopravvivere, furono costretti a vendere tutto il loro raccolto in città. Le tasse erano raccolte direttamente dalla Regia Corte, mediante i “Catapani” ed i “Baglivi”. In epoche successive furono i nobili ad avere questo privilegio, dopo aver comprato il “servizio” ad un’asta pubblica.
Solo i “Casali Demaniali”, che intanto furono chiamati “Regi”, pur con le limitazioni accennate, avevano la prerogativa di amministrarsi autonomamente, con la libera facoltà di raccogliere in esclusiva i tributi.
La trasformazione dei Casali di Napoli nello status di “Casali Regi” avvenne dopo la vittoria degli Angioini sugli Svevi, a Benevento nel 1266. Carlo I d’Angiò, prima di partire per Palermo, fece generose concessioni a coloro che gli avevano mostrato devozione e avevano collaborato per la conquista del Regno. L’elenco fu trascritto in un libro chiamato “Liber Donationum” e fu affidato a un cavaliere di nome Giozzolino della Marra.
Tra le concessioni e le donazioni di feudi, è da segnalare la scrittura relativa ai Casali di Napoli: “[…] diede molte castella nell’uno, e nell’altro Reame a Gerardo, e Bertrando di Artus, e a Rinaldo e Pietro di Cauda, anch’essi cavalieri francesi della provincia di Borgogna, Specchio, Castel Pagano, San Lotterio e la Volturana, e tutti i casali di Napoli, sotto nome di Governatore Regio, per la vita di uno di essi […]".
Anche il Casale di Piscinola passò allo status di “Casale Regio” e, come gli altri Casali Regi, godeva delle stesse prerogative della città di Napoli, dipendendo solo dall’autorità reale.
Non sappiamo invece quando i Casali divennero “Università”, ossia Comune (
Universitas - Commune), tuttavia già in alcuni documenti del 1542 al loro toponimo è associato il termine di “Universitas”. (continua nella seconda parte)

Salvatore Fioretto 


venerdì 22 settembre 2023

Della serie i racconti della Piedimonte: "La Festa per i Cento Anni della Ferrovia Alifana", di Giovanni Giuseppe Caracciolo

Continuando la serie dei racconti sulla Piedimonte, ecco un post scritto dal dott. Caracciolo che descrive i preparativi dell'evento che videro la celebrazione del centenario della Ferrovia, svoltosi a Santa Maria Capua Vetere nella primavera dell'anno 2013. Oltre alla mostra storico fotografica e di modellismo, allestiti dall'associazione G.A.F.A. (Gruppo Amici della Ferrovia Alifana), fu organizzato anche un treno speciale di rievocazione della cerimonia di inaugurazione della ferrovia, avvenuta nel lontano 1913.
"Il 6 aprile 2013 si sono svolti i festeggiamenti dei Cento Anni della Ferrovia Alifana, tenendo conto che la tratta Napoli della Ferrovia Elettrica Piazza Carlo III-Capua vide il completamento con l’arrivo del primo treno il 30 marzo 1913.
Ma si festeggiavano anche i Cinquant’anni della riattivazione del tronco a trazione Diesel Santa Maria Capua Vetere-Piedimonte d’Alife inaugurata il 4 aprile 1963 dopo i noti eventi bellici che avevano decretato la distruzione della vecchia tratta a scartamento ridotto con trazione a vapore nel 1943, lasciando il Matese senza l’agevole collegamento ferroviario sostituito da precarie linee automobilistiche.
L’Associazione Amici del Gruppo della Ferrovia Alifana (GAFA) organizzò due giorni di festa con una mostra modellistica e fotografica al Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere di grande successo di Pubblico, il 6 e 7 aprile 2013 ed un treno speciale con l’automotrice storica ALn 773-12, costruita nel 1962 dalla OM di Milano.
Lanciata l’idea del treno speciale, il Capodeposito Giancarlo Atzeni e gli altri valenti tecnici, animati dall’eccezionale evento, controllarono minuziosamente l’automotrice e la ritoccarono con vernici per renderla brillante e donarle l’antico splendore di una volta.  Gli Amici della ferrovia Alifana all’interno la decorarono, come in origine, con foto storiche della Ferrovia e panorami della Città di Napoli. Furono apposte sul frontale due bandiere con la scritta: “Cento Anni Ferrovia Alifana”.  Su di esse erano raffigurate la locomotiva a vapore Breda di prima dotazione e l’automotrice OM per rimarcare la grande storia che questa linea può vantare.
La mattina del 6 aprile 2013 tra la grande emozione di tutti i partecipanti convenuti, il treno speciale, proveniente dal deposito, si attestava con l’inconfondibile rombo borbottante dei motori OM-SAURER al binario di partenza, destinazione Santa Maria Capua Vetere per la visita della mostra al Teatro Garibaldi nel “Salone degli Specchi” e taglio della gigantesca torta del Centenario.
Erano presenti la Pro-Loco Vallata di Piedimonte Matese capitanata dal loro vulcanico Presidente Giovanni Cinotti, “Cittadinanzattiva” con la Presidentessa Margherita Riccitelli, appassionati, studenti del Liceo Scientifico di Piedimonte Matese “Galileo Galilei” guidati dalle professoresse Maria Santoro e Giordano.
Alle 9.35 l’automotrice con alla condotta il capodeposito Giancarlo Atzeni nell’elegante divisa originale degli Anni Sessanta, visibilmente emozionato, con i motori accelerati che emettevano due pennacchi di fumo vigorosi, gli studenti festanti e contenti affacciati ai finestrini si avviava facendo sventolare le bandiere del Centenario e quella tricolore apposte sul frontale, salutata dalle trombe e dal fischio delle altre automotrici ferme in deposito.
A bordo furono regalati ai partecipanti all’evento dalla hostess, signorina Alessia Rossetti i biglietti, frutto di fantasia, con l’intestazione della "Compagnie des Chemin de Ferdu Midi de l’Italie" (CFMI), la Società che aveva costruito la Ferrovia oltre cento anni fa.
Un ultimo ricordo è per i ferrovieri che avevano preso servizio nel 1963 e che durante il viaggio non sono riusciti a trattenere l’emozione per i tanti ricordi che sfilavano nei loro cuori mentre ammiravano dal finestrino un paesaggio che per cinquant’anni è stato il loro compagno di vita." (G.G. Caracciolo)

Ringraziamo il caro dottore Giovanni Giuseppe Caracciolo, di Piedimonte Matese, nostro amico e grande appassionato di cose ferroviarie, nonché studioso e autore di diversi saggi storici, tra cui "Mitica Alifana" dedicato alla Ferrovia Napoli Piedimonte D'Alife. Si ringrazia l'Ass. "Clamfer" per le foto condivise. Infine, un commosso ricordo del compianto prof. Andrea Cozzolino, autore delle due foto del treno in corsa, sopra pubblicate.

S. F.












giovedì 14 settembre 2023

Le testimonianze storiche più antiche sul sangue di San Gennaro e sul prodigio della sua Liquefazione...

S. Gennaro in abiti pontificali, mosaico di Lello da Orvieto, 1322 (part.)

Sappiamo che la notizia più antica, fino ad oggi mostrata ufficialmente dagli studiosi della vita di San Gennaro e di "cose sangennariane", è la cronaca contenuta in un  diario anonimo (perché non si conosce il nome dello scrittore), scritto nella fine del XIV secolo, ovvero quello che viene denominato come: "Chronicon Siculum". Questo "Chronicon" è un diario che raccoglie testimonianze di eventi avvenuti nel Regno tra il 1340 e il 1395. Per quanto ci riguarda, in corrispondenza dei fatti avvenuti nell'anno 1389 e in particolare nel giorno 17 agosto, si legge: "Sequenti die XVII augusti (anno 1389) facta fuit maxima processio propter miraculum quod ostendidit Dominus noster Jesus Christus de sanguine beati Januarii, quod erat in pulla et tune erat liquefactum tampuam si eo die exisset de corpore beati Januarii..." (la traduzione letterale è la seguente: "Nel giorno seguente 17 agosto (1389) fu fatta grandissima processione per il miracolo che mostrò nostro Signore Gesù Cristo nel sangue del beato Gennaro, che era in un'ampolla, e che allora fu visto liquefatto come se in quel giorno fosse uscito dal corpo del beato Gennaro...").

Arcosolio affrescato nelle Catacombe di S. Gennaro, con l'immagine del Santo (V sec.)

Gli autorevoli storici, studiosi della vita e del culto di San Gennaro: il professore "G. B. Alfano" e il Dott. Antonio Amitrano, così commentano questa prima testimonianza, nella loro opera monumentale: "Il Miracolo di San Gennaro in Napoli", ed. 1950: "Questo antico documento è importantissimo. Innanzi tutto ci conferma la testimonianza storica e tradizionale dell'autenticità del sangue di S. Gennaro.
Inoltre, occorre notare che la processione fu fatta propter miraculum, a cagione del miracolo che avvenne. Il cronista ne parla con molto entusiasmo da far quasi supporre che questo sia stato il primo miracolo osservato nella reliquia del sangue. Avvenuto il miracolo si credette esprimere la gioia e la gratitudine con una solenne processione (maxima processio). Forse erano state esposte le reliquie del capo e del sangue perchè si ottenne un po' di pace a Napoli dopo molti anni di guerra  e perché arrivò del grano dopo molti mesi di carestia. Esposte le reliquie, inaspettatamente avvenne il miracolo".
Si noterà che i due studiosi utilizzano sempre il termine di "Miracolo" e mai quello di "Prodigio"...!

Particolare dell'immagine più antica di S. Gennaro, risalente al V secolo


Questa notizia viene quindi ritenuta la notizia storica più antica nella quale si fa cenno alla liquefazione del sangue, anche se avvenuta durante una data straordinaria, ovvero al di fuori delle esposizioni tradizionali nel corso dell'anno. Si ricorda che nel XIV secolo la Chiesa napoletana già celebrava la memoria di San Gennaro in due ricorrenze: ovvero il 19 settembre, che ricorda il Dies Natalis del Martire Patrono (la data del martirio di San Gennaro) e la data della prima traslazione delle sue reliquie, da Marcianum (antica località esistente presso Fuorigrotta) alle Catacombe di Capodimonte (denominate poi Catacombe di San Gennaro), compiuta nel giorno 13 aprile di un anno compreso tra il 413 e il 431.  Concordiamo con quanto sostenuto dagli Studiosi, che è proprio questo "segno" straordinario della liquefazione, avvenuta in una data non ordinaria, nel pieno di una grande calamità pubblica (guerra e carestia), a suscitare lo stupore e l'enfasi nella descrizione da parte del cronista, e ci lascia immaginare che esso non sia stato il primo prodigio... Tuttavia, possiamo sostenere che poca importanza è stata riservata dagli studiosi della materia e dai ricercatori storici, ad almeno altre tre antiche testimonianze scritte, che descriverebbero la presenza della reliquia del sangue e la fenomenologia della sua liquefazione, documenti che risalirebbero al VII e al XII secolo, che sono stati scritti dai cronisti di nome: Fabio Giordano, Lupo de Speis e il monaco Maraldo.

Nel seguito descriviamo il contenuto di ciascuno di questi documenti:

Vestibolo Basilica di S. Gennaro Extra Moenia,
affresco con San Gennaro che benedice il Vesuvio, di A. Tesauro XVI sec.

1) Fabio Giordano, in un suo lavoro intitolato "De Vesuvio monte..." riporterebbe la seguente frase: "Adeoque (Vesuvius) pernicibus  ignium caucta adussit, ut nonnisi , solemni pompa sacerdotum. Beati Januarii caput er durum sanguinem profetarum accurrente sisti, avvertique posturit...". Tale testo si riferisce all'eruzione vesuviana dell'anno 685, durante la quale si sarebbe sperimentata la protezione di San Gennaro. La specificazione di "durum", dimostrerebbe che altre volte il sangue sia stato trovato liquefatto... Tuttavia alcuni storici hanno mostrato alcune riserve sulla veridicità di tale documento, come per'altro gli stessi autori del testo "Il miracolo di San Gennaro". Occorrerebbe a nostro avviso risalire alla fonte del manoscritto ed esaminarlo nel dettaglio. Comunque la testimonianza di Fabio Giordano fornisce alcuni elementi per condurre un'indagine storica in un periodo molto lontano rispetto alla primitiva testimonianza, per ora certa, che è risalente al 1389...
2) La seconda testimonianza storica che dimostrerebbe l'esistenza del sangue di S. Gennaro e il fenomeno della liquefazione risale al 1120, intitolata "Vita S. Peregrini" ed è stata scritta da Lupo de Speis. Nel testo, che racconta episodi della vita e della morte di San Pellegrino avvenuta a Napoli, si dice, tra l'altro: "Venit (S. Peregrinus) Neapolim, quam veteres Parthenopen appelarunt, ad S. Januarii Martyris quotidianum er insigne miraculum; ubi geminae phiale vitreae purvulae habent intra se ipsius martyris durum sanguinem sicut saxum; quae  cun ad caput eiusdem Martyris appropinquantur, subito liquscit sanguis in illis, cum aliqua spumanti ebullitione. Qui Martyr a mille annis citra jam migravit ad Dominum et phialae intactae persistunt...".
Questa testimonianza presenterebbe un solo dubbio, ovvero che è stata scritta nell'anno 1468, cioè in un'epoca molto lontana dal 1120, ma dopo pochi decenni dalla testimonianza del 1389. Alcuni storici  ritengono che il racconto scritto dal cronista sia stato condizionato da quello che egli vedesse ai suoi tempi, in relazione al prodigio del sangue.
Tuttavia, a nostro parere, questa considerazione, con la quale si dichiara inattendibile il documento, non è esaustiva, perchè potrebbe essere capitato che lo scrittore abbia trovato una fonte testimoniale, oggi perduta, che invece avvalorerebbe questa prima notizia sul "miracolo".
3) La terza testimonianza antica è data da un "Chronicon", risalente all'anno 1140 che sarebbe stata scritta dal "monaco cartusiano" di nome "Maraldo" e s'intitola: "Breve Chronicon monasterii S. Stephani de nemore..."; nel suo contenuto si legge: "Hoc annuo (1140) Rogerius  rex, post coronationem suam Neapolim venit , et cives obviam illi occurrerunt contra portam Capuanam, et Archiepiscopus urbis Neapolitanae processionaliter cum recepit, una cum Sancto rum reliquiis et sanguine S. Januarii, quas reverenter adoravit; quae postmodum ad ecclesiam rediere... Rogerius citius  venit ut adoraret istum sanguinem redivum". Questo testo è stato ritenuto apocrifo da alcuni studiosi autorevoli, perchè la notizia dell'ingresso trionfale a Napoli di re Ruggiero non viene riportata nelle altre "cronache" dell'epoca. Tuttavia anche per essa occorrerebbe ritornare alla ricerca delle fonti del testo, sempre se è ancora possibile, oppure sperare nella scoperta di altre testimonianze dell'evento narrato.

Le fiere si accovacciano ai piedi di S. Gennaro, nell'anfiteatro di Pozzuoli,
dipinto di Artemisia Gentileschi 1636-37, Duomo di Pozzuoli

Dopo il Chronicon Siculum del 1389, la prima testimonianza storica che ci è giunta del sangue di San Gennaro risale al 1452 ed è stata scritta da Luigi De Rosa: questa risulta essere a nostro parere molto bella e poetica e ci piace riportarne qui il testo: "Et più ve dico che ave Napole la più bella reliquia che sia per tutto lo mundo: ave la testa del Santo Gennaro, che fu arcepiscopo de Napole (sic!, Gennaro fu vescovo di Benevento) et ave una carafella de lo sango suo, et sta come una preta, et come vede la testa se fa liquido, come se fosse isciuto de la testa, er fa et ave fatte più miracole. Ora che ve ne pare delle cose stupende de Napole?".
La testimonianza di Luigi De Rosa, a parte il linguaggio colorito e passionale, fornisce due importantissime notizie: la prima è quella che nell'anno anno 1452 già avveniva con frequenza nella reliquia il passaggio di stato del sangue, da solido a liquido e viceversa, ovvero che la "liquefazione" era un evento atteso e invocato ogni anno; la seconda notizia è quella che la liquefazione avveniva solo nel corso dell'incontro della reliquia del sangue con l'altra reliquia della testa del Santo. Questa deduzione ha fatto poi scaturire, nel periodo Barocco, tutta una ritualità e con essa un allestimento scenografico all'aperto, da seguire per la ricorrenza del 13 aprile (trasferita poi al "sabato precedente la prima domenica di maggio") che simulava, con due processioni distinte, l'incontro della testa del Santo con il suo sangue, per poter constatare l'avvenuta liquefazione. Si riteneva, infatti, che solo in tal modo potesse ripetersi il prodigio, perchè così era avvenuto la prima volta sulla collina di Antignano...

Imbusto reliquiario di S. Gennaro in oro e argento, opera di argentieri francesi (XIV sec.)

Resta ancora irrisolto il mistero legato alla sistemazione e alla conservazione delle ampolline contenenti il sangue di San Gennaro, dalla data del martirio alle date delle prime testimonianze storiche (certe o da verificare), escludendo i fatti leggendari. Diverse ipotesi sono state avanzate in questi anni, ma nessuna risulta ancora suffragata da riscontri archeologici o con testimonianze scritte. L'ultima ipotesi avanzata è quella della conservazione (inamovibile) nell'altare della antica cattedrale di Napoli, chiamata Stefania (situata in corrispondenza del transetto dell'attuale Duomo di Napoli), dove si sa per certo che furono conservate anche le ossa del capo del Santo, quando già il resto del suo corpo era stato trafugato per mano degli invasori longobardi, capeggiati da Sicone I e trasportati a Benevento (anno 831). D'altronde la secolare disputa tra i napoletani e i beneventani sull'attribuzione dei resti del Vescovo Gennaro poteva esporre le reliquie conservate a Napoli ad altre dolorose effrazioni, specialmente come un prezioso bottino durante scorribande belliche... e i napoletani avranno a quei tempi preso sicuramente delle opportune precauzioni... Ma questo è un argomento che merita un approfondimento in questo blog nel prossimo futuro, assieme alla scoperta della vera Patria di San Gennaro...

La Madonna del Principio con S. Gennaro in abiti pontificali e santa Restituta -
Mosaico di Lello da Orvieto, 1322 (Basilica di S. Restituta nel Duomo di Napoli)

In occasione della solennità civile e liturgica di San Gennaro, vescovo e martire, patrono principale dell'Archidiocesi di Napoli e della "Regione Conciliare Campana", esprimiamo i nostri più affettuosi auguri a tutti i lettori che si chiamano "Gennaro", a tutti i cittadini di Napoli e della Campania e a tutti i napoletani e campani che si trovano fuori Napoli, sparsi per il Mondo. Evviva San Gennaro!

Salvatore Fioretto 

La fonte utilizzata per la scrittura di questo post è l'opera monumentale scritta dal prof. GiovanBattista Alfano e dal Dott. Antonio Amitrano (con la nutrita bibliografia curata dal prof. Antonio Bellucci), dal titolo "Il Miracolo di San Gennaro in Napoli". Seconda Edizione, notevolmente ampliata. Ed. Arti Grafiche Vincenzo Scarpati.  Napoli - Anno 1950. 

Dipinto olio su tela di Francesco Solimena, San Gennaro benedicente - Museo del Tesoro di San Gennaro, 1702