sabato 18 giugno 2016

Pergamene e carte celebrate: frammenti della nostra storia conservati negli archivi storici...

Archivio di Stato di Napoli, sala interna
Gran parte delle testimonianze storiche di Piscinola e di Marianella, con i toponimi dei luoghi notabili, sono rintracciabili nelle carte antiche celebrate dai "notai" dell'epoca, che registravano in maniera particolareggiata un "bene" oggetto di "transazione" (ovvero della registrazione, come si direbbe oggi); solo che, a differenza di quanto avviene oggi, non essendoci all'epoca una forma di  Catasto con i suoi "riferimenti catastali", si procedeva all'individuazione del bene descrivendo i terreni e i fabbricati confinanti, le strade adiacenti, le chiese, le cappelle e le cose notabili del territorio poste nelle immediate vicinanza del "bene" in questione, riportando spesso anche i toponimi di molte piccole località vicine.
Mappa di Napoli del XVI secolo
Nel periodo antico i funzionari addetti alla registrazione degli atti erano però chiamati "Curiali" e scrivevano gli atti a mano, su delle pergamene. Molti di questi documenti sono giunti fino a noi e sono conservati nei vari archivi storici cittadini, in particolare nel Grande Archivio di Stato, nell'Archivio Storico Diocesano di Napoli, nella Biblioteca Nazionale di Napoli e in altri Archivi.
Oltre alle compravendite, nelle pergamene celebrate dai curiali troviamo notizie di numerose donazioni a chiese e conventi, come la pergamena n. 255, "di S. Agostino" conservata all'Archivio di Stato di Napoli, risalente intorno all'anno 1440. Sintetizzando il contenuto, risulta che: Vincenzo de Bossis aveva donato una terra sita a Piscinola, con rendita di 10 tarì, alla congrega di Santa Maria della Neve, con la richiesta della celebrazione di un anniversario, ogni anno nel giorno della sua morte.
Piazza Grande Archivio e la fontana detta "della Sellaria"
Nel caso in cui i confratelli di Santa Maria della Neve fossero stati inadempienti, i 10 tarì si dovevano assegnare alla Disciplina della Croce, con lo stesso obbligo di vigilare sui frati e, se anche questi non vi provvedessero, l'incarico con relativo censo doveva essere assegnato, prima ai maestri ed economi della chiesa di S. Maria dell'Annunziata, e poi ai frati stessi di S. Agostino.
Nell'atto di vendita stipulato il giorno 10 ottobre dell'anno 1033, per mano del curiale di nome Sergio (Notam instrum. S. Sebast. n. 1211), ove si registra l'avvenuta vendita di un appezzamento di terreno chiamato "ad Nipitium", situato presso la chiesa di S. Sossio a Piscinola, nel citare i confini del terreno si fa espresso riferimento al luogo dove era ubicata la "Staurita Chiesa del Salvatore Nostro Gesù Cristo". 
Quest'atto costituisce quindi il documento più antico nel quale si fa riferimento alla chiesa del SS. Salvatore, che a quei tempi già esisteva: "[...] Staurita plevis Ecclesiae Salvatoris Nostri Ihesu Christi de memorato loco Piscinule [...]. In esso si menzionano anche le località piscinolesi di "Pratum" e di "Vipiticum".
Nella carta celebrata il 20 agosto del 941 dal curiale Anastasio (Notam instrum. S. Gregori, n. 297), si registrano la vendita di quattro appezzamenti di terreno, di tale Gregorio, figlio di Sergio, ubicati a Piscinola in località detta “Marzano Belanzanese” (“[...] quator pectias de terra positas in loco qui nominatur Piscinulae[...]”). Gli appezzamenti sono chiamati “Custanem”, “Felicem”, “Fracta” e “Marilianum”. Quest’ultima località molta estesa, corrisponderebbe all’attuale Marianella. Marilianum si suddivideva ancora in tre parti, che erano chiamate: “ad Pinum”, “Areliano” e “Campu Maiore”.
In questi reperti, unici e rarissimi, troviamo anche delle curiosità, come la vendita, alquanto singolare, avvenuta per un appezzamento di terreno tra una famiglia piscinolese e una famiglia ebrea. Da notare che la vendita è stata allora eseguita chiedendo il consenso alla suocera... ecco il testo: "17 febbraio 1240, Napoli, Adilizia del defunto Giovanni Vulcano e di Sinissora, con il consenso di suo marito Giovanni Capece de illa Scocta, con il consenso di sua suocera Marotta, vende all'ebreo Schumele, figlio dei defunti Elitiari e Gemma, una terra di un moggio e otto quarte a Piscinola, località Grottole, eredità materna, per otto once d'oro in tarì di Sicilia e conservando la Chartula traditionis che ne costituisce....(il titolo)".
Concedendoci un pizzico di ironia, possiamo affermare che: "qui le suocere hanno sempre contato, almeno fin dal 1200 (sic)...!!"
 Uno dei chiostri dell'Archivio di Stato di Napoli

Al temine di questa breve trattazione sulle ricchezze culturali esistenti nei nostri archivi, occorre purtroppo ricordare che tutta la documentazione della Cancelleria Angioina e anche Aragonese è andata inesorabilmente perduta durante la Seconda Guerra Mondiale, quando i documenti furono riparati in un deposito ritenuto sicuro, sito a San Paolo Belsito, in provincia di Caserta: furono purtroppo scoperti dai soldati tedeschi e selvaggiamente bruciati in massa. Si salvarono solo poche casse di codici e pergamene, grazie all'abnegazione di alcuni abitanti del posto. 
Purtroppo la guerra non porta danni solo alle persone e alle strutture, ma anche alla cultura dell'umanità!
Salvatore Fioretto

Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati agli autori, ai sensi della legislazione vigente. Alcune notizie storiche sono state tratte dal libro "Viaggio nella mia terra" del dott. F.B. Sica, 1989, T. Cortese e dal libro "Piscinola, la terra del Salvatore", di S. Fioretto, ed. Boopen, 2010.
N.B.: Le foto riportate in questo post sono state liberamente tratte dai siti web dove erano state inserite, con il solo scopo di favorire la libera diffusione della cultura.

sabato 11 giugno 2016

Perché una "Nazareth" nel quartiere di Chiaiano?



Il sobborgo denominato Nazareth prese il nome da una cappella costruita dalla famiglia Diano, che fu intitolata Santa Maria di Nazareth. Dalle fonti storiche risulta, infatti, che i componenti della nobile famiglia Diano furono i primi signori ad avere possedimenti in quella parte del territorio dei Casali di Napoli,  che si estendeva fin sull'altura della collina dei Camaldoli.
Stemma dei Venusio
Lo storico Lorenzo Giustiniani, riferendosi a Nazareth, così scriveva: “… è un villaggio sul monte de' Camaldoli, verso la parte occidentale di Napoli, di aria niente sana ed abitato da pochi individui”.
Stemma dei Capece
Il territorio su cui si ergeva la chiesetta fu successivamente ceduto ad un’altra famiglia nobile napoletana, quella dei Capece, signori dei casali di Antignano e San Giovanni a Teduccio. I discendenti di questa nobile famiglia fecero successivamente costruire, nei dintorni della prima, un’altra cappella, dedicata a S. Giovanni Battista, che era annessa a un vasto tenimento agricolo di circa 27 moggi. Questo tenimento, nel 1564, fu concesso in enfiteusi a un certo Girolamo Granata. L’ultimo discendente maschile dei Capece, Scipione, che impalmò Giovanna Caracciolo, non ebbe discendenti maschi, e così il borgo di Nazareth passò di proprietà alla famiglia Rapuano (forse Capuano), i quali edificarono nel possedimento una terza cappella, più piccola delle prime due, che fu chiamata “del Salvatoriello”. Della famiglia dei Rapuano troviamo la nobildonna Porzia, che una volta sposata con don Giovanni Paolo Crispo, edificò in quel luogo una villa di campagna; la coppia ebbero un figlio, Giovanbattista Crispo, che fu però cagionevole di salute e per tale motivo si trasferì definitivamente a Nazareth.
Successivamente, nell’anno 1713, questo tenimento fu ceduto a tale Leone Cesareo e, ancora a seguire, alle famiglie dei Patrizi e dei Verrusio. I Verrusio avevano una splendida villa anche nel centro del casale di Mugnano, oggi purtroppo in pietoso stato di abbandono. 
Dai libri ecclesiastici sappiamo che nel 1714 il borgo di Nazareth era abitato da 21 nuclei familiari (fuochi) e le persone ammesse al sacramento della Comunione erano 69. 
Il "Dazio" a cappella cangiani
Le principali famiglie originarie del territorio che già a quei tempi risiedevano in Nazareth, erano quelle dei Carannante, dei Sommella, dei Caputo, dei Galiano, dei Pastore, dei Caianiello, dei Di Marino, dei Longobardo, dei Di Amato, dei Taliercio e dei Santoro.
Personaggio notabile di Nazareth fu il già nominato Gianbattista Crispo, che divenne famoso giureconsulto del foro napoletano; Gianbattista fece edificare nel luogo una bella e sontuosa villa, ove ebbe a stabilirsi. La villa era addirittura dotata di un piccolo lago che, nei momenti di svago, Giambattista attraversava con una barchetta.
Strada di Nazareth
Come si può dedurre ancora oggi, in epoca lontana tutta la zona era particolarmente amena e godeva di una splendida veduta panoramica sulla capitale. Infatti il Cavalier Girolamo Congedo nell’anno 1888, nella sua relazione alla fine del mandato di Commissario Straordinario al Consiglio Comunale di Chiaiano e Riuniti, ebbe a chiamare Nazareth: “La piccola Svizzera”.
Fu questo commissario a voler costruite le due strade che collegavano le località Guantari-Piscinelle e S. Croce-Orsolone, e fu ancor lui ad approvare il progetto di variante del tratto di strada Guantari-Piscinelle, dalla "Casa Guerra" fino all'innesto con la via Marano-Pianura: collegamento importante, perché congiungeva, e congiunge ancora oggi, la città di Napoli a Marano, migliorando anche il collegamento viario delle varie frazioni collinari con la sede del Municipio di Chiaiano e la strada provinciale S. Maria a Cubito. Per tale opera il Comune di Marano dovette sostenere un quarto delle spese.
Con decreto del 1811 i Camaldoli, assieme ai borghi di Nazareth e di Orsolone, furono trasferiti sotto la giurisdizione amministrativa della sezione “Avvocata” del Circondario di Napoli.
Sappiamo che, già nel 1887, Nazareth era frequentata da parecchi forestieri, che l'attraversavano per raggiungere i Camaldoli e visitare il famoso e bello Eremo camaldolese.
Con il passare dei secoli la cappella di Nazareth andò in decadenza, specialmente quando fu edificata nella zona dei Guantai la cappella di S. Maria Regina del Paradiso (detta: Regina Paradisi),  per tale motivo la cappella di Nazareth diventò una specie di succursale della parrocchia di Santa Croce, assieme alla Cappella dei Cangiani.
Nell’anno 1923 la cappella "Regina Paradisi” ai Guantai divenne parrocchia autonoma.
Altre due piccole cappelle si trovavano nel tratto di strada che da Nazareth portava verso la località “Contessa”, ai confini con Marano, di cui una sotto il titolo di “S. Giovanni” e l'altra di “S. Maria della Peschera”.
Giovanni Antonio Summonte nella sua "Storia della Città e Regno di Napoli", per giustificare l'etimo di Partenope, riporta un fatto che sa molto di favola. Riporta, infatti, la versione di un commentatore alla corte della regina Giovanna d’Angiò, un certo Napodano, secondo il quale la città fu fondata da Enea, che la ottenne in toto dai Latini. Alla morte di Enea subentrò il despota Parchinio Troiano, che oppresse con pesanti tributi la popolazione, fino a quando fu spodestato dall’esercito degli stessi Latini che gli rivolsero contro. Parchinio durante la fuga nascose i suoi tesori, parte in città e parte in collina, nel luogo detto “Nazareth”. Ma fu catturato e giustiziato. Da allora la città fu chiamata Partenope, da "Parte-ne-opes" che significherebbe “Parte del tesoro”. Furono, poi, i Greci a chiamare nel seguito la città nuova Neapolis.  
Lungo la via C. Guerra si erge maestoso l’edificio chiamato “La Decina”, il cui termine, molto probabilmente, è una degradazione del nome della famosa osteria che nel secolo XVII si trovava proprio in questo luogo, ossia l’“Osteria del Ricino”.
"La Decina" in via C. Guerra
La forma dell’edificio, simile a un maniero, con torre merlata, la presenza di una nicchia sul portale d'ingresso, con al suo interno una statua femminile in marmo bianco, diverse scritte e alcuni stemmi, hanno portato qualche studioso ad associare questo antico e misterioso edificio all'Ordine dei Templari, tuttavia l'ipotesi appare attualmente priva di riscontri strorico-documentali.
L'edificio fu restaurato nel XIX secolo dall'architetto e ingegnere Camillo Guerra, al quale è stata dedicata la strada adiacente.
Oggi le località di Nazareth, di Guantai e di Orsolone ricadono nel territorio del quartiere di Chiaiano.
Salvatore Fioretto

Diverse notizie storiche sono state tratte dalla pubblicazione "Santa Croce ai Camaldoli-Napoli, 1688 - 1988, Ieri, oggi, domani", a cura di p. Camillo Degetto, della Parrocchia di S. Croce a Orsolona.

giovedì 2 giugno 2016

Don Angelo ‘o peccerillo (in ricordo di don Angelo Ferrillo, di Antonio).


La fonte di  questo racconto è un libricino scritto da Giacomo Di Maria, dal titolo "I Visconti, da Milano a Calvizzano", testo che sono riuscito a reperire solo alcuni giorni fa... Mi incuriosiva il legame di questa famosissima famiglia nobile con la vicina Calvizzano, ma ecco che, come spesso accade in questi ultimi tempi, sfogliando questo volumetto, sono emerse tante notizie storiche che interessano indirettamente anche Piscinola, Polvica di Chiaiano, Miano, San Rocco... 
Chiesa di S. Maria delle Grazie a Calvizzano (cartolina)
Lo dico sempre: la storia del nostro territorio ha lasciato moltissime tracce e testimonianze, che sono sparse dappertutto. Esse ci attendono..., bisogna solo cercarle...!
Tracceremo in questo post il profilo di un noto personaggio che è nato a Calvizzano ed è stato sacerdote coadiutore della parrocchia del SS. Salvatore in Piscinola per otto anni, assieme al cugino parroco: ci riferiamo a don Angelo Ferrillo, nato da Antonio. Quando c'erano entrambi i Ferrillo a Piscinola, gli abitanti, per distinguerli bene, usavano dire: Don Angelo 'o Gruosso e don Angelo 'o Peccerillo. Con "Gruosso" (grande), di età s'intende, era indicato il Parroco della chiesa del SS. Salvatore in Piscinola, mentre con "Peccerillo" (piccolo), il cugino più giovane. 
Riporteremo per completezza l'articolo contenuto nella fonte citata, ossia "I Visconti, da Milano a Calvizzano" di Giacomo di Maria, ed. anno 1982, nel quale emergono i pensieri e i ricordi del nostro parroco, don Angelo Ferrillo, sul caro cugino; ricordi (riportati in corsivo) che ci descrivono indirettamente anche della sua giovinezza.

"Angelo Ferrillo di Antonio. Nacque a Calvizzano il 10 maggio 1911, rinacque al «sacro fonte›› alla vita della Grazia il 16 dello stesso mese.
Chiesa di S. Maria delle Grazie a Calvizzano
Fin dall'«età infantile... ebbe colloqui sacerdotali...›› col cuginetto Angelo, poi sacerdote e zelante parroco anche lui (della parrocchia del SS. Salvatore in Piscinola  ndr).
«Passammo insieme la nostra infanzia, insieme decidemmo di entrare in Seminario. Eravamo ancora ragazzi - così disse l’amato cugino Don Angelo - ci trovavamo insieme nella campagna dei nostri genitori. Più volte vedemmo passare per la strada adiacente un seminarista, con sottana e fascia rossa, che da Qualiano si recava a piedi al trenino della «Piedimonte d’Alife›› per andare al Seminario di Aversa... In noi due sorse vivo questo desiderio: vogliamo diventare come lui. Passarono degli anni: il proposito si maturò con la frequenza alla Chiesa a fianco dei sacerdoti. Il nostro «Angiolillo›› fremeva.
«E venne il giorno desiderato, dirà l'anzidetto cugino, in cui diventammo seminaristi come quel seminarista, nostro parente. Il 1° novembre 1924 nella Chiesa parrocchiale di Calvizzano si fece la funzione della nostra vestizione››. Per il nostro levita «la vita del Seminario fu Vita di gioiosa formazione. La sua anima non soffriva angustia alcuna. Di anno in anno si sviluppava la sua fisionomia di giovane svelto, aperto, sensibile all'amore per Cristo ed alle anime››.
Ferrovia Napoli Piedimonte - Stazione di Mugnano, dal sito www.clamfer.it
Chi scrive (Giacomo di Maria ndr) il quale fu colpito dalla decisione spontanea del caro compagno di entrare in Seminario e lo seguì circa un anno dopo – ha ancora vivo il ricordo di seminarista vivace, studioso, intelligente, generoso, di carattere forte, costante; di rara sensibilità, operoso, instancabile, aperto al bene, al bello: «nelle vacanze, con quale amore egli si dedicava all’insegnamento del Catechismo ai piccoli, che gli correvano dietro a frotte!››. (Oh! cari, nostalgici ricordi di tempi, nei quali ci dedicavamo a «fare la dottrina cristiana›› a tanti numerosi fanciulli, e «nei giovedì ci si recava all’Ospedale degli Incurabili per visitare gli ammalati, portare loro una parola di conforto, insieme alla frutta della nostra campagna, e le cioccolattine comprate con pochi soldi ricevuti dai genitori».
Chiesa SS. Salvatore-campanile (foto Fioretto)
Non per vana gloria ma per debito di gratitudine, ricordiamo delle «Opere›› fatte da seminaristi. Seguivamo «l'esempio e l'insegnamento di due sacerdoti venerandi compaesani e superiori del Seminario: Don Salvatore Cavallo e Don Carlo Visconti».
Angelo era studente di Liceo, quando perdette la sua cara mamma, Maria Saveria Mauriello. Affrontò la prova troppo dura «con coraggio superiore alla sua età...: si preoccupava dei numerosi fratelli, tutti più piccoli di lui, e arrivava ad avere per essi le cure di una madre. Nel dolore, nella preghiera, nello studio ed in piccole opere di apostolato egli completava la sua formazione sacerdotale e consumava la irrevocabile donazione della sua vita a Cristo, sacerdote eterno››. 
Arrivò il giorno della sua ordinazione sacerdotale. Era il 30 novembre 1935. Per otto anni fu vicario cooperatore nella Parrocchia del SS. Salvatore in Piscinola, mettendo «a disposizione di tutti le sue singolari doti e la sua ferrea fibra fisica. Non conosceva stanchezza e passava da un ministero all'altro con energie sempre più fresche; di brillanti qualità umane, amabile nella conversazione, di parola facile ed incisiva, conquistava la benevolenza e l'amicizia di quanti l’avvicinavano››.
Chiesa di S. Nicola di Bari a Polvica (google maps)
Non si dimenticherà il suo apostolato della gioventù nei vari «Circoli di Azione Cattolica›› a Napoli (vi fu incaricato da Mons. A. Marena), a Calvizzano, a S. Rocco di Marano, a Miano e poi a Polvica; il suo scrupoloso insegnamento di religione nelle Scuole, la sua predicazione avvincente e persuasiva, nella quale si scorgeva la soda formazione spirituale e culturale. 
«Ricco di esperienza pastorale››, il 18 Febbraio 1948 prendeva possesso della Parrocchia di S. Nicola di Bari in Polvica - Chiaiano. E' qui che il dinamico Don Angelo «per oltre vent’anni ha speso le sue migliori energie sacerdotali, ha preso mille iniziative affrontando senza esitazione ogni difficoltà... per il bene delle anime››, così leggiamo nell'Allocuzione. 
«Fruttuosi sono stati i suoi vent'anni di permanenza qui tra noi - scrisse il Prof. Gennaro Sarnataro - l'ampliamento e le modifiche delle infrastrutture della Chiesa, fino a quest'ultima definitiva, in cui l'elegante struttura seicentesca veniva rivalutata ed impreziosita dall'altare rivolto al popolo; l'aver voluto e portato qui tra noi la Scuola Media, accolta nei capaci saloni dell'ex Congrega, rifatta e razionalmente divisa in aule››
Copertina del libro, fonte del racconto, anno 1982
(Mi si perdoni un inciso: Quanto Don Angelo ha costruito o ricostruito è tutto proprietà della Parrocchia di S. Nicola. Egli amava veramente il grande Patrono della «sua» chiesa). «La sua preziosa presenza unica e continua - è ancora l'anzidetto Sarnataro a dircelo - destava ammirazione. Don Ferrillo ha eretto il monumento più importante nelle nostre coscienze, dove ognuno conserva geloso il proprio ricordo personale... Il nostro parroco, pur nella sua dinamicità, era un uomo semplice e di una sensibilità unica, dotato d'una eloquenza incisiva e personale››.
Questa scheletrica rievocazione della poliedrica «figura›› del nostro caro Don Angelo non è, né vuole essere un panegirico. Il suo esempio, il suo fervore, il suo spirito «missionario›› - preghiere ed «azioni›› per gli infedeli in India» _ rimangano tra noi per illuminare la nostra vita. La sua «memoria in benedizione›› sarà ricordata più facilmente da noi, suoi concittadini: il 25 luglio (del 1968) - giorno dedicato al martirio dell'Apostolo S. Giacomo, nostro amato Patrono - sulla Statale 19, presso Polla (Salerno), «verso le ore 4 del pomeriggio, vicino all’orario in cui morì Gesù sul Calvario, ferito come Lui, in ogni parte del corpo›› (per un fulmineo incidente), Don Angelo terminò la sua giornata terrena."

Salvatore Fioretto


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Ferrovia Napoli Piedimonte d'Alife - Stazione di Mugnano, tratta dal sito "Archivio Mugnano Storia" di Carmine Cecere.