venerdì 19 aprile 2024

Secondigliano, 4 aprile 1943: bombe sulla Piedimonte…!

Questo racconto è stato liberamente scritto prendendo spunto dai ricordi narrati da alcuni anziani del quartiere e dalle rarissime e scarne testimonianze riportate in alcuni libri di storia cittadina. Alcune scene sono state ricostruite con un po’ di immaginazione, anche se pensiamo che non diversamente dovettero svolgersi gli eventi di quel giorno.

Di questo eccidio di Secondigliano oggi si è persa completamente la memoria.

L'episodio nella Stazione di Secondigliano è stato raccontato anche nel libro "Campania 1943 Napoli. Le incursioni, le Quattro Giornate, la Liberazione", di Simon Popock, vol. II, parte III,  ed. Three Mice Books (pagg. 177-179); nel quale, assieme alle incertezze della ricostruzione storica, che purtroppo persistono, si riportano anche le testimonianze di alcuni sopravvissuti, oltre le fonti scritte dell'epoca.

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In memoria di quei viaggiatori che persero la vita nella stazione di Secondigliano.

 

"Trascorrevano tranquille le ore in quella tiepida domenica napoletana, del 4 aprile del 1943. Sembrava un qualsiasi giorno settimanale, quel pomeriggio di inizio primavera; d’altra parte si era nel pieno conflitto della seconda guerra mondiale ed era difficile distinguere un giorno qualsiasi dalla domenica... La natura continuava, come ogni anno, imperterrita, a fare il suo corso, manifestando l’incomparabile bellezza, attraverso i suoi colori e profumi, quasi a voler ignorare o forse contrastare, quelle brutali alterazioni al paesaggio, compiute da quei “piccoli uomini”, che si mostravano come impazziti dalle loro ideologie, come imbestialiti dai comizi e dalle adunate patriottiche, pervasi solo dalla bramosia del potere e dal desiderio di distruzione…!Secondigliano viveva, in quell’epoca, come in tanti piccoli centri d’Italia, un’atmosfera alquanto surreale, potremmo dire quasi mistica; come se fosse ovattata di un mistero indefinito, ma pur presente... Regnavano in quel tempo nell’animo delle persone i sentimenti più disparati: dalla paura, alla rassegnazione, dal rancore, alla speranza… La gente avvertiva sempre di più la paura: la paura di perdere per un non nulla la propria vita, la paura di perdere i propri cari. I bombardamenti degli Anglo-americani si facevano sempre più frequenti e distruttivi e non facevano più distinzione tra zona alta o zona bassa, tra chiese, ospedali e navi. Si viveva nel terrore di dover scappare da un momento all’altro, al sopraggiungere del sibilo di una sirena della contraerea, che preannunciava l’inizio dell’”apocalisse”…!

 Stazione di Secondigliano, jeep americana riadattata per la ferrovia, 1972
Elvira era una bambina di appena di otto anni e abitava a Secondigliano, in un bel palazzo d’epoca, che si affacciava sul corso principale. Da questo palazzo si godeva la vista di una magnifico panorama collinare, composto dalla sconfinata macchia di verde del Bosco di Capodimonte. Più vicino, si poteva ammirare il lussureggiante e selvaggio Vallone San Rocco e, ancor prima, la piccola e graziosa stazione delle ferrovia Napoli-Piedimonte d’Alife, con i suoi giardini e le aiuole fiorite. Dalla sua finestra, Elvira poteva osservare ogni angolo del piazzale della stazione, finanche le banchine e i binari e poteva scrutare, appagando la sua ingenua curiosità di fanciulla, il passaggio di quei convogli color panna e amarena, sempre stracarichi di passeggeri.
Quella domenica la bimba era presa a giocare con la sua bambola di stoffa e ogni tanto dava una mano alla mamma a preparare il pranzo domenicale. Il menù di quel giorno, alquanto succulento per lei, consisteva in un unico primo piatto a base di gnocchi al ragù, inutile dirlo, senza carne e con la solita razione di pane raffermo, pari a 150 grammi procapite: quanto cioè stabiliva la tessera annonaria. Certo erano momenti di ristrettezza quelli, ma la sua era pur sempre una famiglia agiata e le privazioni della guerra non si facevano ancora avvertire a tavola... Preparare gli gnocchi in quella famiglia non era infatti un evento tanto eccezionale…, anche perché le patate al mercato nero si trovavano con più facilità della farina e di altri alimenti più ricercati.

Numerose erano le campagne sparse nelle vicine contrade di Miano, Piscinola e Chiaiano, che offrivano buone occasioni per trovare ortaggi, cereali e legumi a buon prezzo: perché questi venivano comprati direttamente dai contadini, dei quali si conoscevano finanche i nomignoli.
Erano da poco passate le due del pomeriggio, di quella strana domenica primaverile, quando, senza neppure udire il suono della sirena, gli aerei americani (le famose “Fortezze Volanti”), iniziavano a rombare, solcando carichi di bombe l’azzurro e indifeso cielo di Napoli. Fu una ecatombe! Gli aerei iniziavano a lanciare, da diverse miglia di altezza, centinaia di bombe, seminando distruzione e morte ovunque! Dal porto, alla stazione, dal centro di Napoli all’aeroporto di Capodichino, i piloti puntavano a colpire obiettivi militari Italo-tedeschi ritenuti strategici. Purtroppo e inevitabilmente venivano colpite e distrutte anche tantissime abitazioni e poi anche chiese ed ospedali. Moltissimi furono in quel giorno i morti e i feriti. Una vera carneficina...!
Stazione di Secondigliano, anno 1972
Dalla finestra della cucina Elvira diventava, suo malgrado, la spettatrice inconsapevole di una scena raccapricciante. Una bomba centrava in pieno un vagone del treno della ferrovia Napoli-Piedimonte d’Alife, che era in sosta nella stazione di Secondigliano, mietendo una decina di vite e facendo moltissimi feriti tra i viaggiatori e il personale di servizio. Il treno aveva un carico considerevole di passeggeri. Proveniva da Piazza Carlo III e proseguiva verso i paesini della provincia di Napoli e di Caserta. Si componeva di una elettromotrice e di due vetture rimorchiate. Molti viaggiatori ritornavano dalla città dopo aver visitato i propri parenti, oppure recuperato qualche indumento o oggetto personale, lasciato nel loro appartamento abbandonato. Diversi erano stati, infatti, i napoletani che, a causa della guerra e dei continui bombardamenti americani, avevano preferito “sfollare” nelle campagne napoletane periferiche oppure nei tanti paesini disseminati nella piana casertana, fino alla cittadina di Piedimonte d’Alife. Paesi nei quali trovavano un tetto a buon prezzo e, soprattutto, un po’ di pace in quel inferno che tutti chiamavano semplicemente ‘a guerra!
La città di Napoli aveva molti presidi militari italo-tedeschi, tante postazioni antiaerei disseminate ovunque e poi tantissimi obiettivi sensibili: le raffinerie, le centrali elettriche, il porto, l’aeroporto, i depositi, gli arsenali, tutti obiettivi che gli anglo-americani continuavano a prendere di mira e a bombardare.
 Elettromotrice in fase di ricostruzione, forse mai completata, foto 1972
Dal suo appartamento, poco distante dalla stazione, la vista del treno lì fermo era nitida, senza alcun ostacolo che le impedisse la visuale; Elvira fu, quindi, spettatrice di quel penoso evento, che le ha cambiato la vita. Dopo un gran boato, una nuvola di polvere e di fumo avvolgeva il misero campo di battaglia. I vetri delle finestre e dei balconi dei palazzi, che si affacciavano alla stazione, si riducevano in mille frantumi, a causa dell’imponente spostamento d’aria. Intonachi e pezzi di cornicioni venivano distaccati e ridotti al suolo in mille frantumi. Si udivano grida di disperazione e di dolore che si levavano da quella gelida stazione. I morti accertati furono più di dieci.
I corpi di questi sfortunati restavano al suolo oppure sul treno, con le braccia penzoloni dai finestrini, immobili, orami senza più vita; altri gemevano o piangevano, tra rivoli di sangue e con vistose ferite alla testa e al corpo. I pianti ed i lamenti che si levavano erano assordanti…, non per l’intensità del suono, ma per la brutalità della scena da cui provenivano…, tantissimi erano i feriti, che levavano le braccia in alto, per chiedere aiuto, molti si trascinavano, strisciando, tra pietre traversine e rotaie, cercando scampo nell’edificio di stazione, anche perché temevano altre possibili incursioni degli aerei. Moltissimi trovarono rifugio sotto il pianale del treno della Piedimonte e furono salvi! Quanti bambini, ragazzi, donne e anziani non erano più vivi…! Quanti di questi sfortunati quella sera non abbracciarono i loro cari! Erano partiti la mattina, per una semplice commessa e non sapevano che quel fugace saluto, dato partendo da casa, era stato proprio l’ultimo di una vita così breve e grame…! Pochi chilometri più a nord, a San Pietro a Patierno, avvenne una scena di morte simile, vissuta in quello stesso infernale pomeriggio domenicale del 4 aprile 1943. Quasi contemporaneamente all’episodio di Secondigliano, alcuni aerei Anglo-americani, di ritorno dalle missioni di guerra, prendevano sotto tiro i convogli di un tram delle Tranvie Provinciale di Napoli. Morivano molti passeggeri e altri rimanevano al suolo gravemente feriti.
Un altro aereo Anglo-americano centrò la contraerea tedesca sulla calata Capodichino causando, altri morti tra i civili.
In quel giorno anche l’ospedale dei Pellegrini subì ingenti danni, con morti e feriti.
Durante questi sanguinosi episodi un pompiere napoletano, in forza al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Napoli, si distingueva per il suo eroismo, mostrando il più puro altruismo e l’abnegazione al dovere, riusciva a trasportare molti di questi feriti al centro di Napoli, attrezzando alla buona un convoglio del treno delle “Ferrovie Secondarie” (un tram delle Tramvie Provinciali o forse proprio un treno della ferrovia Napoli-Piedimonte) e conducendolo fino allo stazionamento di Napoli, dove i feriti potevano essere rapidamente soccorsi presso un ospedale cittadino. Tante persone devono la loro vita a questo eroe, che si chiamava brigadiere Sarno.
Elvira oggi è una simpatica signora settantottenne, che vive ancora in questo antico e popoloso borgo di Napoli; ride e scherza Elvira, come tutte le signore napoletane della sua età; però, quando ricorda e racconta quel triste episodio vissuto quando era piccola, la sua voce di fa subito rauca e tremula, gli occhi luccicano affioranti lacrime e ritorna indietro con il pensiero: a quella bambina, terrorizzata e stupita, nascosta dietro ai vetri di una finestra di cucina, che aveva conosciuto troppo presto il significato del “male”, durante un assolato e triste pomeriggio di primavera di settanta(1) anni fa…!"
(1) Il racconto è stato scritto nell'anno 2013.

Secondo alcune testimonianze raccolte, l'elettromotrice coinvolta nel bombardamento di Secondigliano fu pesantemente danneggiata e non più rimessa in circolazione. Questa dovrebbe essere stata contraddistinta con la denominazione "E4". Sappiamo che le elettromotrici costruite per la ferrovia "Napoli Piedimonte d'Alife" furono nove, mentre quelle conosciute circolanti fino alla soppressione della ferrovia sono state otto, mancante appunto della numero "4". In tutta la raccolta fotografica rinvenuta fino ad oggi, questa vettura. la "E4", non appare mai in circolazione, mentre nella raccolta fotografica di Rohrer è riportata una foto, dell'anno 1972, che ritrae una elettromotrice in fase di ricostruzione, con cassa atipica, che presenta su di un lato una finestra ovale, quindi mai vista in circolazione...

Stazione di Secondigliano oggi
 
Oggi, a distanza di 81 anni da quell'episodio cruento, sarebbe opportuno eseguire un approfondimento storico documentale e ricordare, magari con una lapide, questi nostri sfortunati concittadini, che hanno perso ingiustamente la propria vita in un momento travagliato della storia della Nazione.
Salvatore Fioretto
 
I nomi dei personaggi inseriti in questo racconto sono di fantasia. Qualsiasi riferimento a persone, dell’epoca o anche recenti, è puramente causale.
Il testo è stato integralmente tratto dal libro: "C'era una volta la Piedimonte" di S. Fioretto, ed. Atena net, anno 2014 e come tale è soggetto al diritto d'autore.

 

1 commento:

  1. Un'importantissima pagina della storia di Napoli nord, da non dimenticare. Grazie Salvatore.

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