giovedì 17 giugno 2021

Dalla leggenda del "Lupemannaro", ai casi reali di Rabbia e di Idrofobia...

Da tempo immemorabile, una delle tante figure leggendarie dell'inventario collettivo, nel territorio meridionale e campano, quindi anche a Napoli e nel suo Circondario, era il cosiddetto “Lupemannaro”, ossia l’”uomo-lupo”. La credenza popolare sosteneva che il Lupemannaro apparisse sempre in occasione del plenilunio, quando era costretto ad uscire allo scoperto ed a emettere, per la forza esercitata dalla Luna, dei singulti simili ai latrati di un lupo... Alcuni anziani raccontano che anche dalle nostre parti, a Piscinola, c'erano diversi personaggi che avevano queste manifestazioni; questi, a notte fonda, accorrevano nel loro girovagare vicino a fontanine pubbliche, per ristorarsi e provare a placare il loro stato di sete, ma senza riuscirvi... Dei casi, in passato, pare che furono osservati in via SS. Salvatore e in via Vittorio Emanuele …
Oggi siamo in grado di sfatare questa leggenda, con il contributo della storia e della scienza, perché entrambe hanno dimostrato, senza ombra di dubbio, che queste persone, veramente esistite, erano invece affette dai sintomi della malattia riconducibile alla Rabbia e ai conseguenti stati di idrofobia e di aerofobia. Questa malattia comportava anche degli attacchi spasmodici di asma. Strano a dirsi, ma in passato, soprattutto a causa dell’ignoranza popolare, a questi malcapitati veniva invece attribuito uno stato paranormale e dei veri e propri poteri sovrannaturali...!
Purtroppo, come vedremo nel seguito del racconto, a Piscinola e nel territorio napoletano, tra la fine dell'800 e la prima metà del '900, furono registrati diversi casi di Rabbia conclamata, con conseguenti decessi, come avvenne per il povero ragazzo piscinolese, Cuozzo Sabatino, di appena 20 anni, del quale narreremo nel seguito le tristi vicende. Ecco la descrizione dello stato della ricerca scientifica sui casi conclamati di Rabbia, riferita all'anno 1895, e la descrizione del caso clinico:

(da “La Riforma Medica: giornale internazionale quotidiano di medicina, chirurgia farmacia, veterinaria e scienze affini”, direttore Gaetano Rummo. Anno VIII, 1892. Volume III. Edizione 151-225. Pag. 795):

"Lavori e Lezioni Originali

(1) Clinica Medica di Napoli. Istituto Antirabico, (Prof. Cantani) Sulla guarigione della Rabbia sviluppata. Osservazioni ed esperimenti pel dott. Giuseppe Zagari, coadiutore.

Lo scienziato Louis Pasteur

Nello scorcio di questo ultimo semestre, in breve volgere di tempo, si sono presentati all’Istituto 4 individui colpiti da idrofobia, Veramente nei primi tempi, in cui si era qui stabilito l’esercizio delle inoculazioni profilattiche, non molto raramente capitavano simili casi, ma poi a poco a poco divennero più rari, ed ormai erano trascorsi circa tre anni dacché altri individui, con la rabbia sviluppata, non si erano a noi presentati: sia questo perché grazie al trattamento Pasteuirano i casi di rabbia sono nelle nostre provincie generalmente diminuiti e sia perché i medici, ai quali in provincia toccava di osservare i primi sintomi della idrofobia, giustamente non consigliavano di inviare gli infermi all’ospedale o in qualsiasi altro istituto, consci come erano, che, quando la rabbia si è già manifestata, non resta pur troppo altro da fare, che rimanere spettatori di fenomeni gravi i quali inesorabilmente ed in breve tempo menano alla morte.
Se non che lo importante annuncio dato testé dai dottori Novi e Poppi di una guarigione di rabbia già sviluppata, ottenuta nell’istituto antirabico di Bologna, si è in breve diffuso da per tutto ed ha fatto il dovere ai medici, che osservano i primi sintomi della malattia, di non lasciare perire senza alcun aiuti gli arrabbiati, ed agli istituti Antirabici di applicare il metodo tenuto dai fortunati ed arditi sperimentatori bolognesi.
Già è uopo convenire che il risveglio nello studio della rabbia, destato in questi ultimi anni dai geniali lavori di Pasteur, e con il contributo venutogli da tante parti, arricchito di fatti sperimentali importanti la storia di questa grave malattia: così possiamo dire di avere nozioni abbastanza complete sulla sede di azione del virus e sulla maniera di diffondersi tanto nell’organismo, quanto fuori dell’organismo, sulle proprietà e maniera di reagire agli agenti esterni, ecc. e possediamo anche, grazie al genio del Pasteur, un metodo col quale si impedisce, nel maggior numero dei casi, lo sviluppo della malattia.

Particolare mappa del Duca di Noja, zona Capodimonte
Ma, ovecché questo non riesca o non vi si ricorra in tempo, una volta insediata la malattia, non vi è mezzo che giunga ad arrestarla. Ad onta quindi di tutti questi studi e di tanti progressi, noi non troviamo nella letteratura nessun tentativo fondato e razionale per combattere la rabbia sviluppata; e dalla generalità dei terapisti, disperando quasi di poter debellare un morbo sì grave, vennero proposti solo dei mezzi per calmare qualcuno dei sintomi più imponenti.
Ma gli orizzonti testé apertisi alla scienza con le cognizioni sul modo di agire dei germi patogeni, sul potere che i prodotti da loro segregati possiedono per nuocere a loro medesimi, hanno destato nuove speranze ed incoraggiato a far dei tentativi di cura anche della rabbia sviluppata.
Cosi, come abbiamo accennato, Novi e Poppi in un giovane morsicato, al quale appena espletato il trattamento profilattico si manifestarono sintomi di idrofobia, ebbero l’idea di sperimentare una cura di midolli attenuati che esprimesse un grado più energico della cura Pasteur iniettando direttamente nelle vene le emulsioni dei midolli più virulenti dell’età di 5-4-3 giorni, e riferiscono di aver cosi “guarito prima volta un casi avanzato di rabbia nell’uomo”.

Tenendo presente questo felicissimo risultato con la più grande speranza di strappare alla morte un disgraziato, e col desiderio di confermare, col suffragio di altri casi, il fatto messo in evidenza dagli sperimentatori bolognesi, capitatoci un idrofobo, lo abbiamo sottomesso ad un trattamento energico, iniettando nel torrente circolatorio i midolli attenuati col metodo Pasteur di 5-4-3 giorni.

1^ Osservazione. - […]

2^ Osservazione. - Sabatino Cuozzo di anni 20 da Piscinola, morsicato 40 giorni prima da un cane di cui non si ebbe più notizia, all'anulare della mano destra stette bene fino al 1 giugno (1892), quando fu colto da febbre con brivido e da dolore al braccio destro e paresi del medesimo, i quali non gli permettevano di elevare Il braccio. L'inferno sentendosi inabile al lavoro si ritirò a casa; ed il giorno dopo ritornò alla campagna; ma dopo poco, fu costretto a sospendere di nuovo il lavoro per la stanchezza. Notava abbattimento ed inappetenza, e cercando di bere un po'di acqua, s'accorse di non poterla ingoiare. Oltre a questi fenomeni, l'infermo non avvertiva nulla e poté recarsi a un paese vicino. Senonché la sera notò che il vento gli faceva male, tanto che, giunto a casa, bisognò chiudere la finestra.
Il 3 giugno, si recò dal dottore N. di questa città, il quale gli prescrisse delle cartine aggiungendo che, ove con quelle non si fosse sentito bene, avrebbe dovuto sottoporsi alla cura antirabica! Intanto non poteva mangiare, né bere e, per soddisfare a questo ultimo bisogno, riuscì con un tubicino, senza guardare l'acqua, a trangugiarne: ma la sera del medesimo giorno ripeté lo stesso tentativo, ma non vi riuscì.
In Clinica è stato condotto il 4 giugno alle ore 11 a. m. e i sintomi spiccatissimi di aerofobia e di idrofobia, che presentava, non lasciavano in nessuno il dubbio sulla natura della malattia; che anzi, per lo stadio inoltrato della medesima, tutti quelli che lo osservarono ebbero ad emettere, con noi, un prognostico dei più infausti. Ad onta di ciò, abbiamo tuttavia creduto, per dovere umanitario, non negare a quest'altro il beneficio del nuovo metodo di cura; tanto più che non restava a fare altro di meglio.
Naturalmente dal momento in cui aveva avvertito il dolore e la paresi al braccio a questo stadio, in cui a noi si era presentato, il virus doveva essere abbastanza progredito luogo le vie nervose centrali, da poter sperare che con iniezioni endovenose, fatte 2 volte al giorno, si potesse neutralizzarlo. Quindi urgeva il bisogno di farle ripetute, nel più breve tempo possibile. Si sono adoperati 3 cc. di emulsioni depositate; periniezioni, endovenose, come indica il quadro:

-ore 12,30 pom: M10 - M9

-ore 1 pom: M8 - M7

-ore 7 pom: M6 - M5

I fenomeni classici dell’Idrofobia si fanno sempre più gravi la malattia segue fatalmente il suo corso. Alle 7 ¼ subentra il delirio in preda al quale muore alle 11,15. [...]"

  ------------- o -------------

Dal periodico "Notizia Internazionale d'Igiene" (Pagina 296-297) apprendiamo che i casi di Rabbia, di pazienti provenienti da Piscinola, furono due:

"Il dott. R. Serafino del nostro ufficio d'Igiene (Statistica medica) a sua volta mi riferiva che sopra 7 persone morte di rabbia in Napoli dal giugno a tutto settembre 1892, 3 provenivano da Afragola, Portici e Marigliano, 1 da Santa Maria di Capua, 1 fu morsicata in città e 2 nel villaggio di Piscinola. Il Dott. Zagari ebbe notizia di 2 altri morti di rabbia nella provincia di Napoli. [...]".

Mentre l'amministrazione Comunale emanava adeguati provvedimenti di sanità e prevenzione pubblica:
[...] "Intanto, il Sindaco mentre teneva informato con nota il Prefetto della Provincia, acciò la razzia dei cani vaganti si facesse contemporaneamente nel resto della Provincia, resultando che i primi casi di morsicatura e di vera idrofobia si erano avverati nei villaggi del Vomero e di Piscinola - ordinava a tutti i proprietari di cani di munirli di musoliera, volendoli tenere nei cortili o per via, e di avvertire l'autorità di ogni caso di cane od altro animale domestico che presentassero (dei sintomi) [...]. (La notizia si riferisce a casi di Rabbia canina)."

Fortunatamente, in Italia, gli ultimi casi di Rabbia conclamata, letali per le persone, sono stati registrati alla fine degli anni '60 del secolo scorso e oggi, grazie soprattutto alla ricerca medica, alla prevenzione, alla vaccinazione dei cani e di altri animali domestici potenziali serbatoi del virus (obbligatoria nelle zone geografiche a rischio), nonché ai vaccini e agli antitodi ad uso umano, si può considerare la malattia sotto controllo, anche se non del tutto debellata in Occidente.  Nei paesi sottosviluppati e del Terzo Mondo, invece, assistiamo, purtroppo, ad un elevato numero di casi di mortalità tra la popolazione, in quanto in mancanza di una tempestiva profilassi, instaurata subito dopo il contagio, non esiste ancora una cura per gli stati avanzati della malattia (55.000 casi di morte all'anno, di cui il 99% in Africa e Asia , fonte OMS).
Ritornando alla storia iniziale, il termine di "Lupemannaro" è rimasto solamente come una sorta di termine figurativo, per indicare una persona che avrebbe delle sembianze o dei comportamenti similmente canini oppure come personaggio soggetto dei racconti fiabeschi per bambini.

Salvatore Fioretto

sabato 12 giugno 2021

'O Barone e Migne Migne... Una bella storia di amore puro... di Luigi Sica

Nei tanti racconti su Piscinola di un tempo, più volte è stato menzionato il "Barone", personaggio che è passato nell'inventario collettivo per la sua forza straordinaria, ma anche per la sua bontà d'animo. Per raccontare questo particolare personaggio siamo ricorsi questa volta al bel libro scritto dall'amico Luigi Sica, "Il Borgo Perduto", edito da "Marotta&Cafiero" nell'anno 2013.
Ecco il brano.

"Nonostante l’improprio titolo nobiliare, o’ barone era un poveraccio, che non aveva un lavoro o un mestiere. La moglie o compagna era Migne Migne, una donna bruttissima, magra, bassa di statura con capelli crespi e mai pettinati che non parlava mai. Pare che avesse una sorella ma non ne sono sicuro perché l’ho visto sempre solo, timido se non vergognoso, di poche parole, molto schivo. Era un uomo di media statura ma di corporatura possente, aveva un volto brutto, dai tratti marcati: da ominide che la voce cavernosa rendeva troglodita. Sia d’inverno sia d’estate andava sempre in giro con un pesante cappotto. Veniva da o’cap’e’coppa, ma non ho mai saputo, dove abitasse precisamente, i più informati dicevano che vivesse in un sottoscala; negli orari di bassa affluenza lo intravedevo mangiare qualche piatto di minestra nella cantina di don Lurenzo o in quella dei Sarnacchiaro. Sicuramente si guadagnava da vivere eseguendo lavori saltuari che richiedevano un’enorme forza fisica, infatti, ogni qualvolta c’era da scaricare sacchi di sale da un quintale ciascuno, miracolosamente appariva o’ Barone e mentre i facchini s’affannavano in due o tre per scaricare quei sacchi dal carro, il nostro li agguantava, li trascinava sul bordo di scarico, si girava lentamente e senza sforzo apparente caricava il sacco in spalla, entrava in tabaccheria e depositava il sacco sull’apposita pedana di legno e ripeteva l’operazione quattro o cinque volte. Mio padre gli dava un pacchetto di Alfa e con discrezione gli metteva una carta da cinque lire in tasca; altre volte don Lurenzo gli faceva lavare le botti da trecento litri, 'o barone le spingeva sulle guide dal piano interrato a quello stradale, le portava fuori, le riempiva d’acqua per metà e facendole beccheggiare procedeva a diversi lavaggi sino a quando non ne fuoriusciva acqua limpida.
Donna Nunziatina gli faceva scaricare i carri di sacchi di farina e la legna per il forno e quello dei legumi e così faceva anche Eugenio Ercolano, probabilmente o’ barone si guadagnava da vivere eseguendo questi lavori saltuari per tutti i commercianti che glieli affidavano proprio per non mortificarne la dignità.
Più di tutto m’impressionava la sua profonda solitudine, raramente lo vedevo parlare con qualcuno e quando lo faceva, lo interpretavo come signorilità trovandogli confacente quel titolo nobiliare. La prematura morte di Migne Migne lo rese ancora più solo e taciturno tanto da indurmi a pensare che se due persone brutte possano trovarsi reciprocamente gradevoli, per una sola la bruttezza della solitudine dev’essere insopportabile. Molto tempo dopo seppi che era morto, lasciando nel suo materasso un’incredibile quantità di soldi. M'addolorò non tanto l’epilogo, ma quella sua vita da eremita, mi turbava il pensiero che l’avesse vissuta interamente come figlio di un dio minore, condannato a pagare pegno per quella bruttezza fisica che celava una nobiltà d’animo, una delicatezza d’educazione: sembrerà un eufemismo ma era veramente una bella persona. Ancora oggi, quando ripenso alla persona del barone, mi chiedo se riuscirò mai a immaginare di quanto amore avrà amato la sua Migne Migne, con quanta pena sarà stato forse segretamente innamorato di un’altra donna, quanta sofferenza nella non corresponsione.  Mi chiedo se dopo la scomparsa della compagna è mai più stato con un’altra donna, magari anche con una puttana.
Da quando ho saputo che è sepolto nell’ossario comunale del cimitero di Miano, non manco mai di rivolgergli un saluto e di ricordare con quanta dignità si può vivere e con quanta spontaneità si lascia un buon ricordo; mi consolo pensando che là, in quella terra nera avrà ritrovato la sua Migne Migne e con altri poveri sfortunati, la sua pace. Quando ho raccontato questo fatterello a qualche amico, ha ironizzato dicendo: "ma come un barone nella fossa comunale", non ha colto lo spirito del mio piccolo racconto ed io ho respinto la sua stupida ironia, ma gli ho risposto che per lasciare imperitura memoria della polvere che saremo, basta solo un po’ di dignità e un pizzico d’umanità."

Di Luigi Sica

(Racconto integralmente tratto dal libro: "Il Borgo Perduto - Storia di una via Gluk napoletana", Marotta & Cafiero Editori, anno 2013 - pagg.72-74.)

venerdì 4 giugno 2021

Il ricordo di Antonio Amato... di Daniele Buonpane

Piscinola è una terra che ha dato i natali a vari personaggi illustri, che sono rimasti impressi nei nostri ricordi e nei nostri cuori. Quando mi si chiede di parlare della mia terra, non posso fare a meno, di citare alcune persone che hanno fatto la storia, portando, ognuno a loro modo, la bellezza di Piscinola nel mondo. Molte persone, che vivono nei quartieri e comuni limitrofi di Piscinola, negli anni, hanno avuto il piacere di conoscere da vicino, persone del calibro di Mario Musella, Beppe Lanzetta, Agostino Cossia, Antonello Cossia, Salvatore Nappa, Pierino Delisa, Salvatore Fioretto, Don Severino, Padre Bianco e tanti altri ancora che ora mentre scrivo mi sfuggono dalla mente, ma di sicuro voi lettori conoscete meglio di me. Di questi appena citati, alcuni, sono ancora vivi e ho avuto la fortuna di conoscerli. Ma oltre loro, io porto nel cuore tante altre persone comuni, che sono per me speciali.
La persona che oggi voglio raccontare è quella che più di tutti ha un'originalità unica. Lui aveva una prerogativa, quella di camminare tantissimo a piedi. Se dovessimo paragonarlo a un personaggio cinematografico, io lo definirei il nostro Forrest Gump, tutti conoscono il personaggio di Forest, di questo significativo film del regista Robert Zemeckis, che ha preso vita con una bellissima interpretazione di Tom Hanks. Questo è uno dei miei film preferiti, non a caso, ha vinto il Premio Oscar e tanti altri premi importanti. Orbene, io sto introducendovi alla persona di Antonio Amato, forse quasi nessuno che sente questo nome e cognome capisce subito di chi sto parlando. Ma se vi dico un suo soprannome, capirete subito di chi si tratta. Sì, sto parlando di lui, alias Antonio "'O luffaiolo". Per chi non lo sapesse, si usa definire “luffiero” una persona che cammina molto.
Dite tutto quelle che volete, ma
Antonio è per me un pezzo importante di Piscinola che non si può non ricordarlo. Io l'ho preso così a cuore, che gli ho scritto una poesia, che stesso lui lesse e gradì molto, e ricordo ancora che mi disse: questo che hai scritto sono proprio io. Vi anticipo, che in un nuovo libro che sto scrivendo, introdurrò un personaggio, che sarà proprio Antonio.
Non so se ora vi ricordate del suo incidente... Qualche anno fa, quando lui ebbe un incidente, fu costretto a camminare con una stampella, questa cosa lo rendeva impedito nelle sue lunghe camminate, ma nonostante questo non rinunciava mai a camminare. Credo che questa poesia che condivido qui non necessiti di spiegazioni, perché riesce a sintetizzare tutta la sua splendida persona e il suo pensiero.

Daniele Buonpane

 

Ad Antonio Amato                                                

Quando inizia la mattina verso le cinque

lo trovi  già in mezzo alla piazza,

cammina e parla da solo …

forse quella è solo riflessione.

Oramai la vecchiaia l’ha investito,

ora cammina con una stampella

che non è in grado nemmeno di portare,

forse perché il suo cuore non l’accetta,

perché non merita questa sofferenza.

Poverino, sai che dolore sente,

lui che ha fatto tanti chilometri a piedi

 ora si vede castigato all’ improvviso.

Per strada ti ferma e ti dice sempre qualcosa

una parola, una parolaccia, una perla di saggezza.

Si racconta che da ragazzo era assai intelligente,

a scuola era uno dei primi della classe,

ora che mi vede mi fa spesso scuola.

Io ho incontrato grandi intellettuali,

persone erudite, ma quando lo sento  parlare

 potrei prendere carta e penna e segnare tutto,

 quelle meraviglie che racconta  sono filosofia.

E’ un uomo che si informa di tutto!

Ogni tanto lo vedo leggere anche giornali vecchi,

conosce  sport, politica e cultura.

Io lo conosco da quando ero piccolo

e vi dico che è sempre lo stesso del passato,

oggi ha  qualche ruga in più e qualche dente in meno.

Chiede sempre una sigaretta ai passanti,

e se la fuma fino al filtro giallo.

Sta ore intere seduto silenzioso e buono

forse perché la solitudine gli dà pace.

Ogni tanto qualcuno del quartiere

gli chiede la gentilezza di comprare qualcosa,

in cambio non cerca mai niente, solo sigarette;

è uno che della vita ha capito veramente tutto,

non pensa al vestito firmato e pulito,

non ha nemmeno idea della tecnologia,

ma pensa solo a ridere e campare.

Percepisce una pensione gestita dalla sorella,

a lui non arriva mai niente di denaro…

solo qualche vestito e un taglio di capelli,

sono le cose che a quest’uomo spettano.

Per me potrebbe recitare sermoni,

perché quando ti arriva ricchezza da una persona

che non ha soldi, passioni e cattiveria,

allora capisci il senso della vita e dell’amore.

Data e luogo del componimento poetico Piscinola -Napoli 08/07/2012

In Fede Daniele Buonpane

Tempo fa, il caro amico e scrittore Luigi Sica, incontrandolo per strada un giorno, mi chiese di ricordare tra i personaggi di Piscinola, Antonio Amato, uomo saggio, abbastanza incompreso dalla comunità. E' trascorso un po' di tempo da allora, fin quando ho letto per caso questa poesia dedicata ad Amato e composta da Daniele. Ho quindi pensato che dovesse essere un giovane della Piscinola di oggi, a celebrare la figura del caro personaggio, scomparso alcuni anni fa.
Daniele è poeta e scrittore, ragazzo molto preparato culturalmente e laureato in Filosofia.
Ringrazio Daniele Buonpane per questo suo primo intervento a "Piscinolablog", lo ringrazio anche per aver inserito tra i nomi dei piscinolesi illustri, indegnamente anche la mia persona, e lo invito a scrivere in futuro altri post per "Piscinolablog". 

S. Fioretto