sabato 16 marzo 2019

"Ambiente e Psiche III" - Anno 1937, nasce a Capodimonte "l'Istituto Ortofrenico di Napoli", poi divenuto "Istituto Michele Sciuti"

Già nel mese di aprile dell'anno 2017, scrivemmo sulle pagine di questo blog un post dedicato all'Istituto della Fondazione "Raffaele Ruggiero" di Piscinola, poi rinominato "Istituto Michele Sciuti". Questo era il link:
La caratteristica torretta ai lati dell'ingresso principale su via Ponti Rossi
Ebbene, alle origini della storia dell'Istituto piscinolese, dedicato a partire dagli anni '70 al prof. Michele Sciuti, insigne medico, che operò a Napoli nel trattamento delle patologie psichiatriche e in particolare nel campo della psichiatria intantile, ci sono altri edifici sorti nei decenni tra la fine dell'800 e gli inizi del secolo '900, tra questi uno a Piazza Carlo III e poi, quello di Capodimonte, sulla strada che conduce ai Ponti Rossi. Di quest'ultimo, in particolare, chiamato inizialmente "Istituto Ortofrenico di Capodimonte", narreremo in questo post le sue vicende storiche.
L'Istituto, inaugurato il 30 novembre del 1937, fu donato dal Sovrano Ordine di Malta alla città di Napoli, adattando una storica villa esistente sulle pendici di Capodimonte, che appartenne ai duca Del Balzo, ossia "Villa Walpoole". Anche l'Opera S. Maria Vertecoeli di Napoli darà un contributo non indifferente alla nascita e alla conduzione dell'Opera.
L'Istituto visto dall'alto
L'Istituto Ortofrenico di Capodimonte, nei decenni successivi, cambiò denominazione in "Istituto Michele Sciuti", in onore del professore Sciuti, ormai scomparso, che per molti anni prestò servizio nella struttura di Capodimonte. Oggi il complesso storico è una struttura sanitaria, gestita dall'azienda ASL NA1.
Descriveremo l'inaugurazione del  complesso, utilizzando direttamente la cronaca d'epoca, trasmessaci da due fonti storiche: la prima, è l'articolo pubblicato sulla "Rivista Municipale  di Napoli" del dicembre 1937, edita dal Comune di Napoli, la seconda, è un videoreportage dell'inaugurazione, registrato e pubblicato dall'"Istituto Luce", e reso disponibile alla consultazione sulle pagine di "Youtube".
Iniziamo con la cronaca che si può leggere nella Rivista Municipale, del dicembre 1937:

L’istituto Ortofrenico inaugurato dai Principi di Piemonte
L'Istituto visto dall'alto
(dalla “Rivista Municipale” - Napoli - Ed. F. Giannini, anno 1937) 
Il giorno 30 novembre le LL. AA. Reali il Principe e la Principessa di Piemonte, insieme alla Duchessa d’Aosta madre, a S. E. Cardinale Ascalesi ed al Gran Maestro Sovrano Ordine di Malta principe Chigi, hanno inaugurato, con l’intervento di tutte le autorità cittadine, il nuovo Istituto Ortofrenico a Capodimonte. Dopo una minuta visita ai locali dell’Istituto, il Cardinale Ascalesi ha proceduto alla benedizione di essi, nel gran salone l’avvocato Ettore Niutta, sopraintendente all’Opera Pia Santa Maria Vertecoeli, ha pronunciato un breve discorso per spiegare lo scopo dell’Istituto: assistenza ai fanciulli minorati nella sfera psichica detti “freanastenici”.
Il prof. Sciuti, ordinatore della Pia Opera, ha parlato degli scopi educativi che essa si propone.
Come sorse l’Istituto
L'ingresso dell'Istituto Ortofrenico, in via Ponti Rossi
Fin dal 1926 l’opera Reale Stabilimento S. Maria Vertecoeli aveva chiesto al Ministero competente di mutare col suo Statuto la finalità della beneficenza e devolvere le proprie rendite che a scopo elemosiniere alla creazione di un Istituto per deficienti educabili.
S. Maria Vertecoeli deriva da un Pio Sodalizio, sorto con scopo di culto e di pietà nel marzo 1647 alla vigilia della pace di Vestfalia nel quadro delle varie opere della controriforma.
Creata come tutte le opere dell’epica in Arciconfraternita, sotto il Governo Borbonico ebbe uno speciale Statuto per il quale l’Amministrazione delle allora pingui rendite, era devoluta ad un Consiglio di nomina regia e non eletto dai confratelli. Tale sistema di amministrazione continuò anche dopo il 1860. L’Opera Pia ebbe scopo elemosiniero e di culto ed amministrava l’Arciconfraternita.
La richiesta di modifica dello Statuto incontrò per questo gravi difficoltà e soprattutto per la legge del Concordato; poi anche per la mancanza di un locale che sarebbe stato impossibile acquistare o costruire con le sole risorse dell’Ente.
La prima difficoltà veniva superata per bontà di S. E. Cardinale Ascalesi che diede il consenso alla modifica dello Statuto. La seconda per la munificenza del Sovrano Militare Ordine di Malta e del G. Priore di Napoli, S. E. Salazar che concesse una sua Villa ai Ponti Rossi perché si realizzasse l’Opera.
La Villa era, in origine, di proprietà del Duca del Balzo ed era conosciuta sotto il nome di “Villa Valpole” si trova a metà strada che dalla Reggia di Capodimonte scende ai Ponti Rossi.
Essa fu donata all’Ordine di Malta fin dal giugno 1921 dal duca del Balzo, affinché fosse destinata a sua istituzione di beneficenza che avesse lo scopo di soccorrere ed assistere le classi meno agiate in maniera corrispondente alle esigenze del tempo e da determinarsi dal Gran Magistero dell’Ordine donatario.
E l’Ordine di Malta non poteva meglio adempiere a tale finalità con la creazione di un Istituto a pro dell’infanzia minorata, la cui assistenza è uno dei compiti più importanti nella sfera delle provvidenze del Regime.
In tal modo i due Enti: l’Ordine di Malta ed il Vertecoeli si riunivano per una efficace cooperazione che fu consacrata nella tavola di fondazione dell’8 dicembre 1934, firmata con l’intervento del Preside della Provincia On. Morisani, nella sala del Priorato.
Per volontà del Ministero degli Interni s’iniziarono anche i lavori in pendenza delle pratiche per la modifica dello Statuto che venne finalmente approvato con Decreto Reale del 30 marzo 1936.
L’Amministrazione Provinciale di Napoli retta, allora dall’On. Morisani, mentre si cooperava affinché sorgesse l’Istituto in sede autonoma lontano dall’Ospedale Psichiatrico, provvedeva affinché i fanciulli minorati a carico dell’Ente venissero ricoverati nel detto Istituto.
Prof. Michele Sciuti (particolare foto)
L’On. Loiacono, succeduto all’On. Morisani nell’Amministrazione Provinciale, provvedeva ad una convenzione per il maggior sviluppo dell’Istituto. Così pure il Podestà di Napoli Gr. Uff. Orgera, su proposta del Prof. Giovanni Orsi, Capo dell’Ufficio d’Igiene, provvedeva a che nel detto Istituto fossero ricoverati un buon numero di minorenni a carico del Comune.
I Locali
L’istituto, come si è detto, sorge sull’amena collina di Capodimonte, e propriamente a metà della panoramica strada che dalla Reggia scende ai ruderi dell’Acquedotto di Diocleziano detto Ponti Rossi.
L’edificio è stato completamente trasformato ed ampliato. Sorge in un parco di circa 6000 mq. Popolato di piante di alto fusto, costitute soprattutto da pini ed eucalipti. E’ formato d’un pian terreno e da tre piani.
Nel pianterreno di trova l’ampio refettorio con annessa cucina. Dal refettorio si accede in un ampio spiazzale, faciente parte del parco. Nello spesso pianterreno dal lato occidentale vi è la sala dei bagni, con cinque vasche, docce ed altri servizi.
Nel primo piano dal lato occidentale vi è un ampio salone adibito a spettacoli per i fanciulli, il parlatorio e la Cappella.
Nel lato orientale trovasi il guardaroba, l’ufficio della Suora Superiora e l’alloggio delle Suore. Nel secondo piano, da un lato sono gli uffici amministrativi e sanitari e dall’altro il reparto di osservazione, la infermeria, la sala chirurgica ed il Laboratorio di chimica clinica.
Al terzo piano vi è un ampio salone che comunica con tre distinti reparti ed ha sette ampie camerate con 120 letti. Le camerate esposte a levante ed a mezzogiorno sono costruite secondo i più moderni sistemi igienici e sanitari. In un’ala a parte vi sono due ampie sale di rotazione e di ricreazione e tre aule scolatistiche corredate di moderne suppellettili.
Le scuole, oltre i servizi igienici, hanno un’ampia terrazza per la ricreazione o studio all’aperto.
Adiacente al parco vi è un’area per una scuola agricola, nonché ampi spiazzali per la ginnastica e l’esercitazione fisica all’aperto. A 200 metri dall’edifizio, vi è infine un locale d’isolamento per le eventuali malattie infettive dei ricoverati, corredato di tutti i necessari servizi."
Ed ecco il filmato del giorno dell'inaugurazione dell'Istituto:

La salubrità dell'aria, l'esposizione panoramica sulla città e la tranquillità delle dolci colline a Nord di Napoli, hanno favorito nei secoli scorsi la nascita di importanti strutture ospedaliere e nosocomi, pubblici e privati, dediti alla cura degli infermi, soprattutto quelli affetti dalle patologie respiratorie e psichiche. Per quanto concerne l'argomento trattato in questo post, di "Ambiente e Psiche", continueremo nel prossimo futuro la descrizione delle vicende storiche dei complessi psichiatrici sorti sulla collina di Capodichino, ovvero della casa di cura "Villa Fleurent" e dell'Ospedale Psichiatrico Leonardo Bianchi.
Salvatore Fioretto


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martedì 5 marzo 2019

Il “Corpo di Napoli” è ancora vivo nelle membra dei suoi antichi Casali e Borghi!


Napoli, centro antico, statua del dio Nilo (Corpo di Napoli)
Come i tanti pittori, italiani e stranieri, che furono presi ad elogiare le bellezze di Partenope, attraverso i loro superbi e colorati dipinti e gouache (le cui opere ancora oggi allietano le sale dei migliori musei e gallerie del mondo), e come i celebri viaggiatori europei che tra il '700 e l''800 effettuarono il celebre Gran Tour, ovvero il grande viaggio europeo d'arte e di cultura che culminava, dopo Roma, con la visita della nostra Città e del Regno di Napoli (esperienze vissute da questi in modo entusiasmante, diffuse dai loro diari e cronache di viaggio: Montagne, Goethe, Stendhal, e altri), anche gli scrittori ed i poeti, rappresentanti della letteratura d'élite del loro tempo, vollero immortalare le bellezze della Città, con delle descrizioni (spesso allegoriche), attraverso le quali Napoli veniva considerata una sorta di divinità: una "Madre Terra" dell'antichità.
La descrizione storica che proponiamo è estratta dall’opera scritta dal duca Michele Vargas Maciucca, nell’Anno di Grazia 1774: essa è una esatta narrazione della Città di Napoli, all'epoca capitale di un vasto Regno, considerata tra le più floride e popolose del Continente. La Città viene descritta interamente, fino ai limiti dei suoi confini giurisdizionali.
Sorprendono l’orgoglio e l’entusiasmo che traspaiono dal componimento allegorico, quasi che lo scrittore abbia voluto descrivere la Città alla stregua di un corpo vivente, le cui membra, che sono i Casali, i Borghi e i Sobborghi, sono la creazione più bella che possa mostrarsi a ogni visitatore e lettore del mondo...!

A. Rizzi Zannoni, Mappa del Littorale di Napoli..., anno 1794

Ecco l’opera:
TERRITORIO NAPOLETANO ANTICO E NUOVO - OPERICCIUOLA DEL DUCA MICHELE VARGAS MACIUCCA - DEDICATA AGLI ECCELLENTISSIMI ELETTI, CHE FORMANO IL CORPO.
In Napoli MDCCLXXIV. (1774)
Presso i Regi Impressori Fratelli Flauto
Con Regio Permesso.
"Per dare all’EE.VV. (Eccellenze Vostre) un esatto conto del Territorio Napoletano, il quale procurano sotto il Dominio di Aurato Giglio farlo vedere, qual Cielo maestoso e bello, sparso di aurate stelle, all’universo Mondo; per non porgere una secca idea di quello, ma capricciosa, l’ho simboleggiato in una graziosa Statua: e per cominciare la descrizione, dirò prima delle pietre, che ne compongono la vada Torre, di cui è coverta la Testa della suddetta Statua. […]
Veduta del Largo Corpo di Napoli (anonimo)
Descritta la Torre, che incorona la bella Statua di Partenope o sia primo pezzo di Territorio Napoletano, da doversi gelosemente custodire per ricovero de’ nostri Principi, e nostri Cittadino, in caso si irruzione; vengo a descrivere la vaga Testa di Partenope, la quale è composta di quanto si vede nelle mura dell’ultima ampliazione fin dove correva la cartella.
La sua Chioma inanellata è delle seguenti pietre, del Casale detto Santo Strato, che ha nome da una Chiesa dedicata a tal Santo; della Villa di Posilipo tanto celebre per gran Sannazaro, e per la Sepoltura di Virgilio secondo crede taluno, perché non era ivi come altra opera dimostrerò; delle pietre di Pianura così detto Monte; delle pietre del Casale di Angarano; di quelle di Turrichio, così detto da una piccola torricciula, che vi era; delle pietre del Casale di Antignano, così detto, perché, tiene a fronte il lago di Agnano; delle pietre del Vomero, così detto, perché ini anticamente si faceva il giuoco di tirare il Vomero un solco di chi meglio il portava dritto; delle pietre dell’Arenella, cosi detto questo Casale dalla quantità dell’arena, che vi cade da’ Monti convicini quando sono alluvioni.
Questi otto Casali sono situati ad Occidente, e sono parte del Territorio Napoletano.
Passando al Braccio destro della Statua è composto di pietre del Burgo di S. Lucia a Mare, burgo di Chiaja; subburgo Mergoglino; Fuori grotta; Bagnoli; Burgo delle Mortelle, subburgo Petraro.
Nel braccio sinistro si simboleggia il Burgo delli Vergini: subburghi Pazzigno: Villa; Pietrabianca, oggi Case in Demanio, ove staziò nel dì 25 fino a dì 28 Novembre 1538 l’Imperatore Carlo V dopo la conquista di Tunesi, e abitò nel Palagio di Bernardino Martinaro uno de’ soliti gran cervelli Cosentini, chiamadola Pietra d’Oro per sua vaghezza, come appare dalla Pianta Rilevata da Bernardino Giuliano della riviera del Vesuvio prima de 1631., posseduto poi detto Palazzo dalli Principi di Caserta, ed oggi dall’Illustre Principe di Torella; il Burgo di S. Antonio, oggi detto di S. Antuono.
Il Collo è composto delle pietre de’ Burghi della Montagnola di S. Maria della Stella, della Sanità, de’ Cappuccini di S. Efremo Nuovo, della Cesarea.
Il Petto si figura colle pietre del Burgo dello Spirito Santo, e di Porta Medina.
Particolare del disegno soprariportato
Le Mammelle le formano, la destra composta le pietre dell’Isola di Nisita celebre a tempo di Lucullo, e per la prigionia del Duca di Guisa nel 1678. La sinistra le pietre della penisola detta anticamente Megari; quindi Castrum Lucullanum; S. Salvatore, e dopo in oggi Castello dell’Ovo.
Lo Stomaco è formato delle pietre della rinomata Fragola, trovandosi notato, esse Territorio Napoletano nel Registro di Carlo I, del 1269, forse così detto questo Casale per gli campi che vi erano delle fragole; delle pietre del Casale detto Casal Nuovo; forse di fresco abitato tal luogo; delle Pietre di Casoria, forse Caseria, poi Casoria; delle pietre di S. Pietro a Paterno, cosi detto dalla chiesa dedicata al Santo; perché eretto nella maggior fratta di questa Città, per esservi Fratta piccola non Casale di Napoli; delle pietre di Cardito; delle pietre di Arzano; di quelle di Casavatore; di quelle di Grumo, forse così detto perché aggrumulate le Case, il quale Casale è il più antico, e se ne fa memoria fin dall’anno 881 nella traslazione del Corpo di S. Attanasio nostro Napoletano Vescovo, e nel Registro di Carlo II del 1265, e 1306 si dice appartenere a Napoli; delle pietre di Casandrino, di Melito, e finalmente di Arpino.

Luigi Marchese, Napoli e i trentatré Casali, 1804
La Pancia è composta delle pietre di Secondigliano, così forse detto da secundum  milliarium due miglia distante da Napoli; di Chiajano, di Carvizzano, di Polveca, forse Polvera, dalla quantità di Polvere in tempo està: Piscinola, forse Piscina, per la quantità d’acqua vi si arresta l’inverno; di Marianella, di Mijano, di Panecuocolo, forse Panecuocelo, per qualche forno pubblico antico ivi tenuto; di Mognano, luogo ove si ragunavano gli armenti per mungersi, della Real villa di Marano, ove andava a solazzarsi Carlo II, come dall’Archivio di Regia Camera del Registro di detto Re.
Si vengono a descrivere le pietre, che formano le Cosce, che son formate di quelle di S. Sebastiano, di S. Giorgio a Cremano, di Varra di Serino di Ponticello.
Benedetto Marzolla, la Provincia di Napoli, anno 1854 ca.
Le Gambe sono composte delle Pietre di S. Giovanni a Teduccio, di Portici, i piedi sono delle pietre della celebre Resina, ove è situtata la Real Villa, ed il celebre Real Museo di Erculanio, che chiudea nelle sue sotterranee viscere, ove pose piede il Principe degli Apostoli nella Predicazione che venne a fare tra noi; di pietre della celebre Torre del Greco, chiamata Torre Ottava: questo era Castello, e fu la Real Villa di Alfonso II di Aragona.
Il masso, ove poggia l’Idria del Sebeto, è di pietre del Casale della Torre dell’Annunziata, e del Casale di Bosco, così detto perché eretto, ove prima vi era gran luogo boscoso. Questo Casale però deve essere sotto Casale della suddetta Torre.
Il vaghissimo Giglio d’oro, che he nelle mani, e stringe al petto, è dono fatto a Partenope dalla Sovrana Famiglia de’ Borboni, per farcelo perpetuamente godere, e con la tutela, e gli auspicj di detta Real Monarchica Famiglia farla vivere in pace e dolce calma.
Tutte le altre notizie, che si appartengono alla Città, suoi Burghi, Subburghi, Casali ed Isole di sopra accennate, si possono ritrovare presso gli autori, che si descriveranno di sotto; solo mancava un esatta numerazione de’ Membri, che formavano il nostro Napoletano Territorio, colla dovuta distinzione. Si noti, che se farà impressione, che Arpino sia Casale di Napoli, vi è documento, che la Città di Napoli negli scorsi anni vi affittava il jus panizandi, ed il Regio Giustinziere lo visitava come tutti gli altri Casali.
Dichiaro, che questa fatica non si fa per erudizione; ma solamente per fare una vera notizia a’ Posteri, e non poco giovevole a tutti quegli Abitanti in detti luoghi, in dove si estendono le Consuetudini Napoletane, fatte compilare dalla sempre gloriosa memoria di Carlo II per agevolare la via a molti, che di ciò hanno bisogno per loro interessi e per godere li Privilegj, che gode Partenope, per essere membri di quella.
Pianta della Citta di Napoli, metà '800
Nota delli Autori, che hanno scritto del Territorio Napoletano, i quali si possono riscontrare.
Mormile nella di lui opera del Territorio di Napoli scrisse nel 1625. Berardino Rota scrisse nel 1500. Il Forestiere del Capaccio, Monsignor Sarnelli, Guida del Forestiere, Costa, Summonte, Collenuzio, Tomaso Costa, e Francesco Capecelatro, Chiarito, e Gianbernardino Giuliano, e altri. [...]".

I Casali, i Borghi e i Sobborghi sono stati considerati nei secoli le membra vive della città di Napoli; tra questi, i Casali, in particolare, sono stati delle realtà importantissime per il sostegno e il sostentamento della sua popolazione, ma anche il primo avamposto di difesa contro gli invasori e i conquistatori; uno scrigno di bellezza, di natura e di cultura... Non lontano nel tempo, ma nel prossimo futuro, descriveremo i caratteri morfologici e storici dei nobilissimi e antichi Casali della Città di Napoli, sui quali la città, che fu metropoli e capitale nei secoli, si basò per la sua sussistenza e per la sua stessa sopravvivenza: sia civica, che amministrativa, che militare. 
Salvatore Fioretto

Le foto e le mappe, che sono state liberamente tratte nei siti web dove erano pubblicate, concorrono in questo post alla libera diffusione della cultura, senza fini di lucro o altri scopi.

Veduta della città di Napoli e delle colline, da Ponente (Anonimo)

venerdì 22 febbraio 2019

Quei notai di Piscinola, di tanto tempo fa...!




Antico stemma della municipalità di Napoli
A volte sorprende scoprire, nel corso delle nostre ricerche, tante notizie storiche riguardanti l'antico Casale di Piscinola. Sorprende soprattutto il fatto che un centro civico periferico, alquanto limitato, sia per estensione superficiale che per numero di abitati, abbia prodotto tanta eccellenza e sia stato nel corso dei secoli il luogo di appartenenza di tanti personaggi notabili della storia di Napoli; abbiamo, infatti, narrato su queste pagine del blog tante storie di personaggi: dai patrioti agli illuministi, dagli scrittori agli scienziati, dai musicisti ai letterati, dai condottieri ai giureconsulti. E non si finisce mai di scoprire...! Continuiamo a trovare nuove notizie, sempre più importanti e preziose, che riguardano questa terra: un piccolo scrigno della cultura! Un luogo antico, seppur piccolo, ma con una storia di degno di rispetto!! E possiamo dirlo, senza riserve: il quartiere di Piscinola non è secondo a nessun quartiere di Napoli per importanza storica! Sono le notizie pubblicate fino ad oggi a darci conferma di quanto sostenuto!
Questa considerazione la possiamo estendere ugualmente anche agli altri antichi Casali del territorio a nord di Napoli, Marianella, Miano, Chiaiano, Polvica, Secondigliano, ecc.
Questa volta descriveremo un pezzo di storia del quartiere, che è forse ancora inedita, vale a dire di quando Piscinola, tra i secoli XVIII e XIX, fu una delle sedi notarili del Regno di Napoli.

Iniziamo con la testimonianza più antica, risalente alla seconda metà del '700.
Autoritratto di De Mura (Galleria degli Uffizi)
Dalla storia del pittore napoletano Francesco De Mura ricaviamo la testimonianza che narra dell'esistenza e dell'operato del regio notaio Nicola Valenzia, con sede nel casale di Piscinola. Valenzia fu notaio di fiducia e soprattutto amico del famoso pittore De Mura, appartenente come è noto alla scuola napoletana di pittura del tardo barocco. Non sappiamo quasi niente della vita di questo notaio, ovvero se a Piscinola avesse solo l'ufficio o anche la sua abitazione. Forse era attaccato a questo territorio per origini familiari e forse per nascita, ma al momento, in base alle informazioni che abbiamo, non possiamo affermarlo con certezza. Altre ricerche occorreranno...
L’11 ottobre 1780 per mano del notaio Michele Valenzia di Piscinola, il pittore Francesco De Mura dettò il suo testamento, attraverso il quale, al Pio Monte di Misericordia di Napoli lasciava gran parte delle sue sostanze. Gli lasciò tutto quanto contenesse la sua casa: un capitale che raggiungeva l'impressionante cifra (in danaro contante) di 55.454 ducati, oltre i suoi 187 quadri, gli argenti, il mobilio, le carrozze, nonché altre numerose fedi di credito...!
Nell'atto scritto a Piscinola, a conclusione delle disposizioni di De Mura, si legge:“Io Francesco de Mura di questa Città ritrovandomi infermo di corpo, sano però per la Dio grazia di mente, e d’intelletto, e del mio retto parlare e memoria parimente esistente, dichiaro, che sotto il dì undici Ottobre dell’anno 17ottanta feci il mio inscriptis chiuso, e suggellato Testamento, che diedi a conservare al regio Notar D. Michele Valenzia di Napoli. Indi il 26 Febbraio dell’Anno 17ottantuno feci un Codicillo chiuso che consegnai parimenti…”.
Mappa dei luoghi a nord di Napoli, anno 1836 ca.
Allo studio notarile di Piscinola, De Mura tornò altre volte per aggiungere codicilli al suo testamento, fino al febbraio del 1781.
In uno di questi codicilli, per dimostrare la sua stima e riconoscenza per l'amicizia, si legge anche un dono offerto al notaio Michele Valenzia:
[...]“Item lascio juri Legati al suddetto Regio Notar Don Michele Valenzia, mio carissimo amico, docati cento per una sola volta, per un fiore per le tante fatighe per me fatte…”.
Nell'atto si legge, ancora: "E voglio che gli esecutori del presente mio Codicillo siano quelli stessi da me stabiliti nel citato testamento inscriptis, con le medesime facoltà, e non altrimenti. E finalmente dichiaro, che con il suddetto mio testamento, ordinai di corrispondersi al mag.co Notar Don Michele Valenzia, annui docati venticinque sua vita durante, colle leggi e condizioni indetto Testamento…”
Sotto al documento si legge chiaramente il luogo della stipula notarile: Piscinola Lì undici Ottobre millesettecento ottanta - Io Francesco di Mura ho disposto come sopra.
(notizie tratte da "Napoli Nobilissima", vol. 9, ed. Arte Tipografica, 2008). 
Nella Prammatica di Ferdinando IV del 10 luglio 1803, si apprende che il notaio di stanza a Piscinola era un certo D. Giosuè Piccirillo.
Antico stemma della municipalità di Napoli
Un'altro notaio regio, attivo nella sede di Piscinola, nella metà dell’’800, fu D. Filippo Barbati. Troviamo il suo nome riportato in un regio dispaccio, emesso nell'anno 1849. L'atto, del quale riportiamo la parte d'interesse, sancisce l’approvazione reale per l’accettazione delle donazioni offerte da alcuni fedeli in favore dell’opera della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria in Secondigliano. All’epoca era ancora vivente il suo fondatore, oggi diventato santo, ovvero San Gaetano Errico: nato e morto a Secondigliano. 
L’atto in parola recita così:
(N.874) "Decreto contenente il sovrano beneplacito accordato alla congregazione de’ PP. Missionari sotto il titolo de’ SS. Cuori di Gesù e Maria in Secondigliano nella provincia di Napoli per accettare le pie disposizioni in pro di essa fatte: 1 dal sacerdote D. Giovanni Riccardi con pubblico testamento del primo di settembre 1845 per notajo in Ponticelli Raffaele Benigno; 2 dal sacerdote D. Pasquale Occhicone per atto tra vivi de’ 25 di agosto 1840 pel notajo in Andretta Giambatista Luongo; 3 Da Maria Gaetana Russo con testamento pubblico de’ 26 di maggio 1832 pel notajo in Piscinola Filippo Barbati; 4 da Caterina Altamura per atto tra vivi de’ 23 di luglio 1828 pel notajo Michele Casolla; 5 da Orsola Alfiero con testamento pubblico de’ 12 di luglio 1837 per notajo Cosmo Miranda; 6 dal sacerdote D. Cosmo Andretta con testamento mistico de’ 5 aprile 1838 presso il riferito notajo Miranda; 7 e finalmente da Berardino Cardone con pubblico testamento de’ 17 di febbraio 1842 pel notajo Filippo Barbati; dovendo però restar salvi i diritti de’ terzi, ed eseguirsi tutte le condizioni e clausole accennate da’ suddetti pii disponenti ne’ loro atti rispettivi, de’ quali dovrà pure prendersi nota nella platea della congregazione. (Napoli, 16 maggio 1849)." (da "Collezione delle leggi e de' decreti reali del Regno delle Due Sicilie" , pp. 130-131).

1692, Campagna Felice, Bulifon-de Silva

Il terzo regio notaio di Piscinola, qui narrato in ordine di tempo, è stato D. Domenico Liccardi. Ecco i documenti che testimoniano sulla sua esistenza e sul suo operato:
(N. 9985) Decreto che autorizza la chiesa parrocchiale di S. Biase di Mugnano in provincia di Napoli ad accettare il legato rimasole dal sacerdote D. Sabatino Chianese con testamento pubblico de’ 9 aprile 1844 per lo notajo in Piscinola Domenico Liccardi; salvo i diritti de’ terzi, e dovendo eseguirsi i pesi imposti, e notarsi nella platea della chiesa (Napoli, 14 febbrajo 1846).
Stemmi dei Sedili di Napoli
(N. 10168) Decreto che permette alla chiesa parrocchjale di Piscinola in provincia di Napoli ad accettare la donazione fattale da D. Teresa Ippolito con istrumento de’ 18 di ottobre 1845 per lo notajo Domenico Liccardi; salvo i diritti de’ terzi e l’esecuzione de’ pesi imposti da notarsi nella platea della chiesa parrocchiale. (Napoli, 12 giugno 1846)."
Sempre riferendoci a documenti che menzionano il notaio Domenico Liccardi, interessante, a parer nostro, è questo decreto che abbiamo trovato e che riportiamo per intero: esso descrive una controversia sorta per problemi di eredità. La cosa interessante è quella che esso ci consente di leggere, a distanza di oltre 170 anni, un documento ufficiale del tempo, quando Napoli era capitale di un Regno e quando gli atti ufficiali riportavano, oltre le disposizioni del re regnante, con tanto firma e di sigillo reale, anche la sottoscrizione di una serie di ministri in carica.
(N. 11274) Decreto autorizzante la chiesa parrocchiale di S. Biase in Mugnano ad accettare la disposizione fatta in suo favore da D. Sebastiano Tafuri.
Napoli, 11 Gennajo 1848.
FERDINANDO II. PER GRAZIA DI DIO RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE, DI GERUSALEMME EC. DUCA DI PARMA, PIACENZA, CASTRO EC. EC. GRAN PRINCIPE EREDITARIO DI TOSCANA EC. EC. EC.
Veduto il testamento per atto pubblico de’ 6 di ottobre 1845 per lo notajo in Piscinola Domenico Liccardi, col quale D. Sebastiano Tafuri, tolti due legati di ducati cento l’uno, chiamava a se erede della proprietà de’ suoi beni la chiesa parrocchiale di S. Biase in Mugnano, e nell’usufrutto D.a Cristina Liccardi e D.a Benedetta e D.a Teresa Tafuri, madre e sorelle di lui rispettivamente, col peso dell’istituzione di una cappellania e della elemosina di annui ducati cinquanta a’ poveri di Mugnano;
Veduta la domanda della chiesa anzidetta, chiedente il nostro beneplacito per l’accettazione della enunciata disposizione;
Veduti i reclami da parte di D. Cristina Liccardi, e delle sorelle Tafuri, pe’ quali si attaccava il testamento per nullità, e per lesione di legittima della madre del testatore, e della proprietà delle sorelle;
Veduto l’istrumento di transazione de’ 14 di agosto 1846 per lo notajo in questa capitale Giovanni Mango, approvato con rescritto pontificio de’ 16 aprile 1847, per lo quale è stabilito che, fermo rimanendo l’usufrutto come sopra disposto, dovesse la proprietà dividersi in due parti eguali, l’una a favore della chiesa parrocchiale, l’altra delle signore Liccardi e Tafuri, con che però dovesse rimanere a carico della chiesa stessa il pagamento di due legati su riferiti di ducati cento l’uno, e degli altri pesi imposti;
Veduto l’articolo 826 della prima parte del Codice per lo Regno delle Due Sicilie;
Veduto il parere della Consulta de’ nostri dominii di qua del Faro;
Sulla proposizione del nostro Ministro Segretario di Stato di grazia e giustizia;
Abbiamo risoluto di decretare e decretiamo quanto segue.
Art.1 Accordiamo il nostro beneplacito perché la chiesa parrocchiale di S. Biase in Mugnano, provincia di Napoli, possa accettare con beneficio dell’inventario la disposizione come sopra in favor suo da D. Sebastiano Tafuri, ne’ termini però dell’istrumento di transazione de’ 14 di agosto 1847, che rimane approvata, salvo rimanendo i diritti di terzi.
2. Di tale disposizione e de’ pesi annessivi, che dovranno esattamente eseguirsi, sarà presa nota nella platea della chiesa medesima.
3. I nostri Ministri Segretarii di Stato di grazia e giustizia, degli affari ecclesiastici, e dell’interno, ciascuno per la parte che lo riguarda, sono incaricati della esecuzione del presente decreto.
                                               Firmato FERDINANDO.


Il Ministro Segretario di Stato
di grazia e giustizia
Firmato, Nicola Parisio
Il Consigliere Ministro di Stato
Presidente internino del Consiglio de’ Ministri
Firmato, Marchese di Pietracatella.




Altre indagini e ricerche ci attendono, per cercare i dettagli della storia e della vita dei personaggi qui narrati, ma ci vorrà ancora del tempo...; intanto il post pubblicato ha saputo rendere un altro meritato elogio alla terra che li ha accolti: a Piscinola, terra di santi, di poeti, di musicisti, di scrittori, di giureconsulti e... di notai!
Salvatore Fioretto