giovedì 14 ottobre 2021

Giovanna Altamura, l'insegnante-poetessa della scuola "Tasso" di Piscinola...!

Già in passato abbiamo dedicato, in "Piscinolablog", due post alla cara insegnante della scuola di Piscinola, Giovanna Altamura, con la trascrizione di alcuni suoi racconti e aneddoti riguardanti le vicende di Giuseppina Bianco, che fu sua alunna, oltre alle belle descrizioni delle feste svolte un tempo a Piscinola.
Abbiamo ricevuto in queste settimane una bella lettera di una nipote della maestra Altamura, dalla signora Bruna che, assieme ad altri suoi familiari, hanno raccolto altri aneddoti e particolari della vita della loro Zia, soprattutto quelli di poetessa e di docente alla scuola "T. Tasso" di Piscinola, che ci piace oggi qui pubblicare per i nostri lettori. 

Ecco il testo della lettera:

La poetessa durante una premiazione, foto inizi anni '70
"Mia zia Giovanna, detta in famiglia Giannina, si diplomò a 18 anni - contro il volere di sua madre, vedova, che voleva andasse a lavorare nel negozio di famiglia - ed al concorso risultò prima in graduatoria. Partecipò alle Quattro Giornate di Napoli (le ho già inviato le foto della tessera di riconoscimento del Comando Combattenti con la quale si attesta la sua partecipazione). In famiglia si dice che il suocero di un suo fratello era stato fatto prigioniero dai tedeschi e rinchiuso nello Stadio Collana, quindi lei non esitò ad imbracciare un mitra e ad inerpicarsi con gli altri partigiani sugli spalti dello stadio, partecipando alla liberazione di molti prigionieri. Era una donna che non aveva paura di avventurarsi in simili cose perché aveva un grande senso della libertà e grande coraggio.
Alcuni versi di dedica scritti da G. Altamura
Quello di Piscinola fu il suo primo incarico da maestra. Alla Torquato Tasso dovette affrontare anche la dura realtà della delinquenza minorile..., che all'epoca era già presente nelle scuole. Infatti pare che, il quel periodo, uno dei suoi scolari girasse armato di coltello e quando questi la minacciò, affrontandola, Ella gli fece capire che non lo temeva affatto e, se lei avesse voluto, con la sola forza avrebbe potuto anche sopraffarlo..., ma il suo ruolo era quello di educatrice...
Spesso, come in questo episodio, riuscì a far ritornare sulla retta via tanti ragazzi ritenuti deviati. L'episodio di Piscinola, tuttavia, bastò a farle conquistare il rispetto perenne da quei ragazzini che in seguito, e anche da grandi, si ricordavano dell'insegnamento da lei ricevuto.
I numerosi suoi alunni l'amarono tanto, non solo per il suo coraggio nell'affrontare qualsiasi sopruso, ma anche per la sua immensa bontà e per il rispetto massimo che insegnò loro. Pare che avesse la borsa sempre piena di merende per chi aveva fame e una volta portò a sue spese tutta la sua classe, della "Torquato Tasso", al mare...
Fu una delle prime insegnanti che seguirono con attenzione la mancanza di applicazione dei ragazzi colpiti da difetti di attenzione e con difficoltà nella lettura, trovando il modo di aiutare chi aveva difetti di dislessia; cercò come poterli aiutare a superare quello che a quel tempo era visto come una deficienza cognitiva.
Una commedia per bimbi, scritta nel 1957
Negli anni seguenti, dopo gli anni trascorsi a Piscinola, insegnò alla Scuola "Ravaschieri" di Napoli, nel quartiere Chiaia; qui continuò ancor più alacremente ad interessarsi del bene dei suoi studenti fino all'età di 40 anni, quando riuscì a laurearsi all'Università Federico II di Napoli. L'esame di laurea pare che fu per lei traumatico, perché litigò ferocemente con la Commissione, ma fu promossa ugualmente con il massimo dei voti e la lode. 
Successivamente partecipò al concorso per Direttrice Didattica, che puntualmente vinse. Nel 1959 fu destinata a dirigere una scuola nel Comune di Bellaggio, vicino Como, dove purtroppo non si trovò bene, sia per il clima, ma soprattutto per la lontananza dagli affetti familiari. 
Dopo diversi tentativi riuscì ad ottenere un incarico in una scuola di Forio d'Ischia, dove fu direttrice dittatica fino al pensionamento, avvenuto nel 1970. Anche ad Ischia abbiamo riscontrato che ci sono dei suoi alunni che ancora oggi la ricordano con affetto.
Canzone "'E Palummielle" scritta da Giovanna Altamura
Vinse parecchi premi letterari (nella foto allegata ritrae un premio ritirato nel '71, al Circolo della Stampa  e la pagina della poesia "La vita" dove si riferisce del Premio alla Cultura della Presidenza del Consiglio) e come giornalista scrisse su diverse testate, tra cui il  "Roma".
Sull'anno della morte nessuno dei miei cugini è stato concorde ... ed oscilla, nei nostri ricordi, tra il 1975 ed il 1980.
Foto della poetessa e inseg. Altamura, anni '40
Mia zia fu una donna che viveva col pensiero molto più avanti del suo tempo, ma che per l'invidia nei suoi confronti e la sopraffazione di uomini retrogradi, che non accettavano il suo modo di pensare libero, riuscirono ad offuscare la sua grandezza. E' questo il pensiero di tutti noi cugini, suoi nipoti.
Le allego anche la prima pagina di una commedia per bambini, inedita, ed alcuni versi di una delicatezza sublime che ho trovati annotati su un piccolo quadernetto che conservo a Napoli, con altre cose di mia zia.
Non ho trovato, purtroppo, alcuna foto relativa al periodo della Torquato Tasso.
Sperando di esserle stata utile e augurandomi di leggere presto un altro suo scritto in ricordo di mia zia, le invio cordiali saluti.

La nipote, Bruna

 

 

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Tesserino rilasc. da Comando Combattenti Ital.: Riconoscimento di "Patriota"
a Giovanna Altamura, per la sua partecipazione alle "Quattro Giornate di Napoli"

 

Breve raccolta di poesie scritte dalla poetessa Giovanna Altamura:

LA VITA!

Strana, strana cosa la vita!
E’ un correre, cieco, inseguendo
Qualcosa che passa, che sfugge,
Un sogno, una vaga chiméra,
un’ombra, che è fatta… di nulla!
Un muto, dolente implorare
Chi intendere non vuole o non sa!
L’insano volere, tentare,
di vincere, di forza, l’ignoto.
Svelare un mistero, che è ascoso,
il domani, il destino, le cose
che ancora non sono, che forse
giammai, per noi, non saranno.
Qualcosa che solo il tormento
Il duro, penoso lavoro
Del nostro pensiero fa vero,
ci fa sembrare realtà.
Conoscere la verità! Invano!
Il volo del tempo la cela!
E’ insano volo, pensare
Di poter vincere il Cielo!
Oh lotta inumana, cruenta,
perduta già pria di tentare!
Terribile lotta, tremenda,
che solo l’orgoglio fa osare!
Poi… dopo… che resta? – Oh, il nulla!


ITALIA MIA

Te,
Patria mia,
sovra d’ogni altra
cosa, io amo!

T’amo nel dolor tuo,
come non seppi
amarti,
nelle ore di gioia
piena, e di grandezza
somma.

T’amo,
per tua beltà sì pura,
immutabil nel tempo,
per le vicende alterne
di dolore e di gloria
della tua lunga storia.

T’amo,
per l’animo sereno
della tua gente antica,
cui sacra è la fatica.

T’amo,
per il tuo mar
fondo e turchino,
per il tuo cielo,
d’agate e di turchesi,
per i tuoi monti
bianchi
d’eterna neve,
e le tue selve
fonde, d’ombra
cupa, ed aulenti
di frassini e di pini.

T’amo,
per la passione
del  Popolo tuo,
fecondo,
di braccia e d’opre,
per il martir dei tanti,
che caddero per te,
che a te donaron,
col sangue e la fatica,
un amor così forte,
che ogni amor cancella.

Io t’amo, Italia,
Italia mia,
per questo tuo dolor
sì profondo,
ch’è dolor mio,
e dolore di quelli
che sognano,
per te,
dello splendore antico,
certezza di ritorno,
e gloria nuova.

 

LA LUNA

Il rosso, tondo,
paffuto e strano viso,
della luna,
è apparso,
rompendo le nuvole
scure,
laggiù,
dietro il monte.
Par che sogghigni,
beffardo.
Che vuole?
Pare che ammicchi,
ridendo.
Che dice?
Ascolta!
Dice:
-“Sorgo e tramonto
Ogni sera uguale,
da tanto, da tanto,
che più
non ricordo.
Eppure, ciascuno,
ogni sera,
in me vede
qualsiasi di nuovo,
di strano,
di suo:
un sorriso,
un richiamo,
due amanti,
sognanti,
perduto in un intimo
incanto;…
un volto di donna,
soffuso di pianto,
risposta a una muta domanda;…
un volto di bimbi,
ridente…
E ognuno a me chiede
qualcosa di nuovo
qualcosa che plachi
un’attesa, un tormento,
che accenda un ricordo,
che desti un rimpianto…
Intanto,
ogni sera,
da tanto, da tanto,
che più non ricordo,
sorgo e tramonto.
E ogni sera,
con astri diversi
m’incontro,
seguendo il cammino
fissato,
da tanto, da tanto,
che più non rammento!
Ed altro non so,
non comprendo,
seguendo, incessante,
il mio andare,
pel cielo,
tra nuvole e stelle,
sognando,
invano, da tanto,
da tanto,
poter raggiungere
il sole!"

 

LA RONDINE

Vedi? E’ soltanto
una rondine.
Una piccola, povera
rondine stanca,
caduta sfinita
dal cielo.
Oh, no, non soltanto
pel volo,
si lungo, estenuante,
pesante,
ma solo
pel sole.
Il sole, sì ardente,
cocente,
accecante,
che tutta l’avvolse
di luce, di raggi,
e le tolse
la forza pel volo,
pel placido andare.
Vedi? E’ caduta,
così,
sul tuo cuore,
in cerca di tregua,
di pace.
Or tace…
Non trilla,
non frullano, l’ali.
Ma… ascolta!
-Lo senti il suo cuore
che è tutto un tremore,
che batte, che batte,
che vibra
d’ascoso spavento
dinnanzi all’ignoto
che c’è nel tuo sguardo?
Deh, lasciala stare
soltanto un istante
accanto al tuo cuore,
e falle sognare,
un momento soltanto,
raggiunta la meta.
Illudila!
A volte è pietà
l’illusione!
Falle pensare
che il sogno
si possa mutare
in dolce realtà.
Poi…
poi falla partire!
Poi falla partire
portando nel cuore
la grata dolcezza
di questo sognare
che è la vita,
di questo riposo
che è la pace,
e che tu,
solo tu, le hai donato.
Vedi? E’ soltanto
una rondine,
una piccola rondine,
stanca,
che chiede ristoro
all’arsura.
Domani…
oh, domani, lo sai,
la piccola rondine stanca
che un attimo solo
ha il volo interrotto,
domani
riprende a volare
Riparte! Riprende
il suo andare.
E, forse, soltanto
in quell’ora, saprai
quanto grata ti fu
del riposo.
Ora lasciala stare,
così senza volo,
vicino al tuo cuore,
Un attimo solo!
Così!

 

RICORDO…

Ricordo;
- La stanza era in ombra,
e tu;
sedevi, dinanzi
alla finestra aperta
che dava sui campi,
gialli di grano,
e inondati dal sole.
(*)
Sul fulgente chiarore
di fuori, il tuo viso,
di profilo segnava
un netto disegno,
stagliava
un’ombra chinese,
nera, sul fondo d’oro,
del sole acceso.
Mi piacesti, così,
e, forse, in quell’istante,
senza saperlo ancora,
cominciai ad amarti.
Così, per un’ombra
chinese,
che il tuo viso, di profilo,
disegnava, sul fondo d’oro
d’una finestra
spalancata sul sole.

                           Giovanna Altamura

(*) La scuola Torquato Tasso di Piscinola si affacciava in quegli anni sulla distesa pianeggiante delle campagne dello Scampia, tutta seminata a grano, ed era esposta a nord, proprio come nella descrizione... La poesia potrebbe essere stata ambientata proprio in quel luogo... 

 
Tutte le poesie qui pubblicate (eccetto la prima) sono state tratte dalla raccolta editoriale: “Versi per un sogno d’amore”, di Giovanna Altamura, ed. "La Nuova Italia Letteraria", Bergamo, 1954. Esemplare conservato nella Biblioteca Nazionale di Cremona (Bid.L010860087).

Abbiamo trovato anche altre pubblicazioni di G. Altamura, oltre alle due novelle ("La rivolta dell'umanità" e "Fior di Giglio",) già citate nel post dedicato a Giuseppina Bianco, anche: "L'onorevole Don Pasquale", "Le Spine", "Nei secoli fedele", "Quelli del parco C.I.S.", "Tu, la mia mamma", "Raccolta di Leggende"... Di Lei anche una serie di collaborazioni a collane letterarie e delle presentazioni di pubblicazioni di altri scrittori.

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Nella didascalia della poesia "La Vita", tratta da una pubblicazione di raccolte di poesie, così viene ricorda la poetessa Altamura Giovanni: "Direttrice Didattica in pensione, Medaglia d’Oro della “P. I.”, Premio di Cultura della Presidenza del Consiglio, ha pubblicato molti e importanti volumi; altri ne possiede inediti. Padrona assoluta del verso, profonde nel canto i tesori della sua bella cultura e del suo spirito fino a raggiungere toni di elevata bellezza."

 

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Ringraziamo con gratitudine e affetto la signora Bruna e tutti gli altri familiari, nipoti di Giovanna Altamura, per la loro bella testimonianza che ci hanno trasmesso.
Si ringraziano, per la generosa collaborazione, la direttrice della Biblioteca Nazionale di Cremona, Dott.ssa R. Barbierato e la dirigente Dott.ssa. M. Gentilini.

S. Fioretto

Piscinola, scuola "T. Tasso",1930, cartolina viaggiata. Per gent. conc. della famiglia Barberio (TO)

 

venerdì 8 ottobre 2021

I figli di Don Guanella - Un opera sociale nel quartiere di Miano.

Da decenni questo importante centro di formazione e di educazione dei giovani svolge la sua importante opera sociale, culturale e soprattutto missionaria, all'interno dei quartieri di Miano e di Scampia, a iniziare dagli anni '60.
Abbiamo pensato di dedicare questo post alla storia di questa fondazione, prendendo soprattutto spunto dalla descrizione che ha riportato lo scrittore Gabriele Monaco del suo libro "Miano nella Campagna Felice", ed. Laurenzana, Napoli, anno 1977.
"Come un semplice "Don" preposto ad un cognome chiamato nei secoli il grande apostolo che Dio, suscitò nel secolo XIX, perchè apportasse alla chiesa - ed in maniera insospettata, frutti incalcolabili nel mondo intero, per il vero bene della gioventù - S. Giovanni Bosco - così un altro "Don" è stato dalla Divina Provvidenza chiamato ad attività identica negli anni più vicini a noi: il Beato Luigi Guanella. Questo Santo dei tempi moderni - quasi insoddisfatto di aver per la sua personale presenza santificato le vie di Napoli - (egli fu anche in visita al Santuario di Pompei) - vuole ora continuare a beneficiarla dal cielo.
I suoi infaticabili religiosi dal 1963 lavorano in mezzo ai figli del popolo di Miano, [...] In questo quartiere dove per secoli l'unica scuola per la povera gente è stata quella creata e tenuta viva dal Clero, esiste - continua detta stampa - l'unica struttura sociale: è appunto l'opera cristiana civiltà dovuto all'operosità, per non dire all'eroismo dei figli di Don Guanella. La realizzazione dell'opera si deve alla generosità dei coniugi Roberto e Teresa Fernandes, che vollero con squisito animo rendere, così, vivo il ricordo della figlia Elisa.
Il centro base Don Guanella - è sempre la stessa stampa laica ad informarci - costituisce l'unico momento di aggregazione  sociale all'interno di un quartiere dormitorio
” [...]. 

L'opera don Guanella ha svolto per anni l'attività di semiconvitto e scuola primaria per i giovani del quartiere e del territorio circostante; presenta nel suo interno, oltre a palestre, campi sportivi, aule didattiche, refettorio, sale ludiche-formative, teatro, laboratori, anche una chiesa dedicata a "Santa Maria della Provvidenza", chiesa diventata nei decenni scorsi parrocchia.

Per descrivere la storia di questo edificio sacro, di Santa Maria della Provvidenza, prendiamo spunto dal libro: “Gesù è più forte della Camorra”, di  Di Andrea Manzi, Aniello Don Manganiello:
[…]“La parrocchia di Santa Maria della Provvidenza, alla quale ero stato destinato, si trovava all’interno del Centro Don Guanella. Fino al 1970 era stata una cappella dell’orfanatrofio del rione, poi il cardinale Corrado Ursi decise di trasformarla in parrocchia e volle che a prendersene cura  fossero gli stessi padri guanelliani, che sono proprietari del Centro. L’iniziativa del presule intendeva fornire il sostegno alla comunità di Miano e Scampia, alle prese con gravi problemi di devianza e marginalità sociale. Fu così che, dopo il 1970, la cappella di Santa Maria Maggiore diventò la parrocchia di Santa Maria della Provvidenza, la patrona dell’Opera Don Guanella.
Il rione dedicato al Beato appartiene per un quarto della sua estensione alla Municipalità di Miano Secondigliano e per i restanti tre quarti a quella di Scampia." […].

Dal settembre 2020, il parroco della chiesa di Santa Maria della Provvidenza è Don Domenico Rizzi, Servo della Carità dell’Opera Don Guanella. Don Domenico, 40 anni, è originario di Barletta, precedentemente ha rivestito l’incarico di cappellano all’Università del Politecnico di Bari. Il parroco precedente, don Lillo De Rosa, è stato chiamato a reggere una parrocchia di Bari.

Attualmente la comunità religiosa Opera Don Guanella è diretta da don Pino Venerito, in qualità di superiore e direttore, affiancato da don Aniello Manganiello e da don Michele, sacerdote guanelliano. Don Aniello Manganiello si occupa in particolare dei giovani: sia dell’oratorio che del settore sportivo di calcio.

L’opera don Guanella ha svolto nella sua sede di Miano-Scampia, numerose iniziative in campo sociale, in particolare si ricordano i corsi di formazione professionali diretti ai giovani del quartiere e del territorio, formando e avviando alle professioni di impiantista/elettrico, parrucchiere, estetista, pizzaiolo, barman e tante altre ancora.
Nel Centro Donguanelliano opera, a partire dal nel 1996, l’associazione sportiva di calcio “Oratorio Don Guanella Scampia”, che svolge una concreta opera di riabilitazione sociale intorno al gioco del pallone, considerato da Don Aniello Manganiello e dai suoi stretti collaboratori Gennaro Granato e Rosario Ranno, uno strumento di educazione permanente. Nel centro assistono settanta volontari, per dodici squadre, con circa trecento iscritti. 

Una finalità educativa basata sullo sport, quella del Centro Don Guanella, che si fonda su valori sani, contrapponendosi alla realtà circostante di degrado. Le squadre sono affiliate alla Figc, alcune militano in Promozione. La prima squadra, guidata dal tecnico guanelliano don Sandro Marino, si appresta a disputare quest'anno il Campionato di Promozione, per l'ottavo anno consecutivo.  

Alcuni anni fa i ragazzi della squadra di 14 anni vinsero la "Junior Tim Cup", torneo riservato alle squadre giovanili di oratori provenienti da città con squadre di calcio in serie A.
Vinti anche la "Coppa Italia delle squadre degli oratori italiani" e il "Campionato Regionale Campania Juniores".

Salvatore Fioretto 

 

venerdì 1 ottobre 2021

Corsi e ricorsi storici..., la storia si ripete sempre...

Immagine di G. B. Vico
Per capire come le condizioni di vita e gli eventi, nel contesto territoriale e locale ma anche oltre regione, si ripetono e si ripresentano ciclicamente, quasi con le stesse caratteristiche e criticità, abbiamo intitolato questo post con la celebre frase del filosofo napoletano, gloria napoletana, Giambattista Vico: "Corsi e Ricorsi Storici"; in effetti il racconto che abbiamo trovato e pubblichiamo, collega paradossalmente dei periodi storici significativamente lontani (e tra gli altri, proprio quello vissuto dal nostro Filosofo, ossia il "Secolo dei Lumi"), che furono afflitti da ricorrenti epidemie e i nostri tempi..., con il XXI secolo, in tempo di "Pandemia"...
Lasciamo ai lettori i debiti confronti e le conseguenti considerazioni in merito. La morale che esce fuori da questo racconto storico, è quella che la storia si ripete, sempre, ma l'umanità ha la memoria corta, ovvero la memoria civica è appannaggio di pochi e spesso molti ignorano fatti e circostanze storiche di eventi comunitari simili, che sono stati vissuti e affrontati secoli fa, con grande spirito di sacrificio e determinazione dai nostri antenati e proprio qui, nel nostro territorio... Buona Lettura.


"LA PESTE DEL 1837 A SANTA CROCE

Non poche sono state le calamità naturali che Napoli ha dovuto sopportare, come peste, fame, carestia, terremoti, senza parlare di quelle sociali e politiche  come guerre e le rivoluzioni.
La peste falciò  la popolazione partenopea in varie occasioni.
Le cronache registrarono negli anni 1527, 1559, 1721, 1764, 1836/37, 1883/84 e ultimamente nel 1918.
Durante la peste del 1656, secondo il Celano, morirono 480 mila persone, altro autore calcola le vittime in 285 mila; secondo il Signorelli (Cultura della Sicilia) i morti sarebbero stati 400 mila.
In quella occasione i parroci non segnarono più i morti nel registro dei defunti e i cadaveri non venivano più sepolti, come di obbligo nella terra santa delle parrocchie (Cubicoli sotto le chiese), ma in tutte le cappelle più prossime ai luoghi dove si verificavano i decessi, rimanendo chiuse al culto fino alla cessazione dell'epidemia. A Napoli si scavavano fosse nelle zone extrameniali e i morti vi venivano seppelliti a migliaia, come fu fatto a Foria nel Largo Delle Pigne. Furono istituite apposite guardie  che lasciavano entrare nel regno solo le persone munite di "Bollettini di salute". In ogni sezione di Napoli furono assegnati un deputato di salute, medici, chirurghi e barbieri. Fu vietato ai becchini di spogliare i cadaveri come erano solito fare prima di sotterrarli. Nessuno poteva cambiare casa o vendere acqua in pubblico. Nessun appestato poteva uscire dalle case, sotto pena di morte. Infatti i Giudici della Corte della Vicaria giravano per le strade della città e procedevano sul posto, a modo di guerra, contro quelli che violavano la norma sanitaria. Furono istituiti i lazzaretti (o purgatori).
Quando la peste cessò, fu ordinata una visita ed una quarantena generale delle persone, delle cose e delle robe. Chiunque entrava in città doveva assoggettarsi alla quarantena e sotto, la pena di morte o di scomunica, ognuno doveva denunciare se e dove avesse nascosto oggetti contagiosi. Ne' alcuno poteva essere trasportato per terra o per mare se non munito di certificato sanitario.
L'epidemia del 1721 distrusse la decima parte della popolazione.
Negli anni 1836 e 1837 Napoli fu afflitta dalla "Lue Asiatica", che infierì a S. Croce all'Orsolone mietendo, nel mese di luglio del '37, una vittima al giorno. In tutto l'anno morirono 83 persone, mentre la media dei decessi negli anni precedenti non aveva superato la media di 20.
Nel 1837 il Comune di Chiaiano, Polvica e S. Croce prese in fitto un piccolo fabbricato, probabilmente quello alla Savorella, nella
proprietà Rusciano, nei pressi dell'attuale cimitero, per destinarlo a lazzaretto. Uno dei rimedi contro (l'epidemia) fu quello di spargere bitume nelle case e nelle strade.
A Napoli i morti furono sepolti nel cimitero delle Fontanelle. Ancora oggi una lapide sulla facciata della chiesa che sovrasta il cimitero ricorda che ivi sono seppelliti gli appestati del 1836 e '37.
Danni di gran lunga inferiori provocò, invece, il colera  del 1883: a S. Croce, il numero dei decessi rispetto alla media degli altri anni fu superiore di solo circa 15 unità, tanto che molti Napoletani lasciarono la città e si rifugiarono a S. Croce, la cui zona appariva la meno colpita dall'epidemia.
Da ultimo in occasione della "Spagnola" del 1918, a S. Croce si registrarono 18 vittime.
Quest'anno (anno di pubblicazione del libro 1988) ricorre il 70imo anniversario di tale epidemia che colpì l'Italia e in alcuni luoghi come a Conzo, in provincia di Cuneo, hanno celebrato lo scampato pericolo."

Testimonianza tratta dal libro: "SANTA CROCE AI CAMALDOLI - NAPOLI, 1688-1988, IERI-OGGI - DOMANI", ed. Parrocchia di Santa Croce ad Orsolone Napoli. Anno 1988. A cura di P. Camillo Degetto.

mercoledì 29 settembre 2021

L'atletica leggera: una bella pagina di storia sportiva del territorio... (I^ parte)

Continuando a sfogliare le pagine del giornalino parrocchiale "La Civetta - La vita alla periferia della grande città" (Anno V - Numero 8 - dicembre 1971), pubblicato nella chiesa del Salvatore, per opera di padre Don Severino), abbiamo trovato questo interessante articolo, che rappresenta un'altra bella pagina di storia sportiva di Piscinola, narrando le vicende atletiche del corridore Adriano Mastroianni e di altri atleti. L'articolo è sempre firmato dal cronista Carmine Montesano e si intitola "FIGURE DI CASA NOSTRA".
Invece, nell'articolo del giornale "Il Mattino" di Napoli, dello stesso periodo, abbiamo trovato l'articolo sportivo che da risalto al vincitore della gara provinciale "Giro del Rione": il piscinolese Adriano Mastroianni.

Ecco il testo dell'articolo pubblicato su "La Civetta":

"Il 4 novembre scorso, si è volta a Napoli la fase nazionale del “GIRO DEL RIONE”. La manifestazione sportiva, organizzata dall’ENAL col patrocinio del Mattino, intende portare lo sport in ogni angolo d’Italia. Consta d’una organizzazione capillare, che partendo dai Giri dei vari Rioni attraverso una fase provinciale per mettere in luce i più quotati.
Possono parteciparvi i giovani fino a venti anni, purché non tesserato per la FIDAL perché il carattere della corsa puramente dilettantistico.
Quest’anno,  per interessamento del B. C. Piscinola, la manifestazione è tornata anche nel nostro Rione, dopo un assenza durata diversi anni.
Noi a Piscinola, in fatto di corse podistiche, vantiamo alcuni precedenti degni di nota. Basterebbe ricordare il plurinazionale ALFONSO IANNONE con i vari Lello Di Chiara, Gianni Aprea, Umberto Marfella, Enzo Totaro, Gigino Sica, Pasquale Landolfi, Mario Castiello e molti altri della generazione 1945- 1950.
Il GIRO si svolgeva annualmente per la passione sportiva del Prof. Gerardo Della Corte e vi si partecipava con la foga e l’ardore, caratteristiche dell’orgoglio paesano. Poi, per l’incostante del carattere piscinolese, l’atletica fu travolta dalla pallacanestro e scomparve.
E’ riapparsa quest’anno, in coincidenza del ritorno dello sport attivo a Piscinola.
Una bella domenica di settembre, una ventina di giovani si diede convegno in piazza per partecipare al GIRO che si presentava massacrante, data la topografia di Piscinola.
Vincitore ne fu ADRIANO MASTROIANNI, un giovane che si era messo in luce nel gruppo sportivo della scuola media “GUGLIELMO MARCONI” vincendo parecchie gare studentesche e che avrebbe potuto fare molto strada, se la scuola italiana avesse più a cuore lo sport giovanile.
Dopo un paio di settimane si tenne la fase provinciale a Napoli e Piscinola fu rappresentata da quattro atleti tra i quali ADRIANO MASTROIANNI. E fu proprio lui ad aggiudicarsi la gara tra l’entusiasmo dei suoi amici.
Il giorno della fase nazionale, una ottantina di atleti, provenienti da ogni parte d’Italia, si radunò al Viale Augusto per darsi battaglia e conquistare l’ambita vittoria.
In quell’occasione, purtroppo, il nostro ADRIANO mise in luce tutte le carenze di allenamento e di mentalità competitiva e riuscì a classificarsi appena al 24° posto. A vincere fu un genovese, un vero campioncino che batté tutti con la potenza e la classe del corridore carico di esperienza.
L’avventura di MASTROIANNI è così finita. Onestamente non si poteva pretendere di più da un ragazzo non allenato e sprovveduto. Ha vinto fino a quando era possibile vincere con la sola forza di volontà; ma allorquando alla volontà subentrò la condotta di gara ragionata e la preparazione su lunghe distanze, è caduto.
In via G. A. Campania esiste, da un certo tempo, una società di atletica leggera, portata avanti da un certo Sig. Rocchetti: La FIAMAMA JUVENILIA. Con un suoi colori gareggiano alcuni ragazzi di Piscinola tra i quali si fa abbastanza onore un certo
LANZUISE ANTONIO. Ma l’attività di detta società passa alquanto sotto silenzio per cui viene spontaneo domandarsi : PERCHE’ L’ATLETICA, SPORT PER ECCELLENZA, NON ENTUSIASMA ED E’ IN CRISI?
Per quanto riguarda Piscinola si potrebbe obiettare che la società è fuori mano e non investe il centro del rione che è dominato dal Basket che vanta una tradizione locale. Ma in campo nazionale non è facile dare una risposta precisa. Bisogna andare alla ricerca di un motivo di fondo per spiegarci la sua carenza. L’atletica leggera è uno sport che richiede costanza, sacrificio, dedizione in cambio tutt’al più di una medaglia.
Purtroppo il tempo dell’idealismo è finito e con esso anche lo spirito di sacrificio. Oggi per far esercitare lo sport a qualcuno bisogna metterlo nella condizione adatta e confortevole. L’atletica raramente può offrire questa possibilità e perciò i risultati sono così rari. ARESE per esempio è diventato campione. Come ha fatto? E’ stipendiato dal G. S. Balengero, è agevolato negli orari d’ufficio e la gente, per farlo allenare ha spianato le colline di Balengero. Allora ARESE ha vinto. Evviva ARESE! Ricordiamoci però, degli innumerevoli giovani bruciati dall’inadeguatezza assistenziale, dal menefreghismo generale, dal gioco dei tornaconti personali.
La verità è che l’Atletica italiana soffre di un vuoto organizzativo ed assistenziale malgrado i miliardi spesi dal C.O.N.I., vuoto che si vuole mascherare sostenendo che l’atletica è uno sport puramente dilettantistico." 
 
Filmato della corsa campestre provinciale disputata a Piscinola, nel 1971:                   
 
Ecco l'articolo pubblicato nel giornale Il Mattino di Napoli" del 1971, che riporta la notizia della vittoria di Mastroianni, nella gara finale del torneo provinciale: "Giro del Rione":

"Nella finale provinciale

Mastroianni vittorioso nel  “Giro del Rione”

Al  secondo posto Capasso, terzo Collaro

Festa do sport al Viale Augusto a Fuorigrotta  per la finale provinciale della tredicesima edizione del Giro del Rione. La bella manifestazione sportiva  a carattere popolare che "Il Mattino" patrocinia e l’ENAL organizza con la collaborazione tecnica della FIDAL, ha visto schierati alla partenza ben novanta atleti in rappresentanza di diciotto “Rioni” decisi a difendere il proprio gonfalone ed a ottenere una bella vittoria o quanto meno, a conquistare un posto per la finale nazionale del 4 novembre.

Inquadratura degli atleti, sullo sfondo il treno della Piedimonte fermo nella stazione di Piscinola
La perfezione dell’organizzazione quest’anno  affidata esclusivamente a giovani ha contribuito al rispetto cronometrico degli orari. Alle 10:30 precise infatti l’assessore allo sport dott. Ugo Bergamo dava il via alla entusiasmante corsa. Ha vinto il diciottenne Adriano Mastroianni che difendeva i colori del Basket Club di Piscinola, dopo una gara accorta ed intelligente. Ha lasciato ad altri il compito di fare da battistrada e si è limitato a correre sempre in quinta, sesta posizione. A ottocento metri dal traguardo è scattato e non è stato più raggiunto. Con la stessa tattica e sulla sua scia si è classificato al secondo posto, con il diritto quindi di partecipare alla finale nazionale, Saverio Capasso di Frattamaggiore. […]".

La testimonianza che qui abbiamo raccolto rappresenta, come tutte le altre pubblicate in  questo blog, una bella pagina di storia, di cultura, di sport e di umanità, del nostro territorio. E' una bella testimonianza che ci riempie di orgoglio e anche di un pizzico di nostalgia...!

Salvatore Fioretto