sabato 5 luglio 2014

Simposio di filosofia a Piscinola...! di Maurizio DerSuchende

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FilosofiAgorà: simposi di filosofia per una rinascita del Villaggio (o Borgo?) di Piscinola e dell'Area Nord di Napoli. Incontro con il filosofo Achille C. Varzi. 

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Fare un'attività con gioia è uno dei primi ingredienti indispensabili (ma non sufficienti) per tentare di rendere più dignitoso per tutti l'ambiente sociale e naturale in cui si vive. E con gioia e passione crediamo di poter contribuire a rendere più dignitosa la vita nella tanto (a volte a ragione) bistrattata Area Nord di Napoli e nel piccolo sobborgo del Villaggio di Piscinola.
Da dove partire? Dal tentativo di realizzare pratiche di rivalutazione e valorizzazione culturale e sociale del territorio, ma non solo. Dalle proprie passioni e dai fondamenti del vivere civile. Uno dei fondamenti del vivere civile è la pratica e la ricerca filosofica. Moltissimi dei concetti e delle idee che tutti noi adoperiamo quasi quotidianamente, più o meno intensamente, più o meno consapevolmente, sono creazioni della ricerca filosofica fatta da altri e che ancora è in divenire. Una ricerca che non è paludata ed elitaria, ma limpida e popolare.
Edificio Torquato Tasso e la piazza G. Bernardino Tafuri
Nell'autunno del 2013 ha preso forma il progetto "FilosofiAgorà": proporre dei simposi di filosofia che nello stile e nella forma non fossero ammorbanti e arzigogolati, ma appunto popolari e coinvolgenti, sia emotivamente che intellettualmente. Prendendo spunto dagli antichi simposi greci, che erano frequentati e realizzati in prima persona da chiunque (libero cittadino, tranne le donne) fosse interessato a farli, si è pensato di invitare le persone (questa volta anche le donne) ad intervenire su un tema prestabilito, nella forma e nel linguaggio comunicativo-espressivo preferito (colore, forma, materie, gesto, suono, parola, scritto, danza ...), così come ci insegna la metodologia della Globalità dei Linguaggi di Stefania Guerra Lisi. E quindi, possiamo avere interventi con contenuto filosofico di danza, di pittura, scultura, poetici, audiovisivi, fotografici, musicali, performances.
Come avrete sicuramente intuito, si tratta di fare ricerca filosofica non solo con la mente, il cervello, ma con tutto il nostro corpo! Con tutti i linguaggi comunicativo-espressivi!
Dopo gli interventi delle persone che si sono prenotate nei giorni precedenti, si dà il via alle osservazioni e riflessioni del pubblico uditorio, nonché alle repliche dei relatori.
Il filosofo Achille C. Varzi
Nel periodo da ottobre 2013 ad aprile 2014 il primo ciclo di simposi (in tutto 4 sessioni) si è realizzato presso la casa natia e la cappella di S. Alfonso Maria de' Liguori a Marianella, il prestigioso Teatro Area Nord di Piscinola (in collaborazione con il suo direttore artistico, Lello Serao), l'Aula Consiliare situata a Scampia della Municipalità 8 di Napoli. I temi sono stati: l'amore, l'identità umana, il senso e i limiti della pratica filosofica, la paura e la solitudine.
Il primo ciclo termina con il quinto incontro: una conversazione con il famoso filosofo Achille C. Varzi della prestigiosa Columbia University di New York (U.S.A.), il quale - neanche poi tanto provocatoriamente - ci invita a riflettere su questo: "La Filosofia è morta? Viva la Filosofia!".
Questa sessione si svolgerà nel Palazzo "Torquato Tasso" di Piazza G. B. Tafuri a Piscinola venerdì 11 luglio 2014 alle ore 17:00, un luogo simbolo della cultura, dell'educazione e della formazione dei piscinolesi.
Gli enti pubblici che hanno sostenuto questa iniziativa sono il Comune di Napoli e la Municipalità 8 di Napoli. Gli enti privati che l'hanno supportata sono la Cooperativa Umanista Mazra, l'Associazione "Noi e Piscinola", l'Associazione "Senza Barriere".

Piscinola vista dall'alto (foto di Ciro Pernice)
E per il futuro? Abbiamo la certezza di riproporre fra ottobre 2014 e luglio 2015 il secondo ciclo di simposi di filosofia e l'impegno a costruire un evento di rilievo internazionale, una sorta di festival internazionale della filosofia o delle culture umane, proprio per avviare un discorso di riqualificazione e valorizzazione, non solo culturale, ma anche economica e sociale dell'intera Area Nord di Napoli in generale, e del Borgo di Piscinola e di Scampia in particolare.
Ho sempre avuto il saldo convincimento che a rendere prezioso un luogo sono soprattutto gli occhi di chi guarda e la pelle, il respiro, il pensiero, di chi lo vive. Solo insieme possiamo rendere questi luoghi preziosi per una vita degna di essere vissuta.
In alto i cuori appassionati, generosi e gioiosi!
Maurizio DerSuchende
 
P.S.: se volete informazioni aggiornate sui simposi di filosofia, basta iscriversi nel Gruppo aperto "ComunitàRicercaFilosofica" (https://www.facebook.com/groups/240596046089765/) oppure alla pagina "Comunità Ricerca Filosofica".




 
Indicazioni di percorrenza e mezzi pubblici

lunedì 30 giugno 2014

Un luogo, una chiesetta, una devozione secolare: la Madonna delle Grazie...!

Quella parte di territorio, che si erge in leggerissima altura a sud dell'abitato storico di Piscinola, conserva ancora oggi nel suo toponimo l'essenza della sua storia: storia fatta di devozione popolare, di sentimenti di amore per la terra natia e di antico senso di comunità contadina, parliamo della località (locus) chiamata "Madonna delle Grazie". 
Mappa di Antonio Valmagini (metà 1800)

Le origini storiche
Nelle carte topografiche più antiche, a partire dal XVII secolo,  questo luogo viene menzionato semplicemente col toponimo di “Santa Maria delle Grazie”.
Particolare dellla mappa dell'Agro napoletano, di A. Rizzi Zannoni, anno 1793
L'origine del termine è da ricercare nell'antico utilizzo del territorio, destinato a essere, nei secoli trascorsi, il luogo di sepoltura degli appestati, ma anche per la presenza di una chiesetta dedicata alla Vergine. Eppure le due cose sono tra loro collegate...! Infatti, proprio durante le tante epidemie, che afflissero nel corso dei secoli la popolazione di Napoli e dei suoi Casali, non ultima quella del colera del 1836, in questo luogo furono sepolti i morti di Piscinola. La scelta era dettata dalle severe disposizioni di sanità pubblica, ordinate di volta in volta dalle autorità cittadine, che imponevano di seppellire i morti, non più sotto le chiese parrocchiali, ma al di fuori del perimetro dell’edificato. Secondo i "Registri dei nati e dei morti", conservati nell'antica parrocchia del SS. Salvatore, i morti appestati e i colerosi furono seppelliti proprio nell’antica chiesetta della Madonna delle Grazie, la cui presenza è attestata già a partire dalla fine del 1500.
Rara immagine dell'antico quadro della Madonna delle Grazie, 
particolare della foto del 1933.
Proprio in questi eventi di calamità naturale, la Madonna delle Grazie era invocata dal popolo con grande devozione e speranza, ecco spiegato il titolo dato a questa piccola chiesa, che esisteva in quel luogo fin dai tempi lontani ed ecco spiegato l'origine del toponimo.  
La chiesetta barocca, della quale purtroppo non abbiamo foto o stampe, era situata poco distante il bel tempietto che oggi ammiriamo (costruito solo nei primi decenni del XX secolo), in una zona opposta al sito odierno, al di là del largo della strada 
L'antico sito si p ben vederlo osservando le mappe storiche qui riportate.
Sappiamo con certezza che nel 1608 l'antica chiesetta della Madonna delle Grazie di Piscinola era di proprietà di un certo Rododerio e si trovava posta tra i beni di Giovanni Toccho (o Tocco) e la via pubblica. 
Il cardinale di Napoli, Ottavio Acquaviva, in una sua “Relazione di Santa Visita”, faceva cenno alla sua esistenza, descrivendo anche il suo interno. Da questa rara descrizione apprendiamo che la chiesetta aveva un unico altare e che tale A. De Luna aveva l’incarico di fare celebrare la Messa ad ex-devozione e di tenere accesa una lampada votiva, davanti all’immagine della Vergine. Non si sa se la cappella in questione fu demolita o crollò in seguito a eventi naturali. Al suo posto, poco distante, venne edificata un’edicola (cappellina), laddove oggi sorge un muretto in tufo. 

La chiesa attuale
La chiesetta attuale venne edificata intorno 1927, come recita la lapide in marmo posta nel suo interno:
I.M.I.
D.O.M.
QUESTO TEMPIETTO
DEDICATO ALLA VERGINE DELLE GRAZIE
EBBE PER PROMOTORE ALFONSO DI MARO
REV. PARROCO GALLO
SU SUOLO DONATO DAL COMM. ROSSI
CON LA GENEROSA OFFERTA DI
RAFFAELE DANESE
E CON L'OBOLO DEL POPOLO
PISCINOLESE
A.D. MDCCCCXXVII
Lapide in marmo interna al tempietto
Il tempietto, realizzato con pietre di tufo giallo, proventi dalle vicine cave di Chiaiano, fu edificato spontaneamente per volontà popolare, infatti fu completato attraverso forme di volontariato nella manodopera e con le donazioni e le offerte dei Piscinolesi. Persino le pietre utilizzate per le sue mura sono state in gran parte donate dai trasportatori di pietre, ogni volta che percorrevano con i loro carri l'attigua strada comunale, oggi Via Madonna delle Grazie.

I festeggiamenti, tra tradizione e folclore
In questo luogo, nel giorno della festività liturgica della Madonna delle Grazie, che cade il 2 di luglio, gli antichi piscinolesi solevano organizzare la festa popolare, che chiamavano delle “Lampadenelle”. Nel corso dei festeggiamenti, poi, era rappresentata la "Funzione della Madonna delle Grazie”, chiamata anche "La leggenda di Marco Bruno di Campoleone".
Altare della chiesetta, anno 2011. Foto di S. Fioretto
Il termine di “Lampadenelle”, deriva dalla tecnica di realizzazione delle luminarie, allora in uso, mediante l'utilizzo di arcate in tubi di ferro e con tante piccole torce alimentate a gas (‘a 'llummata). 
Il luogo centrale della festa, dove veniva allestito il palco, coincideva con l'attuale largo antistante alla chiesetta, posto al termine di Via Napoli.
La festa è stata celebrata per l’ultima volta nell’immediato dopoguerra.

La “Leggenda di Marco Bruno da Campoleone
Questa rappresentazione era detta anche semplicemente: “’A Funzione”. Essa prendeva spunto dalla leggenda tramandata oralmente da diverse generazioni. La recita era condotta da alcuni popolani, devoti della Madonna e da alcuni soci appartenenti all'associazione "Madonna delle Grazie"; quest'ultima era stata fondata nel 1933, proprio per sostenere il culto e organizzare ogni anno la festa in onore della Madonna. Gli attori dilettanti si vestivano di punto con abiti preparati per la circostanza dalle donne piscinolesi, consoni ai personaggi evocati. 
La trama della "tragedia sacra", la cui origine resta tutt'oggi sconosciuta, rievocava un evento miracoloso, avvenuto proprio in questo luogo nei secoli passati, per intercessione della Madonna delle Grazie.

Giovani di Piscinola che portano a spalla l'immagine della Madonna delle Grazie, anno 1933. Nella seconda fila, seduto, ultimo a destra, mio nonno Salvatore Fioretto

Ecco la sintesi della trama:
In un tempo assai remoto, un contadino piscinolese, di nome Pietro D’Avalos, aveva una devozione specialissima per la Madonna delle Grazie, il cui quadro, con la Vergine che allatta il Bambinello, era custodito in una cappellina sul largo stradale, appena al di fuori del contado. Mosso da pietà cristiana, Pietro venerava ogni sera, assieme all'anziano genitore, la sacra effigie della Vergine. Il tempo trascorreva e l’uomo, sempre con crescente devozione, si recava costantemente alla cappella per pregare, non facendo mai mancare la luce di un lumino.
Una sera, mentre si apprestava, come ormai era solito fare, a portare il cero alla cappella della Madonna, fu coinvolto involontariamente in un omicidio, perpetuatosi proprio dinanzi alla cappellina. Egli, pur innocente, veniva sorpreso dai gendarmi sul luogo del delitto e, complice l'oscurità, scambiato per l'assassino. L'uomo, tra il pianto e la disperazione, veniva quindi condotto in carcere.
Alcune strofe del canto popolare dedicato alla Madonna delle Grazie
Nel carcere lo sfortunato non faceva altro che pregare la Madonna delle Grazie, divenuta ormai la sua ancora di salvezza... Anche l'anziano padre, recandosi ogni giorno davanti alla cappellina della Madonna, piangeva per la disavventura capitata al proprio figlio e implorava una grazia alla Vergine.
E’ a questo punto della  “Funzione” che prevalevano forti i sentimenti della fede e della speranza da trasmettere in scena agli spettatori, non privi del pathos teatrale... Nel mentre si dava atto al processo dell'innocente Pietro, la Madonna, con l’aiuto di un angelo, riusciva a prevalere sul male e a far recapitare una missiva scritta al giudice del tribunale. Nel contempo il quadro della Madonna mostrava a tutti un "portento" soprannaturale, proprio a conferma del disegno divino scritto per salvare l'innocente Pietro. La gente intanto iniziava, stupita, a gridare al prodigio! L'assassino, di nome "Marco Bruno di Campoleone”, irrompendo nel tribunale, confessava pubblicamente la sua colpevolezza e rivelava al giudice il nome del vero mandante del delitto. Marco Bruno veniva quindi graziato dalla pena di morte e mandato in esilio, il reo condannato e l’innocente Pietro d'Avalos reso finalmente libero! 
Nel finale il pubblico accompagnava la scena, cantando insieme agli attori il Te Deum di ringraziamento alla Madonna delle Grazie.

La chiesetta e la campagna circostante con ciliegi in fiore, prima dello sbancamento, anno 2004, foto S. Fioretto
Per la rappresentazione di questa "tragedia sacra", il palcoscenico era allestito a lato dell’incrocio (l’attuale largo comunicante con Via Napoli), dove oggi c’è un vecchio muro di tufo; mentre il pubblico spettatore si sistemava in piedi per strada oppure seduto sui terrazzamenti (dette: ‘e separelle), che costeggiavano un tempo il piccolo largo davanti alla chiesetta. 
Alla recita di questa tragedia hanno partecipato in gioventù molti  piscinolesi appartenenti alle famiglie originarie del quartiere, tra essi ricordo con affetto anche mio nonno Salvatore Fioretto e mio zio paterno Luigi Trematerra.
Lapide di dedica posta all'interno della chiesetta
C’è da dire, al termine di questa bellissima pagina di storia e di espressione popolare spontanea del nostro quartiere di Piscinola, che l’antico e colorato quadro della Madonna delle Grazie, tanto venerato dai vecchi piscinolesi, è stato miserevolmente trafugato da mani ignote, pochi anni dopo il terremoto del 1980. Le uniche testimonianze sopravvissute sono queste poche foto in bianco e nero, qui riportate per l'occasione, per le quali ringraziamo l'amico Luigi Sica, per avercele rese disponibili a futura memoria delle nostre tradizioni. 
Al posto del quadro rubato, per interessamento del compianto Salvatore Della Corte, fu collocato un dipinto realizzato negli anni '90, da un anziano sacerdote che si dilettava a dipingere in vecchiaia.
Salvatore Fioretto

(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
  

  
P.S.: Questo post è stato scritto per commemorare la festività della Madonna delle Grazie, che cade domani 2 luglio ed è dedicato all'amico Maurizio di Gennaro, sperando di aver appagato il suo desiderio di conoscenza.


Foto della chiesa durante i lavori di sbancamento anno 2006 (foto di S. Fioretto)
Foto della processione, intorno anni '40 (foto di Luigi Sica)
Foto della processione per le strade di Piscinola, intorno anni '40 (foto di Luigi Sica)

Foto della processione per le strade di Piscinola, intorno anni '40 (foto di Luigi Sica)

Chiesetta appena dopo il rifacimento del tetto (primi anni '80). Foto di Edoardo Mellone


Foto durante i lavori di sbancamento e di ampliamento stradale, anno 2006  (Foto S. Fioretto)



Foto attuale della chiesetta della Madonna delle Grazie (Foto tratta dal sito FB "NoiePiscinola")



sabato 28 giugno 2014

Esattamente cent'anni....il 30 giugno 1914 il treno a vapore giungeva a Piedimonte!

Ho il piacere di inserire questo componimento scritto dal mio amico matesino, il dott. Giovan Giuseppe Caracciolo, per omaggiare l'arrivo cent'anni fa, il 30 giugno 1914, della ferrovia "Napoli-Piedimonte" nella sua cara città di Piedimonte Matese. Il percorso da Napoli, attraverso Secondigliano Piscinola, Marano, Mugnano.... era stato finalmente completato!


Il 30 giugno 1914, esattamente cento anni fa, col completamento dell'ultimo tronco della Ferrovia Alifana, Caiazzo-Piedimonte, le locomotive a vapore giungevano imbandierate ed ornate di fiori alla nuovissima stazione di Piedimonte (allora d'Alife) accolte da una folla festante. Per la cronaca erano la locomotiva di costruzione inglese V Catania con un convoglio merci che trasportava gli operai artefici della costruzione e quella belga "La Meuse" trainante tre carrozze passeggeri con le Autorità a bordo. A quei tempi quando un tronco era completato, lo si inaugurava con le "Locomotive di prova". Tale inaugurazione non corrispondeva necessariamente con l'inizio del servizio commerciale. Piedimonte inizierà, infatti, ad essere collegata a Napoli dal 5 ottobre 1914. Quel giorno festante vide i discorsi dell'Onorevole Angelo Scorciarini Coppola, artefice del collegamento Piedimonte-Santa Maria Capua Vetere, del Signor Sindaco della "Perla del Matese" Carlo Grillo, di S.E. il Vescovo Felice Del Sordo e del Direttore della Compagnie Des Chemins De Fer Du Midi De l'Italie (Compagnia delle Ferrovie del Mezzogiorno d' Italia con sede a Parigi), che aveva realizzato la ferrovia, Amedeo Chauffourier. La festa si concluse con un gigantesco rinfresco. I macchinisti ed i fuochisti che avevano condotto le locomotive tra pagliette e tube lanciate al cielo furono portati in trionfo. Avere allora una Ferrovia significava uno sviluppo commerciale ed economico per le zone attraversate. La Pianura Alifana, ricca di industrie (basta citare il grandioso Cotonificio impiantato dalla Famiglia svizzera EGG nel 1812) e di una agricoltura fiorente, non poteva più essere servita da traballanti carri trainati da cavalli e dalle carrozze passeggeri dei Conti Gaetani D'Aragona che in caso di condizione meteorologiche avverse dovevano sospendere il viaggio.

Un primo progetto risalente ai Borboni del 1858 prevedeva di servire Piedimonte con una diramazione dotata di  binario a scartamento normale da Amorosi, sulla già costruita ferrovia Napoli-Foggia. L'ingegnere Paolo Dovara nel 1878 proponeva il compianto allacciamento a Presenzano o Caianello, con proseguimento verso Alife, Piedimonte, Gioia Sannitica, indi Telese, ove ci sarebbe stato l'innesto sulla Napoli-Foggia: Piedimonte sarebbe stata collegata a Roma. Ma anche Alvignano e Caiazzo chiedevano a gran voce il loro collegamento ferroviario.
Ecco quindi le proposte di una ferrovia economica con binario a sezione ridotta del Consigliere Provinciale di Piedimonte Nicola Ventriglia , dell'Ingegnere Pasquale Sasso nel 1880, che collegasse la Pianura Alifana con Caiazzo (allora si scriveva Cajazzo) e Santa Maria Capua Vetere.
Alla fine la Compagnie des Chemins de Fer du Midi de l'Italie adottò il progetto degli Ingegneri Tessitore e D'Aniello ed i lavori di costruzione e gli espropri iniziarono nel 1905. La dotazione della Ferrovia all'apertura era di due locomotive a vapore di costruzione Breda di Milano, tre locomotive a vapore belghe "La Meuse" (un esemplare è monumentato alla stazione di Catania Borgo della ferrovia Circumetnea, ad Essa ceduto nel 1923), la già citata locomotiva a vapore V Catania, presa usata da una miniera di zolfo in Sicilia presso Dittaino, cinque elettromotrici a carrelli Breda per la Ferrovia elettrica, undici carrozze rimorchiate e 140 carri merci di vario tipo costruiti a Napoli dalle Officine Meridionali, due locomotive elettriche Breda  per treni merci. La vecchia Alifana aveva un tracciato completamente diverso dall'attuale: partendo con la vaporiera da Piedimonte, dopo la stazione di Alife, il fiume Volturno era superato con lo stesso ponte  stradale costruito nel 1868, dedicato agli allora Principi Umberto e Margherita di Savoia. Dopo Sant'Angelo in Formis alla stazione di Biforcazione Capua il binario proveniente da Piedimonte si innestava sulla ferrovia Alifana Elettrica Capua-Napoli Piazza Carlo III. La Vaporiera era scartata, il vagone con gli utenti da Piedimonte agganciato alla elettromotrice proveniente da Capua. I passeggeri diretti a Capua, scendevano e trovavano pronto il treno elettrico da Napoli.
Il viaggio proseguiva attraversando Santa Maria Capua Vetere (ben quattro stazioni), l'Agro Aversano e l'allora "Campania Felix", le rigogliose campagne di Giugliano, Mugnano, Marano, Piscinola a nord di Napoli (oggi chi ci crederebbe), ricche delle celebri "percoche" e vigneti la cui uva per la vicinanza al binario dell'Alifana era chiamata "L'Uva della Piedimonte". Il treno elettrico, simile ad un tram, con il binario a scartamento ridotto di 950 mm impegnava infine via Don Bosco, sede di uno Scalo Merci, e terminava la sua corsa sotto l'elegante stazione di Napoli Piazza Carlo III, ora Hotel di lusso. Ricordando questa romantica ferrovia non possiamo esimerci dal citare la difficoltà con cui il treno a vapore superava la tratta Piana di Caiazzo-Caiazzo.
Poco prima della casa cantoniera "Truli", tutt'ora visibile sulle Colline Caiatine anche se allo stato di relitto, per la forte acclività spesso in condizioni sfavorevoli (Treno troppo pesante, binari umidi, scarsa qualità del carbone), la locomotiva a vapore tra forti rumori dello scappamento e volute di vapore iniziava a slittare ed a perdere potenza fino a bloccarsi. I musi neri (macchinista e fuochista) invitavano spesso i passeggeri a scendere per diminuire il peso, se non addirittura a spingere. In genere il convoglio arretrava di nuovo verso Piana, faceva pressione, immetteva nuova sabbia da spargere sulle rotaie ed a tutto vapore prendeva la rincorsa. I malcapitati passeggeri, lasciati sulle alture di Caiazzo a fare asparagi e frutti di stagione, a volo, risalivano sull'ansimante convoglio. Quando il treno era molto pesante si faceva la doppia trazione, con l'aggiunta a Piana di una seconda locomotiva di spinta che veniva agganciata in coda (uno spettacolo!).
Il tronco Piedimonte-Biforcazione Capua andrà distrutto completamente nel 1943 a causa degli eventi bellici, mentre la Ferrovia Alifana Elettrica sospenderà l'esercizio il 20 febbraio 1976, decretando la fine di un piccolo mondo antico.
Come sapete, la linea che si usa attualmente è stata attivata il 4 aprile 1963 con allaccio a Santa Maria Capua Vetere FS. 
Non ci resta che fare gli auguri alla nostra Ferrovia, che fra tantissime difficoltà in cento anni, ha superato avversità di tutti i tipi e proprio per lunedì 30 giugno abbiamo una buona notizia per festeggiare: tutte le automotrici della Ferrovia Alifana sono state riparate, sarà quindi sospeso il servizio automobilistico con gli autobus e le corse verso Napoli saranno assicurate esclusivamente dai treni.

Giovanni Caracciolo
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)