mercoledì 17 marzo 2021

Una ricognizione delle strade dei villaggi di Piscinola e di Marianella, nell'anno 1935.

La ricerca storica non deve accusare soste e anche in questi tempi, non proprio tranquilli, continua proficuamente il suo corso... Ecco che in questi giorni abbiamo effettuato un'altra scoperta interessante, imbattendoci in questo documento, una "guida generale" della città di Napoli, pubblicata nell'anno 1935, che risulta essere una preziosa testimonianza storica del nostro territorio, che ha per titolo: "Napoli e i Napoletani. Guida generale pratica illustrata, ed. La voce di Napoli”, direttore Marino Turchi, via Monte di Dio, 61 Napoli, anno 1935".
Tre anni fa pubblicammo già un post con la descrizione (romanzata, tramite un "inviato virtuale") della toponomastica del territorio "fotografata" nell'anno 1913, ebbene, possiamo notare, per confronto, come alcune strade siano state inerite per la prima volta, perché nel frattempo inaugurate e, poi, anche le cosiddette "Cupe", che non rientravano tra le località "commerciali" descritte nell'anzidetto stradario del 1913.

Nell'elenco della "Guida" del 1935 è stato possibile risalire a tutte le vie e località  esistenti in quel periodo nel territorio, in particolare tra Piscinola e Marianella e, oltre a trovare molte conferme di quanto già scritto in precedenza, abbiamo rinvenuto anche tante novità, soprattutto l'inserimento di nomi di "cupe", "capi", località e "stradine vicinali", poste tra Piscinola, Melito, Chiaiano, Miano e Mugnano, molte sono allocate in quella zona che oggi risulta appartenere al quartiere di Scampia. Troviamo, ad esempio, per le cupe: cupa Nardo, cupa Monaciello, cupa Renza Vascia, cupa Sfumata,  cupa Carderito, cupa Taverna del Portone, cupa Perillo, cupa Filanda, cupa Melito, cupa S. Giuseppe, cupa Grande, Cupa Epitaffio, cupa Ponte di Marianella ed altre; mentre per le strade: via Indipendenza, via Risorgimento, via Rovigliano, e per le piazze: piazza Municipio, piazza Umberto I, ... poi le località del "Principino", del "Canale Vigna",  del "Furlone", i ponti di Marianella, di Miano, di San Rocco, e altro ancora. Interessante aver trovato la prima citazione toponomastica che  menziona "via Vittorio Veneto", che sostituisce la precedente "via Nuova Miano Piscinola". Altro particolare da notare è quello che mentre Piscinola viene citata come "Villaggio" di San Carlo all'Arena, Marianella è riportata con la citazione di "Rione": non è chiaro se il termine è riferito in rapporto alla città di Napoli, oppure al Villaggio di Piscinola. Nella descrizione dei servizi scolastici, invece, si riporta: "Villaggio di Marianella".
Alla fine dell'elenco abbiamo riportato anche delle informazioni di carattere generale, tralasciando quelle di poco interesse.
Si potrà facilmente notare che molti nomi di strade appaiono come inseriti di riporto, ovvero come trascritti allo stesso modo di come appresi, dalle interviste fatte ad abitanti o a viandanti del posto, ad esempio: "Via Capochianche", "Cupa Chianche", o via "Capocoppa", ma questo sarà un argomento da approfondire nelle future ricerche.

Ecco le descrizioni estratte dalla "Guida", con tutte le strade e le località presenti, riguardanti Piscinola, Marianella, San Rocco, Furlone e Scampia, accompagnate dai relativi confini e diramazioni:

Via Cupa Acquarola: da via Plebiscito a Piscinola, fronte n.6 (1^ traversa a destra da via Rovignano)  - San Carlo Arena – villaggio di Piscinola

Sito detto Acquarola: da via dei Liguori (1^ traversa a destra da piazza Umberto I, in Marianella - S. Carlo Arena  - villaggio Piscinola – rione Marianella).

Via Boscariello: già via Vecchia Piscinola – dal largo S. Rocco 23 (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola).

Via Capochianche: in via Plebiscito a Piscinola (nei pressi della scuola femminile municipale) (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola).

Cupa Carderito: da via dei Liguori 2, 2^ traversa a destra da piazza Umberto I a Marianella 11) e da cupa Acquarola . (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Cupa Chianche: in continuazione di via Plebiscito a Piscinola (da via Rovigliano) (S. Carlo all’Arena – villaggio di Piscinola).

Via Chiesa: da piazza Umberto I 17 a piazza Chiesa (S. Carlo all’Arena - villaggio Piscinola - rione Marianella).

Via Cupa Coppa Napoli Chiaiano: Da via S. Maria a Cubito a via Acquarola (S. Carlo all’Arena - villaggio Piscinola).

Via Cupa Grande: da Cupa S. Giuseppe a Cupa Piscinola (S. Carlo All’Arena – villaggio Miano).

Piazza Chiesa: dalla via omonima 8 (è lo spazio esistente a sinistra di piazza Umberto I a Marianella (S. Carlo all’Arena - villaggio Piscinola – rione Marianella).

Cupa della Filanda: E’ la cupa che trovasi alla fine di via Plebiscito a Piscinola.

Via Indipendenza a Marianella: da via Marianella 1 (S. Carlo all’Arena - villaggio Piscinola – rione Marianella).

Via Liguori: da Piazza Umberto I, 11 a calata Ponte di Marianella (S. Carlo All’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Vico 1° Liguori: in via Liguori 20, non comunicante (S. Carlo All’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella). 

Vico 2° Liguori: in via Liguori 28, non comunicante (S. Carlo All’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Via Madonna delle Grazie: in fine di via Marianella e via Vittorio Emanuele, dopo il crocevia ivi esistente. Termina in Miano (S. Carlo All’Arena – villaggio Piscinola).

Cupa Vicinale Marianella: già cupa Ponte di Marianella. E’ la cupa che trovasi sotto il 2° ponte esistente in via S. Maria a Cubito (da via S. Rocco) e mena a Piazza Umberto I in Marianella (S. Carlo all’Arena – villaggio di Piscinola – rione Marianella).

Via Marianella: da via Risorgimento (S. Carlo all’Arena) – villaggio Piscinola (Rione Marianella).

Cupa Melito: in fine del vico I Liguori a Marianella e termina nel Comune di Melito (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Chiesa S. Giovanni e S. Alfonso a Marianella, in piazza Chiesa

Via Miano a Marianella: da piazza Municipio a via Vittorio Veneto (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Via Miano Piscinola: vedi via Vittorio Veneto.

Cupa Monaciello: da cupa Epitaffio (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola e Comune di Melito).

Piazza Municipio a Piscinola: da via Rovignano (2^ traversa a sinistra da via  Miano) è tra le vie Risorgimento e S. Salvatore (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola).

Corso Napoli a Marianella: da piazza Umberto I, 23 (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Via Napoli a Piscinola: da via Rovignano a via S. Maria delle Grazie (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola).

Cupa Nardo: da via Miano (1^ traversa a sinistra da via Agnano Miano) (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola).

Vico Nocelle a S. Rocco: (1^ traversa a sinistra da via di Miano) (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola).

Via Nuovo Tempio S. Pietro a Patierno: già strada Piscinola: E’ la diramazione a destra della strada provinciale Caserta.

Via degli Operai: è la 1^ traversa a sinistra di via Rovigliano da via Risorgimento (S. Carlo all’Arena - villaggio di Piscinola).

Cupa Perillo a Piscinola: è una cupa esistente lungo il percorso a sinistra di cupa Filanda (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola).

Piazza Piscinola: vedi piazza Municipio a Piscinola.

Via Piscinola: da via Chiesa 17 a via Indipendenza (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Cupa Spinelli, con l'ultimo ponte della Piedimonte d'Alife

Via di Piscinola: da via Miano (8^ traversa a sinistra da via Capodimonte, fronte via Quattromani (S. Carlo all’Arena – villaggio Miano).

Via Vecchia Piscinola: vedi via Boscariello.

Via Plebiscito a Piscinola: da piazza Municipio n.15 (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola).

Vico 1° Plebiscito a Piscinola: in via Plebiscito 8, non comunicante (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola).

Vico 2° Plebiscito a Piscinola: in via Plebiscito 14, non comunicante (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola).

Via Ramaglia: dal Corso Napoli 14 a via Indipendenza e a cupa S. Giovanni (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Cupa Renza Vascia (sito detto): da sito detto Acquarola, fronte cupa Coppe (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Via Risorgimento: vedi via Vittorio Emanuele a Piscinola.

Vico 1° Risorgimento: da via Vittorio Emanuele a Piscinola 66, non comunicante (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Vico 2° Risorgimento: da via Vittorio Emanuele a Piscinola 38 (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Via Rovigliano: a termine a destra di via Risorgimento (da via Marianella) (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Cupa Sfumata: in continuazione di cupa Chianche (da via Plebiscito a Piscinola) (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Cupa Ponte di Marianella: vedi Marianella (Cupa) Napoli Chiaiano.

Cupa Spinelli Napoli Chiaiano: da via S. Maria a Cubito fronte 11 (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella  (Chiaiano)).

Cupa San Giovanni: è il prosieguo di via Ramaglia (da vico Torre) termina al quadrivio Boscariello, sulla via Napoli a Marianella (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola – rione Marianella).

Via Miano a Piscinola, già via Rovigliano

Via Santa Maria a Cubito: Napoli-Chiaiano: inizia dal Largo S. Rocco a Capodimonte, attraversa la via Agnano-Miano nei pressi della località Furlone e va nella sezione di Chiaiano ed oltre. (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola). Trams linee 60, 61.

Via Santa Maria delle Grazie: dal termine a sinistra di via Vittorio Emanuele a Piscinola (località “Principinio”) (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola).

Largo San Rocco: al termine di via Nuova San Rocco (da via Miano) e tra le vie: Vecchia S. Rocco, S. Maria a Cubito e Boscariello) (S. Carlo all’Arena – villaggio Piscinola). Trams linee 60, 61.

Vallone San Rocco: in continuazione del cavone di Miano e precisamente quel tratti che, dal ponte di Miano, va al ponte di via vecchia San Rocco (S. Carlo all’Arena e villaggio Piscinola).

Via Vecchia San Rocco: al termine a destra di via Bosco Capodimonte 72 (da via di Miano) (S. Carlo all’Arena e villaggio Piscinola).

Veduta aerea di Piscinola, foto anno 1943

Cupa Taverna del Portone (sito detto) Napoli Chiaiano: (venendo da Napoli a sinistra dopo la località Furlone) va in via Agnano-Miano nei pressi del Ponte Caracciola (S. Carlo all’Arena - villaggio Piscinola – rione Marianella e Chiaiano).

Vico Torre: da via Liguori 23, non comunicante. (S. Carlo all’Arena - villaggio Piscinola – rione Marianella).

Piazza Umberto I a Marianella: al termine del corso Napoli (da via S. Maria a Cubito) e tra le vie: Vigna e Liguori (S. Carlo all’Arena - villaggio Piscinola – rione Marianella).

Canale Vigna: è il prosieguo di vico 2° Risorgimento (da via Vittorio Emanuele a Piscinola) (S. Carlo all’Arena - villaggio Piscinola).

Via Vecchia San Rocco, con l'omonimo ponte

Via Vigna a Marianella: impropriamente chiamata via, poiché sentiero vicinale privato al quale si accede da un cortile esistente all’inizio a sinistra da via Piscinola e, attraverso masserie, sbocca nel vico 2° Risorgimento a Piscinola (S. Carlo all’Arena - villaggio Piscinola – rione Marianella).

Via Vigna a Piscinola: è la stessa via vicinale denominata Vigna a Marianella.

Piazza Vittorio Emanuele a Piscinola: è il tratto di via omonimo esistente tra i numeri 27 e 42 (S. Carlo all’Arena - villaggio Piscinola).

Via Vittorio Emanuele a Piscinola (già via Risorgimento): da via Plebiscito 3 a via Marianella e via Madonna delle Grazie (S. Carlo all’Arena - villaggio Piscinola).

Via Vittorio Veneto (già via Miano-Piscinola): da via Miano 53 (S. Carlo all’Arena – villaggi Miano - Piscinola).

 
Informazioni di carattere generale:

Parrocchia del SS. Salvatore in Piscinola: parroco don Domenico Gallo.

Parrocchia di S. Giovanni Battista a Marianella: parroco don Ernesto Contegno.

Conciliazione e conciliatori. Sezione Piscinola e Marianella piazza Municipio.

Servizio notturno municipale Piscinola e Marianella:  dott. Nardi Vincenzo.

Scuole:
-Villaggio Piscinola: Scuola maschile e femminile: Torquato Tasso, via Plebiscito.
Asilo: Torquato Tasso, via Plebiscito, direttrice Marzia Magliano.

-Villaggio Marianella: Scuola maschile e femminile: Vittorio Aganoor, Corso Napoli. 57. Asilo: Vittorio Aganoor, S. Maria a Cubito.

Levatrice del Municipio di Napoli: Maiorano Teresa.

Medici chirurgici generici: - Piscinola: dott. Domenico Danese.

- Marianella: dott. Landi cav. ufficiale Gaetano, fu Salvatore, corso Napoli, 6.

Ufficio Amministrativo: 9^ Sezione Miano-Piscinola-Marianella e S. Rocco: Primo segretario-Capo Sezione: Dott. Orefice Giulio.

Tabbaccherie: -Piazza Municipio Piscinola,12: Chiummariello Alfonso;
-Via Miano a Piscinola: Maisto Salvatore.

Farmacisti: Marianella, dott. Ferraro Carlo.

Reali Carabinieri: Marianella, via S. Maria a Cubito, 62.

Questa è la "fotografia" toponomastica del quartiere di Piscinola e Marianella, risalente a cinque anni prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale (1940); di quel conflitto, i cui esiti e distruzioni comporteranno danni ingenti al nostro territorio, il quale inizierà, da quel momento, ad essere oggetto di un lento e inesorabile declino, con una metamorfosi sconvolgente, che ha implicato il progressivo abbandono della sua secolare vocazione agricola e artigianale.

Salvatore Fioretto

Largo San Rocco su Via Santa Maria a Cubito, tram Tranvie del Nord, primi anni '900

venerdì 12 marzo 2021

I mestieri di una volta... l'arte di un popolo nell'arrangiarsi...!

Nutrice in Napoli, "Costume di Marianella"

Buona parte del territorio posto a nord di Napoli è stato in passato una zona prevalentemente agricola e molto povera con quasi la totalità dei suoi abitanti dediti ai lavori massacranti dei campi e delle masserie.
I più anziani ricordano certamente i lavori estenuanti che si facevano, per "battere" o "scugnare” il grano, i fagioli e per lavorare la canapa. E tutto questo per una manciata di spiccioli.
Vi erano i padroni delle terre, ma vi erano soprattutto gli operai “di giornata”, che lavoravano molto e guadagnavano poco.
Attorno alle attività agricole nei campi ruotavano una moltitudine di mestieri “specialistici” come, ad esempio, quelli dell’”innestatore”, dello “zolfatore”, del “tappiatore”, del “pompatore”, del “potatore”, dello “zappatore” ed altri ancora. Addirittura c’era anche un “operatore ecologico”, specializzato ad acciuffare topi nei campi, detto “soriciaro”

Ciabattino, detto "Solachianiello"

Tuttavia, con l’aumento della popolazione, l’economia cominciò a trasformarsi: molti si diedero alle opere in muratura e vennero fuori bravi, anzi bravissimi, operai specialisti del mestiere, come muratori, fumisti, pavimentisti, intonachisti, imbianchini, stuccatori e, di conseguenza, nacquero le prime piccole imprese che assoldavano molta manovalanza locale.
E le donne? Anche le donne per aiutare l’economia domestica si sono sempre date da fare. Lo sappiamo bene, oltre a quelle che aiutavano i familiari nei lavori agricoli, ve ne erano molte che facevano le lavandaie: esse avevano appalti con moltissime famiglie di Napoli e rispettando le varie scadenze di commessa, portavano carretti carichi di biancheria, che lavavano, stiravano e poi riconsegnavano con scadenze prestabilite.
Nella descrizione del marchese Lucarelli, del 1913, si rileva che, considerata la sempre crescente attività a Piscinola delle lavandaie, le quali impegnavano ampi spazi di cortili per il bucato, fu deciso di realizzare un lavatoio pubblico in Via Cupa Acquarola.

Lustratore di scarpe e stivali, detto "Pulezzastivali" o "Sciuscià"

C’erano, poi, non poche donne-mamme, che facevano le “nutrici” (erano chiamate anche "mamma ‘e latte" o "mammella"). Proprio per sottolineare l’importanza di questa attività nella nostra zona, esiste una stampa antica, che raffigura una ragazza con un abito caratteristico, chiamato “Costume di Marianella - Nutrice in Napoli ”.
Non mancavano poi le “vammane” (originariamente “mammane”), vale a dire le antesignane delle attuali ostetriche.
Dopo l’ultima guerra, moltissime donne di famiglia impararono il mestiere di sarta. Mandare le ragazze ad imparare a cucire era diventata da noi una vera e propria usanza.

Operatrice di bellezza, detta "Capera"

Negli anni cinquanta e sessanta, poi, molte ragazze di Piscinola lavoravano a casa propria, preparando “a cottimo” i guanti in pelle per i distributori cittadini. Le maestre appaltatrici contrattavano e distribuivano a dozzine i guanti da cucire e moltissime donne così contribuirono al bilancio familiare o a realizzare la dote necessaria per sposarsi.
Non mancavano poi le cosiddette “capere”, cioè quelle donne parrucchiere, le quali andavano presso le loro clienti, casa per casa, a pettinare la loro folta chioma. Considerato che durante il loro lavoro, esse dovevano tener desta la persona e la dovevano intrattenere a parlare, raccontavano i fatti degli altri e per conseguenza sapevano anche i fatti di quella persona e della sua famiglia. Così spesso si facevano anche tanti pettegolezzi. Tuttora usiamo ancora chiamare “capera”, colei o colui che spettegola a sproposito. Ovviamente abbiamo anche i barbieri, che solevano recarsi direttamente al domicilio dei loro clienti, sparsi per la zona, per curare, oltre i loro capelli, le barbe e i baffi.

Aggiustatore di piatti,  detto "Tammarriello"

L’arte dell’arrangiarsi e del sopravvivere faceva aguzzare la fantasia e l’ingegno della gente ed ecco che, come nel territorio cittadino, nacquero anche nel nostro territorio miriadi di mestieri ambulanti, esercitati da persone semplici, che con poche masserizie portate a spalla o con carretti, girando strade e cortili, vendevano i loro prodotti, emettendo “voci” e versi di richiamo per pubblicizzare la loro mercanzia.
Il primordiale operatore della pubblicità fu in tutta Napoli il “pazzariello”, il quale come un abile commediante, era vestito con abito sgargiante, mostrine e piumaggi, che ricordavano vagamente il generale napoleonico Gioacchino Murat. Egli armato di pomo dorato, che agitava a ritmo di un direttore musicale, andava girando per le strade, ballando e cantando, per commercializzare il prodotto per il quale era stato pagato. Era accompagnato da una piccola orchestrina composta da suonatori di tamburo, ottavino e clarinetto.

Ciabattino, detto "Solachianiello"

Altro personaggio importante nell’economia contadina era il sensale, chiamato “‘o sanzaro”. Il “sanzaro” era colui che combinava affari, proponendo in vendita “partite” di prodotti agricoli, quali frutta, ortaggi, vino, ma anche animali, terreni e case. Egli era un personaggio conosciuto da tutti gli abitanti; questi si faceva trovare normalmente in un luogo prestabilito, spesso nella piazza principale della zona. Era sempre aggiornato sui prodotti messi in vendita, perché curava i contatti con le persone che volevano vendere una determinata cosa e di coloro, che a loro volta, volevano acquistare.

Riparatrice di sedie di paglia, "'Mpagliaseggia"

Quando combinava gli affari, ossia quando metteva d’accordo le parti, il gesto che faceva compiere per sancire l’accordo era una poderosa e sostenuta stretta di mano, che si protraeva con energia ed egli stesso si univa al gesto con la mano, come per suggellare l’accordo. A scambio o vendita avvenuta, il “sanzaro” aveva diritto ad una percentuale in denaro, stabilita in base al valore delle cose scambiate ed era fornita in egual misura, sia da parte del venditore che del compratore. In sostanza il sensale è stato un primordiale “agente di commercio” dei nostri tempi.

Fino alla metà degli anni ’80 si poteva ancora incontrare, fuori al “vecchio” municipio di Piscinola, lo ”scrivano”: personaggio al quale, ancor di più nei secoli passati, la gente si affidava per compilare richieste di documenti, esposti alle autorità, oppure scrivere missive da trasmettere a parenti ed amici lontani.

Maniscalco di equini, qui chiamato "Ferracavallo"

Lo “scrivano”, con il suo operato, quindi, ha esercitato nei secoli una funzione che potremmo definire sociale e ancora si vedeva all’epoca dei nostri ricordi, dedito ad aiutare le persone anziane, a compilare i complicati modelli dell’”Ufficio dell’Anagrafe”, in cambio di qualche monetina. Aveva sempre in mano una voluminosa cartellina, piena di modelli “in bianco” e scriveva all’impiedi, senza l’aiuto di tavolino o di sgabello.
Proviamo ora ad elencare alcuni tra gli innumerevoli mestieri ambulanti un tempo esistenti, in particolare, quelli più singolari e caratteristici: il pizzaiolo (‘o pizzaiolo), il fruttivendolo (‘o parulano, ossia colui che vendeva ortaggi delle paludi, recentemente detto anche verdummaro), la venditrice di rane (‘e rarogne), l’arrotino (‘o mola forbice), il ciabattino (‘o solachianiello), l’aggiusta ombrelli (ll’acconcia ‘mbrelle, oppure ‘o ‘mbrellaro), la venditrice di spighe di mais (‘a pullanghella), il gelataio (‘a grattata), il venditore di pesce (‘o pisciavinnalo), il venditore di legumi secchi (‘e spassatiempe), il venditore di olive (l’aulivare), il venditore di ostriche (l’ostricaro), il venditore di zucche e zucchine (‘o cucuzzare),

Realizzatore di cesti e rivestimenti in vimini, detto "Canestraro"

l’aggiustatore di sedie (‘o 'mpagliaseggie, mentre il costruttore di sedie era chiamato ‘o seggiaro), l’aggiustatore di piatti e zuppiere (‘o tammarriello), il venditore di castagne arroste (‘o castagnaro), il venditore di castagne lesse (‘a ‘llessa), il venditore di ricotta (‘a ricotta ‘e fruscella, oppure ‘o ricuttaro), il venditore di latte di vacca (‘o lattaro), il pastore di capre e venditore di latte (‘o capraro), il venditore di caglio (‘o massese), il pastore di pecore e venditore di agnelli (‘o pucuraro), il venditore di trippa (‘o carnacuttaro, detto anche ‘o pere ‘e ‘o musso), il venditore di brodo di polipi (‘o brod’ ’e purpo), il venditore di cozze (‘o cuzzucaro), il pulitore e riparatore di pentole di rame (‘o stagnaro, detto anche 'o rammaro), il venditore di carbone (‘o cravunaro), il venditore di lumache (‘o marruzzaro), il venditore di fichi (‘o fecajuolo), il venditore di ciliegie (‘o cerasaro), il venditore di gelsi (‘e cèveze annevate), il venditore di sorbe (‘e sòvère pelose) e, solo per finire, il venditore di olio (l’oliandolo).

Realizzatore di materassi di lana, detto "Materazzaro"

Bisogna precisare che il venditore di latte (‘o lattaro) si recava al mattino e alla sera, direttamente al domicilio dei clienti, portando con sé la mucca da mungere.
Anche i venditori stanziali in botteghe avevano nomi caratteristici, come il venditore di stoffe, bottoni e giocattoli per bambini (‘o zarellare, recentemente chiamato anche a merceria), il venditore di formaggi (‘o casanduoglio), il venditore di carne (‘o chianghiero), il venditore di stoccafisso e ventricelli (‘o baccalajuolo), il venditore di vini e oli (‘o canteniere), il venditore di sale, tabacchi e marche da bollo (‘o tabbaccaro), il venditore di polli e conigli (‘o pulliere), il venditore di calce e articoli edili (‘o cavuciajolo oppure ‘o ferrareccia), il venditore di carbone (‘o gravunaro).

Canestrari

Gli operai addetti alla manutenzione delle selve erano chiamati “severaioli”, mentre quelli addetti a lavorare nelle cave per estrarre il tufo o altre pietre, erano chiamati “montesi”.
Altri mestieri antichi e specialistici erano “‘o ferracavallo”, ossia il maniscalco, che si occupava di sellare i cavalli, “‘o maste ‘e capetiello”, ossia lo stuccatore e il decoratore di interni, “‘o masterascio”, cioè maestro d’ascia, “‘o sfasciacarrozze” (detto anche mannese), cioè l’aggiustatore di carri, “‘o fravecatore”, ossia il muratore, mentre il costruttore o riparatore di forno era chiamato “‘o furnaro”.
Gli operatori dediti al trasporto dei prodotti dalle campagne in città e in altri paesi erano chiamati “carresi”, mentre i costruttori dei recipienti, utilizzati per contenere il vino, erano chiamati “varricchiali”.

Posizione di operatore della lana su scardasse

Un altro mestiere caratteristico della zona era il “matarazzaro’, ossia l’operatore ambulante che girovagava durante il periodo del dopoguerra e fino agli anni ’80, tra masserie e cortili, specializzato ad “allargare” e rendere soffice la lana dei materassi. Egli si aiutava con un particolare strumento di legno, che era chiamato “‘o scardasse”. Quest’attrezzo era una sorta di telaio costituito da due piastre di legno curvate, di cui la parte inferiore era fissa al telaio, mentre la piastra superiore era mobile e poteva oscillare con la spinta manuale del “materazzaro”. Le piastre erano rivestite da numerosi chiodi, che con il movimento alterno favorivano la sfibratura della lana. La lana, prima dell’operazione, doveva essere opportunamente lavata e asciugata al sole.
Sovente, la lana dei materassi veniva lavorata anche a mano, a cura delle pazienti donne di casa. Molti erano, infine, i sarti specializzati per collazionare abiti su misura maschili.

Arrotino su bicicletta, "Mola forbice"

A conclusione di questo interessante argomento, c’è da aggiungere che nonostante la variegata quantità di mestieri esistenti nel territorio piscinolese, è stata la lavorazione della canapa e anche del lino ad avere e conservare per molti secoli un posto di rilievo tra i mestieri maggiormente esercitati dalla popolazione locale. Per lavorare e produrre queste due fibre, le cui fasi abbiamo già descritto, [...] nell'apposito post di questo blog, a volte occorreva sfidare le disposizioni delle autorità sanitarie, come avvenne nell’anno 1764, durante l’epidemia del colera, quando gli abitanti di Piscinola, Marianella, Chiaiano e di altri Casali continuavano a portare i canapi e i lini a macerare nel lago di Agnano, nonostante i divieti imposti dal governo della città. Ecco una testimonianza raccolta nella cronaca del tempo:

Attrezzo per la lana detto "Scardasse"

“Napoli nell’anno 1764, documenti della carestia e della epidemia…”: “[…] Con dispaccio del 13 luglio del 1764 venne vietata la macerazione della canapa e del lino nel lago di Agnano, come cosa pregiudizievole alla pubblica salute, e si ordinò di farsi il macero nel Fusaro, nel lago di Patria e in altri luoghi lontani dall’abitato e poiché i contadini di Piscinola, Marianella e Chiajano ed altri si negarono di ubbidire, fu ordinato dal Commissario di Campagna di procedere con rigore contro i trasgressori […]”.
Negli ultimi cinquant’anni, grazie alla scuola aperta a tutti ed a causa degli espropri delle campagne, per i programmi urbanistici di espansione della città di Napoli, Piscinola ha cambiato volto: non più agricoltori, né contadini, né operai, ma quasi tutti impiegati o aspiranti impiegati, liberi professionisti e qualche raro e caro artigiano.

Riparatore e lucidatore di pentole di rame:"Rammaro" o "Stagnaro"

Il commercio conserva sempre le “dimensioni” e le caratteristiche insufficienti a far fronte alle necessità quotidiane della popolazione locale, senza alcuna velleità di espansione. I venditori ambulanti sono praticamente scomparsi, resiste solo qualche improvvisato venditore “meccanizzato”, con l’immancabile altoparlante amplificato...

Salvatore Fioretto

Sicuramente un tempo c'erano tanti altri mestieri che non sono stati riportati in elenco, solo per un problema di spazio. 

Il racconto è stato interamente tratto dal Libro: Piscinola, la terra del Salvatore, una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di Salvatore Fioretto, ed. The Boopen, 2010. Le foto sono state liberamente tratte dalle pagine del Web, nelle quali erano pubblicate e sono state inserite in questo post senza fini di lucro, ma solo con lo scopo della libera diffusione della cultura. La stampa originale della "Nutrice di Marianella" appartiene alla collezione di S. Fioretto.

Realizzatore di cesti e canestri in salici, canne e vimini, detto "Canestraro"

sabato 6 marzo 2021

Una strada un personaggio: il conte, avvocato e on. Marco Rocco di Torrepadula (IV^ parte)

Continuando la serie: "Una strada, un personaggio", ovvero la raccolta di post dedicati alla biografia di quei personaggi famosi della storia della Città di Napoli o della Nazione, ai quali sono stati dedicati delle strade importanti del territorio, ma dei quali, però, si conosce ben poco della loro vita e delle motivazioni che hanno indotto nel corso degli anni alla dedica toponomastica. 

E' la volta di un'altra strada importantissima per i quartieri di Miano, Piscinola, Marianella e di tutta l'Area Nord di Napoli, perchè collega la parte di pianura napoletana, alla collina del Vomero e alla cittadella ospedaliera, parliamo di Via Marco Rocco di Torrepadula. Un tempo la strada era chiamata "Strada dei Canapi Miano Agnano", della quale nel 2013 abbiamo dedicato un apposito post, per descrivere la storia dell'antica denominazione (Ecco il link: http://piscinola.blogspot.com/2013/08/via-miano-agnano-la-prima-tangenziale.html).
L'on. Marco Rocco, conte della nobile e antica famiglia dei Rocco di Torrepadula, nacque a Napoli, il 25 aprile 1859.
Questa
famiglia napoletana dei "Rocco" si impiantò fin da XVII secolo nella cittadina di Casoria; ricordiamo che Casoria fu, nell''800, il "Capocircondario" di una vasta area della Provincia di Napoli e che amministrava, tra gli altri, anche i comuni Mugnano, Piscinola e Secondigliano.
A Napoli, i "Rocco" avevano un consolidato potere e grande influenza nella vita politica e amministrativa della Città, i cui rampolli appartenevano per tradizione al Sedile di Montagna,
in quanto discendenti in linea diretta da Giovanni Rocco, fratello del monaco Carlo Rocco, che aveva ottenuto il titolo dal re Filippo II, nel lontano 1641.
Fu a Casoria, però, nel periodo a cavallo tra l'800 e il '900, che i "Rocco" vissero la loro massima stagione di potere e di successi, per essere stati prestigiosi esponenti dell'avvocatura e uomini impegnati nella vita politica cittadina, provinciale e nazionale, essendo stati eletti, come vedremo, nel Parlamento Italiano, proprio in questo Collegio, e per più legislature. 

Casa della famiglia dei Rocco a Casoria

Tra gli esponenti di rilievo della Casata, particolarmente interessanti sono i profili biografici di Giuseppe Rocco, che nel 1688 fu economo amministratore della chiesa parrocchiale di San Benedetto, mentre durante l'occupazione francese, Marco Rocco, trisavolo del nostro personaggio, anche lui avvocato, passò alla storia nell'"antigiacobina" Casoria, per aver difeso e ospitato due ufficiali filofrancesi! Altro Giovanni Rocco (1806-1864), fu il primo esponente a fregiarsi del titolo di "Principe di Torrepadula", nell'anno 1860; Egli fu ultimo Procuratore generale della Corte dei Conti borbonica e viene ricordato per la sua figura di giurista stimatissimo, che sostenne con forza l’indipendenza della magistratura, rifiutando incarichi politici, ricoprendo solo la carica di vicepresidente dell’Accademia di Archeologia Napoletana. Nicola Rocco (1811-1877), fratello del principe Giovanni, è ricordato, infine, come padre del diritto internazionale privato, per aver scritto, ad appena 25 anni, il famoso Trattato di diritto civile internazionale”, in tre volumi, pubblicato a Napoli nel 1858: prima opera nel suo genere, considerata una vera e propria pietra miliare della legislazione internazionale. Nicola Rocco venne celebrato all’Accademia di Francia, dall’ex ministro Portalis.

Lapide affissa sul palazzo in via dei Mille (Na)

Ritornando al nostro  avv. Marco Rocco, della sua infanzia e giovinezza si conosce pochissimo, sicuramente l'appartenenza a una famiglia facoltosa e benestante hanno consentito una solida e prestigiosa formazione culturale e l'agevole partecipazione scolastica e ai corsi universitari in giurisprudenza, raggiungendo il titolo accademico di avvocato, senza particolari difficoltà.  Mise su famiglia, sposando la nobile donna Adele, dei marchesi Andreassi.
Già nei primi anni della sua maturità prese a partecipare alla vita culturale e politica della società dell'epoca, entrando nelle file del partito cattolico popolare. La sua partecipazione alla vita amministrativa conta diversi incarichi di prestigio, basti pensare che fu eletto due volte sindaco di Casoria (dal 1882 al 1885 e dal 1901 al 1904). Ricoprì, inoltre, l’incarico di Presidente del Comizio Agrario del Circondario di Casoria e, per diversi anni, fu Assessore alle Finanze al Comune di Napoli (1890-97). Il salto della Sua carriera politica avvenne con le elezioni politiche al Parlamento Italiano dell'anno 1904, quando fu eletto deputato nel "Collegio II" di Casoria, strappando il posto al cugino omonimo, rivale elettorale di Seggio e Deputato uscente.
La partecipazione degli esponenti della famiglia "Rocco" al Parlamento Italiano risale al 1882, quando furono eletti deputati ben due "Rocco" contemporaneamente: il primo, fu Pietro Rocco, Procuratore del Re in l’Aquila e presidente della Banca “Pergolesi” di Casoria; il secondo, fu Marco Rocco, zio di Pietro, che fu deputato alla Camera, eletto ininterrottamente per oltre un ventennio (dal 1882, dalla XV alla XVII Legislatura) e poi dal 1892 (dalla XVIII alla XXI legislatura), fino appunto al 1904, quando fu sconfitto nel suo collegio di Casoria dal cugino omonimo, il citato avv. Marco Rocco, da cui prese nome l'omonima nostra strada.
Di questa singolare contesa elettorale, tra cugini, apprendiamo alcune cronache dal "Giornale di Casoria", ecco l'articolo preso in prestito: "Le cronache dell’epoca riferiscono di due settimane di manifestazioni, con la banda musicale in testa per le vie di Casoria e di Frattamaggiore, finite poi puntualmente a bastonate, con l’intervento della “truppa”. Sulla stampa nazionale non mancarono articoli satirici che facevano il verso alla curiosa competizione, con battute del tipo «chi avrà più Rocco farà più tela», e «fortuna che le donne non siano elettrici…».
La vittoria fu comunque schiacciante: nel collegio votarono in 2.212 sui 2.691 aventi diritto; e Marco Rocco “fu Giovanni” vinse con 1.513 voti contro gli appena 620 del cugino. Fondamentale fu l’appoggio dei frattesi, tanto che a dicembre troviamo il nuovo deputato Marco Rocco alla solenne “incoronazione” della statua dell’Immacolata venerata nell’omonimo santuario di Frattamaggiore, assieme al sindaco Sossio Russo e al consigliere provinciale Francesco Landolfi, il parroco Vincenzo Pezzullo e il vescovo di Aversa
."

Marco Rocco, insieme ad altri esponenti della storica famiglia di Casoria, si dedicò anche alle attività editoriali e giornalistiche. Collaborò sulle pagine di diverse testate giornalistiche,  che
in quegli anni venivano pubblicate a Casoria e dintorni, spesso di loro stessa fondazione (se ne contano ben sette di giornali!), tra queste riportiamo: "Il dovere: corriere politico amministrativo industriale del circondario di Casoria", "Il Cirillo: gazzettino settimanale del circondario di Casoria", "Il risveglio: giornale del circondario di Casoria", "Il piccolo: politico, settimanale, commerciale, letterario: organo del circondario di Casoria" (il primo numero porta la data del 14 ottobre 1906 e si stampava a Capodichino), "Giornale di Casoria", "Il Circondario di Casoria: giornale settimanale politico amministrativo", "La spina: giornale settimanale, politico, amministrativo del circondario di Casoria", quest'ultimo stampato a Napoli. Si trattavano in prevalenza di pubblicazioni periodiche (settimanali, quindicinali o mensili), edite in formato piccolo, tipo tabloid, che riportavano stralci di leggi e avvisi pubblici, ma anche comunicati ufficiali, interventi di attualità, recensioni e altri temi. Si rivolgevano alla classe dirigente di Casoria e dintorni, in particolare ai professionisti (avvocati, imprenditori, notai, medici, ecc.), che costituivano in pratica la parte cospicua dell'elettorato del Circondario.

Scorcio notturno della via Marco Rocco di Torrepadula (Na)

Quindi, dal 1904, l'avvocato Marco Rocco fu eletto deputato al Parlamento e fu riconfermato per quasi un decennio, fino alla XXIII legislatura (1909-13). Della sua partecipazione come deputato, si ricordano numerose istanze e interpellanze parlamentari, soprattutto sui temi sociali, come i licenziamenti ingiusti di lavoratori, gli scontri e le cariche di polizia avvenuti durante gli scioperi e le ataviche problematiche dei trasporti pubblici nel territorio dell'Area Nord di Napoli. Le elezioni politiche del 1913, però, non furono per l'on. Marco Rocco altrettanto fortunate, perché nel Collegio di appartenenza fu eletto, al suo posto, il medico frattese, dott. Angelo Pezzullo. 
L'avvocato Marco Rocco di Torrepadula visse il resto della sua vita a Napoli,
nella sua bella casa di via dei Mille, fino alla morte, sopraggiunta il 9 gennaio 1938.
Sulla facciata del palazzo dove abitava, in via dei Mille, è stata apposta una lapide commemorativa, con sopra riportata la seguente scritta:

IN QUESTA CASA CONCLUSE
LA SUA LABORIOSA GIORNATA TERRENA
IL CONTE DON MARCO ROCCO DI TORREPADULA
NOBILE FIGURA DI UOMO E DI CITTADINO
CHE COME DEPUTATO AL PARLAMENTO
E COME ASSESSORE ALLE FINANZE
NEL CULTO DELLA LIBERTÀ E DELLA PATRIA
CONTINUÒ CON LA SUA LUMINOSA AZIONE
LA TRADIZIONE A VITA
PER IL NOSTRO MERIDIONE
IL MUNICIPIO DI NAPOLI
POSE
A RICORDO DI TANTO RETAGGIO
DI ALTE VIRTÙ
1976

Dal libro "Le nuove strade di Napoli", di Gianni Infusino, apprendiamo che il tratto dell'antica strada, già "Strada dei Canapi Miano Agnano", fu intitolata, dall'ufficio toponomastica del Comune di Napoli, a Marco Rocco di Torrepadula, nel mese di dicembre dell'anno1964.

Salvatore Fioretto