sabato 14 marzo 2020

...E per tutte le calamità pubbliche, dedicarono una chiesetta alla Madonna delle Grazie...!!

"Al primo giugno 1837 D. Salvatore Iannucci, studente in Napoli figlio di Francesco e di M.a Vittoria D'Amico, di anni 22, del Comune di Frasso, dopo aver ricevuto i Santi Sacramenti, è morto di cholera, ed è stato seppellito nella Madonna delle Grazie"
Così si trova scritto nel libro Storico Parrocchiale conservato nella chiesa del SS. Salvatore di Piscinola (Libro VII Defunti, pag. 15);  la notizia, è riportata a pagina 72, del libro "Viaggio nella mia terra" di D. Franco Biagio Sica; infatti la testimonianza storica del dott. Sica così continua: "La scarna notizia non ci dice altro, neanche se all'occasione il giovane fu confortato dall'affetto dei suoi cari; ci fa supporre però che si trattava del figlio di una nobile famiglia, visto  che davanti ai nomi dello studente e della sua mamma troviamo rispettivamente una "D" ed una "M.a" già riscontrate altrove, anche nei registri dell'Archivio Parrocchiale, per "Don" e per "Nobildonna", e ben sapendo che in quell'epoca solo pochi giovani potevano permettersi gli studi (universitari o superiori), specie se ospiti provenienti da paesi assai distanti da Napoli; probabilmente il giovane era ospite in Piscinola di una famiglia nobile amica, forse quella dei "De Luna" o qualche altra".
In altro punto del libro di Sica (pagg. 83-84), si legge: "Nella peste del 1656, come attestano il Celano ed il Signorelli, vi furono più di 400.000 morti... fu necessario far venire centocinquanta carretti dai Casali vicini, dove tornando la sera portarono l'infezione e la strage...". E poi, ancora: "...La stessa tragedia... si verificò in occasione dell'epidemia del vaiolo nel 1834 e in quella del colera negli anni 1836 e 1837, a Piscinola in quelle occasioni i morti anziché essere sepolti nell'ipogeo della chiesa parrocchiale, come si usava, furono sepolti nella antica cappella della Madonna delle Grazie, che all'epoca si trovava isolata e distante dal centro abitato...".
Il luogo indicato nella testimonianza è quello che oggi noi tutti conosciamo, racchiuso tra la via Marianella, via Napoli e via Madonna delle Grazie, ma in un tempo lontano esso era un luogo suburbano e deserto del Casale di Piscinola, tutto coperto da appezzamenti di campagne e da orti. In questo luogo, durante i momenti di calamità pubblica, quali erano le epidemie di peste e colera (mai mancate dalle nostre parti!), era un luogo destinato alla sepoltura dei morti appestati o di colera, perché così dettavano le leggi e i dispacci di sanità pubblica emanati dalle autorità dell'epoca, che obbligavano di seppellire i defunti fuori dai centri abitati e non più, secondo la prassi consueta, nell'ipogeo della chiesa parrocchiale del SS. Salvatore. In questo luogo di sepoltura c'era da tempo immemorabile, ancor prima dell'anno 1608, una chiesetta dedicata alla Madonna delle Grazie. 
Deduciamo che questo tempietto fosse stato eretto dalla popolazione per un voto civico fatto durante una di queste calamità, alla Vergine raffigurata mentre allatta il Bambinello, e costruito, quindi, a seguito della conquistata salute pubblica. Secondo la tradizione occidentale, il culto della Madonna delle Grazie era particolarmente praticato dal popolo durante i momenti difficili della vita comunitaria o politica, come nei tempi di carestia, di epidemie e durante le guerre o le invasioni straniere.

Tuttavia c'è da precisare che la chiesetta, di cui si parla nella cronaca, non era quella che vediamo oggi, ma si riferisce a una chiesa più antica che esisteva nella zona del Casale, posta nella parte di terreno contrapposta all'incrocio della strada. Infatti, se osserviamo le mappe del '700, vediamo indicata la zona con il toponimo di "S. Maria delle Grazie" e una indicazione di un edificio sacro, con un simbolo di una croce. Della chiesetta antica si perdono le tracce a inizio dell''800, mentre quella attuale è stata eretta spontaneamente dalla comunità piscinolese e inaugurata nell'anno 1927.
Le notizie storiche del tempietto dedicato alla Madonna delle Grazie sono state trattate, qualche tempo fa, nella pagina del blog che qui riportiamo:

 La storia della chiesetta della Madonna delle Grazie, in Piscinolablog.

A margine di questa rivisitazione storica, che è dettata soprattutto dal particolare momento che stiamo attraversando nel nostro Quartiere e in Italia, il pensiero ricorre al particolare e speciale affidamento che la nostra gente fece verso questo venerato tempietto della Vergine delle Grazie, perché è compito della conoscenza storica riproporre oggi, a testimonianza dei cittadini del nostro tempo, le belle e gloriose pagine della nostra storia, quando con la fede e nella fede, il nostro popolo ha cercato e ricevuto una maggiore forza morale e fisica per superare i difficili momenti comunitari. La speranza è che i piscinolesi riscoprano il culto per la venerata chiesetta delle Grazie e la considerino, come fecero in passato i loro progenitori, un baluardo di difesa e un simbolo comunitario della riconquistata salute pubblica. 
Ce lo auguriamo!

Salvatore Fioretto 

Aprofondimento della ricerca, del 13 aprile 2020, per quanto concerne il ricorso del popolo napoletano alla Vergine delle Grazie, durante i momenti di calamità pubblica delle epidemie:

Nel libro: “Storia del Regno di Napoli sotto la dinastia borbonica”, di Francesco De Angelis,  Napoli,  1936 Ed. Tipografia Fratelli Reale. Nota pagg. 168-170, così è scritto:

"Per quanto riguarda poi l’origine del titolo della SS. Vergine delle Grazie, è da sapersi, ch’esisteva dipinta in un muro sulla strada di Toledo (via Toledo a Napoli), e precisamente ov’è al presente il palazzo del marchese Cavalcanti, l’immagine della Vergine. Il popolo correva ogni giorno ad implorare ed ottenere delle grazie. La moltiplicità de’ miracoli che giornalmente operava questa Immagine, fece sì che le dasse il nome della Madonna delle Grazie. E poiché sembrava un’indecenza che tale miracolosa Immagine stasse esposta in pubblica strada, si pensò dai Confratelli della Congregazione de’ Nobili del Monte de’ Poveri Vergognosi, che se le edificasse una chiesa che venne dedicata al glorioso nome della Madonna delle Grazie a Toledo, ciò ch’ebbe luogo nel 1640, mercé le sovvenzioni de’ divoti napoletani raccolte come dissi dai Confratelli della suddetta Congregazione.

Si racconta, che quando questa Vergine venne in processione di tutti i fedeli e del Clero napoletano trasportata in detta Chiesa operò un miracolo evidentissimo, poiché si distaccò da sé dal muro, restando i fabbri confusi e sbalorditi per non avervi potuto gl’istessi adoperar istrumento alcuno della loro arte per siffatta difficilissima operazione."
Questa Vergine, ch’è situata sull’Altare Maggiore in un quadro con lastra avanti, dispensa alla giornata delle infinite e visibilissime grazie a tutti. Una delle grazie testé accordate è quella finalmente di aver allontanato il Cholera da questa Capitale in si breve tempo, a differenza degl’altri paesi Europei, e liberati dal pestifero morbo tutti gli abitanti lungo la strada Toledo, e vichi contigui alla sua Chiesa. Veramente non poteva darsi più ben titolo alla madre di Dio, ch’è il fronte ed il capo mistico de’ suoi fedeli, ed ai quali dispensa tutte quelle grazie che gli chiede sua SS. Madre... "


mercoledì 26 febbraio 2020

Un "trinomio" indelebile: "Musica, Campagna e Piedimonte.."! (I^ parte)


Come abbiamo più volte ricordato nei racconti che in passato abbiamo pubblicato sulle pagine di questo blog, il quartiere di Piscinola ha tre comuni denominatori che hanno caratterizzato la sua storia e anche il carattere dei suoi abitanti: la musica, la campagna e il treno della Piedimonte...
Basti ricordare, per la musica, ad esempio, il complesso musicale sinfonico di Piscinola, che tutt'oggi viene ricordato qui in modo particolare, nel corso delle festività natalizie, quando in ogni famiglia si gioca la tombola, infatti all'estrazione del numero "55", che nella cabala rappresenta "la musica", non si esclama solo dicendo "55, la musica", ma con più forza di voce: "55, 'a musica 'e Piscinola!"... Per la "Piedimonte", ricordiamo le località di questo quartiere, i cui nomi erano legati alla presenza della ferrovia Napoli-Piedimonte d’Alife che, con le sue strutture, rappresentava un punto di riferimento condiviso. 
Ancora oggi diversi posti di Piscinola sono indicati, specie dagli anziani, con i toponimi tutti locali di: “Vicino ‘a Piedimonte’”, “’Ncoppa ‘a linea d’’a Piedimonte” e "Ncoppe 'e bbinarie". Lo stesso toponimo di "‘O Canciello", non è altro che il riferimento di un punto preciso della strada che prende il nome di "Via Ferrovia Napoli Piedimonte D’Alife", laddove transitavano i treni della "Piedimonte". Per la campagna, infine, abbiamo scritto fiumi d'inchiostro..., per raccontare l'amore viscerale che hanno avuto nei secoli i contadini di Piscinola per la loro campagna, ed essi stessi erano considerati tra le manovalanze più esperte del settore agricolo e più apprezzate dell'Italia meridionale e non solo...
Abbiamo raccolto dei mini racconti, che hanno contenuto nella loro traccia questo legame storico di Piscinola e dei suoi abitanti con la "Musica", la "Campagna" e la "Piedimonte", che saranno pubblicati in due momenti diversi. I primi due sono stati scritti da Gennaro Silvestri e da chi scrive questo commento introduttivo.
Iniziamo con il primo racconto, di Gennaro Silvesti: 
 
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"Piedimonte d'Alife & La Campagna di Piscinola, Location per un servizio fotografico artistico 1980", di Gennaro Silvestri
Il 20 maggio 1979 "I Paranza", gruppo napoletano fondato da Nicola Mormone (chitarra-voce) e coordinato da Gennaro Silvestri (basso) con Mimmo Barrella (piano-tastiere), Franco Ciervo (voce), Silvio Rossi (batteria), esordisce a Roma in una puntata di Discoring, la trasmissione principe della RAI dedicata alle classifiche della musica leggera presentata da Gianni Boncompagni. I Paranza propongono: "Tu non mi vuoi bene più", un brano melodico in lingua italiana con ritornello in dialetto napoletano che grazie all'edizione jubox e ad altre presenze in radio e televisioni private il disco, un 45 giri che comprende sul lato B "Canto pe' tte" distribuito dalla Ricordi S.p.A., entra subito nelle simpatie di un vastissimo pubblico a livello nazionale. 
Malgrado l'imminente successo, per problemi familiari lasciano il gruppo il batterista ed il cantante, quindi entrano nuovi compagni di viaggio: il cantante Ivano Cocci ed il batterista Edoardo Di Maggio.
Altre prove ed altro servizio fotografico per nuovi manifesti e cartoline artistiche:
Era la Primavera del 1980 dovevo indicare una location per realizzare il servizio, e quale posto più bello ed attraente potevo scegliere come alternativa al degrado territoriale che già avanzava rapidamente dopo la devastazione di tutte le campagne di Scampia (tra cui quella espropriata ai miei nonni)?
L'unico angolo di natura incontaminata era rimasto proprio nella zona che costeggiava i binari della Piedimonte d'Alife fra Piscinola e Miano.
Ricordo quel giorno! Una mattinata di sole splendente di primavera, un cielo azzurro incantevole e l'odore della campagna rigogliosa, per un gruppo di ragazzi, capelloni, girovaghi ed amanti delle città fu una esperienza emozionante, l'incontro con un contadino che dopo essersi assicurato che non eravamo devastatori di piante ed alberi, ci indicò finanche i posti dove poter fare scatti fotografici più interessanti... immersi nella natura.
Così che, respirando aria pura ci incamminammo lungo le rotaie, già abbandonate da tempo, e ci portammo fino al vecchio ponticello poi abbattuto (dicono per agevolare il traffico del vicoletto che collega il rione San Gaetano col Rione Don Guanella), e là continuammo a fare foto, foto che restano come testimonianza della nostra bella terra in un tempo dove c'era meno caos, meno fretta, meno inquinamento e fuochi artificiali una volta l'anno!
Di quella bella giornata non sapevamo allora di averla trascorsa in un Paradiso, in un oasi felice che aveva un valore inestimabile!
Ringraziai quel contadino che ci accolse nel suo Regno ed ancora oggi lo ringrazio ovunque sia... chiunque egli sia!"

 






















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"La Piedimonte e la tartaruga...", di Salvatore Fioretto
Era l’anno 1972, credo che si era in luglio ed era un caldissimo e assolato pomeriggio d’estate, senza un alito di vento. Io ero in campagna con i miei amici di infanzia e i miei genitori... si...! Proprio quella campagna che costeggiava la linea della ferrovia “Napoli-Piedimonte D’Alife”. Mio padre, che oltre a essere stato musicista della banda musicale di Piscinola, era anche contadino, come da antica tradizione familiare, era impegnato a raccogliere le patate.
Con un movimento brusco nel terreno faceva uscire i tuberi dal solco e noi poi lo seguivamo a raccoglierli ed a riporli in casse di legno.
La “Piedimonte” ogni tanto percorreva la linea costeggiante il nostro poderino, facendo sentire il suo inconfondibile rumore metallico...
Ad un tratto, ecco che dal terreno, in una zona vicina alla ferrovia, fuoriuscì un oggetto strano, a forma di mezza sfera... portava una scacchiera regolare a due colori: nero e giallo... La cosa non passò inosservata, mio padre…incuriosito, subito prese tra le mani quest’oggetto, un po’ strano, pensando a una calotta di palla di gomma... Ricordate? Quelle con cui un tempo si facevano giocare i bambini nei cortili ed aveva la stessa forma...
Stava quasi per gettarla lontano dal confine, quando ad un tratto dalla calotta fuoriuscirono quattro zampette e la testa di una povera tartaruga che si muovevano, come per avvertirci della sua presenza! Apparteneva ad una specie di quelle esotiche…, credo!
Non vi dico la sorpresa di noi bambini! Ci mettemmo tutti subito a fare festa attorno alla tartaruga trovata per caso.
Con molta probabilità essa fu lanciata da qualche viaggiatore dai finestrini durante una corsa della “Piedimonte” o caduta dalle mani di qualche bambino affacciato ai finestrini medesimi; altrimenti, mai e poi mai sarebbe sopraggiunta in quel luogo. La mia campagna era allora distaccata dalle strade e completamente isolata dal resto della città: si trovava in mezzo ad ettari di verde ed era costeggiata solo dalla ferrovia su di un solo lato.
Non vi nascondo che quella tartaruga divenne per diversi anni una compagna di giochi.
Si cibava solo di lattuga. In inverno andava sempre in letargo e scompariva dal cortile, ma in primavera, ai primi raggi di sole tiepido, me la ritrovavo all’improvviso tra i piedi alla ricerca di cibo.
Poi, intorno al 1975, la tartaruga scomparve del tutto e non la rividi più. Mi sa che me la rubarono mentre si trovava nel cortile, oppure morì nel suo letargo. Credo più alla prima ipotesi, perché il mio cortile allora era frequentato da altri ragazzi.
Ci rimasi molto male, era diventata come una persona di famiglia!
Purtroppo, le cose belle finiscono sempre presto, come la “Piedimonte”, d’altronde...!
Per molti anni, con il sopraggiungere della primavera, invano speravo di rivedere spuntare dai cespugli questo animaletto un po’ bizzarro, ma ciò rimase solo una mia speranza... senza che si realizzasse mai più!
La tartaruga, nelle credenze degli antichi, è simbolo di libertà, saggezza, amore per la terra natia e fertilità. Se furto fu, allora si può dire che in quel momento alla nostra terra furono simbolicamente sottratti tutti i suoi valori, per sempre...!
Oggi, a distanza di decenni, considero quella tartaruga, in un certo senso, come “donata” dalla “Piedimonte”!
Un dono davvero speciale per un fanciullo di allora!
Grazie per tutto, cara e vecchia “Piedimonte”...! 
(Tratto dal libro "Piscinola, la terra del Salvatore", ed. The Boopen, 2010).

 
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Ringraziamo intanto il maestro Gennaro Silvestri che ha voluto farci dono di questa sua bellissima testimonianza appartenente ai ricordi della sua vita e per averci dato la possibilità di poter ammirare con nostalgia le foto della campagna di via Vecchia Miano a Piscinola, come appariva quarant'anni fa.
Salvatore Fioretto