giovedì 20 febbraio 2014

L'acquedotto personale di don Vicienzo 'o Pazzariello...!

Del leggendario personaggio piscinolese, soprannominato 'o Pazzariello, abbiamo raccontato in questo blog diversi aneddoti, molti associati alle feste e alla vita comunitaria del quartiere di Piscinola; scorci di una umanità purtroppo appartenente a un tempo lontano, ormai del tutto scomparsa, dalla quale il Pazzariello era apprezzato soprattutto per la sua verve e la sua innata simpatia.
Qualche settimana fa il carissimo amico, che si chiama Salvatore di Febbraro, mi ha raccontato un altro aneddoto molto simpatico, con la richiesta di trascriverlo in questo blog ed è quello che mi accingo a fare ora... Il racconto s'intitola "L'acquedotto personale di don Vicienzo 'o pazzariello"...

Spesso il Pazzariello era insofferente per le perdite di tempo che gli causava la sua consorte durante la giornata, vuoi per fare la spesa e vuoi per compiere altre commissioni, in particolare quando doveva recarsi ad attingere l'acqua dalla fontanina pubblica, che un tempo era posta in un angolo del famoso Cape 'e coppe (oggi via Vittorio Emanuele). Sovente la donna s'intratteneva a discorrere per molto tempo con le amiche e le conoscenti... e questo comportava una certa insofferenza da parte del nostro Pazzariello... L'uomo chiamava ripetutamente la moglie dal balcone, mentre ella continuava a conversare, parlando del più e del meno, senza dar molto peso ai richiami del marito. Era chiaro che la pazienza del Pazzariello incominciava ad avere le ore contate...!
Un giorno, dopo l'ennesimo intrattenimento della moglie a conversare davanti alla fontana, don Vincenzo non ne poté più, e pensò di mettere in atto una delle sue immancabili trovate...!
Si recò presso la famosa puteca (bottega di salumeria) di Caterina detta 'e Carmusina, per comprare diversi pacchi di pasta del tipo detti Ziti. Gli Ziti erano un particolare tipo di pasta, dal formato grande, tipo cannule, prodotta dai celebri pastai di Torre del Greco o di Gragnano (venduti in una confezione di carta azzurra); erano molto apprezzati e utilizzati nel periodo del Dopoguerra, specie per preparare il ragù domenicale.  L'insolito acquisto da parte del Pazziariello, considerato per natura poco avezzo a fare la spesa, destò una certa curiosità da parte delle persone che si trovavano nel negozio in quel momento e dalla stessa commerciante, ma il Pazzariello imperturbabile alle domande dei curiosi, continuava a ripetere "...mo vedite a cosa servono...!"
Mentre la moglie s'intratteneva a conversare, in maniera indisturbata, come se niente stesse accadendo, il Pazzariello mise all'opera lo stratagemma e, dopo aver  aperto le confezioni di pasta, incominciò a sistemare i bastoncini degli Ziti sui blocchi di basalto che lastricavano un tempo la strada,  sistemandoli ad uno a uno, in fila indiana, a partire dalla fontana, fino a raggiungere l'uscio di casa propria. Ripeteva l'operazione con un atteggiamento tra il serio e il faceto, attirando ovviamente l'attenzione di molti viandanti e vicini di casa.... Ad un certo punto la moglie, distolta dalla conversazione per gli schiamazzi e le risate delle persone, che nel frattempo facevano capannello attorno all'uomo, chiese stupita al marito, urlando da lontano: Viciè ma che stai facenne? E il Pazzariello, sempre con il suo solito atteggiamento sarcastico, rispose: Nannì, viste che 'nce pierde 'e ghiurnate sane per gghì 'a piglià l'acqua 'a sta funtana, t'aggio fatto n'acquedotto ca te porta l'acqua direttamente fin''a casa, accussì aggio furnute 'e ghittà 'o sango....!!
E tutto terminò tra le risate dei tanti presenti...! 

Gli abitati del Cape 'e Coppe erano ormai convinti che a don Vincenzo il nomignolo di Pazzariello gli era stato giustamente attribuito,  perchè, a memoria vivente, nessuno più di lui aveva mai avuto questi lampi di genialità e di simpatia fuori dal comune.

Tratto da un racconto di Salvatore di Febbraro. 
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4 commenti:

  1. Pasquale Di Fenzo Che nostalgia le fontanine pubbliche dove le nostre mamme andavano a riempire d'acqua i secchi di ghisa con l'interno stagnato, che erano presenti in ogni casa. L'acqua corrente non era ancora presente in tutte le case e tutti si servivano di questo “servizio pubblico” per i bisogni giornalieri della famiglia. Quando ci si imbatteva in qualcuno che riempiva una bagnarola per la “colata”, c'era una specie di tacita intesa che ti faceva passare d'avanti se dovevi riempire solo un secchio o una bottiglia. La “colata”, che qualcuno oggi potrebbe intendere come una estenuante e lunghissima seduta con la manicure per rinforzare le unghie, a quei tempi era una faticosissima operazione che consisteva nel lavare le lenzuola di tutta la famiglia, senza detersivi, ma servendosi di sapone di piazza e varrichina, e spesso usando la cenere come sbiancante. Ma tornando alle fontanine, provo a ricordare tutte quelle che erano dislocate per il territorio di Piscinola. Premesso che in ogni vico ce n'era una, ricordo quelle di pietra all'angolo con via Acquarone e al cape 'e copp vicino al palazzo di senz'ossa. Poi c'era quella a zampillo in piazza Tafuri, d'avanti alla sezione del PCI. Che io ricordi, tutte le altre erano di ghisa. Ce n'era una al cap a chianca, vicino al negozio di bombole di Pepp a puliss, poi una abbascio Miano all'angolo delle palazzine e un'altra più avanti prima della cuparella di Miano. Sott 'a chiesa ce n'era una nella prima curva, e un'altra all'imbocco della venella, prima di arrivare for 'a vienova. For a vienova non ricordo ci fossero fontanine pubbliche, evidentemente, essendovi dislocati fabbricati di più recente costruzione, erano già provvisti di acqua corrente. Al cap e copp, oltre alla già citata fontana di petra ce n'era un'altra miez Don Carlo. Sicuramente ho dimenticato qualche fontanina, ma sono passati più di 50 anni, spero mi vorrete perdonare.

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  2. Grazie Pasquale, i tuoi commenti sono sempre eccellenti e a tema. Sei una vera fonte di notizie piscinolesi...Tvb.

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    1. Grazie a te per aver creato questa bella pagina.
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  3. Sono Salvatore Della Corte e vorrei aggiungere,se non ricordo male, che i ziti si vendevano sia confezionati con la carta blu e anche in quella rossa.

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