mercoledì 29 giugno 2022

Quella piccola fabbrica di carità cittadina spontanea... La chiesetta della Madonna delle Grazie

Forse è raro trovare un altro luogo di Napoli, come questo che descriveremo, dove esiste una tradizione sacra e civica così storicamente radicata e legata alla vita di una intera comunità. Un punto di riferimento di fede e un simbolo comunitario che ha attraversato i secoli ed è ancora oggi presente e vivo nel quartiere di Piscinola. Ci riferiamo alla Chiesetta della Madonna delle Grazie di Piscinola, che si erge nell'omonima strada. Ma l'aspetto fondamentalmente importante, che ne fa di questo sito un unicum, è rappresentato dalla spontaneità delle opere che hanno caratterizzato la realizzazione del tempietto, la sua cura e la sua manutenzione continua, cosa che avviene ininterrottamente ancora nei nostri giorni. 
La chiesa e il culto della Madonna a Piscinola, come detto in altri precedenti post, esisteva nel luogo che da essa prende il nome, fin dai tempi remoti.
Sicuramente già esisteva nell'anno 1608.

Antico quadro della Madonna delle Grazie, rubato

All'inizio del XX secolo fu decisa la riedificazione nel sito attuale, che fu eseguita soprattutto grazie al generoso, spontaneo e gratuito contributo, in denaro e in forza di braccia, da parte dell'intera comunità piscinolese dell'epoca. Correva l'anno 1927, il comitato pro costruzione fu promosso dal devoto Alfonso di Maro, mentre il terreno sul quale fu costruito il tempietto fu messo a disposizione dal Commendatore Rossi; da segnalare anche "la generosa offerta" che fu elargita dal sig. Raffaele Danese, come recita la scritta incisa sulla lapide marmorea, ancora presente sulla parete interna del tempietto.
Don Salvatore Nappa, parroco di Marianella ma piscinolese di nascita, raccontava che durante la raccolta dei fondi per costruire questa chiesetta, ogni
domenica mattina il menzionato Alfonso Di Maro si posizionava in quella zona, seduto su una seggiola  e con una cassettina di legno tra le mani chiedeva ai viandanti della strada di lasciare un obolo in offerta.
Gran parte delle pietre occorrenti per costruire le mura furono donate dai carrettieri e dai "cavatori di monte" di Chiaiano (montesi), i quali trasportando il carico per la via pubblica (oggi via Napoli), donavano ad ogni loro passaggio, due o tre pietre di tufo...

La chiesetta fu quindi realizzata e completata nell'anno 1927. La consacrazione del tempietto dedicato alla Madonna della Grazie fu eseguita dal parroco di Piscinola dell'epoca, che era don Domenico Gallo.  Fu quindi trasferito e intronizzato sull'altare l'antico dipinto della Madonna delle Grazie, che risultava fino a qual momento conservato in una edicola stradale, poco distante da questo sito.

Madonna del cuscino verde, A. Solario - Museo Louvre
Data la presenza del fronte rilevato di terreno (detta "cupa"), la chiesetta fu realizzata a quota stradale e incastonata all'interno di una trincea scavata nel terreno lapilloso. Risultava quindi a vista solo la facciata, che comunque era visibile da lontano. Tuttavia, a causa delle continue e inevitabili infiltrazioni di acqua piovana dalle parti sottoposte nel terreno, che generavano affioramenti di umidità e di muffa al suo interno, fu necessario realizzare un'imponente trincea perimetrale, realizzando, con un altro muro di tufo, una sorta di camera di ventilazione, che è in parte ancora esistente. Anche quest'opera fu realizzata grazie al generoso contributo dei devoti piscinolesi.
Per la realizzazione della doppia scala esterna di accesso in basolato vesuviano, abbiamo recentemente appreso un altro aneddoto. Nel palazzo di
vico I Risorgimento a Piscinola (chiamato "dei Molaforbice") abitavano due fratelli, che di professione facevano gli "scalpellini", ossia che lavoravano le pietre vesuviane per lastricare le strade (dette vasoli), la loro madre era soprannominata la "zullussella"; ebbene anche questi due artigiani sono rimasti legati alla storia della chiesetta, purtroppo non conosciamo il loro nome, ma ecco la motivazione:
Su interessamento della famiglia Mele, questi due ragazzi lavorarono e trasformarono la grossa pietra di basalto vesuviano, un tempo utilizzata per battere il lino e presente  nel cortile del loro palazzo in vico I Risorgimento a Piscinola, per fare i nuovi gradini delle scale esterne di accesso alla chiesetta della Madonna delle Grazie. Le pietre furono portate sul posto dal giovane Giovanni Battista Mele, "con un carro trainato dalla sua Jummenta" (cavalla). Furono quindi sostituiti i vecchi gradini preesistenti, che erano tutti rovinati e consumati, con questi nuovi, grazie all'aiuto di "mastro Orlando", tutto sempre offerto in maniera gratutita.
Nei primi anni '80, il tetto della chiesetta, che era realizzato con travi di legno e tegole, forse reso pericolante dopo l'evento del terremoto del 1980, fu demolito e al suo posto fu realizzato un solaio in latero-cemento.  Anche in quella circostanza fu organizzato un comitato di restauro coordinato dal Sig. Pasquale Palladino come recita un'altra targa sempre presente all'interno della chiesa. Poi, grazie all'attivismo delle signore devote della chiesetta, coordinate dalla signora Ninì Basso e la solerte generosità dell'imprenditore piscinolese Gennaro Andreozzi, fu ancora eseguito il restauro del tempietto: Andreozzi volle realizzare a sue spese il nuovo tetto con capriata metallica, che sormontava il lastrico solaio preesistente; la capriata ridiede un aspetto alquanto romantico e bello alla chiesetta, diventata tanto cara ai piscinolesi. Quest'opera è sopravvissuta fino a pochi mesi fa.
Fu realizzato anche il mosaico in piastrelle di ceramica con l'immagine della Madonna, collocato sulla facciata, opera che porta la firma del maestro Angelo ... (purtroppo il cognome risulta essere indecifrabile da lontano). Nella parte inferiore dell'opera è riportata la scritta: "Dono di Palladino
Pasquale, 1990".
C'è da dire che in tutte queste iniziative ed opere bisogna sempre aggiungere l'aiuto costante e gratuito offerto dai soci dell'Associazione Madonna delle Grazie, ad essa iscritti in ogni tempo (l'Associazione fu fondata nell'anno 1933).
Quando il quadro della Madonna fu purtroppo rubato, il signor Della Corte Salvatore fece realizzare a sue spese l'odierno dipinto, da un anziano sacerdote, di nome G. Arturo, che risiedeva a Napoli, nei pressi di Piazza Garibaldi.
Il compianto don Francesco Bianco provvide poi a trasferire in chiesetta i banchi per i fedeli, che un tempo erano presenti  nella chiesa del SS. Salvatore.
L'altare con i marmi fu restaurato e integrato con altre decorazioni, ad iniziativa di alcuni devoti che avevano deciso di celebrare in questo tempietto le loro nozze.
Nell'anno 2014, grazie sempre alla signora Ninì Basso, al compianto Padre Bianco e al contributo gratuito di tutta l'associazione "NoiePiscinola", la chiesetta è stata radicalmente restaurata ed ammodernata. E' stato eseguito ex novo tutto l'intonaco sulle pareti laterali esterne all'edificio, con la relativa tinteggiatura, sono state sistemate le pluviali ed è stato ridipinto tutto il suo interno. Furono sistemati i finestroni e l'impianto elettrico. La piccola sagrestia, che era lesionata, è stata consolidata e restaurata. Fu realizzata anche la grande icona della Madonna per essere esposta nelle cerimonie tenute all'esterno.
Durante l'ammodernamento del 2014 furono donati da alcuni devoti anche i nuovi candelabri e la Croce d'altare, tutti cesellati in ottone dorato, due artistici presepi e il Bambinello della natività.
In quella circostanza si segnalarono altri benefattori, tra i quali il sig. Antonio Manna, che diede un aiuto non secondario per le opere da realizzarsi e l'Arciconfraternita del SS. Sacramento, che pure ha dato un contribuito per il restauro. Ma l'elenco con i nomi di tutti i benefattori potrebbe essere interminabile, perchè tutti gli abitanti della comunità hanno offerto, nel tempo, quanto essi potevano.
Ritornando ai nostri giorni, ricordiamo la signora Gina Esposito che da molti anni provvede a pagare l'energia elettrica necessaria per tenere accesa la lampada votiva alla chiesa, le luci interne e le luci dell'altare.
Altro generoso benefattore, il sig. Erminio Marano, provvede ogni anno ad allestire delle sobrie ma romantiche luminarie sul sagrato della chiesetta, in occasione della festa della Madonna.
Il gruppo folk "Mammamà", coordinati da Teresa Ciancio, ha  partecipato diverse volte e gratuitamente alla cerimonia del 2 luglio,  rappresentando il celebre canto popolare "Madonna delle Grazie" e altri canti della tradizione folcloristica campana.
Infine, l'attuale gruppo di devote e devoti della chiesetta della Madonna delle Grazie, coordinati dalla sig.ra Imma Cuozzo, continuano ogni anno a organizzare la festa del 2 luglio, con la celebrazione della messa pomeridiana sul sagrato esterno alla chiesetta ed i canti. Il Gruppo si adopera a curare la pulizia, nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria della chiesetta. Sono da essi organizzati ogni settimana momenti di preghiera e il Rosario.

In occasione della ricorrenza della festa della Madonna delle Grazie, che capita il 2 luglio, auguriamo buon onomastico alle persone che si chiamano Maria Grazia; gli auguri sono estesi a tutti i devoti e all'intera comunità di Piscinola, che festeggia la sua storica protettrice. Auguri!

Speriamo, vivamente, che nel prossimo futuro si possa anche ripristinare l'aspetto originario del tetto della chiesetta, con l'elegante capriata spiovente, come era presente in passato.

Salvatore Fioretto

Si ringrazia Giovanni Battista Mele per la sua preziosa testimonianza, che abbiamo provveduto  a inserire in questo post.
Dedichiamo questo post alla memoria dei sacerdoti: Don Salvatore Nappa e Don Francesco Bianco, che tanto ebbero a cuore il luogo e il culto della Madonna delle Grazie. E' dedicato infine alla memoria della Signora Ninì Basso, indimenticabile e attiva devota della chiesetta della Madonna.

venerdì 17 giugno 2022

Palazzi ed edifici antichi (e anche moderni) di Piscinola... Un ricordo per la memoria!

Corte interna palazzo dello "Staviano"

L'antico edificato del Casale di Piscinola ha subito delle stratificazioni urbanistiche nel corso dei secoli, anche se avvenute in maniera lenta e graduale. Per secoli la pianta urbana del Borgo è stata conservata praticamente intatta, segnando ampliamenti molto limitati e solo in occasione di un sensibile aumento demografico, come quella verificato a partire dall'inizio del XX secolo. Fino alla fine dell'800 gli abitanti di Piscinola a malapena raggiungevano le 2500 unità...! (Nel 1866 erano 1985 ab.).
Come in ogni realtà antica e circoscritta, il centro urbano di Piscinola era caratterizzato dalla presenza di edifici e di palazzi significativi ed emergenti, che costituivano le residenze nobiliari, civili o ecclesiastiche tipiche del luogo, ma anche tante residenze popolari, semplici e di modeste dimensioni, addensate in zone circoscritte. I palazzi nobili o aristrocratici possedevano anche dei giardini, detti "delle delizie", delimitati, come essi, da alte mura.
Gran parte degli edifici notabili erano utilizzati dal popolo come elementi di identificazione urbana e per tale motivo erano contraddistinti con una denominazione, spesso legata al nome del casato della famiglia possidente, oppure a quello del proprietario che l'aveva fatto costruire o semplicemente al nome personaggio famoso che vi abitava. Ma era anche in uso tra il popolino indicare i nomi dei palazzi, soprattutto quelli più semplici e poveri, con i "soprannomi" delle famiglie abitanti oppure per una loro caratteristica estetica o semplicemente per un aneddoto ad esso legato.

Palazzo e cappella De Luna d'Aragona

Elenchiamo i nome dei palazzi di Piscinola che ci sono pervenuti dalle testimonianze degli anziani assieme a quelli ancora esistenti, con l'indicazione della strada sulla quale hanno o avevano l'accesso.

Palazzi nobili:

Palazzo del Principino (o "de Luna"), con cappella stradale annessa, appartenuto alla nobile famiglia De Luna d'Aragona e poi dei Piscicelli. (via V. Emanuele). La cappella porta la targa marmorea della sua inaugurazione, avvenuta nell'anno 1640.

Palazzo don Carlos (o don Carlo),

Cappella gentilizia palazzo Fioretto

non si conosce il nome della famiglia proprietaria, probabilmente "Carlos" era un nobile o un condottiero spagnolo (piazza V. Emanuele)

Palazzo Fioretto (detto d''a Marescialla), con scalea esterna e cappella stradale annessa, fu proprietaria la famiglia de Luna prima e Giordano Falangola poi (via del Plebiscito). Marescialla era il soprannome di uno degli ultimi proprietari.

Palazzi aristocratici/borghesi:

Palazzo Grammatico (o Villa Vittoria), con annesso giardino.

Interno palazzo Grammatico (villa Vittoria)

E' stato la residenza degli eredi della famiglia Cocle, imparentata col celebre cardinale Celestino Cocle, confessore del re. Vittoria fu una degli ultimi proprietari del palazzo.  Considerato il toponimo "Grammatico", è probabile, ma non ancora dimostrato, che fosse stata la residenza di qualche componente della nobile famiglia aversana di Giureconsulti, dei Grammatico, dei quali Tommaso Grammatico fu suo insigne rappresentante. Il giardino è diventato nei tempi recenti la villa comunale "Mario Musella", in ricordo del celebre cantante di Piscinola (via del Salvatore).

Palazzo Chiarolanza,

Palazzo e giardino Chiarolanza

con scalea esterna, dai nomi dei proprietari della famiglia Chiarolanza, famosa per il suo insigne rappresentante, il professore, medico/scienziato e deputato, prof. Raffaele Chiarolanza.  Ultimamente una parte del palazzo/giardino è diventato l'oratorio parrocchiale (ingresso da Piazza B. Tafuri).

Palazzi ecclesiastici o di enti di culto:

Palazzo d''o Prevete

Palazzo Don Carlos

(antica sede dell'Azione Cattolica, oratorio e campetto sportivo), di proprietà della chiesa Parrocchiale del SS. Salvatore (Un tempo esistente in Via V. Emanuele - abbattuto con la ricostruzione dopo-sisma). 

Palazzo d''o Sagramento (del SS. Sacramento), con annessa cappellina stradale (Cristo risorto, con "paputi"), di proprietà dell'Arciconfraternita del SS. Sacramento in Piscinola (Un tempo esistente in Via V. Emanuele - abbattuto con la ricostruzione dopo-sisma). 

Palazzi pubblici o fondazioni: 

Palazzo d''a Scola (o dei Biancardi)

Palazzo Grammatico (parte laterale)

Antica proprietà dei conti Rossi. E' stato adibito all'inizio '900 a sede della scuola primaria comunale, forse riservata alle sole fanciulle (1° piano). Non abbiamo conferma, ma diversi indizi conducono a supporre che la sua storia sia legata alla vita di San Ludovico da Casoria, per le attività assistenziali da lui riservate alla gioventù piscinolese (via del Plebiscito).

Palazzo d''o Municipio (antica sede del Comune di Piscinola), oggi trasformato in uffici comunali e sede di associazioni locali (piazza B. Tafuri)

Palazzo d''a Maternità

Palazzo Fioretto

(Centro maternità e dell'infanzia abbandonata), il toponimo deriva dalla struttura realizzata durante il ventennio fascista per ospitare un centro di assistenza per le donne in maternità e per i fanciulli abbandonati. L'edificio tutt'oggi esistente in via Vittorio Veneto, accoglie delle abitazioni civili.

Fondazione Raffaele Ruggiero,

Edificio scolastico T. Tasso

con accesso, un tempo, dalla strade del Cancello, già via Ferrovia Napoli Piedimonte d'Alife. L'edificio che fu sede dell'omonima fondazione Ruggero, è tutt'oggi esistente ed espleta ancora le attività di assistenza medico-sociale (Accesso attuale da via Gobetti/via Zuccarini).

Edificio scolastico "Torquato Tasso" (anno 1929), costruito durante il ventennio fascista, prima a tre piani e successivamente, dopo la guerra, sopraelevato di un quarto piano. Allo stato attuale l'edificio è stato adibito a sede di uffici amministrativi comunali e a succursale scolastica (Via del Plebiscito)

Stazione della Ferrovia "Napoli Piedimonte d'Alife", anno 1909-1913,

Stazione della Piedimonte d'Alife (particolare plastico)

un tempo sede di ufficio, biglietteria, sala di attesa viaggiatori e residenza del capostazione, con giardino annesso. L'edificio fu demolito alla fine degli anni '80, per far posto all'attuale stazione ferroviaria ("Linea 1" e "Linea Arcobaleno"/Eav) (Via Ferrovia Napoli Piedimonte).

Palazzi, residenze popolari e fondi

La denominazione dei palazzi si riferisce quasi sempre al soprannome di una delle famiglie abitanti, a cui il popolino aveva attribuito il toponimo. Gran parte di questi palazzi sono stati abbattuti o trasformati nel corso della ricostruzione post-sisma degli anni '80, altri resistono, anche se radicalmente trasformati.

Palazzo 'e Cristallo, non si conosce l'origine del toponimo (via V. Emanuele)

Palazzo d''e Muolaforbici (detto anche de ll'Indiane) (via V. Emanuele),

Portale di ingresso del Palazzo De Luna

il toponimo deriva dalla presenza di una famiglia originaria di Campobasso (Boiano), i cui rampolli che vi abitavano si erano specializzati nella professione di arrotino.

Palazzo 'e Liso (vico I Risorgimento). Liso era riferito alla famiglia De Lise o De Liso che un tempo vi abitava.

Palazzo d''a Mezacapa (o Di Febbraro), il palazzo era contraddistinto dalla presenza di un grosso mascherone in terracotta (simile a quello di fattura romana), che sormontava l'arco del portone d'ingresso (via Vecchia Miano)

Palazzo d''o Pataterno (via del Plebiscito).

Proprietà Mimì Del Forno

Ingresso proprietà Mimì del Forno

(fondo con masseria di proprietà del latifondista Domenico del Forno).

Palazzo Staviano (o "Palazzo d''e Malamente"). Non si conosce l'origine del toponimo Staviano (via del Plebiscito).

Palazzo 'e Filuccella (via del Plebiscito).

Palazzo 'e onna Francischina...  (vico I del Plebiscito).

Palazzo d''o Popolo. Il Popolo era il soprannome di Vincenzo detto 'o Popolo; in passato abbiamo descritto il personaggio in un post apposito (vico II del Plebiscito).

Palazzo Grammatico (facciata)
Palazzo 'e Spicularaglio (via del Plebiscito).

Palazzo 'e Francischella (via del Salvatore).

Palazzo 'a Spaccalegna (via del Salvatore).

Palazzo d''a Fiurella, per la presenza di un altarino della Madonna realizzato su una facciata del palazzo (via Vecchia Miano)

Palazzo 'o Pinto (o "'e Senz'ossa"). Non si conosce l'origine del toponimo Pinto, forse deriverebbe dalla presenza di un allevamento di tacchini... (via V. Emanuele).

Palazzi: d''a Lavannarella - 'e Alessio 'a Canella - 'e Portafoglio, 'e Picciuttielli, tutti in Via Vecchia Miano. 

Proprietà Altamura, con fondo e masseria della famiglia napoletana degli Altamura (divenuto poi d''e Marotta), via Vecchia Miano.

Palazzi moderni

Palazzo Masiero (via Napoli a Piscinola). 

Polifunzionale "Lotto 14B",

Polifunzionale "Lotto14B"

Il polifunzionale è stato realizzato con il "piano delle periferie", tra gli anni '80-'90. E' una struttura complessa e articolata, dotata di: teatro, auditorium, piscina, biblioteca, palestre, due campi di basket, campi sportivi all'aperto di tennis, basket, calcio, ludoteche e molte aule per attività associative.
Oltre ai palazzi e agli edifici citati, il centro storico di Piscinola era un tempo denso di cortili e di vicoletti, sui quali si affacciavano moltissimi edifici. Molti vicoli erano indicati con il toponimo popolare di "Venella": termine che deriva dall'italiano medioevale "Vanella", e significa "strada stretta" (come 'a Venella 'o Sacramento e 'a Venella 'e sotto 'a Chiesa). Altro toponimo qui in uso era: 'A Carrara" (che significherebbe "vico senza uscita"). La "Carrara" un tempo era esistente in via Vecchia Miano anch'essa con delle corti e con modeste abitazioni. Altra stradina densa di abitazioni "a corte" era il celebre "Vico Operai", vicolo esistente tutt'oggi, anche se in gran parte trasformato o riedificato con altre caratteristiche abitative.

Plastico della Stazione della Piedimonte a Piscinola

Il toponimo di "vico Operai" forse è un rarissimo caso nella toponomastica di quartiere, di una via dedicata esclusivamente agli operai: la denominazione qui è riferita alla gran parte degli abitanti del luogo, che un tempo erano gli operai dediti ai lavori nelle campagne piscinolesi dello "Scampia" (da Scampagnato), oppure i muratori e i cavatori di pietre di tufo, che pure erano numerosi a Piscinola.

Salvatore Fioretto 

Per la realizzazione di questo post si ringraziano per il loro contributo gli amici: Pasquale di Fenzo e Giovan Battista Mele.

Ribadiamo l'invito ai cari lettori di comunicarci i nomi di altri palazzi antichi di Piscinola, che sono a loro conoscenza, dai ricordi dei loro anziani.

mercoledì 15 giugno 2022

Le bande musicali: Dalle origini al perfezionamento dei tempi moderni...

Scena del Trionfo con musici, nell'opera "Aida" di G. Verdi
Dopo aver trattato la storia delle bande musicali locali, è doveroso descrivere, sinteticamente, le origini di queste formazioni musicali in Italia e più in generale in Europa e nel "Nuovo Continente". Vedremo come le bande musicali e altri tipi di formazioni derivate, siano state lo strumento di comunicazione, di crescita e di scambio culturale tra i popoli e, soprattutto un crogiuolo che ha favorito la nascita e il perfezionamento di tanti generi musicali moderni che hanno trovato diffusione nella società occidentale, soprattutto tra il XIX e il XX secolo.
Parata trionfale di un condottiero romano, davanti all'Imperatore
Gran parte degli storici concordano che le civiltà antiche hanno fatto uso di complessi musicali, sia nel campo militare (nei combattimenti e durante la celebrazione dei trionfi) oppure delle cerimonie solenni civili e religiose. Ad iniziare dagli Egiziani e poi a seguire i Romani, delle primordiali formazioni musicali accompagnavano le cerimonie, solenni, suonando strumenti semplici, come corni, tamburi e altri rudimentali strumenti a fiato e a percussione.
Gruppo di musicisti romani, mosaico II sec. d.C.
Con il trascorrere dei secoli queste formazioni evolveranno in complessi musicali più progrediti, che possiamo definire antesignani delle bande musicali da noi conosciute, hanno trovato affermazione nel campo liturgico e poi nella società civile.
All'epoca dei Comuni e delle Signorie, erano utilizzati complessi musicali organizzati, anche come forma di prestigio militare e familiare, specie da parte delle facoltose famiglie appartenenti alla aristocrazia dell'epoca.
Gruppo di musicisti nel Rinascimento

Con molta probabilità il termine "Banda" deriva dall'attività  svolta dal banditore in periodo antico.
Per proclamare un editto, costui era accompagnato da un mini complesso musicale, con tamburo, tromba, corno o altro strumento e dal gonfalone o bandiera. Infatti il termine "banda" deriverebbe dal gotico "Bandwa", che significa proprio "bandiera" o "insegna" e di conseguenza il declamatore è chiamato "banditore".
L'utilizzo di gruppi associati di strumenti si diffuse nel rinascimento, oltre che in Italia, anche in Germania, Francia e Inghilterra. Nelle "Ensemble" o nei "Concert" suonavano insieme strumenti a fiato, trombe, cornamusa e tamburi.
Musicisti durante una processione, XVII secolo

Tra il XVI e il XVII secolo molti compositori diedero vita a musiche scritte per questi orchestrali, come Gabrieli e Purcell. Seguirà nella metà del XVIII secolo, Handel. Molte loro opere da camera, venivano trascritte e adattate per essere suonate da queste forme orchestrali.
Seguirono nel secolo successivo Haydn, Mozart, Beethoven, che scrissero delle "Harmiemusik" per ottetti di fiati: ovvero per formazioni create per allietare e intrattenere il popolo, diversamente dalle occasioni militari o religiose.
Banditore
Questa nuova pratica di fare musica  costituirà un cambiamento rivoluzionario, che prenderà spazio nella società Viennese e in altri centri culturali d'Europa.
Ma fu l'avvenimento della Rivoluzione Francese a sancire la nascita della banda musicale nella forma molto vicina a quella che noi oggi conosciamo. La banda era organizzata componendo centinaia di orchestrali e un coro, in questa forma essa assunse una funzione sociale e politica: quella di propaganda dei dettami rivoluzionari.
La banda era lo strumento utilizzato per la diffusione dei valori della patria, della famiglia, della libertà e degli altri dogmi rivoluzionari e, quindi, dovevano essere mastodontici per fare breccia sul popolo! In quel periodo fu Luigi Cherubini a comporre molti inni e suonate per banda e coro. Fracois Gossec compose l'opera "Loffrande a la libertè", al cui interno contiene l'inno della "Marsigliese", che poi diventerà l'inno nazionale della Francia.
L'impulso che ebbe la musica per banda in Francia fu notevole, tanto che nel 1792 fu fondata la "Banda della Guardia Nazionale" (tutt'oggi attiva), ad opera di Bernarde Sarette e diretta da Gossec; mentre nel 1795 fu fondato il Conservatorio Nazionale di Musica.
Anche la Rivoluzione Americana (1775 - 1783) contribuì alla diffusione e al perfezionamento della banda nel Nuovo Continente. Inizialmente le formazioni militari americane, imitando quelle inglesi, avendo pochi strumenti al seguito (2 tamburini e 2 pifferi), ma col passare del tempo queste si ampliarono e divennero veri complessi (Ensembles).
Disegno di una Brass Band
Nel secolo successivo l'Italia ebbe un ruolo molto importante nella diffusione della formazione bandistica negli Stati Uniti d'America, infatti oltre all'influenza scaturita dai movimenti migratori italiani, fu il presidente di allora, Jefferson, a decidere di reclutare strumentisti italiani per fondare una nuova banda americana. La banda di Catania, diretta dal maestro Gaetano Caruso, fu scelta per questa insolita impresa.
Il mestro Francesco Scala
Giunse in territorio americano il 19 settembre 1805 e divenne la seconda banda della marina americana, ponendo le basi per la futura Navy Band.

Altra banda siciliana, la "Comet", nel 1836 si portò in tournèe in America  e contribuì all'utilizzo esteso del clarinetto nelle "Brass Band", come già avveniva in Italia. Importante compositore e direttore di questo periodo fu il napoletano Francesco Scala, che emigrando in America, scalò la carriera musicale, prima come solista e poi come direttore del celebre complesso della "Marine Band" (Banda della Marina). E' passato alla storia come primo direttore della più celebre banda americana.
Adolphe Sax in età giovanile
Il XIX secolo fu contraddistinto dal perfezionamento e dalla creazione di nuovi strumenti a fiato per l'utilizzo nella banda. Fu anche rivista l'organizzazione dei complessi strumentali nella banda. Furono perfezionati i corni, i clarinetti e le trombe, creando la famiglia cosiddetta degli "ottoni". Halliday perfezionò il "flicorno a 5 chiavi", che chiamò Kent.
Sax baritono realizzato da A. Sax
Fu poi perfezionato il sistema di chiavi a pistoni per gli ottoni. Ma la rivoluzione significativa alla banda la diede il belga Adolphe Sax, che creò la famiglia dei sassofoni (che da lui presero il nome di "Sax"). Adolphe Sax nel 1845 diede avvio alla riorganizzazione delle formazioni bandistiche militari in Francia.
In quel periodo in Inghilterra e negli stati Uniti nacquero le "Brass Band" ovvero bande di strumenti a fiato con soli ottoni, utilizzati sia in campo militare che in quello civile. Nel frattempo molti autori scrissero opere per insieme di fiati, come Schubert, Kummel, Mendelssohn, ed ancora altri.
Vetrina museo di Parigi con numerosi ottoni
Un'impronta particolare alla storia delle bande l'ha conferita il compositore Belioz componendo l'opera "Symphonie Funebre et Trionphale", commissionata nel 1841 dal governo francese per commemorare i caduti della rivoluzione di Luglio. Belioz fu tra i capostipiti dei compositori a scrivere opere complete, esclusivamente per banda, esaltando la timbrica delle famiglie degli strumenti.
In Italia fu Gioacchino Rossini, a partire dal 1837, a comporre opere dedicate ai gruppi di strumenti a fiato (Trois Marches militaires pour le Mariane de le Due d'Orleans). Seguiranno, nel corso dell'800, le opere di altri compositori, con il continuo perfezionamento degli strumenti a fiato.
Gioacchino Rossini
L'inizio del '900 costituirà la diffusione capillare della banda nel continente americano, e soprattutto delle Brass Band, da cui deriveranno nuove correnti musicali ad esse ispirate o dedotte, come Jazz, Blues, Swing,... Queste forme si diffonderanno a loro volta in Europa, caratterizzando la musica bandistica e la musica europea in generale.

Le "Brass Band" influenzeranno soprattutto la musica inglese, con la nascita delle formazioni musicali senza flauti, note con il termine di "Wind Orchestra".
Disegno con gamma completa degli ottoni e dei legni

A Londra nel 1856 fu fondata la "Royal Military  School of the Music", promovendo la musica bandistica.
Negli anni seguenti furono tantissimi i compositori europei e americani a scrivere pezzi musicali per banda.
Ma è il periodo compreso tra le due guerre mondiali che possiamo definire il periodo d'oro delle composizioni per bande, con gli autori: Holst, Casella, Respighi, tanto per citarne alcuni.
Si perfezionarono i gruppi e le formazione di strumenti, e nacque il genere "Simphony band", complessi senza flicorni, ma con impiego più determinato di cornette e trombe.
Il maestro Alessandro Vessella

I perfezionamenti e le influenze musicali e organizzative continuarono nei decenni successivi, sia in America che in Europa, con accelerazioni e momenti di stasi, fino a giungere ai nostri tempi.
In Italia, l'organizzazione delle formazioni bandistiche fu sancita e perfezionata da tre "caposcuola", che furono i maestri: Alessandro Vessella (nato ad Alife CE), Raffaele Caravaglios (nato a Castelvetrano, morto a Napoli) e Antonio D'Elia (nato a Mirabella Eclano AV).
Ma fu prevalentemente Vessella a dettare i caratteri fondamentali dell'organizzazione bandistica, distinguendo tre tipi di formazioni di bande, in base al numero degli strumenti componenti, che chiamò: "Piccola banda (35 esecutori)", "Media banda" (54 esecutori) e "Gran banda" (102 esecutori).
Il maestro Raffaele Caravaglios

La prima banda organizzata che si conosca ebbe la luce in Liguria nell'anno 1518,  fondata dal parroco di Pietra Ligure, don Nicolò Nano per accompagnare le funzioni religiose. Ma dall’800 è la regione Puglia a vantare il più alto numero di formazioni bandistiche di tutta Italia. In Puglia la prima banda che si annovera fu quella di Terlizzi fondata nel 1773.
Le bande ebbero formazioni e caratteristiche un po' differenti lungo la penisola italiana; si passava dalle formazioni prevalentemente sinfoniche, con molti professionisti, al nord, alle formazioni militari o cosiddette ministeriali, al centro e alle cosiddette "Bande di Giro" al Sud e nelle isole.
Il maestro Giovanni Orsomando
Quest'ultime bande, organizzate prevalentemente per partecipare alle feste religiose patronali o alle sagre paesane, erano composte in gran parte da appassionati e amatori della musica, con pochi professionisti.

Grazie al repertorio suonato durante le feste popolari, contenenti brani scelti dalle opera di Wagner, Verdi, Rossini, Donizetti, Bellini, Puccini,
Mascagni e altri, la banda ha favorito e reso possibile la diffusione e la conoscenza di questo genere di musica anche al ceto popolare, altrimenti questo non avrebbe potuto frequentare i teatri lirici. C'è da aggiungere che Verdi e Mascagni sono stati anch'essi direttori di orchestra e hanno composto opere per banda.
Storica foto della Banda musicale di Conversano (BA)
I "solisti", che erano spesso dei professionisti delle bande, avevano il compito di riprodurre i pezzi delle famose arie cantabili delle opere del Melodramma, in particolare: il flicorno soprano (il canto del soprano), il flicorno contralto (canto del contralto), il flicorno tenore (canto del tenore) e il flicorno baritono (canto del baritono). Sovente anche il flauto e il clarinetto erano impiegati in alcuni brani come strumenti solisti.
Il maestro Giuseppe Lanaro, penultimo a dx
Tra i compositori italiani di marce per bande più prolifici e conosciuti, ricordiamo: Giovanni Orsomando, Gioacchino Ligonzo, Gennaro Abate, Michele Lufrano, Nino Ippolito e tanti altri, non ultimo il maestro Giuseppe Lanaro, originario della cittadina di Giffoni Val di Piana (SA) ma napoletano di adozione.
Lanaro fu direttore della banda di Marianella e della "Banda dei Tramvieri di Napoli", denominata "Atan". Una sua opera celebre, tutt'oggi rappresentata dalle bande italiane, è intitolata proprio "Atan", scritta in omaggio alla sua banda.
Riguardo al maestro Raffaele Caravaglios, occorre anche ricordare che diresse per molti anni la banda musicale Municipale di Napoli e insegnò al conservatorio di S. Pietro a Majella; celebri furono le esibizioni della banda municipale da lui diretta, nelle domeniche e nei giorni festivi, sugli spalti della cassa armonica in Villa Comunale, a cui accorrevano ad ascoltare tantissimi napoletani. Compose diverse  trascrizioni per banda (gran parte delle opere liriche) e nuove opere, tra cui la celebre "Rapsodia Partenopea".
Allo stato attuale registriamo una ripresa dell'interesse delle giovani generazioni per le bande musicali, anche se si è avuto nel corso degli anni una drastica riduzione delle bande musicali in tutto il territorio italiano.
Salvatore Fioretto