domenica 17 luglio 2016

Un assistente per i giovani di Piscinola... Ricordando Don Mimì Severino


Don Domenico Severino in un viaggio
La pagina più bella e luminosa che appartiene alla storia di Piscinola è stata sicuramente scritta da questo personaggio, che ha saputo con il suo estro, la sua fantasia e soprattutto con la sua ferrea volontà, raggiungere traguardi sociali inimmaginabili con le sole sue forze e con le poche risorse materialmente disponibili ai suoi tempi. Egli ha dimostrato che anche in una periferia dimenticata, senza sostegni finanziari eccezionali, ma solo con la passione e la forza della volontà, convinti di quanto si andava a programmare, si riusciva a competere e spesso a primeggiare in realtà sportive, sociali e umane all'epoca impensabili, sia in ambito regionale che addirittura nazionali...!
Cercheremo di descrivere in questo post la brillante e splendida figura di don Domenico Severino, sacerdote di periferia, per tanti semplicemente "l'Assistente, che è stato innanzitutto un uomo straordinario e poi un sacerdote zelante, impegnato nella comunità ecclesiale e nel tessuto sociale di Piscinola del secondo dopoguerra; Don Mimì ha saputo seminare e raccogliere tante opere di socialità e di bene comune nel suo quartiere, spendendo gran parte della sua vita, ben 37 anni, accanto ai suoi amati giovani. 
Prenderemo spunto per questo racconto la bella biografia, con le numerose testimonianze contenute, che fu scritta alcuni decenni fa ricordando la figura de "L'Assistente" (opera dal titolo "L'Assistente - Una comunità ricorda", anno 1994), redatta a cura di Natale Mele e Carmine Montesano.
Don Domenico Severino fotografato in una campagna di Piscinola
Domenico Severino nacque a Piscinola, il 7 settembre del 1923, in una semplice e religiosa famiglia di modesti lavoratori. Sentì fin da fanciullo la vocazione al sacerdozio. Suo primo maestro  e consigliere spirituale fu il celebre mons. Giovanni Mastropaolo, nella scuola elementare di Piscinola e poi, successivamente, il parroco don Angelo Ferrillo.
Frequentò, per cinque anni, a partire dal 1935, la Scuola Apostolica Arcivescovile, ove si distinse per acutezza d’ingegno; seguirono poi gli anni trascorsi al liceo classico. Ebbe a collaborare già da seminarista alla vita comunitaria del suo quartiere, presso la parrocchia del SS. Salvatore di Piscinola, affiancando don Salvatore Nappa nell'apostolato della "Gioventù Italiana di Azione Cattolica" (G.I.A.C.). 
Svolse con profitto la sua formazione teologica nel Seminario Maggiore Arcivescovile di Napoli, durante il conflitto bellico (1943-1947), ricevendo la stima e la fiducia dei professori e dei superiori  dell'Istituto. Al termine degli studi teologici fu consacrato sacerdote, il 31 maggio 1947, nelle mani del compianto Arcivescovo di Napoli, Alessio Ascalesi
Celebrò la prima messa nella chiesa del SS. Salvatore di Piscinola, il 2 giugno 1947. Fu poi coadiutore e viceparroco della chiesa, affiancando il parroco don Angelo Ferrillo. 
I primi incontri di pallacanestro nel cortile della "Sede"
Svolse per tanti anni, con zelo e spirito di sacrificio, la sua missione di insegnante di religione presso diverse scuole statale, tra le quali la scuola elementare "Torquato Tasso" di Piscinola e, soprattutto, il ruolo di "Assistente" della Gioventù Italiana di Azione Cattolica.  
Don Domenico Severino è stato sicuramente un sacerdote sui generis per la sua epoca; egli, come un novello Giovanni Bosco, ha saputo uscire dagli schemi rigidi della Chiesa di quegli anni, che vedevano il prete come una "figura statica", chiusa all'interno delle mura ecclesiali, e ha esteso la sua opera pastorale all'esterno della parrocchia, verso la società laica. 
"Si rilevò subito uomo aperto alle necessità. Il carattere silenzioso, forse un poco ritroso, era dotato di tanta volontà e di tanto spirito di sacrificio, e non tardò a donarsi totalmente senza risparmiarsi; donò tutto se stesso, incominciando dallo svuotare il portafoglio che certamente non era mai pieno". (cit. Mons. Paolo Vinaccia)
Ha saputo incontrare i giovani, parlando loro con un linguaggio semplice, nuovo, diretto ed essenziale. Li ha incontrati nelle strade, nelle piazze, nelle scuole, vivendo in mezzo a loro nei loro luoghi di frequentazione, attirandoli alla sede dell'Azione Cattolica, ma senza forzature, facendoli crescere nello sport, nella musica, nei giochi, nel piacere di stare bene insieme, coltivando, nel tempo libero, gli ideali e gli interessi comuni. 
Don Domenico Severino e don Salvatore Nappa
Così scriveva il parroco don Gennarino Musella: "L'Azione Cattolica era il campo preferito, tutti lo chiamavano l'Assistente. Tutte le sere, anche le più fredde d'inverno, era anche fino alle ventitré con i suoi giovani, con i suoi ragazzi, che oggi sono padri esemplari, lo ricordano con amore e riconoscenza, perché ha dato a tanti giovani una soda formazione e tanti luminosi esempi. Era di vivace intelligenza, semplice, buono, gentile, scrupoloso, e di carattere forte; non tutti lo capivano; ma chi gli è stato vicino non lo potrà mai dimenticare perché gentile lavoratore, vero uomo di Dio."
Se pensiamo a come fossero severe le regole vigenti in quegli anni nell'A.C., quando era consentito solo ai ragazzi di frequentare la "Sede" di Piscinola, capiremmo la grandezza del suo operato...; don Mimì applicò subito, senza indugiare, le nuove disposizioni e capovolse questa assurda discriminazione, accogliendo, presso i locali dell'A.C. di via Vittorio Emanuele, anche le ragazze di Piscinola. Solo questo esempio basterebbe per capire la "rivoluzione" che operò questo apparente semplice sacerdote, in questo piccolo centro di periferia di Napoli.
"In questa nuova sede, più centrale, l'Azione Cattolica diventa epicentro di intimi terremoti di pulsioni ed emozioni, di acquisizioni di coscienze e valenze sociali e Tu (don Mimì) eri preparato a questi nuovi tempi. Ora l'Azione Cattolica diventata sede di incontro aperta anche all'altro sesso, infatti veniva frequentata dalle sorelle Enzina e Fernanda Fioretti, dalle sorelle Cangiano, alle quali va un affettuoso e rispettoso saluto, che un po' ci turbavano. Per il solo fatto che frequentassero, mi appariva come sacrilega violazione di un tempio esclusivo e riservato o forse perché quella intrusione era inconfessabilmente desiderata, forse d'un turbamento, all'unisono, imbarazzante e dolcissimo" (cit. Luigi Sica, di Antonio).
Don Salvatore Nappa così lo ricordava: "Con orgoglio devo dire che nel ricostruire e poi dirigere l'A.C. giovanile a Piscinola negli anni '43, '44, '45, chi mi diede una collaborazione completa e totale fu proprio don Mimì, allora seminarista, insieme ad altri giovani. Erano tempi difficili non solo per guerra ma anche e più ancora con l'arrivo degli americani, perché si lavorava da parte dei primi partiti all'accaparramento dei giovani. Ma l'A.C. crebbe rapidamente e abbondantemente tanto che la nostra associazione era considerata tra le prime della Diocesi.
Mi piace ricordare alcune delle grandi iniziative che realizzammo in quegli anni: 1) Rosario pubblico, alla sera, per via V. Emanuele fino alla chiesetta della Madonna delle Grazie; 2) il gioco e le gare di ping-pong con premi; 3) l'inizio della pallacanestro nel campetto  realizzato nel cortile della sede; 4) le commedie e la cantata dei pastori nella sala della ex sacrestia. Tutte queste attività, iniziate e portate avanti con il valido aiuto di don Mimì, furono da Lui ingigantite fino a tal punto che le piccole gare di ping-pong svolte nel chiuso della sede furono portate a livello cittadino e regionale per la bravura dei giovani, come avvenne anche per la pallacanestro che assunse e sempre per l'opera di don Mimì, a squadra più che regionale.
Ecco cosa scriveva il dott. Carmine Montesano, sulla figura dell'Assistente. Montesano è stato uno dei giovani allievi di Don Mimì e uno dei curatori della pubblicazione "L'Assistente":
"L'Assistente era una di quelle figure che il ruolo svolto strappa ai confini di una augusta individualità ed esalta talmente i connotati pubblici  sì da renderla appartenente al patrimonio collettivo ed alla memoria storica della comunità che lo ha conosciuto.
Festeggiamenti del quarantennio del movimento "Aspiranti A.C." a Piscinola
L'infaticabile opera prestata in favore dei giovani, la mai negata disponibilità umana, la consapevolezza dell'alto magistero morale, la fierezza dignitosa che erompeva dalla sua figura fisica, nonché la passione e l'entusiasmo che profondeva nella sua missione ne hanno fatto un maestro di vita. La severa autorevolezza, che allora non comprendemmo, ma che in seguito apprezzammo, è valsa per noi maestosa lezione, quale solo il fecondo silenzio dell'esempio può impartire".
Don Domenico Severino prese molto a cuore la formazione della pallacanestro a Piscinola e fu fondatore e animatore della Società di basket "Virtus Piscinola", già a partire dall'immediato Dopoguerra. Ecco la testimonianza della sorella Ida:
"Sin da giovane il suo sport preferito era la pallacanestro, a cui si dedicò anima e corpo, portando i suoi giovani in vetta alle classifiche. Anche con tanti sacrifici da parte dei giocatori e sua riuscivano a giocare ed essere sempre tra i primi. Ricordo che molte volte organizzavano estrazioni con regali per fare soldi per andare a giocare in trasferta. Proprio in questo ringrazio tutti coloro che lo hanno aiutato a fare ciò. Ricordo che io e l'altra mia sorella deceduta, lavavamo le magliette che lui, dopo le partite, portava a casa fradicie di sudore.
Foto di gruppo della squadra della Virtus Piscinola, con don Mimì
Quando c'era da cucire qualche numero nuovo dietro le magliette lo faceva lui di persona con la nostra macchina da cucire, in quanto diceva che noi li mettevamo storti."
Toccanti sono le parole che si leggono a introduzione del libro "L'Assistente" scritte "a due mani", da Carmine Montesano e Natale Mele:
"Il legame tra l'Assistente e la Virtus è inscindibile. La Virtus è ancora oggi "la sua società sportiva". Lui la fondò, lui la diresse, lui pose le premesse in uomini e cose perché non morisse, ma continuasse anche senza di lui e dopo di Lui. Perché svolgesse nel tempo la funzione di punto di riferimento per l'aggregazione di giovani. E' per questo che non è stato messo in discussione lo spirito delle origini. [...]".
Riguardo al suo rapporto con i giovani, ecco una bella testimonianza che ci ha reso Francesco, un giovane frequentatore all'epoca dell'A.C. di don Mimì: "Voglio ricordare di don Mimì fondamentalmente tre cose: 1) è vero che aveva un gran cuore, lo so bene per averlo appurato di persona e chissà quanti altri ne hanno beneficiato. Agiva in silenzio, con discrezione, nel massimo rispetto per la dignità delle persone; 2) durante una accesa riunione presso la mitica "Sede" causata dall'opposizione della sezione donne che non volle concedere a noi ragazzi l'uso di una saletta interna alla Sagrestia, l'Assistente, anche lui contrariato, proruppe con un motto: "Ragazzi, purtroppo tira più il filo di una sottana che una fune di bastimento!". 
Cancello della sede della Virtus, decorato con il simbolo "stella d'argento"
Anni dopo ne ho capito il senso; 3) sempre durante una delle periodiche riunioni, spiegava l'idea che dovevamo avere di Dio. Non una sorte di "mago" (termine testuale) che cava dal cilindro le cose di cui è fatto l'Universo, bensì "Ordinatore della materia". Sì, lui pensava e ci diceva che la materia esisteva da sempre.
Amante della gioventù nel senso più nobile del termine, faceva tutto quel che poteva per accontentarci. Presso la "Sede" vi erano vari giochi: ping-pong, calcio balilla, si giocava a carte ("furiose" erano le partite con Bartolomeo Silvestri, suo "accanito avversario") e poi il juke-box. Ne comprò uno nuovissimo, in sostituzione di uno molto vecchio e piuttosto piccolo, ultimo grido della tecnologia di allora (fine anni '60). Ebbene, fu tra i primissimi apparecchi (forse il primo in assoluto a Piscinola) a contenere lo scandaloso "Je t'aime... moi non plus", di J. Birkin e S. Gainsbourg: era l'anno 1969...!".
Credo sia stato forse il primo prete, che io sappia, a Piscinola, a indossare pantaloni e giacca, lasciando la talare. Invero nei primi tempi alternava, poi mano a mano usava l'abito talare sempre meno, fin quasi ad abbandonarlo. Ricordo il clamore, a stento trattenuto, che andava diffondendosi nell'ambiente parrocchiale e nei parrocchiani stessi. Anche mia madre ne rimase alquanto colpita. Diciamola tutta: la cosa era considerata una stravaganza, nel migliore dei casi. Altresì amava essere sempre in ordine, pulito e ben rasato e un po' di dopobarba profumato non lo disdegnava.  
Ricorrenza dei caduti, posa della corona di alloro al monumento di Piscinola
Oltre alla sua attività di insegnante di religione, e dunque a prescindere dalla sua missione pastorale, non so se avesse altri interessi, ma penso di sì. Ad esempio non so se amasse la musica e quale. Però una cosa è da dire a tal proposito, marginale ma simpatica. Gli piaceva molto ascoltare al juke box il brano "Azzurro", interpretato da Celentano. Ciò perché ad un certo punto ricorrevano i versi "...Quelle domeniche da solo in un cortile, a passeggiar... ora mi annoio più di allora, neanche un prete per chiacchierar..."".
La sua figura infondeva sicurezza e fiducia, soprattutto nei ragazzi. "Quando conobbi l'assistente avevo appena cinque anni, ma ebbi subito l'impressione di conoscere un sacerdote "strano", in quanto non frequentava solo la parrocchia, ma anche ambienti non religiosi, come poteva essere la sede della Virtus o la sezione DC di Piscinola. Quel prete era strano perché io bambino  non riuscivo ad associare una figura religiosa  ad un ambiente, per così dire, "civile"; ma quell'uomo aveva qualcosa che mi attirava, forse l'amicizia che lo legava a  mio padre e a tutti quei piscinolesi della sua generazione; o forse il rapporto amichevole che facilmente instaurava con un ragazzo, come un bambino, forse entrambe le cose, o ancora tante altre doti nascoste che non facevano altro che infondere fiducia". (cit. Michelangelo Aspromonte)
Una delle ultime sue foto
Come tutti i grandi personaggi "rivoluzionari", che sono nemo propheta in patria, anche don Mimì non fu amato da tutti e soffrì per qualche maldicenza...
Si ammalò nell'estate del 1972, ma continuò a svolgere il suo ministero sacerdotale, con sacrificio e dedizione sempre maggiore.
Si spense a Piscinola, il 24 luglio 1984.
Ai suoi funerali parteciparono commossi i tanti ragazzi che furono suoi diletti "assistiti" e tanti piscinolesi che lo ebbero a cuore.

Potremmo andare avanti con la scrittura  di molte pagine ancora, piene di belle testimonianze, perché tantissimi sono gli aneddoti che narrano delle opere e delle azioni condotte da Don Mimì, per tutti semplicemente "l'Assistente"; opere e azioni che dimostrano la grandezza e il carisma dell'uomo che abbiamo voluto raccontare, per mostrarlo a quanti non l'hanno conosciuto in vita. 
Congediamo il ricordo di Don Mimì, con il suo inconfondibile saluto: "Cristo regni... Sempre...!".



A Don Domenico Severino è stata intitolata la Biblioteca Comunale, ubicata nel “Lotto 14B” e anche la nuova tendo struttura con il campo di basket, in Via Nuova Dietro la Vigna, realizzata dalla polisportiva Virtus Piscinola con il significativo contributo dell'organizzazione di "Una partita del cuore" di don Mazzi.
Salvatore Fioretto

Lapide di dedica che si trova all'ingresso della tenda struttura della Virtus, in via Dietro La Vigna

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venerdì 8 luglio 2016

Ricordo poetico della Piazza e della vecchia Piedimonte... di Luigi Sica


Nei lunghi e freddi inverni e nelle umide estati di Piscinola, mi rivedo con i miei compagni di scuola e gli amici di strada in quella Piazza pressoché deserta, con i suoi venditori ambulanti che sembravano statue indifferenti al freddo e al caldo, alla luce o al buio, come testimoni di un tempo che pareva immutabile ed eterno.
Testimoni muti di una vita che piano piano se ne andava, segnata dai lenti ritmi quotidiani, dai suoni attutiti, che rompevano un silenzio greve, direi di vite strascinate con i denti, di vite incanalate in un destino che aveva un traguardo menzognero di speranza...
Spesso lo sguardo andava ai binari del treno della Piedimonte che doveva portare qualcosa... che non giunse mai e, invece, portava via tante delusioni..., e altre speranze che si rivelarono illusioni...!
Rivedo oggi tutte queste figure immobili, come vestigia d’un passato remoto, come monumenti di una civiltà estinta. Rivedo ancora qualche asino con le some di letame fumante, pochi passanti e i fumaioli dei camini che liberavano vapori bianchi, grigi e azzurri, insieme all’odore della legna bruciata.
Ancora oggi mi pare di rivedere i compagni di scuola e di giochi, quando nei pomeriggi, dopo i compiti fatti a casa, ci ritrovavamo in Piazza per i nostri giochi...
Essi mi appaiono a distanza di tempo come delle figurette scure, racchiuse in uno strano quadro: ragazzini macilenti, gambette striminzite dalle ginocchia grandissime, la pelle arrossata dai geloni e il collo avvolto da sciarpe di stracci, come a rappresentarmi una triste scena medievale, vista tante volte sul sussidiario, che paragono a un lavoro di Brueghel; uno scorcio di Piazza dove oltre una fugace allegria s’indovina una profonda miseria.
Miseria che oggi si rivela una grande ricchezza di ricordi e di sentimenti che il mondo non usa più.
Luigi Sica




Ringraziamo l'amico e scrittore Luigi Sica per quest'altro bel componimento condiviso su Piscinolablog.
  

domenica 3 luglio 2016

In memoria di Vincenzo Di Napoli e Domenico Palladino... due eroi della nostra libertà!

La meravigliosa storia di questo antico borgo di Napoli, che si erge sulle dolci pendici del versante settentrionale della collina dei Camaldoli, si compone di tante realtà ed eccellenze, ne abbiamo già descritte diverse: eccellenze sportive, musicali, letterarie, artistiche, giuridiche, religiose, accademiche, ma anche appartenenti ai temi sociali, etici e civici. Purtuttavia la storia di Piscinola passa anche attraverso i gesti di eroismo civico, espressi soprattutto durante il periodo più brutto della sua storia recente, che fu l'ultimo conflitto mondiale. Parleremo di due uomini che sacrificarono la loro vita in due episodi distinti, durante la barbarie della guerra, spinti da un desiderio comune di giustizia e di libertà, valori che sono innati nella nostra cultura: essi furono Vincenzo Di Napoli e Domenico Palladino.
Vincenzo e Domenico abitavano, con i rispettivi nuclei familiari, in via Vecchia Miano: Vincenzo, presso 'a Fiurella (incrocio con via Napoli) e Domenico, poco distante dal primo, in quel Abbascio Miano, piccolo sobborgo di Piscinola, già descritto in questo blog. 
Vincenzo all'epoca dei fatti aveva solo 24 anni e esercitava il mestiere di solachianiello (ossia di ciabattino), mentre Domenico, più grande di età, faceva il contadino, saltuariamente il muratore ed era padre di ben otto figli. Essendo appartenenti a famiglie storiche di Piscinola, entrambi avevano un "soprannome", il primo era detto "'a canella" e il secondo "'e mezacapa". 
Di Napoli era già stato schedato dai fascisti per aver partecipato ad azioni di propaganda antimilitarista contro la guerra d'Etiopia.
I due piscinolesi partecipavano ai primi incontri segreti con altri antifascisti del posto, coordinati dal referente di zona che fu Salvatore Terracciano (mastu Salvatore), di professione calzolaio. Si dice che la primordiale sede dei loro raduni segreti sia stata il locale avamposto al forno dei panettieri  Marco Cascella e suo fratello Giacomo
A questo gruppo, che si può considerare la prima cellula del nascente Partito Comunista Italiano a Piscinola, ben presto aderirono una ventina di giovani piscinolesi, alcuni provenienti anche da Miano e da Marianella, tra i quali, oltre i due Cascella, Vincenzo di Napoli e Domenico Palladino, si menzionano anche il fattorino Salvatore Russo, il pittore Salvatore Longo, l'elettricista Salvatore Morra, il guantaio Vincenzo Marseglia, lo studente militare Gaetano Patrone e il muratore Gaetano Marfè. Di Miano c'erano il fattorino Guglielmo Mazzocchi e lo stuccatore Salvatore Ianniello. Tanti furono gli affiliati al movimento, che il nucleo di Piscinola divenne ben presto uno dei centri di riferimento del nascente Partito, non solo nella città di Napoli, ma in tutta la Campania.
Tra le azioni dimostrative antifasciste che ben presto furono progettate e intraprese, ci fu quella memorabile del lancio dei volantini di propaganda all'interno del teatro Trianon di Napoli, durante una solenne manifestazione fascista. I sovversivi non furono arrestati subito, ma nei giorni seguenti le milizie fasciste, attraverso alcune spie e simpatizzanti di regime, catturarono a uno ad uno tutti i dimostranti, che furono condotti nel carcere di Poggioreale e trattenuti allo stato di fermo, in attesa del giudizio.
In quella circostanza Vincenzo Di Napoli, forse per paura di essere costretto a svelare i particolari del suo movimento, forse esasperato dal trattamento subito durante i diversi interrogatori, non resse allo stress del momento e decise di dar fine alla sua giovanissima esistenza, lanciandosi dal quarto piano dell'edificio del carcere. 
La caduta volontaria del giovane è la versione asettica che si trova scritta negli atti ufficiali dell'epoca, però nessuno sa dire quello che accadde realmente, infatti si legge: "... Scavalc(a) improvvisamente nelle locali carceri giudiziarie la ringhiera del 4° piano del padiglione dove si trovava precipitandosi nel vuoto e rimanendo cadavere".
Alla famiglia di Vincenzo non furono concessi i funerali privati. Fu solo permesso al carro funebre di sostare brevemente davanti alla sua abitazione, nel momento del trasporto al cimitero di Miano, che avvenne pochi giorni dopo il decesso, nel mese di aprile 1936.
Gli altri antifascisti furono condannati al confino forzato oppure ammoniti.
Le gloriose "Quattro Giornate di Napoli" sono il momento storico nel quale è ambientato il secondo episodio cruento che narreremo. Alcuni giovani di Piscinola, affiliati al movimento antifascista, decisero di aderire alla rivolta popolare che andava crescendo contro gli occupanti tedeschi, ed ebbe in città il momento clou, alla fine del mese di settembre 1943. Posizionarono la loro postazione armata su un terrapieno che un tempo esisteva in corrispondenza dell'incrocio detto fore 'o trentotto, mimetizzati com'erano dalla folta vegetazione presente. Il gruppo era ben armato, con diversi fucili, pistole e munizioni recuperate assaltando le caserme di Miano: infatti dall'annuncio dell'Armistizio queste strutture militari furono abbandonate dai soldati italiani in fuga ed esposte alla spoliazione pubblica...
L'occasione per la guerriglia si presentò quando una moto con Sidecar tedesca, con a bordo due soldati o forse un soldato e un ufficiale,  imboccò via Vittorio Veneto, proveniente da Miano. All'avvicinarsi all'incrocio i partigiani aprirono il fuoco e i due soldati abbandonarono il veicolo, scappando. Uno dei fuggitivi (o forse entrambi) si riparò in un appartamento civile, situato lì vicino, in via Vittorio Veneto. 
Domenico e un gruppo di combattenti lo seguì, cercando di catturarlo, ma mentre Domenico per primo tentava di scardinare la porta dell'appartamento, il soldato tedesco gli sparò senza esitare, attraverso la serratura, colpendolo mortalmente. 
   "GUIDA MERCURIO" 1946-47 Annuario Generale Napoli.      
Direttore compilatore Mario De Luca (trovato da Paolo Sola)
Spirò poche ore dopo, mentre alcuni familiari cercavano disperatamente di raggiungere l'ospedale Cardarelli (allora chiamato "23 marzo"), trasportando il ferito su un piccolo carrettino trainato a mano.
Ecco la testimonianza tratta dal giornale "Risorgimento" del  9 gennaio 1944, che riporta in un breve articolo questo episodio di lotta civile, dal titolo: "Un eroico caduto di Piscinola", "Nelle memorabili quattro giornate della lotta per la cacciata dei tedeschi da Napoli, Domenico Palladino, del Partito d'Azione, modesto lavoratore, padre di otto figli, volle generosamente fino all'ultimo dare prova del suo ardimento. Poiché attaccati e inseguiti i tedeschi si erano rifugiati in una abitazione privata, il Palladino, a capo di pochi da lui scelti, volle per primo entrare nella casa ove fu mortalmente ferito da un ufficiale tedesco. Tuttavia avendo ragione del nemico, ai compagni che tentavano soccorrerlo disse: "So di morire. Viva l'Italia libera"".
Il sacrificio di questi due uomini originari del nostro quartiere non fu vano se oggi noi li ricordiamo, con doveroso ringraziamento, quale seme fecondo della nostra libertà.
Salvatore Fioretto

Si ringraziano: Nicola Palladino, Marco Cascella, Natale Mele, Salvatore Di Napoli, Paolo Sola e il compianto Salvatore Palladino, per la loro preziosa collaborazione alla ricostruzione storica degli episodi narrati in questo post.
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