domenica 7 agosto 2016

Virtus Piscinola, una stella d'oro nel panorama sportivo italiano, I^ Parte


La bella storia della squadra “Virtus Piscinola”
La storia della nostra squadra inizia nell’autunno del 1943, con l’arrivo degli Americani.
Foto dall'alto di Piscinola, fine anni '40
Siamo in una Piscinola per tre quarti ancora coperta da fertili campagne, con tanta povertà e miseria; società uscita da poco da una guerra dolorosa e distruttiva.
Gli Americani, che avevano il loro quartier generale di zona insediato nella scuola “Torquato Tasso”, portarono molte loro usanze, oltre alla “coca-cola”, al “chewing gum” da masticare, alle scatolette ed al “boughi-boughi” anche un’altra cosa, che per Piscinola non era poi tanta una novità: la pallacanestro!
Infatti, già dal 1938, la “Gioventù Italiana Littorio” (G.I.L.) aveva fissato al muro dell’edificio scolastico due rudimentali canestri e organizzava campionati, ma gli imminenti eventi bellici allontanarono i giovani da questo sport.
Gli Americani trasformarono il largo di Piazza B. Tafuri, davanti alla scuola “Torquato Tasso”, in un vero e proprio campo di basket. Terminato il servizio giornaliero, i soldati disputavano tra loro accese partite, sotto le luci di potenti riflettori.
Un campo regolamentare fu realizzato nell'accampamento di Scampia, verso le caserme di Miano. Lì, tra i tanti spettatori degli incontri di basket, ci furono anche don Salvatore Nappa e don Domenico Severino, quest'ultimo ancora seminarista. Ai due subito balenò l’idea di “italianizzare” questo sport, coinvolgendo la gioventù piscinolese.
Ecco cosa scriveva nel libro "L'Assistente" il compianto prof. Gerardo Della Corte, amico d'infanzia di Don Mimì e allenatore per tanti anni della squadra di pallacanestro della Virtus:
Primi incontri di pallacanestro nella "Sede"
Divenuto sacerdote, egli (don Mimì) prete giovane si inserì subito tra i giovani e "inventammo" la pallacanestro a Piscinola.
Sembra presuntuoso questo termine "inventammo", ma non lo è poiché non avevamo nessuna nozione di questo sport.
Alcuni di noi, compreso, don Mimì, un giorno ci accorgemmo che al campo americano (ora 167, verso le caserme) si giocava questo sport e per parecchio tempo all'esterno della rete di recinzione osservavamo questo nuovo gioco, nuovo per noi.
Un bel giorno, quando ormai gli americani stavano evacuando, lasciarono un pallone abbandonato sull'erba. Fu tutto uno il pensare e il fare; scavalcammo il recinto e ci impossessammo di  questo pallone.
Per noi fu come aver trovato un tesoro; ci mettemmo all'opera e in breve tempo creammo uno spazio nel cortile della casa parrocchiale "o Cape 'e coppe" attaccando al muro con dei chiodi due cerchi di botte e lì incominciò a sudare tutte le sere per correre e passare la palla per farla entrare in questi due cerchi appesi al muro.
Dopo un certo periodo volemmo confrontarci ed ecco l'idea d'iscriverci al CSI per pallacanestro e corsa campestre.
Don Mimì aveva preso a cuore, perché vedeva che ci eravamo appassionati a questo sport: si doveva provvedere alle magliette.
Chiamò Maria Varriale, la mamma di Mimì Esposito e fece confezionare 10 casacche verdi, con numero in petto, e ci chiamammo “Fulgor Piscinola”.
Di tecnica non se ne parlava perché non si aveva la minima idea di un regolamento. Via via ci fu l'esigenza di un campo e Don Mimì convinse Antonio Fioretti a metterci a disposizione un pezzetto di terra che aveva a via Acquarola.
Incontro di basket organizzato in piazza B. Tafuri, lato via del Plebiscito
Sotto con pale, zappe, picconi ed asce a sradicare gli alberi e livellare il terreno, e così per parecchi anni si gioca su terra battuta, con il sottoscritto allenatore improvvisato, senza nessuna competenza.
Poi si nomina anche il presidente del gruppo sportivo; ma chi guidava tutto era Lui, Don Mimì Severino, molto caparbio.
Credeva in quello che voleva, credeva nello sport come veicolo di avvicinamento per i ragazzi verso la chiesa. E quando poi siamo cresciuti come squadra, fino agli allori della serie "B", allora vi era impegno per tutti.
Ci eravamo "dirozzati" per equipaggiamento (ricevendo maglie vere di basket dalla Virtus Bologna); per tecnica perché io ero aggiornato frequentando corsi di allenatore. [...]
Sono convinto che Don Mimì da lassù sia contento che questa invenzione sia andata avanti e quel tempo impegnato durante la sua vita terrena per la formazione dei giovani attraverso la pallacanestro produca buoni frutti ancora per parecchie generazioni a Piscinola. [...]
Logo della Virtus Piscinola
I due religiosi, con un manipoli di ragazzi che li seguivano, decisero così di allestire un rudimentale campo di basket nel cortile interno all’edificio, sede dell’”Azione cattolica”. L’Azione Cattolica, intitolata a “San Giovanni Bosco”, si trovava allora al numero 71 di Via Vittorio Emanuele, sobborgo di Piscinola, meglio conosciuto con il toponimo di “‘o Cape ‘e Coppe”. Comprendeva un edificio con quattro locali, due al piano terra e due al primo piano e un cortile interno, sul quale i locali si affacciavano.
Natale Mele fu tra i fondatori della nascente esperienza sportiva, ed ecco la sua testimonianza:
"[...] La prima attività che prese subito corpo fu l'animazione dei gruppi di Aspiranti. Ragazzi di 5 Elementare e di Scuola Media rapidamente coinvolti nei GREST (GRuppi ESTivi).
Spinto dalla fiducia accordatami organizzammo giochi all'aperto, tornei di Pallacanestro, serate delle stelle e passeggiate insieme.
[...] Fui letteralmente contagiato dalla esperienza sportiva. Portai in Seminario l'amore per la pallacanestro; organizzai con il CSI i trofei natalizi e quello per il 4° Centenario del Seminario di Capodimonte. Don Severino vedeva in me crescere l'amore per la pallacanestro e più di una volta mi chiamava al dovere di collocare sempre al primo posto l'Apostolato, perché mai lo sport e fine a se stesso."
Il basket rappresentò sicuramente una grande novità per la comunità piscinolese. Il campo di gioco era in terra battuta ed i canestri furono costruiti con molta approssimazione. Iniziarono così a pervenire le prime adesioni di giocatori e a svolgersi i primi allenamenti.
Un altro pallone in dotazione della squadra fu ricevuto in dono proprio dai soldati americani grazie all'interessamento di don Salvatore Nappa. Ben presto rimase solo don Mimì a guidare i giovani, perché don Salvatore Nappa fu chiamato a reggere la parrocchia di Poggioreale e da allora don Mimì fu per sempre e per tutti i giovani di Piscinola semplicemente “l’Assistente” e così continuavano a chiamarlo tutti.
Incontro di basket organizzato in piazza B. Tafuri, lato via del Plebiscito, anni 50
Man mano che trascorrevano i mesi, molti giovani dell’Azione Cattolica si entusiasmarono per la pallacanestro e giocavano interminabili e animate partite nel minuscolo campetto del “Cape ‘e Coppe”.
Giuseppe de Rosa nel suo libro "Virtus Piscinola Basket... ma non solo", ricorda i pionieri della nostra compagine che furono tra i tanti: Peppe Vastarella, Peppe Tomo, Ciccio Quinterno, Pasquale Basso, Donato Severino, Gennaro Arco, Ciccio Longobardo, Ferdinando Silvestri, Agostino Cossia, Donato e Gennaro soprannominati "'e Carmusine", Ciro Montesano, Gerardo Della Corte, …
La “cosa” cominciò a crescere, fino al punto da rendere inadatto lo spazio disponibile. Dopo vari tentativi condotti in vari palazzi piscinolesi, si trovò uno spazio attrezzato, che i soldati americani avevano lasciato libero sgombrando Piscinola. La struttura si trovava un po’ fuori mano e senza servizi, perché situata verso Scampia, ma l’entusiasmo dei giovani superò anche quelle difficoltà. In pochissimo tempo Piscinola ebbe finalmente un vero e proprio campo di basket regolamentare.
Stella di bronzo del CONI al merito sportivo
Enzo Mele fu giovanissimo atleta e tra i primi cestisti della squadra piscinolese. Ecco cosa scriveva della sua esperienza con la pallacanestro di Don Mimì, nel libro "l'Assistente":
"I ricordi legati alla pallacanestro sono veramente tanti; la comune gioia delle vittorie, l'amarezza delle sconfitte, il dolore covato nel cuore e letto sul viso di Don Domenico Severino quando io e Pasquale Cuozzo cedemmo alle lusinghe della Partenope di Currò, cosa questa che durò solo pochi giorni; ritornammo infatti a testa china a Piscinola.
Solo qui con tutti i disagi esistenti riuscivamo a divertirci in una squadra fatta di amici. Alla Partenope, anche se eravamo bravi, ci sentivamo come pesci fuor d'acqua.
Come dimenticare, poi, l'episodio che mi capitò in un torneo delle festività di Pasqua a Pozzuoli? Don Severino era seduto sulla panchina ed io accovacciato davanti a lui. L'arbitro fischiò in modo inopportuno ed io mi lascia andare ad una espressione nei confronti del direttore di gara, diciamo così... pittoresca. Mi sentii mollare uno schiaffone così forte che..., ancora oggi mi brucia. "Da te non me lo sarei aspettato!" mi disse. [...].
In uno degli ultimi incontri, a casa sua, quando le sue condizioni di salute erano diventate assai precarie, mi regalò una coppa, che conservo gelosamente e mi disse: "Prendila, ti appartiene, contribuisti anche tu quando la vincemmo. La coppa è targata 1957."
Il primo incontro della nascente squadra fu disputato con la squadra dell’ILVA di Bagnoli e fu diretto dall’arbitro federale Ugo Hutter, che allora era uno dei migliori fischietti napoletani.
Nel 1947 la squadra si iscrisse al campionato provinciale del CSI, insieme alle squadre della “Fulgor Puteoli”, “Vomero”, “Guido Negri” e “Tenax”.
La squadra e don Mimì Severino nel campo di via Cupa Acquarola
Ben presto si ripresentò ancora il problema del campo di gioco, perché il terreno su cui insisteva il campo donato dagli americani era stato rivendicato dal contadino che lo coltivava prima dell’occupazione americana. Così la squadra Piscinolese ritornò di nuovo alla ricerca di una propria “casa”. In tale stato di precarietà, si giocava nei locali di Via Vittorio Emanuele e in qualche cortile piscinolese.
La squadra quell'anno si riscrisse al campionato, anche se costretta a giocare sempre in trasferta, per la mancanza di una propria struttura capiente. A quei tempi la denominazione della compagine piscinolese era “Gruppo Sportivo Aurora” e con tale nome si iscrisse al Campionato CSI, nella categoria ragazzi.
Si andò avanti con alterne vicende fino a metà anni ‘50, quando, per abbattere la scaramanzia, fu deciso di cambiare nome e la squadra fu chiamata “Fulgor”.
Ancora Giuseppe De Rosa che scrive: "Quei giovani volevano per la loro terra qualcosa che la illuminasse e la presentasse più visibilmente in una luce più forte, ed ecco che la chiamarono Fulgor, come quella luce splendente che volevano per il loro borgo e per se  stessi".
Stella d'argento del CONI al merito sportivo
Nel 1956 la “Fulgor” fu iscritta al Campionato CSI Seniores. Fu trovata finalmente una sede stabile, attrezzando un campo in Via Cupa Acquarola, nel pieno centro di Piscinola.
Il campo fu battezzato “Palestra AIACE”.
Questo momento storico segnò l’inizio di una serie di gloriosi e insperati successi per la squadra piscinolese.
"Il nostro primo campo regolamentare, che presentava per pavimento terra battuta e per soffitto il cielo, era contrassegnato da linee segnate con calce in polvere, quattro pali a sorreggere i canestri e delle funi per rudimentali transenne. Era divinamente bellissimo e per anni è stato temuto spauracchio per tutte le società che lo raggiungevano per disputare partite, il cui epilogo per gli avversari più accorsati, era segnato in partenza. Inoltre, era un autentico banco di prova per arbitri straniti, tanto che, in quel tempo nell'ambiente arbitrale, le voci di corridoio sostenevano che per essere promossi alla categoria superiore, bisognava guadagnarsi il lasciapassare solo superando, indenni, la classica partita "tosta" in quel di Piscinola" (dal libro di De Rosa, Virtus Piscinola Basket...).
Il nuovo periodo iniziò, infatti, con l’aggiudicarsi la “Coppa Chiarolanza” nel 1956 e con il cambio della denominazione sociale in “Virtus”. Circa l’origine del nome, pare che don Severino, per far fronte alla cronica mancanza di attrezzature e dotazioni, scrisse alla storica “Virtus Bologna”, la quale di buon grado inviò sei magliette nere, con una vistosa “V” sul petto. Fu questo un bel pretesto per favorire il cambio della denominazione sociale; infatti pare che a Don Mimì il nome “Fulgor” non piacesse molto.
Stella d'oro del CONI al merito sportivo
Con il nome di “Virtus” incominciò l’epoca più gloriosa della pallacanestro a Piscinola che, con alterne vicende, dura ancora fino ai nostri giorni.
Nel 1956 la squadra si aggiudicò il “Campionato Provinciale del CSI” in un quadrangolare che si disputò a Pozzuoli, vincendo nella semifinale contro la favorita forte squadra del Partenope. Nella finale la Virtus vinse contro la UCAG, per 45 a 43.
Ecco quanto riporta Carmine Montesano nel suo libro "Storia di Periferia": La vittoria nel campionato di prima divisione, prima tappa importante, rivive nel racconto di Enzo Mele e Gennaro Cappiello, "Al sconcentramento finale furono ammesse quattro squadre: Virtus Piscinola, A.P. Partenope, Akragas ed una squadra di Salerno. Nelle semifinali della mattina, battemmo la Partenope (che annoverava tra le sue fila Abbate e Brancaccio della serie A), mentre l'Akragas batteva i salernitani. Informati telefonicamente del risultato, i tifosi piscinolesi si riversarono in gran numero sul campo di Pozzuoli, in tempo per assistere, dopo un entusiasmante gara, al trionfo della Virtus sull'Akragas di Deker, il quale militava in serie A".
Nel 1958 si laureò Campione di Prima Divisione Campana FIP, con gli atleti: E. Mele, G. Russo, L. Pinci, S. De Rosa, C. Barrese, G. Cappiello, G. Biancardi, M. Quinterno.
Nel 1959 vinse il Campionato Promozione, dopo un drammatico spareggio con la squadra del “Marigliano” a Maddaloni, mentre nel 1960 disputò il “Campionato di Serie B regionale”.
Stella d'oro del CONI al merito sportivo
"La società visse alcuni momenti più belli e gloriosi della sua lunga storia. La pallacanestro entrando nelle case di tutti i piscinolesi, aveva coinvolto, di fatto emotivamente l'intera comunità. Le partite venivano seguite da decine e decine di persone che vivevano l'attesa partita con apprensione, cominciando a far conoscere l'attaccamento dei propri tifosi ai colori sociali" (dal libro di De Rosa, Virtus Piscinola Basket...).
Nel 1963 Gerardo Della Corte lasciò il posto di allenatore a Peppe Vastarella. Fu Vastarella a condurre la squadra agli ambiti successi. Poi, nel breve giro di due anni, sotto le presidenze di Giuliano e Sica, arrivò l’ammissione alla “Serie C Nazionale”.
Nel frattempo grandi cambiamenti avvennero in casa: il campo di terra battuta lasciò finalmente il posto all’asfalto, per allinearsi alle direttive federali. In quegli anni la “Virtus Piscinola” e la “Partenope” erano le uniche compagini a difendere l’onore della pallacanestro partenopea.
Nel settembre del 1965, avversata dalla sfortuna e dai cronici motivi economici, la società fu costretta ad ammainare la bandiera e per cinque anni restò fuori dalle competizioni di alto livello. Anche se per i primi due anni qualche incontro fu disputato a livello cittadino e provinciale.
Nonostante le difficoltà, Pierino De Lisa, con forte entusiasmo, ristrutturò il campo di Via Cupa Acquarola, costruendo gli spogliatoi in muratura, con tanto di impianto di illuminazione regolamentare.
Don Salvatore Nappa
"Ognuno con le sue capacità, apportò il suo contributo, passando giorni e settimane a ripulire il vecchio campo di gioco e spazi circostanti, da erbacce, fogliame arbusti e rifiuti. I più giovani trascurarono persino gli studi travolti dall'entusiasmo e tanti adulti che rientravano dal lavoro viravano sul campo invece di tornare alle proprie case. [...]
A Pierino del Lisa va il merito d'aver operato quella specie di miracolo che permise, dopo soli tre anni e nessuna speranza, il ritorno della pallacanestro a Piscinola." (dal libro di De Rosa, Virtus Piscinola Basket...).
L’esordio della rifondata squadra avvenne nel mese di agosto del 1970, nel corso dei festeggiamenti patronali in onore del SS. Salvatore. La società fu chiamata “Basket Club Piscinola”. La sede della società fu stabilita nel palazzo “Chiarolanza”. (segue nella seconda parte)
Salvatore Fioretto


domenica 17 luglio 2016

Un assistente per i giovani di Piscinola... Ricordando Don Mimì Severino


Don Domenico Severino in un viaggio
La pagina più bella e luminosa che appartiene alla storia di Piscinola è stata sicuramente scritta da questo personaggio, che ha saputo con il suo estro, la sua fantasia e soprattutto con la sua ferrea volontà, raggiungere traguardi sociali inimmaginabili con le sole sue forze e con le poche risorse materialmente disponibili ai suoi tempi. Egli ha dimostrato che anche in una periferia dimenticata, senza sostegni finanziari eccezionali, ma solo con la passione e la forza della volontà, convinti di quanto si andava a programmare, si riusciva a competere e spesso a primeggiare in realtà sportive, sociali e umane all'epoca impensabili, sia in ambito regionale che addirittura nazionali...!
Cercheremo di descrivere in questo post la brillante e splendida figura di don Domenico Severino, sacerdote di periferia, per tanti semplicemente "l'Assistente, che è stato innanzitutto un uomo straordinario e poi un sacerdote zelante, impegnato nella comunità ecclesiale e nel tessuto sociale di Piscinola del secondo dopoguerra; Don Mimì ha saputo seminare e raccogliere tante opere di socialità e di bene comune nel suo quartiere, spendendo gran parte della sua vita, ben 37 anni, accanto ai suoi amati giovani. 
Prenderemo spunto per questo racconto la bella biografia, con le numerose testimonianze contenute, che fu scritta alcuni decenni fa ricordando la figura de "L'Assistente" (opera dal titolo "L'Assistente - Una comunità ricorda", anno 1994), redatta a cura di Natale Mele e Carmine Montesano.
Don Domenico Severino fotografato in una campagna di Piscinola
Domenico Severino nacque a Piscinola, il 7 settembre del 1923, in una semplice e religiosa famiglia di modesti lavoratori. Sentì fin da fanciullo la vocazione al sacerdozio. Suo primo maestro  e consigliere spirituale fu il celebre mons. Giovanni Mastropaolo, nella scuola elementare di Piscinola e poi, successivamente, il parroco don Angelo Ferrillo.
Frequentò, per cinque anni, a partire dal 1935, la Scuola Apostolica Arcivescovile, ove si distinse per acutezza d’ingegno; seguirono poi gli anni trascorsi al liceo classico. Ebbe a collaborare già da seminarista alla vita comunitaria del suo quartiere, presso la parrocchia del SS. Salvatore di Piscinola, affiancando don Salvatore Nappa nell'apostolato della "Gioventù Italiana di Azione Cattolica" (G.I.A.C.). 
Svolse con profitto la sua formazione teologica nel Seminario Maggiore Arcivescovile di Napoli, durante il conflitto bellico (1943-1947), ricevendo la stima e la fiducia dei professori e dei superiori  dell'Istituto. Al termine degli studi teologici fu consacrato sacerdote, il 31 maggio 1947, nelle mani del compianto Arcivescovo di Napoli, Alessio Ascalesi
Celebrò la prima messa nella chiesa del SS. Salvatore di Piscinola, il 2 giugno 1947. Fu poi coadiutore e viceparroco della chiesa, affiancando il parroco don Angelo Ferrillo. 
I primi incontri di pallacanestro nel cortile della "Sede"
Svolse per tanti anni, con zelo e spirito di sacrificio, la sua missione di insegnante di religione presso diverse scuole statale, tra le quali la scuola elementare "Torquato Tasso" di Piscinola e, soprattutto, il ruolo di "Assistente" della Gioventù Italiana di Azione Cattolica.  
Don Domenico Severino è stato sicuramente un sacerdote sui generis per la sua epoca; egli, come un novello Giovanni Bosco, ha saputo uscire dagli schemi rigidi della Chiesa di quegli anni, che vedevano il prete come una "figura statica", chiusa all'interno delle mura ecclesiali, e ha esteso la sua opera pastorale all'esterno della parrocchia, verso la società laica. 
"Si rilevò subito uomo aperto alle necessità. Il carattere silenzioso, forse un poco ritroso, era dotato di tanta volontà e di tanto spirito di sacrificio, e non tardò a donarsi totalmente senza risparmiarsi; donò tutto se stesso, incominciando dallo svuotare il portafoglio che certamente non era mai pieno". (cit. Mons. Paolo Vinaccia)
Ha saputo incontrare i giovani, parlando loro con un linguaggio semplice, nuovo, diretto ed essenziale. Li ha incontrati nelle strade, nelle piazze, nelle scuole, vivendo in mezzo a loro nei loro luoghi di frequentazione, attirandoli alla sede dell'Azione Cattolica, ma senza forzature, facendoli crescere nello sport, nella musica, nei giochi, nel piacere di stare bene insieme, coltivando, nel tempo libero, gli ideali e gli interessi comuni. 
Don Domenico Severino e don Salvatore Nappa
Così scriveva il parroco don Gennarino Musella: "L'Azione Cattolica era il campo preferito, tutti lo chiamavano l'Assistente. Tutte le sere, anche le più fredde d'inverno, era anche fino alle ventitré con i suoi giovani, con i suoi ragazzi, che oggi sono padri esemplari, lo ricordano con amore e riconoscenza, perché ha dato a tanti giovani una soda formazione e tanti luminosi esempi. Era di vivace intelligenza, semplice, buono, gentile, scrupoloso, e di carattere forte; non tutti lo capivano; ma chi gli è stato vicino non lo potrà mai dimenticare perché gentile lavoratore, vero uomo di Dio."
Se pensiamo a come fossero severe le regole vigenti in quegli anni nell'A.C., quando era consentito solo ai ragazzi di frequentare la "Sede" di Piscinola, capiremmo la grandezza del suo operato...; don Mimì applicò subito, senza indugiare, le nuove disposizioni e capovolse questa assurda discriminazione, accogliendo, presso i locali dell'A.C. di via Vittorio Emanuele, anche le ragazze di Piscinola. Solo questo esempio basterebbe per capire la "rivoluzione" che operò questo apparente semplice sacerdote, in questo piccolo centro di periferia di Napoli.
"In questa nuova sede, più centrale, l'Azione Cattolica diventa epicentro di intimi terremoti di pulsioni ed emozioni, di acquisizioni di coscienze e valenze sociali e Tu (don Mimì) eri preparato a questi nuovi tempi. Ora l'Azione Cattolica diventata sede di incontro aperta anche all'altro sesso, infatti veniva frequentata dalle sorelle Enzina e Fernanda Fioretti, dalle sorelle Cangiano, alle quali va un affettuoso e rispettoso saluto, che un po' ci turbavano. Per il solo fatto che frequentassero, mi appariva come sacrilega violazione di un tempio esclusivo e riservato o forse perché quella intrusione era inconfessabilmente desiderata, forse d'un turbamento, all'unisono, imbarazzante e dolcissimo" (cit. Luigi Sica, di Antonio).
Don Salvatore Nappa così lo ricordava: "Con orgoglio devo dire che nel ricostruire e poi dirigere l'A.C. giovanile a Piscinola negli anni '43, '44, '45, chi mi diede una collaborazione completa e totale fu proprio don Mimì, allora seminarista, insieme ad altri giovani. Erano tempi difficili non solo per guerra ma anche e più ancora con l'arrivo degli americani, perché si lavorava da parte dei primi partiti all'accaparramento dei giovani. Ma l'A.C. crebbe rapidamente e abbondantemente tanto che la nostra associazione era considerata tra le prime della Diocesi.
Mi piace ricordare alcune delle grandi iniziative che realizzammo in quegli anni: 1) Rosario pubblico, alla sera, per via V. Emanuele fino alla chiesetta della Madonna delle Grazie; 2) il gioco e le gare di ping-pong con premi; 3) l'inizio della pallacanestro nel campetto  realizzato nel cortile della sede; 4) le commedie e la cantata dei pastori nella sala della ex sacrestia. Tutte queste attività, iniziate e portate avanti con il valido aiuto di don Mimì, furono da Lui ingigantite fino a tal punto che le piccole gare di ping-pong svolte nel chiuso della sede furono portate a livello cittadino e regionale per la bravura dei giovani, come avvenne anche per la pallacanestro che assunse e sempre per l'opera di don Mimì, a squadra più che regionale.
Ecco cosa scriveva il dott. Carmine Montesano, sulla figura dell'Assistente. Montesano è stato uno dei giovani allievi di Don Mimì e uno dei curatori della pubblicazione "L'Assistente":
"L'Assistente era una di quelle figure che il ruolo svolto strappa ai confini di una augusta individualità ed esalta talmente i connotati pubblici  sì da renderla appartenente al patrimonio collettivo ed alla memoria storica della comunità che lo ha conosciuto.
Festeggiamenti del quarantennio del movimento "Aspiranti A.C." a Piscinola
L'infaticabile opera prestata in favore dei giovani, la mai negata disponibilità umana, la consapevolezza dell'alto magistero morale, la fierezza dignitosa che erompeva dalla sua figura fisica, nonché la passione e l'entusiasmo che profondeva nella sua missione ne hanno fatto un maestro di vita. La severa autorevolezza, che allora non comprendemmo, ma che in seguito apprezzammo, è valsa per noi maestosa lezione, quale solo il fecondo silenzio dell'esempio può impartire".
Don Domenico Severino prese molto a cuore la formazione della pallacanestro a Piscinola e fu fondatore e animatore della Società di basket "Virtus Piscinola", già a partire dall'immediato Dopoguerra. Ecco la testimonianza della sorella Ida:
"Sin da giovane il suo sport preferito era la pallacanestro, a cui si dedicò anima e corpo, portando i suoi giovani in vetta alle classifiche. Anche con tanti sacrifici da parte dei giocatori e sua riuscivano a giocare ed essere sempre tra i primi. Ricordo che molte volte organizzavano estrazioni con regali per fare soldi per andare a giocare in trasferta. Proprio in questo ringrazio tutti coloro che lo hanno aiutato a fare ciò. Ricordo che io e l'altra mia sorella deceduta, lavavamo le magliette che lui, dopo le partite, portava a casa fradicie di sudore.
Foto di gruppo della squadra della Virtus Piscinola, con don Mimì
Quando c'era da cucire qualche numero nuovo dietro le magliette lo faceva lui di persona con la nostra macchina da cucire, in quanto diceva che noi li mettevamo storti."
Toccanti sono le parole che si leggono a introduzione del libro "L'Assistente" scritte "a due mani", da Carmine Montesano e Natale Mele:
"Il legame tra l'Assistente e la Virtus è inscindibile. La Virtus è ancora oggi "la sua società sportiva". Lui la fondò, lui la diresse, lui pose le premesse in uomini e cose perché non morisse, ma continuasse anche senza di lui e dopo di Lui. Perché svolgesse nel tempo la funzione di punto di riferimento per l'aggregazione di giovani. E' per questo che non è stato messo in discussione lo spirito delle origini. [...]".
Riguardo al suo rapporto con i giovani, ecco una bella testimonianza che ci ha reso Francesco, un giovane frequentatore all'epoca dell'A.C. di don Mimì: "Voglio ricordare di don Mimì fondamentalmente tre cose: 1) è vero che aveva un gran cuore, lo so bene per averlo appurato di persona e chissà quanti altri ne hanno beneficiato. Agiva in silenzio, con discrezione, nel massimo rispetto per la dignità delle persone; 2) durante una accesa riunione presso la mitica "Sede" causata dall'opposizione della sezione donne che non volle concedere a noi ragazzi l'uso di una saletta interna alla Sagrestia, l'Assistente, anche lui contrariato, proruppe con un motto: "Ragazzi, purtroppo tira più il filo di una sottana che una fune di bastimento!". 
Cancello della sede della Virtus, decorato con il simbolo "stella d'argento"
Anni dopo ne ho capito il senso; 3) sempre durante una delle periodiche riunioni, spiegava l'idea che dovevamo avere di Dio. Non una sorte di "mago" (termine testuale) che cava dal cilindro le cose di cui è fatto l'Universo, bensì "Ordinatore della materia". Sì, lui pensava e ci diceva che la materia esisteva da sempre.
Amante della gioventù nel senso più nobile del termine, faceva tutto quel che poteva per accontentarci. Presso la "Sede" vi erano vari giochi: ping-pong, calcio balilla, si giocava a carte ("furiose" erano le partite con Bartolomeo Silvestri, suo "accanito avversario") e poi il juke-box. Ne comprò uno nuovissimo, in sostituzione di uno molto vecchio e piuttosto piccolo, ultimo grido della tecnologia di allora (fine anni '60). Ebbene, fu tra i primissimi apparecchi (forse il primo in assoluto a Piscinola) a contenere lo scandaloso "Je t'aime... moi non plus", di J. Birkin e S. Gainsbourg: era l'anno 1969...!".
Credo sia stato forse il primo prete, che io sappia, a Piscinola, a indossare pantaloni e giacca, lasciando la talare. Invero nei primi tempi alternava, poi mano a mano usava l'abito talare sempre meno, fin quasi ad abbandonarlo. Ricordo il clamore, a stento trattenuto, che andava diffondendosi nell'ambiente parrocchiale e nei parrocchiani stessi. Anche mia madre ne rimase alquanto colpita. Diciamola tutta: la cosa era considerata una stravaganza, nel migliore dei casi. Altresì amava essere sempre in ordine, pulito e ben rasato e un po' di dopobarba profumato non lo disdegnava.  
Ricorrenza dei caduti, posa della corona di alloro al monumento di Piscinola
Oltre alla sua attività di insegnante di religione, e dunque a prescindere dalla sua missione pastorale, non so se avesse altri interessi, ma penso di sì. Ad esempio non so se amasse la musica e quale. Però una cosa è da dire a tal proposito, marginale ma simpatica. Gli piaceva molto ascoltare al juke box il brano "Azzurro", interpretato da Celentano. Ciò perché ad un certo punto ricorrevano i versi "...Quelle domeniche da solo in un cortile, a passeggiar... ora mi annoio più di allora, neanche un prete per chiacchierar..."".
La sua figura infondeva sicurezza e fiducia, soprattutto nei ragazzi. "Quando conobbi l'assistente avevo appena cinque anni, ma ebbi subito l'impressione di conoscere un sacerdote "strano", in quanto non frequentava solo la parrocchia, ma anche ambienti non religiosi, come poteva essere la sede della Virtus o la sezione DC di Piscinola. Quel prete era strano perché io bambino  non riuscivo ad associare una figura religiosa  ad un ambiente, per così dire, "civile"; ma quell'uomo aveva qualcosa che mi attirava, forse l'amicizia che lo legava a  mio padre e a tutti quei piscinolesi della sua generazione; o forse il rapporto amichevole che facilmente instaurava con un ragazzo, come un bambino, forse entrambe le cose, o ancora tante altre doti nascoste che non facevano altro che infondere fiducia". (cit. Michelangelo Aspromonte)
Una delle ultime sue foto
Come tutti i grandi personaggi "rivoluzionari", che sono nemo propheta in patria, anche don Mimì non fu amato da tutti e soffrì per qualche maldicenza...
Si ammalò nell'estate del 1972, ma continuò a svolgere il suo ministero sacerdotale, con sacrificio e dedizione sempre maggiore.
Si spense a Piscinola, il 24 luglio 1984.
Ai suoi funerali parteciparono commossi i tanti ragazzi che furono suoi diletti "assistiti" e tanti piscinolesi che lo ebbero a cuore.

Potremmo andare avanti con la scrittura  di molte pagine ancora, piene di belle testimonianze, perché tantissimi sono gli aneddoti che narrano delle opere e delle azioni condotte da Don Mimì, per tutti semplicemente "l'Assistente"; opere e azioni che dimostrano la grandezza e il carisma dell'uomo che abbiamo voluto raccontare, per mostrarlo a quanti non l'hanno conosciuto in vita. 
Congediamo il ricordo di Don Mimì, con il suo inconfondibile saluto: "Cristo regni... Sempre...!".



A Don Domenico Severino è stata intitolata la Biblioteca Comunale, ubicata nel “Lotto 14B” e anche la nuova tendo struttura con il campo di basket, in Via Nuova Dietro la Vigna, realizzata dalla polisportiva Virtus Piscinola con il significativo contributo dell'organizzazione di "Una partita del cuore" di don Mazzi.
Salvatore Fioretto

Lapide di dedica che si trova all'ingresso della tenda struttura della Virtus, in via Dietro La Vigna

Tutti i diritti per la pubblicazione dei testi del blog sono riservati agli autori, ai sensi della legislazione vigente.
N.B.: Le foto riportate in questo post appartengono a una collezione privata, è severamente vietato il loro utilizzo senza la preventiva richiesta di autorizzazione a chi detiene i diritti di copyright.