domenica 10 marzo 2024

Quella caserma al centro del piccolo Borgo, stretta dalla umanità della sua gente...! I ricordi di guerra di Francesco Coppoletta

L'altro giorno abbiamo ricevuto questa bella testimonianza scritta dal sig. Coppoletta di Catanzaro, che pubblichiamo oggi in Piscinolablog, con molto piacere.

 

 

 

 

 

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"Il mio papà, Coppoletta Francesco, era nato a Sellia (Cz) nel 1920. Fu chiamato alle armi a Gennaio 1941 con destinazione il "Decimo Centro Automobilistico di Napoli", allora di stanza a Piscinola, dove arrivò il giorno dopo.
L'edificio che ospitava la caserma era la scuola Torquato Tasso, che era stata requisita per l'entrata in guerra dell' Italia. Ma a novembre dello stesso anno venne ricoverato presso l'ospedale di Napoli, a seguito di un infezione ad un orecchio.
Dimesso, venne assegnato ai servizi sedentari in modo permanente, con compiti anche di attendente, sempre all'interno dell'autocentro di Piscinola.
Il soldato Coppoletta Francesco (a dx) con il fratello

Per questo venne chiamato spesso ad intervenire per prestare soccorso, insieme ai suoi commilitoni alle vittime dei continui bombardamenti, che le forze aeree Anglo-americane effettuavano sulla città di Napoli e zone limitrofe.
A marzo 1943 venne anche chiamato al soccorso dei feriti e al recupero dei tantissimi morti e dei corpi dilaniati, causati dall'esplosione della nave Caterina Costa.

La nave era ormeggiata nel porto della città, ed era in attesa si salpare verso il nord Africa, carica di armamenti e carburante.
Subito dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, per sfuggire ai rastrellamenti dei tedeschi, grazie all'aiuto di una famiglia piscinolese che abitava ne pressi della caserma, e di cui parlerò piu avanti, venne nascosto nel soffitto della loro casa, inoltre trovo' rifugio anche in alcuni fienili delle campagne circostanti Piscinola; così, grazie a loro, che  mio padre si salvò dalla morte o dall'internamento nei lager.
Cartolina: Edificio Tasso trasformato in Caserma (collez. famiglia Barbero-TO)

Dopo pochi giorni pensò di tornare al suo paese in Calabria, avviandosi a piedi e usando mezzi di fortuna, evitando le strade più battute.
Nel mese di novembre dello stesso anno, quando ormai Napoli era stata liberata, si ripresentò al "555 Deposito di Napoli" dove rimase fino al 31 dicembre.
Nel gennaio 1944 fu trasferito al "250 Deposito" della stessa città, dove rimase fino al 20 novembre 1945, insieme alle truppe americane.
Mio padre parlava poco di tutto quello che aveva visto e vissuto, soprattutto dei poveri corpi umani dilaniati dalle bombe, che doveva raccogliere per le strade di Napoli dopo i bombardamenti, o delle condizioni gravissime dei feriti che trasportava in ospedale.

Ma anche della fame e della miseria che la popolazione civile era costretta a subire quotidianamente.
Nonostante ciò la sua più grande soddisfazione è stata sempre quella riferita alla grande solidarietà ed amicizia che aveva ricevuto da tutti i napoletani ed in particolare dai piscinolesi.
In maniera particolare aveva stretto forti legami di affetto, riconoscena ed amicizia, con la famiglia Maglione Giuseppe, con la moglie Carmela, e con la mamma di quest'ultima, che fu proprio quella che lo nascose nel soffitto di casa, mettendo a rischio la sua stessa vita.
Prova ne fu che anche dopo la fine della guerra, continuarono a vedersi e a volersi bene, scambiandosi visite reciproche. Ciò a testimonianza che anche la guerra può generare affetti e sentimenti forti e duraturi. Dopo la morte di mio padre sono andato a Piscinola due volte, per vedere alcuni di quei luoghi e quella caserma che ospito' mio padre, allora giovane e pieno di tante speranze e di tanta forza e coraggio.
Da essa tornò con l'animo e la mente trasformati, ma mise su famiglia vivendo una vita semplice ma piena sempre di tanta dignità.
Oggi quella stessa caserma che ospitò tanti di quei ragazzi, è un po' silenziosa, adibita ad uffici comunali ed altri impieghi.
Di mio padre, allora ventenne, a me rimane una foto, trovata per caso, che lo ritrae insieme a suo fratello marinaio, scattata proprio davanti al suo cortile.
Forse non basta!!!! ma è sempre nel mio cuore."
Nicola Coppoletta
 

Pubblicare questa commovente testimonianza pervenutaci dal sig. Nicola, che ricorda un pezzo della vita del suo papà militare a Piscinola, nel corso della seconda Guerra mondiale, è stato per me motivo di orgoglio, perchè ricorda diversi episodi che mi raccontava anche mio padre.
Mi ha colpito la sua sensibilità e soprattutto il fatto che a distanza di oltre 80 anni da quelle vicende, egli cerca ancora di ritrovarsi in quei luoghi vissuti dal padre, oltre per il ricordo, anche in segno di riconoscenza  e  di ringraziamento verso le persone che hanno aiutato e fatto sentite a casa propria il suo caro papà.
Spero che le pensone che leggeranno
questo articolo e soprattutto i giovani di oggi, si sentano orgogliosi dei loro nonni e antenati, che oggi non ci sono più, i quali, come si è dimostrato, hanno dato esempio di grande umanità, soprattutto nei momenti di grande sofferenza e di privazioni, quali sono stati il periodo bellico e postbellico.
Il mio grazie va al carissimo sig. Nicola, per la sua bella e sentita testimonianza!

S. F.


domenica 3 marzo 2024

Il Baseball a modo nostro.... 'O ghiuco d''e "Sette Pètre"! (Di P. Di Fenzo)

Uno dei giochi che i ragazzi piscinolesi amavano fare un tempo era il gioco delle "Sette pètre" (ovvero delle Sette Pietre), forse perché, come tutti i giochi della mia fanciullezza (parlo degli anni '50), non c'era bisogno di avere giocattoli particolari, ma si giocava con quello che si riusciva facilmente a trovare in giro: fosse una pietra, un ramo a forma di forcina, degli elastici ricavati dalla camera d'aria di una bicicletta o  di stracci vecchi accartocciati per  formare una palla...
Per giocare alle "Sette pètre" occorrevano, appunto, sette pietre levigate, meglio se erano ricavate da "crastole d''e riggiole" (cocci di piastrelle); occorreva poi una palla non molto grande, ma abbastanza pesante. Questa si costruiva facendo arrotolare degli stracci, tenendoli poi ben stretti tra loro, con ausilio di una molla (realizzata, anch'essa artigianalmente, riutilizzando delle inservibili camere d'aria di biciclette
, pazientemente tagliate a strisce); cosi, con un po' di pazienza e con tanta approssimazione, si riusciva a realizzare una pallina, vagamente assomigliante a quelle del Tennis o del Baseball, almeno per le dimensioni...