venerdì 18 luglio 2014

Una terra di Santi, ...poeti, giuristi e navigatori... e di patrioti! (II^ Parte)


I patrioti della Rivoluzione del 1799 dell'Area Nord di Napoli

In questa trattazione descriveremo i patrioti del '99 che sono legati, per la loro vita, al territorio dell'Area Nord di Napoli.

Don Maria Nicola Pacifico (*)
I martiri del 1799, in una stampa
Il sacerdote Maria Nicola Pacifico fu un insigne scienziato vissuto nel secolo dei lumi, ricordato soprattutto come grande botanico e bravo matematico. Divenne uno stimato ricercatore e un appassionato insegnante. Coltivò anche la passione per l’archeologia e la numismatica. Il Genovese lo definì: “Gloria di tutta la botanica”. Fu amico del celebre matematico Nicola Fergola e di altri illustri personaggi della sua epoca. 
Don Nicola Pacifico possedeva una masseria ubicata nei pressi del Vallone di San Rocco. Questa masseria è riportata nella mappa disegnata dall’Ing. Camerale G. Porpora nel 1793.
Le cronache “rivelano” che nelle adiacenze della sua casa realizzò un prezioso e raro orto botanico.
Piantumazione dell'"Albero della libertà"
Fu designato accademico, al momento della fondazione della "Real Accademia delle Scienze e delle belle arti", con sede a Napoli, alla cui inaugurazione parteciparono il re e la regina. 
Fu membro della commissione di ricerca istituita dalla Real Accademia, dopo il tragico terremoto che interessò la Calabria, nel 1783 e l'eruzione del Vesuvio, nell'anno seguente. Insieme ad altri scienziati, disegnatori e ricercatori, anch'essi designati dall'Accademia, sbarcò a Scalea e proseguì fino a Messina e dintorni, eseguendo rilievi e sperimentazioni sull'ecosistema calabro e sullo Stretto. Dopo questa indagine pubblicò due dissertazioni sul terremoto e partecipò alla stesura di quello che divenne un famoso Atlante geografico.
Fu incarcerato per diversi anni, con l’accusa di cospirazione contro lo Stato. Quando uscì di galera, aderì con fervore alla causa giacobina. Fondò la “Loggia della Vittoria”, a cui aderirono diversi patrioti, tra i quali, il medico Cirillo e l’ammiraglio Caracciolo. Pur avanti negli anni, essendo nato nel 1727, si unì ai combattenti durante le note battaglie rivoluzionarie del 1799, guidando una compagnia della “Truppa Civica”, contro i Sanfedisti, alla veneranda età di 72 anni!
Il giornale il "Monitore Napoletano"
Ecco quanto annota Carlo De Nicola, nel suo diario: "Diario napoletano dic. 1798- dic. 1800" Giordano ed. Milano 1963: "4 aprile (1799). ...Non ricordo se ho notato che nella truppa civica abbiamo due capitani sacerdoti, l'uno è Nicola Pacifico, l'altro Ignazio Falconieri, uomo anco di età matura, e già cattedratico in Belle Lettere".
Nel corso della battaglia disputata a Napoli, sul Ponte della Maddalena, fu fatto prigioniero dall’esercito borbonico e condotto nelle carceri dei Granili.
Quasi paralitico, fu condannato al patibolo; la sentenza, per impiccagione, fu eseguita in Piazza Mercato, il 20 agosto 1799. A nulla valsero le intercessioni operate in suo favore, in particolare quelle del Cardinale Ruffo, che fu suo discepolo. Morì come tutti gli altri patrioti martiri del 1799, senza rinnegare se stesso e i propri sentimenti di libertà. Si narra che poco prima di salire sul patibolo, fu istigato da alcuni facinorosi a gridare: "Viva il re!", egli rispose, impavido, inneggiando: "Viva la libertà!".


Don Carlo Mauri, marchese di Polvica 
Il marchese Carlo Mauri nacque a Napoli, nel 1772.
Oltre al feudo di Polvica (Napoli) e di Baronissi (SA), era proprietario delle taverne: "l'Arco", "il Portone" e "la Piazza", che si trovavano tutte ubicate in questo antico tenimento del casale di Polvica.
Durante la Repubblica Mauri fu comandante del primo Battaglione della Guardia Nazionale e fu anche membro della Municipalità e della Commissione per la Toponomastica.
Raro ritratto del marchesino Mauri
Era già stato imprigionato qualche anno prima della rivoluzione, con l'accusa di cospirazione.  
Secondo alcune testimonianze egli, con un manipolo di giovani combattenti, piantò all'Arco di Polvica "l'Albero della libertà" e, poi, condusse tutti a festeggiare l'evento, nella vicina taverna "il Portone".
Durante le fasi finali della brevissima Repubblica Napoletana, con un gruppo di patrioti, si asserragliò nella fortezza di Baja, dalla quale riusciva a difendere, per la posizione strategica, il sottostante porto di Baja. Fu però fatto prigioniero dagli inglesi di Nelson, i quali in cambio della pacifica capitolazione delle forze rivoluzionarie, avevano invano promesso loro un salvacondotto. Furono quindi tutti arrestati e il Mauri, dopo un processo sommario, fu condannato alla pena capitale per impiccagione. La pena gli fu tramutata poco dopo in decapitazione, pare per espressa richiesta fatta all'ammiraglio Nelson.
L'Albero della libertà
Gli ultimi momenti della vita di questo patriota sono riportati da Carlo De Nicola, nel suo già citato diario. Ecco uno stralcio del testo: "Giovedì 5 (dicembre). Si è intesa quest'oggi la condanna del P. Granada ex provinciale dei Carmelitani, di don Nicola Fiorentino, già giudice regio e del marchese Mauri". Alcuni giorni dopo: "Martedì 10 (dic.). Sono passati in cappella il marchesino Mauri, d. Nicola Fiorentino, il Granada. Ma al Mauri il 12 risultava sospesa l'esecuzione, chi dice perché abbia detti di aver cose da scovrire in utile allo stato, chi che sia stato per le parti fatte dai parenti, giovandosi di una capitolazione particolare da lui fatta col comandante ingelese" (Nelson). Tuttavia, i fatti presero piega ben diversa, infatti il De Nicola, qualche giorno dopo continua il suo scritto: "Sabato 14. Mauri è stato seguito quest'oggi, come vada ciò è un arcano almeno per me".
Sulla vita del marchesino Mauri ha scritto un piccolo saggio anche lo storico di Chiaiano, dott. Domenico De Luca, dal titolo "Marchese Carlo Mauri feudatario di Polvica giustiziato nel 1799" ed, Elisa Velardi, anno 1993. Il celebre Giustino Fortunato menziona lo sfortunato giovane patriota nel suo libro: "I napoletani del 1799".
La residenza dei marchesi Mauri a Chiaiano
Negli scritti di M. D'Ayala e di G. Fortunato risulta: "Carlo Mauri (Napoli 1772, marchese di Polvica). Il Marchese Mauri, che lasciò ogni incombenza civile quando fu minacciatala libertà, e con quattrocento giovani valorosi corse a comandare e sostenere la difesa del forte di Baja, fu decollato per favore anzicchè appiccato. Il marchesino Mauri doveva essere decollato alcuni giorni prima. Ma cadde ammalato, né si potè eseguire la sentenza. Essendosi alquanto ristabilito, e poiché il lunedì 16 incominciava la novena del Santo Natale, sabato 14, all’improvviso la sentenza si eseguì alle ore 22" (**).
Con la Restaurazione borbonica i beni della famiglia Mauri furono tutti confiscati dallo stato, come avvenne per gli altri rei della rivoluzione. 


Don Giovan Battista Mosella
La legge giacobina che aboliva lo stato feudale
Altro personaggio che troviamo coinvolto nella corrente rivoluzionaria fu il parroco di Piscinola, che fu denunciato dal Comune di Piscinola per aver realizzato, all’interno della sacrestia della chiesa, un ospedale nel quale furono curate soprattutto le donne. 
Non troviamo espressamente menzionato il nome del curato e se le accuse ebbero per lui delle conseguenze serie. Sappiamo però che in quel periodo, dal 1780 fino al 1800, fu parroco di Piscinola don Giovan Battista Mosella, dopo il quale subentrò, poi, don Ambrogio Tagliamonte.



......  *  ......

 
La ricerca storica su questo argomento è ancora in corso, perchè molti patrioti napoletani, anche se originari del nostro circondario, sono indicati nei testi come nativi di Napoli ed è alquanto difficile accertare la loro esatta collocazione geografica.
Destino purtroppo volle che di quella strage del '99 non rimanessero molte tracce storiche, perché il sovrano borbonico, ritornato nella capitale del Regno, ordinò la distruzione di tutti i documenti e gli atti dei processi eseguiti.  
Salvatore Fioretto

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(*) Articolo tratto dal libro "Piscinola, la terra del Salvatore" di S. Fioretto, ed. Boopen, anno 2010.
(**) Si ringrazia la dott.ssa Antonella Orefice, storico, scrittrice e direttrice del giornale "Il Nuovo Monitore Napoletano", per la consulenza gentilmente fornitaci sulla vita del Marchese Carlo Mauri.
 

domenica 13 luglio 2014

Memoria storica del Casale di Pollanella

I Casali di Napoli hanno subito nei secoli varie metamorfosi, molti sono scomparsi, altri inglobati in quelli vicini più grandi, altri ancora formatisi negli ultimi tempi, come quello di Casalnuovo e Torre Annunziata. Gli storici di cose napoletane hanno spesso scritto saggi e opere concernenti la storia dei casali di Napoli, dal celebre Bartolomeo Capasso, che eseguendo la catalogazione dei casali del periodo ducale, ne contò oltre 50, fino a Luigi Marchese che ne riportò 33 nella sua famosa mappa intitolata "Pianta topografica dell'intero territorio della città di Napoli e suoi trentatrè casali...", nell'anno 1802. 
Particolare della mappa di Antonio Valmagini, metà 1800
Abbiamo già menzionato (in un altro post), l'altro celebre storico, studioso dei Casali, che fu Domenico Chianese. 
Tra i Casali scomparsi a noi vicini, è da citare quello di Pollanella, o Pollana, curioso, oltre che per il nome, del quale si ignora tutt'oggi l'etimologia, soprattutto per la sua esiguità territoriale: è stato infatti il più piccolo Casale forse mai esistito.
Era situato tra i Casali di Miana e Piscinula, ed aveva un solo "fuoco", ossia era composto da una famiglia di circa 5 componenti, quindi pagava solo un Tarì di tasse. Il collettore delle tasse era un certo Amatus de Ambrosino. La sua menzione viene fatta nel cosiddetto "Cedolare Angioino" (attestato all'anno 1268) ed è riportato anche nell'elenco dei Casali contenuto nella celebre opera di Antonio Chiarito del 1772, dal titolo "Commento istorico-critico-diplomatico sulla costituzione...".
Mappa di Luigi Marchese, 1802
Riconducendo la notizia di questo toponimo alle mappe ottocentesche della nostra zona, in particolare a quella del Valmagini, deduciamo che forse questo piccolo caseggiato dovesse sorgere in prossimità della odierna Via Vincenzo Janfolla, forse poi trasformato in una masseria ancora esistente, che si affaccia sul Vallone di Miano... Ma questa ipotesi dovrà essere ancora suffragata da riscontri documentali certi.
Particolare della tabella contenuta nel libro i Casali di Napoli di C. de Seta

Ricordiamo gli altri Casali scomparsi nei secoli, come Vallisanum (Vallesana), Carpignanum (Carpignano), Baselice, Turris Marani (Torre di Marano), Malitellum (Melito Piccolo), Myanella, Lanzasinum, ecc.
Molti Casali sono evoluti nel tempo negli attuali Comuni della Provincia di Napoli, altri, invece, sono stati inglobati in epoca moderna nella cinta della città di Napoli, come Marianella, Piscinola e Miano.
Salvatore Fioretto 

(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
 

Particolare del libro di Antonio Chiarito

sabato 5 luglio 2014

Simposio di filosofia a Piscinola...! di Maurizio DerSuchende

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FilosofiAgorà: simposi di filosofia per una rinascita del Villaggio (o Borgo?) di Piscinola e dell'Area Nord di Napoli. Incontro con il filosofo Achille C. Varzi. 

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Fare un'attività con gioia è uno dei primi ingredienti indispensabili (ma non sufficienti) per tentare di rendere più dignitoso per tutti l'ambiente sociale e naturale in cui si vive. E con gioia e passione crediamo di poter contribuire a rendere più dignitosa la vita nella tanto (a volte a ragione) bistrattata Area Nord di Napoli e nel piccolo sobborgo del Villaggio di Piscinola.
Da dove partire? Dal tentativo di realizzare pratiche di rivalutazione e valorizzazione culturale e sociale del territorio, ma non solo. Dalle proprie passioni e dai fondamenti del vivere civile. Uno dei fondamenti del vivere civile è la pratica e la ricerca filosofica. Moltissimi dei concetti e delle idee che tutti noi adoperiamo quasi quotidianamente, più o meno intensamente, più o meno consapevolmente, sono creazioni della ricerca filosofica fatta da altri e che ancora è in divenire. Una ricerca che non è paludata ed elitaria, ma limpida e popolare.
Edificio Torquato Tasso e la piazza G. Bernardino Tafuri
Nell'autunno del 2013 ha preso forma il progetto "FilosofiAgorà": proporre dei simposi di filosofia che nello stile e nella forma non fossero ammorbanti e arzigogolati, ma appunto popolari e coinvolgenti, sia emotivamente che intellettualmente. Prendendo spunto dagli antichi simposi greci, che erano frequentati e realizzati in prima persona da chiunque (libero cittadino, tranne le donne) fosse interessato a farli, si è pensato di invitare le persone (questa volta anche le donne) ad intervenire su un tema prestabilito, nella forma e nel linguaggio comunicativo-espressivo preferito (colore, forma, materie, gesto, suono, parola, scritto, danza ...), così come ci insegna la metodologia della Globalità dei Linguaggi di Stefania Guerra Lisi. E quindi, possiamo avere interventi con contenuto filosofico di danza, di pittura, scultura, poetici, audiovisivi, fotografici, musicali, performances.
Come avrete sicuramente intuito, si tratta di fare ricerca filosofica non solo con la mente, il cervello, ma con tutto il nostro corpo! Con tutti i linguaggi comunicativo-espressivi!
Dopo gli interventi delle persone che si sono prenotate nei giorni precedenti, si dà il via alle osservazioni e riflessioni del pubblico uditorio, nonché alle repliche dei relatori.
Il filosofo Achille C. Varzi
Nel periodo da ottobre 2013 ad aprile 2014 il primo ciclo di simposi (in tutto 4 sessioni) si è realizzato presso la casa natia e la cappella di S. Alfonso Maria de' Liguori a Marianella, il prestigioso Teatro Area Nord di Piscinola (in collaborazione con il suo direttore artistico, Lello Serao), l'Aula Consiliare situata a Scampia della Municipalità 8 di Napoli. I temi sono stati: l'amore, l'identità umana, il senso e i limiti della pratica filosofica, la paura e la solitudine.
Il primo ciclo termina con il quinto incontro: una conversazione con il famoso filosofo Achille C. Varzi della prestigiosa Columbia University di New York (U.S.A.), il quale - neanche poi tanto provocatoriamente - ci invita a riflettere su questo: "La Filosofia è morta? Viva la Filosofia!".
Questa sessione si svolgerà nel Palazzo "Torquato Tasso" di Piazza G. B. Tafuri a Piscinola venerdì 11 luglio 2014 alle ore 17:00, un luogo simbolo della cultura, dell'educazione e della formazione dei piscinolesi.
Gli enti pubblici che hanno sostenuto questa iniziativa sono il Comune di Napoli e la Municipalità 8 di Napoli. Gli enti privati che l'hanno supportata sono la Cooperativa Umanista Mazra, l'Associazione "Noi e Piscinola", l'Associazione "Senza Barriere".

Piscinola vista dall'alto (foto di Ciro Pernice)
E per il futuro? Abbiamo la certezza di riproporre fra ottobre 2014 e luglio 2015 il secondo ciclo di simposi di filosofia e l'impegno a costruire un evento di rilievo internazionale, una sorta di festival internazionale della filosofia o delle culture umane, proprio per avviare un discorso di riqualificazione e valorizzazione, non solo culturale, ma anche economica e sociale dell'intera Area Nord di Napoli in generale, e del Borgo di Piscinola e di Scampia in particolare.
Ho sempre avuto il saldo convincimento che a rendere prezioso un luogo sono soprattutto gli occhi di chi guarda e la pelle, il respiro, il pensiero, di chi lo vive. Solo insieme possiamo rendere questi luoghi preziosi per una vita degna di essere vissuta.
In alto i cuori appassionati, generosi e gioiosi!
Maurizio DerSuchende
 
P.S.: se volete informazioni aggiornate sui simposi di filosofia, basta iscriversi nel Gruppo aperto "ComunitàRicercaFilosofica" (https://www.facebook.com/groups/240596046089765/) oppure alla pagina "Comunità Ricerca Filosofica".




 
Indicazioni di percorrenza e mezzi pubblici

lunedì 30 giugno 2014

Un luogo, una chiesetta, una devozione secolare: la Madonna delle Grazie...!

Quella parte di territorio, che si erge in leggerissima altura a sud dell'abitato storico di Piscinola, conserva ancora oggi nel suo toponimo l'essenza della sua storia: storia fatta di devozione popolare, di sentimenti di amore per la terra natia e di antico senso di comunità contadina, parliamo della località (locus) chiamata "Madonna delle Grazie". 
Mappa di Antonio Valmagini (metà 1800)

Le origini storiche
Nelle carte topografiche più antiche, a partire dal XVII secolo,  questo luogo viene menzionato semplicemente col toponimo di “Santa Maria delle Grazie”.
Particolare dellla mappa dell'Agro napoletano, di A. Rizzi Zannoni, anno 1793
L'origine del termine è da ricercare nell'antico utilizzo del territorio, destinato a essere, nei secoli trascorsi, il luogo di sepoltura degli appestati, ma anche per la presenza di una chiesetta dedicata alla Vergine. Eppure le due cose sono tra loro collegate...! Infatti, proprio durante le tante epidemie, che afflissero nel corso dei secoli la popolazione di Napoli e dei suoi Casali, non ultima quella del colera del 1836, in questo luogo furono sepolti i morti di Piscinola. La scelta era dettata dalle severe disposizioni di sanità pubblica, ordinate di volta in volta dalle autorità cittadine, che imponevano di seppellire i morti, non più sotto le chiese parrocchiali, ma al di fuori del perimetro dell’edificato. Secondo i "Registri dei nati e dei morti", conservati nell'antica parrocchia del SS. Salvatore, i morti appestati e i colerosi furono seppelliti proprio nell’antica chiesetta della Madonna delle Grazie, la cui presenza è attestata già a partire dalla fine del 1500.
Rara immagine dell'antico quadro della Madonna delle Grazie, 
particolare della foto del 1933.
Proprio in questi eventi di calamità naturale, la Madonna delle Grazie era invocata dal popolo con grande devozione e speranza, ecco spiegato il titolo dato a questa piccola chiesa, che esisteva in quel luogo fin dai tempi lontani ed ecco spiegato l'origine del toponimo.  
La chiesetta barocca, della quale purtroppo non abbiamo foto o stampe, era situata poco distante il bel tempietto che oggi ammiriamo (costruito solo nei primi decenni del XX secolo), in una zona opposta al sito odierno, al di là del largo della strada 
L'antico sito si p ben vederlo osservando le mappe storiche qui riportate.
Sappiamo con certezza che nel 1608 l'antica chiesetta della Madonna delle Grazie di Piscinola era di proprietà di un certo Rododerio e si trovava posta tra i beni di Giovanni Toccho (o Tocco) e la via pubblica. 
Il cardinale di Napoli, Ottavio Acquaviva, in una sua “Relazione di Santa Visita”, faceva cenno alla sua esistenza, descrivendo anche il suo interno. Da questa rara descrizione apprendiamo che la chiesetta aveva un unico altare e che tale A. De Luna aveva l’incarico di fare celebrare la Messa ad ex-devozione e di tenere accesa una lampada votiva, davanti all’immagine della Vergine. Non si sa se la cappella in questione fu demolita o crollò in seguito a eventi naturali. Al suo posto, poco distante, venne edificata un’edicola (cappellina), laddove oggi sorge un muretto in tufo. 

La chiesa attuale
La chiesetta attuale venne edificata intorno 1927, come recita la lapide in marmo posta nel suo interno:
I.M.I.
D.O.M.
QUESTO TEMPIETTO
DEDICATO ALLA VERGINE DELLE GRAZIE
EBBE PER PROMOTORE ALFONSO DI MARO
REV. PARROCO GALLO
SU SUOLO DONATO DAL COMM. ROSSI
CON LA GENEROSA OFFERTA DI
RAFFAELE DANESE
E CON L'OBOLO DEL POPOLO
PISCINOLESE
A.D. MDCCCCXXVII
Lapide in marmo interna al tempietto
Il tempietto, realizzato con pietre di tufo giallo, proventi dalle vicine cave di Chiaiano, fu edificato spontaneamente per volontà popolare, infatti fu completato attraverso forme di volontariato nella manodopera e con le donazioni e le offerte dei Piscinolesi. Persino le pietre utilizzate per le sue mura sono state in gran parte donate dai trasportatori di pietre, ogni volta che percorrevano con i loro carri l'attigua strada comunale, oggi Via Madonna delle Grazie.

I festeggiamenti, tra tradizione e folclore
In questo luogo, nel giorno della festività liturgica della Madonna delle Grazie, che cade il 2 di luglio, gli antichi piscinolesi solevano organizzare la festa popolare, che chiamavano delle “Lampadenelle”. Nel corso dei festeggiamenti, poi, era rappresentata la "Funzione della Madonna delle Grazie”, chiamata anche "La leggenda di Marco Bruno di Campoleone".
Altare della chiesetta, anno 2011. Foto di S. Fioretto
Il termine di “Lampadenelle”, deriva dalla tecnica di realizzazione delle luminarie, allora in uso, mediante l'utilizzo di arcate in tubi di ferro e con tante piccole torce alimentate a gas (‘a 'llummata). 
Il luogo centrale della festa, dove veniva allestito il palco, coincideva con l'attuale largo antistante alla chiesetta, posto al termine di Via Napoli.
La festa è stata celebrata per l’ultima volta nell’immediato dopoguerra.

La “Leggenda di Marco Bruno da Campoleone
Questa rappresentazione era detta anche semplicemente: “’A Funzione”. Essa prendeva spunto dalla leggenda tramandata oralmente da diverse generazioni. La recita era condotta da alcuni popolani, devoti della Madonna e da alcuni soci appartenenti all'associazione "Madonna delle Grazie"; quest'ultima era stata fondata nel 1933, proprio per sostenere il culto e organizzare ogni anno la festa in onore della Madonna. Gli attori dilettanti si vestivano di punto con abiti preparati per la circostanza dalle donne piscinolesi, consoni ai personaggi evocati. 
La trama della "tragedia sacra", la cui origine resta tutt'oggi sconosciuta, rievocava un evento miracoloso, avvenuto proprio in questo luogo nei secoli passati, per intercessione della Madonna delle Grazie.

Giovani di Piscinola che portano a spalla l'immagine della Madonna delle Grazie, anno 1933. Nella seconda fila, seduto, ultimo a destra, mio nonno Salvatore Fioretto

Ecco la sintesi della trama:
In un tempo assai remoto, un contadino piscinolese, di nome Pietro D’Avalos, aveva una devozione specialissima per la Madonna delle Grazie, il cui quadro, con la Vergine che allatta il Bambinello, era custodito in una cappellina sul largo stradale, appena al di fuori del contado. Mosso da pietà cristiana, Pietro venerava ogni sera, assieme all'anziano genitore, la sacra effigie della Vergine. Il tempo trascorreva e l’uomo, sempre con crescente devozione, si recava costantemente alla cappella per pregare, non facendo mai mancare la luce di un lumino.
Una sera, mentre si apprestava, come ormai era solito fare, a portare il cero alla cappella della Madonna, fu coinvolto involontariamente in un omicidio, perpetuatosi proprio dinanzi alla cappellina. Egli, pur innocente, veniva sorpreso dai gendarmi sul luogo del delitto e, complice l'oscurità, scambiato per l'assassino. L'uomo, tra il pianto e la disperazione, veniva quindi condotto in carcere.
Alcune strofe del canto popolare dedicato alla Madonna delle Grazie
Nel carcere lo sfortunato non faceva altro che pregare la Madonna delle Grazie, divenuta ormai la sua ancora di salvezza... Anche l'anziano padre, recandosi ogni giorno davanti alla cappellina della Madonna, piangeva per la disavventura capitata al proprio figlio e implorava una grazia alla Vergine.
E’ a questo punto della  “Funzione” che prevalevano forti i sentimenti della fede e della speranza da trasmettere in scena agli spettatori, non privi del pathos teatrale... Nel mentre si dava atto al processo dell'innocente Pietro, la Madonna, con l’aiuto di un angelo, riusciva a prevalere sul male e a far recapitare una missiva scritta al giudice del tribunale. Nel contempo il quadro della Madonna mostrava a tutti un "portento" soprannaturale, proprio a conferma del disegno divino scritto per salvare l'innocente Pietro. La gente intanto iniziava, stupita, a gridare al prodigio! L'assassino, di nome "Marco Bruno di Campoleone”, irrompendo nel tribunale, confessava pubblicamente la sua colpevolezza e rivelava al giudice il nome del vero mandante del delitto. Marco Bruno veniva quindi graziato dalla pena di morte e mandato in esilio, il reo condannato e l’innocente Pietro d'Avalos reso finalmente libero! 
Nel finale il pubblico accompagnava la scena, cantando insieme agli attori il Te Deum di ringraziamento alla Madonna delle Grazie.

La chiesetta e la campagna circostante con ciliegi in fiore, prima dello sbancamento, anno 2004, foto S. Fioretto
Per la rappresentazione di questa "tragedia sacra", il palcoscenico era allestito a lato dell’incrocio (l’attuale largo comunicante con Via Napoli), dove oggi c’è un vecchio muro di tufo; mentre il pubblico spettatore si sistemava in piedi per strada oppure seduto sui terrazzamenti (dette: ‘e separelle), che costeggiavano un tempo il piccolo largo davanti alla chiesetta. 
Alla recita di questa tragedia hanno partecipato in gioventù molti  piscinolesi appartenenti alle famiglie originarie del quartiere, tra essi ricordo con affetto anche mio nonno Salvatore Fioretto e mio zio paterno Luigi Trematerra.
Lapide di dedica posta all'interno della chiesetta
C’è da dire, al termine di questa bellissima pagina di storia e di espressione popolare spontanea del nostro quartiere di Piscinola, che l’antico e colorato quadro della Madonna delle Grazie, tanto venerato dai vecchi piscinolesi, è stato miserevolmente trafugato da mani ignote, pochi anni dopo il terremoto del 1980. Le uniche testimonianze sopravvissute sono queste poche foto in bianco e nero, qui riportate per l'occasione, per le quali ringraziamo l'amico Luigi Sica, per avercele rese disponibili a futura memoria delle nostre tradizioni. 
Al posto del quadro rubato, per interessamento del compianto Salvatore Della Corte, fu collocato un dipinto realizzato negli anni '90, da un anziano sacerdote che si dilettava a dipingere in vecchiaia.
Salvatore Fioretto

(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
  

  
P.S.: Questo post è stato scritto per commemorare la festività della Madonna delle Grazie, che cade domani 2 luglio ed è dedicato all'amico Maurizio di Gennaro, sperando di aver appagato il suo desiderio di conoscenza.


Foto della chiesa durante i lavori di sbancamento anno 2006 (foto di S. Fioretto)
Foto della processione, intorno anni '40 (foto di Luigi Sica)
Foto della processione per le strade di Piscinola, intorno anni '40 (foto di Luigi Sica)

Foto della processione per le strade di Piscinola, intorno anni '40 (foto di Luigi Sica)

Chiesetta appena dopo il rifacimento del tetto (primi anni '80). Foto di Edoardo Mellone


Foto durante i lavori di sbancamento e di ampliamento stradale, anno 2006  (Foto S. Fioretto)



Foto attuale della chiesetta della Madonna delle Grazie (Foto tratta dal sito FB "NoiePiscinola")