giovedì 16 marzo 2023

I racconti della Piedimonte.... I “Binari Fioriti”…, la primavera è al "Torricello" di Mugnano…!

Il passaggio a livello con il vecchio tracciato della ferrovia Piedimonte
La località del "Torricello" a Mugnano conserva ancora oggi estesi impianti agricoli dedicati alla coltivazione dei ciliegi; questi impianti conferiscono al territorio le sembianze di uno stupendo e caratteristico scenario naturale. C'è da dire che colture di questo tipo erano un tempo diffuse nella nostra zona: come a Chiaiano, a Marianella e a Marano, ma la cementificazione spropositata di questi ultimi decenni e i cambiamenti praticati alle tipologie di colture, hanno comportato un loro notevole ridimensionamento. Possiamo quindi affermare che il sito del "Torricello" è uno scrigno di bellezza, forse unico nel suo genere, in quanto si è riuscito miracolosamente a conservare praticamente indenne fino ai giorni nostri, assieme alla bella e caratteristica masseria di origine seicentesca, chiamata Masseria "del Torricello", che è ubicata al suo interno. La masseria e il suo tenimento agricolo oggi appartengono alla Curia di Napoli ma, un tempo non lontano, furono un feudo della nobilissima famiglia napoletana dei Caracciolo.
Il termine "Torricello" (o "Torricelli") deriva quasi sicuramente dalla presenza di un “ciaurro” a forma di torre  cilindrica, che risulta essere inglobato nella masseria: in pratica di tratta di un mausoleo cinerario romano risalente al I secolo d.C., che fu edificato in questo sito, all'epoca isolato, posto a margine dell'antica strada di comunicazione di origine Osca, che oggi si chiama via Antica di Chiaiano.
Il portale d'ingresso della masseria" del Torricello"

Con i trascorrere dei secoli, attorno a questo monumento si stanziò una comunità di contadini, realizzando presto un caseggiato e, poi, una masseria fortificata, un po' come avvenuto per altre strutture del genere, nella vasta area a nord di Napoli. Tale comunità ben presto crebbe, aumentando di numero, soprattutto durante i periodi di pace, sotto le varie dominazioni straniere. A testimonianza di questa crescita, poco distante dalla masseria, sono ancora presenti le vestigia di una piccola chiesetta in stile gotico, intitolata: Santa Maria di Campo d'Isola. Nel Seicento la masseria era attiva e autonoma e, come anzidetto, fu presto acquisita dalla nobile famiglia Caracciolo. Probabilmente, a seguito di vari passaggi di proprietà, succedutisi nei secoli, essa fu donata alla Chiesa di Napoli e affidata a massari e coloni del posto. Tale stato si è conservato fino ai nostri giorni.
la chiesetta in stile gotico di Santa Maria di Campo d'Isola

Fino ad alcuni anni fa, arrivarci in questo posto era uno spettacolo unico, perché si accedeva attraverso una stradina isolata, sterrata e folta di vegetazione, che si diramava dalla località chiamata Bivio di Mugnano (via Napoli). Appena si varcava il bel portone della masseria (inserito nel portale ad arco), si veniva accolti dallo starnazzare di galline e tacchini, che venivano allevati allo stato brado (a essi era permesso di razzolare nell'ampio cortile, chiamato aire), mentre il muggito di diverse mucche, provenienti dalle due ampie stalle, facevano come da contraltare a tale accoglienza...! Queste stalle erano ben attrezzate e, negli anni d’oro del loro esercizio (anni '60-'70), hanno accolto decine e decine di capi di bestiame.
Dopo aver attraversato la masseria del Torricello, si poteva percorrere (come avviene anche oggi) il camminamento pedonale che metteva in comunicazione i vari poderi agricoli, attraversando il passaggio a livello della Ferrovia Napoli Piedimonte d'Alife. In detto punto, dove c'era la massicciata con i binari, c'erano quattro bassi pilastrini in pietra (un tempo "reggi catene"), tutti bianchissimi, oltre a un segnale, con la classica "Croce di Sant’Andrea".
Questa località era straordinaria per la fitta presenza di alberi di ciliegi. Tutto questo oggi si è conservato pressocchè intatto, come se il trascorrere del tempo avesse "congelato" il paesaggio antico, consentendo solo alla vegetazione di renderlo vivo e splendente! Sono soprattutto gli impianti di ciliegi a renderlo affascinante. Molti di questi alberi sono antichi, alcuni hanno una chioma molto grande e un tronco molto spesso, tanto che per abbracciarli ci vorrebbero almeno due persone...!
Lo spettacolo più bello che si può godere in questo luogo, al cospetto dei cimeli della vecchia linea ferroviaria, si verifica ogni anno nel periodo della Primavera, quando i rami degli alberi di ciliegi e quelli di pruni si riempiono fittamente di fiori bianchissimi, come un enorme "velo di sposa", mentre il contrasto del bianco con il cielo turchino e la terra nera napoletana rendono questo luogo molto romantico, come se fosse investito da una spettacolare nevicata artificiale...!
Sono delle immagini uniche, che fanno veramente incantare...!
Il mausoleo romano del "Torricello", inglobato ai lati della Masseria

Non nascondo che questo posto mi è molto familiare, perché la masseria fu abitata dai miei nonni materni ed in essa mia madre visse tutta la sua giovinezza, fino al momento del matrimonio. Ricordo, non senza commozione, anche alcuni episodi della mia infanzia legati a questi luoghi, perché alcune volte mia madre mi portava a far visita ai nonni.
Negli anni della maturità mi è capitato più volte di far ritorno nella masseria e in questa campagna, spesso a primavera, soprattutto per rinverdire alcuni nostalgici ricordi della mia infanzia. Al viaggio spesso mi hanno accompagnato alcuni amici appassionati della "Piedimonte". Era bello percorrere, assieme a essi, il tracciato dove un tempo erano presenti i binari della ferrovia e immaginare lo scenario che si avrebbe visto stando sul treno in movimento, seduti nello scompartimento e osservando il paesaggio attraverso i finestrini...!

I primi ospiti di questo "viaggio virtuale" furono due medici della cittadina di Piedimonte Matese, miei amici: Giovanni e Sandro: insieme percorremmo il sentiero reso accessibile ai margini dei binari, sia sul lato destro e che quello sinistro della masseria "del Torricello", fino a raggiungere l'altra masseria, distante dalla prima quasi 300 metri.
I due medici restarono stupefatti per questo insolito spettacolo naturale, tanto che Giovanni ebbe il guizzo di intitolare quel nostro primo evento amichevole "I Binari Fioriti” e già pensavamo di inserirlo in qualche kermesse storica a tema ferroviario, che si organizzava in quel periodo in tante località d'Italia, riguardanti le "ferrovie abbandonate". Ci piaceva soprattutto l'idea di ripetere assieme ogni anno questo bel viaggio spensierato nella natura e nella storia della ferrovia "Piedimonte"...
Già pensavamo, infatti, di inserirla nell’evento nazionale di “Binari dimenticati”...
Seguirono, poi, le visite con altri amici appassionati della "Piedimonte", in particolare con: Biagio, Sabatino e Pasquale. Con loro ebbi modo di fare altre scoperte alifane, come il traliccio della linea aerea caduto e occultato tra i rovi e il ponte che attraversava la  strada comunale. Quest'ultimo, poi, fu miserevolmente abbattuto qualche anno dopo, per consentire l'ampliamento della citata strada.
I binari della "Piedimonte" solo in alcuni punti sono visibili, mentre gran parte del loro tracciato è stato ricoperto nel tempo dal terreno e in alcuni punti si semina addirittura ai margini... Infatti, proprio in corrispondenza dell’attraversamento interpoderale, vicino alla masseria "del Torricello", le rotaie emergono dal suolo in maniera prorompente, come se volessero protestare per quel indegno trattamento ricevuto, come se pretendessero un riscatto storico…!
La strada Osca di accesso alla masseria da via Napoli a Mugnano
Ricordo ancora che l'amico Biagio rimase incantato a osservare come diversi tralci di vite crescessero curiosamente proprio a ridosso del tracciato dove un tempo si sviluppava la linea ferroviaria ed ebbe l'originale guizzo di intitolarli "vitigni alifani"...

Questo racconto, che è il resoconto di più ispezioni compiute nel luogo del "Torricello", risale alla situazione esistente nel periodo compreso tra gli anni 2012 e 2014. Ci siamo ritornati io e Biagio l'anno scorso (2022), nel lunedì di Pasquetta e lo scenario trovato era sempre bello e incantato, anche se, purtroppo, abbiamo potuto osservare che nelle vicinanze della masseria la vegetazione degli alberi di ciliegi non era più folta come quella osservata durante le nostre prime escursioni. Abbiamo poi appreso che una forma di epidemia botanica starebbe ultimamente attaccando questi alberi, uccidendoli in progressione!
Una grande tristezza!
Spero che gli interventi fitosanitari che sicuramente i contadini staranno mettendo in campo, riescano a salvare gli altri alberi e si metta presto mano a un'intensa opera di ripopolamento della zona.

Escursione al "Torricello" di Mugnano, primavera 2012


Al termine del racconto consigliamo il lettore di visionare il video registrato sul tracciato della ferrovia Napoli Piedimonte d'Alife, durante una delle escursioni descritte nel racconto pubblicato: ecco il link di collegamento a Youtube (pigiare sopra il titolo a destra, con il tasto sx del mouse) ----->>  Binari fioriti della Piedimonte  <<------

Salvatore Fioretto

Poesia di Paola De Piccoli, tratta dal Libro: "Piedimonte, una poesia per l'arte"


 
  
 
 

Tutte le foto finali del post si riferiscono all'escursione svolta nel mese di aprile 2023

sabato 11 marzo 2023

La Piedimonte “insurrezionale” a Piscinola... una cronaca di 52 anni fa...

"La ferrovia “Piedimonte” è stata anche scenario di un avvenimento di protesta, che si verificò a Piscinola, agli inizi degli anni ‘70.
Difficile da immaginarsi, ma indirettamente essa rappresentò la “scintilla”, che accese gli animi contrapposti su un campo di protesta, fino a sfociare in una vera e propria battaglia campale, svoltasi, inconsuetamente, durante l’occupazione delle campagne piscinolesi di “Scampia”.
Era l’anno 1971, la campagna di Piscinola fu sventrata, trasformata e resa sterile, dopo una lunghissima quiete secolare, fino ad essere calpestata, mortalmente, con cingolati e mezzi di cantiere.

La stazione di Piscinola imbiancata dopo la nevicata

Questi mezzi, con il loro rovinoso movimento, distruggevano ogni forma di vita, vegetale e animale.
Alberi di noci, viti e pioppi furono divelti praticando dei grossi crateri alla loro base, per estrarre anche la famosa “radica di noce”. I fori nel suolo furono poi lasciati aperti, un po’ come un amorfo paesaggio lunare.
Fortunatamente la ferrovia “Piedimonte” divideva ancora, con la sua linea ferrata, la piana di Scampia dalla parte marginale della campagna Piscinola, quella che era confinante con il centro storico, comprendente anche alcune masserie: facendo, in un certo senso, da scudo. E, forse, proprio grazie a questa linea ferrata che una parte marginale del “verde” piscinolese è sopravvissuta per altri trent’anni circa.

In quelle circostanze di esproprio un gran numero di contadini si trovarono da un momento all’altro senza più reddito e senza più terra. Percependo che il Comune non ne voleva saperne di assumerli o trovare loro un’occupazione alternativa, issarono una grande barricata davanti all’ingresso del cantiere, posto proprio di fronte al rione “Don Guanella”.
Per due giorni tutta la zona fu uno scenario di movimenti di camionette della Celere e un fronte di contadini con i loro familiari (donne, anziani e ragazzi), senza che però accadessero incidenti.

Era il mese di gennaio, faceva molto freddo e la notte era dura da trascorrere. Si accesero dei falò, che illuminavano l’intera zona, con una luce spettrale...!
Tutta l’area era diventata stranamente libera, senza confini, senza nemmeno più un albero.

Tratto di ferrovia verso l'abbandono, a Secondigliano

La terra e il cielo si incontravano in un orizzonte, mai visto prima di allora. Addirittura i Piscinolesi si accorsero che in fondo alla loro pianura si vedevano le cime dell’Appennino Campano...! Eppure c’erano sempre state, ma occultate alla vista da una lussureggiante vegetazione...

Intanto le ditte appaltatrici con i loro camion attendevano impazienti nelle retrovie, alle spalle delle camionette della polizia, pronte per iniziare le loro opere. Si doveva costruire, tra l’altro, un asse stradale importante, che avrebbe di lì a poco collegato il nuovo insediamento di edilizia popolare di Scampia con la costruenda Tangenziale e quindi con il centro della città di Napoli. E poi palazzi, palazzoni, molti palazzoni!

Stazione di Piscinola in abbandono

La mattina del secondo giorno di protesta l’aria incominciò ad essere pesante, il nervosismo era palpabile nell’aria! I poliziotti della Celere erano sempre lì schierati in gran numero e con l’equipaggiamento antisommossa.
Ad un certo punto, la struttura della ferrovia “Piedimonte” fu investita da questo avvenimento storico, tutt’altro che esaltante per la storia millenaria di Piscinola.
Un gruppetto di giovinastri, sui venti anni, si posizionarono sui binari della ferrovia, a lato dei due schieramenti e incominciarono a lanciare i sassi della massicciata verso lo schieramento della polizia. Il responsabile della forza pubblica, temendo forse che la situazione potesse degenerare e sfuggire di mano, diede subito l’ordine di attaccare i protestanti.

Ultime campagne prima della distruzione

Furono lanciati numerosi lacrimogeni, che trasformarono il territorio in un misero campo di battaglia...!
Naturalmente i contadini furono coinvolti loro malgrado nei tafferugli.
Diverse furono le persone costrette quel giorno a farsi medicare all’ospedale, alcuni dei quali fecero registrare dei giorni di prognosi.
Nell’edizione serale dei quotidiani locali (a quell’epoca alcuni giornali avevano due edizioni giornaliere), furono pubblicati articoli che raccontavano nei dettagli l’episodio di cronaca accaduto e si attribuivano le responsabilità dello scontro ai contadini, che avevano, a detta dei cronisti, innescato la reazione della forza dell’ordine.



Cantiere di costruzione della stazione di Piscinola del metrò
Fortunatamente le Associazioni di categoria, che tutelavano gli interessi dei contadini, riuscirono a far valere pacificamente i diritti dei loro iscritti per un’occupazione stabile, al punto che l’amministrazione comunale decise di assumere nelle file del suo organico molti contadini di Piscinola e delle zone limitrofe, per i quali non ci sarebbe stata altra scelta che quella di emigrare nelle regioni del Nord dell’Italia.

Per dovere di cronaca, la famosa strada, di cui abbiamo parlato, è stata completata a distanza di oltre quarant'anni e, poi, per diversi anni è stata esercita mancante del tratto di collegamento alla Tangenziale, a Capodichino. Fino all'anno 2010, in alcune cronache di giornali e in alcune trasmissioni televisive veniva raccontato che la strada era in costruzione da quindici anni...! Com’è corta la memoria dei giornalisti...!!
Morale del racconto: alla fine, per colpa di un gruppo di “teppistelli”, i contadini di Piscinola stavano per andare in galera o rimetterci la vita, proprio quando qualcuno gridava ancora: “Dare la terra ai contadini...!”
Prima di allora, solo nel lontano 1910, la campagna piscinolese fu espropriata dalla società “Chemins de Fer du Midi de Italie”, per realizzare la nuova linea ferroviaria “Napoli-Piedimonte D’Alife”. Di quegli anni non si hanno notizie di scontri o di proteste. Eppure anche allora l’esproprio delle terre non dovette essere indolore, perché la ferrovia divise, in due parti indipendenti, estesi appezzamenti di terreno.
I contadini sono stati per natura sempre parsimoniosi, diligenti e lungimiranti e hanno sempre saputo discernere il progresso che porta al benessere, da quello che invece non porta da nessuna parte. Difatti i risultati dell’espansione urbanistica del 1971 sono sotto gli occhi ed il giudizio di tutti noi...!!!"
Salvatore Fioretto

Questo racconto è stato tratto dal libro "Piscinola, la terra del Salvatore. Una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di S. Fioretto, anno 2010, ediz. The Boopen. La parte riportata in carattere corsivo è stata adattata ai giorni di oggi.