L'angolo poetico di questa settimana è una bella prospettiva da me fotografata alcuni anni fa e poi trasportata in questo bozzetto a matita (elaborazione Photoshop). Si riprende in primo piano la Congrega settecentesca del SS. Sacramento e sullo sfondo l'edificio della ex scuola T. Tasso, dell'anno 1929...
Pagina culturale del quartiere di Piscinola e del territorio a nord di Napoli. "Se vuoi essere universale, parla della tua terra...".
giovedì 12 settembre 2013
Un milione di auguri...Da un Samurai di Chiaiano!!
E stata spedita da Chiaiano esattamente 95 anni fa, il 16 agosto del 1918, questa cartolina di auguri, raffigurante un coloratissimo samurai o mandarino cinese... Non sapppiamo chi l'abbia scritta e a chi l'abbia indirizzata, resta per noi un mistero questa cartolina e la sua immagine..., cartolina molto, ma molto singolare per l'epoca a cui si riferisce...!
Salvatore Fioretto
Salvatore Fioretto
mercoledì 11 settembre 2013
"Li Cunti" di Basile, tra Miano e Piscinola...!
Sospeso tra sogno e realtà, tra fantasia e suggestione, tra incanto e natura, così il mondo della fiaba e del cunto ha caratterizzato la letteratura del Seicento, non solo in Italia, ma nell'intera Europa... Tale esperienza culturale non poteva non toccare anche il nostro magico e incantato scenario campano e ancor più quello napoletano, rappresentato dagli antichi Casali di Napoli... e tra questi, come vedremo nel seguito, due Casali a noi vicini...! A farlo è stato quel "portento" della letteratura italiana del Seicento, lo scrittore Giambattista Basile.
Basile fu figlio della nostra terra, della cosiddetta Campagna Felice; nacque infatti nell'Area Nord della provincia di Napoli, e precisamente nel Casale di Giugliano, nell'Anno di Grazia 1556 (15 febbraio).
Con Giambattista Basile la parlata napoletana viene elevata a lingua completa, perché il capolavoro da lui scritto, avente per titolo: "Lo cunto de li cunti, ovvero lo trattenemiento de peccerille", ha dimostrato a tutto il mondo, allora conosciuto e a quello dei secoli seguenti, la versatilità e la completezza del nostro bellissimo idioma napolitano. Il napoletano, dopo questa composizione letteraria, giudicata importantissima da tutti gli esperti e i critici, viene così assurto a lingua completa, diffusa e tradotta in tutto il mondo. Altri due grandi scrittori, che hanno anche loro per primi contribuito alla diffusione della "parlata napolitana", sono stati: Giulio Cesare Cortese, compagno di studi del Basile e lo Sguttendio.
Atto di nascita del Basile, conservato nella chiesa dell'Annunziata a Giugliano |
Basile ambienta i suoi "Cunti" prevalentemente in posti fantastici, non disdegnando, in qualche racconto, la citazione di alcuni luoghi reali del territorio napoletano e dei suoi antichi Casali (Vomero, Marigliano, ecc.), nonché piazze, castelli, palazzi, regge, taverne e osterie della città di Napoli.
Due Cunti del Pentamerone, in particolare, sono stati ambientati nel nostro territorio, entrambi appartenenti alla raccolta della I^ Giornata: "La Mortella" e "'Lo Mercante", il primo ambientato a Miano e il secondo a Piscinola....
Incominciamo a descrivere il cunto de "La Mortella".
E' una storia fantastica ambientata a Miano... Una contadina di Miano, ritenuta sterile, partorisce finalmente, dopo tante sue attese, una bella pianta di mortella. La donna la coltiva con molto amore... come avrebbe fatto per un figlio in carne e ossa... Un giorno passa per Miano un principe che si innamora della bella pianticella e riesce a convincere la donna, dopo molte insistenze, a vendergliela. Una volta entrato nella reggia, il principe scopre con molta meraviglia che dalla mortella fuoriesce una bellissima fata... Inutile dire che si innamora perdutamente della bella ragazza. Anche la fanciulla ricambia l'amore al giovane e bel principe. Un giorno il principe è chiamato a partecipare a una battuta di caccia contro un animale feroce e quindi è costretto ad assentarsi alcuni giorni dalla reggia. Parte a malincuore, ma convince la bella fata a nascondersi nella mortella, ai cui rami attacca un campanello per poterle comunicare il suo rientro. Ma a notte fonda entrano nella camera del principe alcune femmine brutte e cattive, vecchie amanti del principe, le quali avendo notato la freddezza dell'uomo nei loro riguardi, cercano incuriosite di scoprire l'arcano... Le brutte donne, notando la bella pianta di mortella in un angolo della stanza da letto, prelevano alcune foglie dai rami, ma, ahimè, fanno suonare il campanello legato ad essa. La fata udendo il suono e credendolo segnale della venuta del Principe, esce dal nascondiglio, ignara del pericolo. Le donne ingelosite da tanta bellezza, capiscono che essa è la causa del distacco del Principe e cosi l'ammazzano, colpendola alla testa e dividono a pezzi il suo corpo. Solo una di esse però si rifiuta di inveire contro la povera fata.
Il principe tornando nella reggia, trova la stanza a soqquadro e l'assenza della fata... Si dispera dal dolore e invoca la morte per la perdita del suo amore; ma la fata, impietosita da tante sofferenze del principe, si fa resuscitare e ritorna ad abbracciare con più amore il suo uomo. I due decidono così di sposarsi. Si celebrano solenni nozze a corte e vengono invitate, tra i tanti sudditi e cortigiani, anche le vecchie e brutte assassine della fata. Il principe, conoscendo la storia, con uno stratagemma riesce a condannarle a morte, per annegamento nella fogna... perdona poi la donna che non aveva partecipato all'assassino. Ai genitori della mortella, che restano a vivere a Miano, il principe assicura la protezione e il sostegno economico per la loro vecchiaia.
E' una storia fantastica ambientata a Miano... Una contadina di Miano, ritenuta sterile, partorisce finalmente, dopo tante sue attese, una bella pianta di mortella. La donna la coltiva con molto amore... come avrebbe fatto per un figlio in carne e ossa... Un giorno passa per Miano un principe che si innamora della bella pianticella e riesce a convincere la donna, dopo molte insistenze, a vendergliela. Una volta entrato nella reggia, il principe scopre con molta meraviglia che dalla mortella fuoriesce una bellissima fata... Inutile dire che si innamora perdutamente della bella ragazza. Anche la fanciulla ricambia l'amore al giovane e bel principe. Un giorno il principe è chiamato a partecipare a una battuta di caccia contro un animale feroce e quindi è costretto ad assentarsi alcuni giorni dalla reggia. Parte a malincuore, ma convince la bella fata a nascondersi nella mortella, ai cui rami attacca un campanello per poterle comunicare il suo rientro. Ma a notte fonda entrano nella camera del principe alcune femmine brutte e cattive, vecchie amanti del principe, le quali avendo notato la freddezza dell'uomo nei loro riguardi, cercano incuriosite di scoprire l'arcano... Le brutte donne, notando la bella pianta di mortella in un angolo della stanza da letto, prelevano alcune foglie dai rami, ma, ahimè, fanno suonare il campanello legato ad essa. La fata udendo il suono e credendolo segnale della venuta del Principe, esce dal nascondiglio, ignara del pericolo. Le donne ingelosite da tanta bellezza, capiscono che essa è la causa del distacco del Principe e cosi l'ammazzano, colpendola alla testa e dividono a pezzi il suo corpo. Solo una di esse però si rifiuta di inveire contro la povera fata.
Il principe tornando nella reggia, trova la stanza a soqquadro e l'assenza della fata... Si dispera dal dolore e invoca la morte per la perdita del suo amore; ma la fata, impietosita da tante sofferenze del principe, si fa resuscitare e ritorna ad abbracciare con più amore il suo uomo. I due decidono così di sposarsi. Si celebrano solenni nozze a corte e vengono invitate, tra i tanti sudditi e cortigiani, anche le vecchie e brutte assassine della fata. Il principe, conoscendo la storia, con uno stratagemma riesce a condannarle a morte, per annegamento nella fogna... perdona poi la donna che non aveva partecipato all'assassino. Ai genitori della mortella, che restano a vivere a Miano, il principe assicura la protezione e il sostegno economico per la loro vecchiaia.
Prologo al Cunto de "La Mortella" |
Il secondo cunto, quello de "'Lo Mercante" presenta invece due scene ambientate in un'osteria piscinolese, chiamata "Osteria dell'Aurinale". Il protagonista Cienzo, si ferma una domenica in questo locale e quindi scrive una lettera alla figlia del re...
Riportiamo un sunto del cunto "'Lo Mercante":
Un mercante di Napoli molto ricco, di nome Antoniello, ha due figli molto rassomiglianti: Cienzo e Meo. Un giorno il primogenito Cienzo, facendo a “pretate” (guainella) all’Arenaccia col figlio del re, lo colpisce malamente a sangue. Antonello, temendo una vendetta del re, consiglia il figlio di fuggire e gli affida un cavallo e una cagna fatata. Il ragazzo lascia a malincuore Napoli e inizia un viaggio avventuroso nel suo entroterra... Dapprima trova rifugio in un casolare diroccato, ma rifiuta l’offerta generosa di un tesoro in monete d’oro. Poi salva una bella fata dalle molestie di un gruppo di malviventi. Poi, ancora, salva Menechella, la figlia del re, dalla imminente morte, liberandola dalle fauci di un drago a sette teste, che riesce ad uccidere, decapitandolo. Il re, saputo della disavventura della figlia e del salvataggio da parte dell’eroe, decide, quale sua ricompensa, di concedere la figlia in sposa al suo salvatore. Ma un impostore, sapendo della promessa del re, raccoglie le teste del drago e si presenta a corte sotto le mentite vesti del benefattore. Il re lo incorona quindi suo erede, onorando la promessa fatta. Cienzo, che nel frattempo si trova nella osteria di Piscinola, detta “Osteria dell’Aurinale”, viene a conoscenza del accaduto e dell’usurpazione subita, così scrive una lettera alla figlia del re, che le trasmette, servendosi della cagna fatata. La lettera viene consegnata alla fanciulla, non senza generare sospetti a corte. Il re fa intanto seguire la cagna da alcuni soldati, rintracciando l’autore della missiva, che si trova ancora nella taverna piscinolese. Cienzo viene quindi condotto al cospetto del re accusato di falsità, ma riesce a far valere la sua versione, mostrando come prova le sette lingue del drago. L’impostore viene così smascherato, con la testimonianza della fanciulla. Cienzo, incoronato dal re, diventa lo sposo di Menechella. Una mattina però scorge una bellissima ragazza dirimpettaia alla reggia e si innamora perdutamente. Abbandona quindi il talamo reale, per raggiungere la fanciulla... Meo, intanto, insospettito dall’assenza di notizie di Cienzo, decide di andare in cerca del fratello. Ripete, quindi, tutte le tappe da questi effettuate, nelle quali è ogni volta scambiato per il fratello, a causa della sua perfetta somiglianza. Giunge così a palazzo reale e incontra Menechella, che alla pari degli altri lo scambia per Cienzo. Meo trascorre la notte dormendo diviso dalla cognata, inventandosi una scusa per non disonorare il fratello. Il giorno seguente, continuando la ricerca, si reca dalla bella dirimpettaia e lì trova il fratello come assopito e disincantato dalla bellezza della fanciulla. Riesce a farlo rinvenire, raccontandogli tutto il viaggio e gli incontri avuti, compreso della notte trascorsa con la cognata. Cienzo, credutosi disonorato, uccide Meo, sgozzandolo. Menechella, che assiste alla scena dalla finestra, impreca contro il marito, rivendicando l’innocenza di Meo, che l’aveva invece rispettata. Così Cienzo, pentitosi dell’insano gesto, riesce a far resuscitare il fratello, utilizzando un infuso magico. I due fratelli si riabbracciano e vivono felici a corte, insieme a Menechella e al re, ai quali si aggiunge anche il padre dei due, il mercante Antoniello.
Lettera scritta nell'osteria dell'Aurinale, durante la prima giornata, il cunto si intitola "Il Mercante" |
Particolare della mappa dell'Agro Napoletano, di A. Rizzi Zannoni, 1793 |
Ecco la nota a margine della pagine nell'edizione del 1925, tradotta da Benedetto Croce:
P- 97) • 19** «Osteria de Aurinale». Nella bellissima carta: Topografia dell'Agro Napoletano del Rizzi Zannoni, 1793, è segnata sulla via tra Mugnano e Piscinola una Taverna del Pisciatoro.
In una versione in inglese della stessa opera del Croce:
Nella versione de "Lo Cunto de li Cunti" curata e pubblicata dal maestro Roberto De Simone, nel 1989, si riporta per esteso il nome dell'osteria, come scritto nella mappa dell'Agro Napoletano.
Targa dedicata a G. B. Basile a Giugliano |
L'opera più importante resta senza dubbio "Il Cunto de li Cunti".
Dopo avere viaggiato per molti anni, Basile tornò definitivamente a Napoli nel 1614, dove, insieme al lavoro letterario, svolse anche molti incarichi diplomatici e quello di governatore in diversi centri del Regno, tra cui Montemarano, Avellino, Aversa e Giugliano. A Giugliano, sua città natale, morì forse di peste, il 23 febbraio 1632.
Fu proprio grazie a tali incarichi di natura politica che Basile ebbe modo di conoscere a fondo il territorio campano, venendo così a contatto con una realtà diversa da quella “metropolitana” della capitale del Viceregno di Napoli. Nella loro complessità questi contatti furono però una felice e fruttuosa fonte di ispirazione per lo scrittore.
"I Cunti" non sono stati scritti per essere indirizzati ai bambini, come si è portati a pensare, bensì destinati a un pubblico adulto; infatti, pur se rozzi e incolti, quali erano ai suoi tempi buona parte degli abitanti della metropoli e dei suoi casali, questi erano pur sempre capaci di intendere i frequentissimi doppi sensi che caratterizzano le metafore contenute nell'opera e, peraltro, il mezzo costituiva l'unico modo e metodo per diffonderle, senza incorrere alla sicura censura. L'opera divenne subito un libro noto e fu tradotto in altre lingue europee, già alla fine del Seicento. Grazie ad essa possiamo conoscere oggi con esattezza l'idioma parlato nella Napoli del Seicento!
"Lo Cunto de li Cunti" è quindi un classico di genere fiabesco popolare, al quale s’ispireranno poi, nei secoli successivi, molti favolisti, tra cui Perrault, Carlo Gozzi, Wieland, Ludwig Tieck e i fratelli Grimm; infatti, non tutti sanno che i più noti racconti di "Cenerentola", "La bella addormentata" e "Il gatto con gli stivali", altro non sono che il risultato di riduzioni o adattamenti de "Lo Cunto de li Cunti": fiabe a loro volta poi destinate ai più piccini.
Salvatore Fioretto
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)sabato 7 settembre 2013
Un festival di Canzoni a Marianella...?
Un festival delle canzoni (forse di canzoni napoletane), organizzato durante i festeggiamenti di San Gerardo a Marianella, nell'anno 1957.... Così è riportato nel retro di questa rara fotografia.
Nella parte anteriore si menziona il direttore dell'orchestra, il maestro Giuseppe Savarese. Si tratta chiaramente una festa di Piazza, perché si vede il tendone della scena dipinto, con un panorama fantasioso e, poi, le persone che sono accalcate e tutte in piedi... come avveniva in antico tempo, un po' ovunque, durante le feste popolari estive....
Salvatore Fioretto
Salvatore Fioretto
Qualcuno ricorda questa festa e altri particolari??
venerdì 6 settembre 2013
La storia di 'Ntuono e Cuncetta... di Abbascio Miano...!
Via Vecchia Miano e la sua antica Masseria, foto aprile 2001 |
C'era una volta, fino a trent'anni fa.... Abbascio Miano, ossia l’antico abitato di Piscinola, attraversato dalla Via Vecchia Miano, con ai lati, la
Carrara (un piccolo vicolo cieco) e una vecchia masseria, dal portale con il grande arco..., chiamata "Torre Galdieri".... Qui si svolge questa storia, bella e anche un po’
triste, che sto ora per raccontarvi: storia di uomini semplici, poveri, ma non
privi di quella grande ricchezza, direi incalcolabile, che oggi tutti chiamano:
"Umanità"!
'Ntuono, ovvero Antonio (in napoletano si chiama
'Ntuono una persona che ha il nome dedicato a sant’Antonio Abate),
aveva all'incirca cinquant’anni e abitava in un monolocale, situato al piano
basso, nell’antica masseria di Abbascio Miano, che in lingua napoletana si dice semplicemente “'o vascio”
(Basso). Il suo amore di sempre, genuino e schietto, si chiamava Cuncetta
(Concetta, ovvero Immacolata).
Concetta era una donna gracile e minuta,
originaria di un paese del Salernitano, se non erro era del Comune di Buccino.
Particolare del portale ad arco, ridotto in rudere (foto aprile 2001) |
'Ntuono e Cuncetta stavano insieme da molto tempo, in
quella vecchia masseria di Piscinola, erano poveri e vivevano alla giornata, ma
vivevano in maniera dignitosa: non erano esigenti dalla vita e si
accontentavano di quel poco che essa gli offriva…. Spesso, come si dice da noi, si
arrangiavano per sbarcare il lunario… Erano sempre allegri e fiduciosi nella
vita, perché la loro vita consisteva soprattutto nello stare insieme ed
affrontare giorno per giorno i vari problemi che si presentavano; non si
ponevano tante domande e tanti perché…. quella era lo loro vita e basta…! Per 'Ntuono e Cuncetta gli unici beni posseduti erano
una carretta con un “ciucciariello” (asino) ed era già possedere molto, per una coppia indigente
dell'epoca, parliamo degli anni '70... 'Ntuono si era organizzato a lavorare in proprio e
vendeva sedie sdraio, sedie di paglia, girelli e tanti altri oggetti di legno, tanto
in uso in quegli anni. Svolgeva il suo umile lavoro recandosi su e giù per i
quartieri popolari di Napoli e tra i paesi della Provincia, soprattutto quelli confinanti con
Piscinola.
La masseria di "Abbascio Miano" vista dalla "Carrara": Nella foto i luoghi sono già trasformati come si vedono oggi |
'Ntuono non si lamentava mai e spesso diceva "'a
nnomme 'e Ddio!" (in nome di Dio), anche se a volte gli affari non erano proprio brillanti e
a stento riusciva a rimediare per quel minimo che occorreva per poter
sopravvivere. La coppia non aveva figli e la loro vita la trascorrevano in
simbiosi con gli altri abitanti della masseria: allora “la masseria” era come
una sola famiglia, tutti si aiutavano e si sostenevano vicendevolmente. Spesso
'Ntuono era chiamato anche dai vari contadini del posto per dare una mano nei campi o per
dare un aiuto nella masseria stessa, ricevendo ricompense in natura (ortaggi,
frutta, latte, vino..). Per 'Ntuono e Cuncetta la loro famiglia era composta da
loro due, insieme al loro asino. Il “ciucciariello” era la loro vita, era il
piccolo bene che permetteva loro di poter vivere e sostenersi e, quindi, lo
trattavano come un figlio…!
Ogni mattina 'Ntuono tirava fuori l'asino dalla
stalla e lo puliva accuratamente con le spazzole, dette la “brusca” e la “striglia”: l'una metallica e rettangolare, denterellata, come tante piccole seghe accostate e l'altra di legno, ovale, dalle setole molto dure.
Spesso, quando l’animale era poco docile al lavoro, l’uomo sapeva come ammansire la bestia: afferrando un orecchio dell'asino con le mani, gli sussurrava alcune parole... che lui riteneva essere efficacee e così, l'asino, come se
fosse addomesticato, capiva subito il messaggio di ‘Ntuono, ubbidiva, eseguendo quello che gli veniva comandato di fare...
‘Ntuono mi voleva molto bene e una volta ricordo volle
portarmi con sé sulla carretta (carro da traino), per fare una commissione; non potrò mai descrivere con le parole la
sensazione e l’emozione che provai durante quel viaggio e soprattutto nel vedere
le strade di Piscinola da questo mezzo per me inconsueto... Non mi era mai
capitato una cosa del genere ed avevo appena 8-9 anni!
Quell’evento,
purtroppo irripetibile, lo ricordo con piacere ancora oggi e lo conservo tra i ricordi più
belli della mia gioventù…! Quando c’era da caricare o scaricare la
merce dalla carretta, composta da tante sedie e tavolini, spesso si formava una piccola folla di ragazzini e di
bambini abitanti nella masseria e nei dintorni, che prestavano volentieri una mano, per
alleggerire la fatica del povero ‘Ntuono... La coppia osservava compiacente e
commossa l’aiuto de bimbi, ringraziando tutti e offrendo loro caramelle e altri dolciumi:
ormai quei ragazzi erano diventati tutti come dei figli adottivi…. Un giorno, purtroppo, l'asino ebbe una brutta colica e si
ammalò gravemente, ricordo che restò steso, agonizzante in mezzo alla masseria
per due giorni e 'Ntuono e Concetta lo vegliarono per tutto il tempo, piangendo
a dirotto, come per un loro parente: una tenerezza senza eguali... Purtroppo non ci fu
verso di salvarlo…!
Rudere della masseria in fase di demolizione (foto Aprile 2001) |
Gli anni passarono, venne poi il terremoto del 1980 e tanti
legami esistenti in quel Abbascio Miano si spezzarono e finirono a causa dello sgombero delle case; molti abitanti furono
trasferiti nelle case popolari e nei rioni di Scampia. La masseria di Abbascio Miano, cosi come mezza Piscinola, fu
dichiarata terremotata e sgomberata... Seppi poco dopo che la cara Cuncetta, dopo una breve
malattia, lasciò 'Ntuono solo... perchè era volata per una …“Masseria” più bella e
più comoda di quella dove aveva vissuto...!
'Ntuono, ormai solo, senza lavoro e senza più la sua
amata compagna, si era trasferito presso una sorella cieca, che abitava a Secondigliano.
Negli anni che seguirono, ogni tanto lo incontravo per
le strade di Piscinola, alla guida di una vecchia bicicletta; mi diceva che
veniva ancora nel quartiere per fare compere e per incontrare i suoi vecchi amici. Quando lo incontravo mi faceva sempre una grande festa e io ero contento, in
fondo io ero uno dei suoi cari figliocci della cara masseria, uno di quelli che lo
aiutava spesso e gli voleva bene... Poi, per molto tempo non lo vidi più... Un giorno seppi
che era morto ed era andato a congiungersi con la sua cara Cuncetta, in
Paradiso...!
La Masseria e il "Tenimento Marchesa di Rutigliano", foto aprile 2001 (trasformato in parcheggio auto nel 2008) |
Ciao cari 'Ntuono e Cuncetta di Abbascio Miano, vi ho voluto un gran bene...!
Salvatore Fioretto
(Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati all'autore, ai sensi della legislazione vigente)
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