giovedì 21 dicembre 2023

Il Santo, cantore del Natale... che ha contribuito per primo alla diffusione della lingua Italiana...

E' ormai tradizione di questo blog, in occasione del Santo Natale, di dedicare un pensiero al Santo che tanto amò Gesù Bambino, e il Presepe, dedicando a essi opere, scritti e canzoni. Ci piace quest'anno ricordare un aspetto che forse è stato messo poco in risalto, anche nei tanti scritti biografici a Lui dedicati, ovvero lo sforzo compiuto da Sant'Alfonso per diffondere i suoi pensieri, le preghiere e gli scritti di ascetica, a tutti, fino agli ultimi del popolo...
In questi giorni ci è capitato di leggere un bel trattato riguardante la vita del Santo, dove si evidenzia questo aspetto di Alfonso, in particolare di come Egli abbia contribuito alla diffusione della lingua Italiana verso tutti i cittadini e i fedeli, non solo tra i nobili, i facoltosi e i letterati, ma e soprattutto, anche a quelli non eruditi... agli ultimi! Questo sforzo compiuto da Alfonso si manifestò almeno un secolo prima che il grande Alessandro Manzoni abbia pubblicato il suo capolavoro letterario dei Promessi Sposi, ritenuto il capolavoro di diffusione della lingua italiana moderna.  Ci piace farlo ancor di più oggi, perchè si ricorda l'anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Sant'Alfonso, infatti fu ordinato nel Duomo di Napoli, il 21 dicembre del 1726...!
Ecco una parte del testo considerato, che è molto interessante e s'intitola "Sant'Alfonso cantore dell'umanità di Cristo - Un ricordo in occasione del terzo centenario della nascita", l'autore è Alessandro Andreini (pubblicaz. del 1996).

[...] All’interno della Congregazione delle Apostoliche Missioni egli (S. Alfonso) conduce anche un’intensa, feconda riflessione circa il modo più efficace per parlare al popolo ignorante e analfabeta.
Noi non possiamo oggi renderci esattamente conto di cosa significasse, per quei tempi, la frantumazione della lingua in innumerevoli dialetti. La lingua italiana come noi la parliamo, allora, non esisteva affatto. Si trattava soltanto di una lingua colta, letteraria, conosciuta solo dalle classi elevate, carica di toscanismi e, di fatto, inutilizzabile. Se c’era un’emarginazione davvero drammatica per quel tempo, essa era l'emarginazione dell'ignoranza, del non possedere una lingua comune, con la quale poter comunicare e, dove necessario, far valere i propri diritti.
Alfonso de Liguori sarà di fatto colui che forgerà l’italiano che noi usiamo correntemente. Se si aprono le sue pagine di meditazione, le sue indicazioni ai confessori, le sue preghiere, si è stupiti di incontrare un italiano vicinissimo al nostro, semplice, elegante nello stile, e tuttavia, già allora, perfettamente comprensi
bile. La lingua di Alfonso supera per molti aspetti tanta prosa letteraria anche di decenni più tarda, ed è, a pieno titolo, la nostra lingua.
Non si tratta, tuttavia, di un risultato magico o improvvisato: Alfonso studiò a lungo e lavorò per anni alla definizione della lingua, sempre guidato dall’intenzione di poter comunicare ciò che gli urgeva dentro. Più di un secolo prima della fatica di Alessandro Manzoni, che nelle nostre storie letterarie è indicata come la prima consapevole elaborazione di un italiano parlato, l’urgenza apostolica aveva già dato vita alla nostra lingua moderna. Ed è ad Alfonso de Liguori che la dobbiamo, nonostante si continui ad ignorarlo, più o meno consapevolmente. Sarà la straordinaria e immediata diffusione dei suoi testi a trasmettere al popolo della penisola quell’unità della lingua che tanti sforzi letterari non erano ancora riusciti a creare. [...]

Aggiungiamo ancora, le Sue opere, che sono state in tutto 111, risultano aver ricevuto numerosissime edizioni e ristampe e sono state tradotte in moltissime lingue, tanto che si dice che le opere scritte da Sant'Alfonso sono, per edizioni e traduzioni ricevute, seconde solo a quelle della Sacra Bibbia, e parliamo a livello planetario... e tale secondo primato risulta essere da tempo irraggiungibile e insuperabile...!
Il nostro Concittadino è stato veramente un personaggio ammirabile, oltre che per la sua Santità, ma soprattutto per la lungimiranza, l'intelligenza, lo spirito di sacrificio e l'abnegazione, possedute nel cercare, nella Sua lunghissima vita, di raccogliere sempre i risultati dell'eccellenza e sempre con molta umiltà...!

Buon Natale a Tutti e sereno Nuovo Anno!

Salvatore Fioretto





venerdì 8 dicembre 2023

A Napoli, il presepe è ambientato tra le strade e i vicoli della città... Il presepe tradizionale napoletano!

Come è noto, il presepe fu allestito per la prima volta in Italia da San Francesco d'Assisi, nella cittadina di Greccio. Il Santo lo allestì nella notte di Natale del 1223, in un eremo presente nel piccolo borgo, con personaggi del popolo, come era stato stabilito dal pontefice. In realtà il Santo trovò ispirazione dalla sacra rappresentazione che vide visitando la Terra Santa. 

A Napoli il grande sostenitore e divulgatore del presepe fu un altro santo, non napoletano di nascita, perché era veneto, ma possiamo dire di adozione, perchè vissuto e morto a Napoli: fu San Gaetano da Thiene (*1480 +1547) a diffondere il presepe e il suo culto tra i ceti popolari.

Ma si dovette attendere due secoli circa per raggiungere le massime rappresentazioni, quando il presepe fu preso a cuore dai regnanti borbonici, che curarono personalmente la creazione dei pastori e fecero allestire pregevoli rappresentazioni nelle loro sontuose dimore nobili reali. La massima opera del presepe napoletano la possiamo ammirare ancora oggi nella rappresentazione settecentesca conservata nella certosa di San Martino, costituita da quell'opera d'arte creata con i pastori donati dal collezionista e architetto Michele Cuciniello e inaugurata nel museo nell'anno 1879.
Pescatore

Con questo post intendiamo descrivere brevemente la struttura tipica del presepe napoletano e soprattutto il significato di alcuni personaggi caratteristici introdotti nella scena della natività.

Scena e ambientazione: Nel presepe tradizionale napoletano la Natività è rappresentata, non in una grotta o in una capanna, ma tra le rovine di un tempio romano (pagano), con frammenti di colonne e capitelli, architravi e fregi, con brevi tratti di mura di opus reticolatum, mattoni rossi e altri ruderi; l'utilizzo di questa tipologia di rappresentazione ha un significato ben preciso, essa infatti intende evidenziare come la venuta del Redentore abbia sostituito e sovrastato tutte quelle che furono le credenze e le divinità pagane fino a quel momento adorate. La scena è poi completata dal “volo” di sontuosi e colorati angeli che scendono a frotte dal cielo terso e turchino e dalla immancabile stella cometa. Gli angeli sono appesi a fini e collocati, verso l'alto, scegliendo figure di dimensioni via via decrescenti, in modo da rispettare la lontananza della scena.

Pastori e gregge

Le dimensioni dei presepi variano a seconda della grandezza degli spazi e dei volumi impegnati, ma l’elemento fondamentale che li accomuna è quello che tutte le case, le strade e i pastori sono ambientati in scene, con strade e vicoli, che simulano spazi e scorci riconducibili alla Napoli antica, con riproduzione di personaggi e di botteghe tipiche. Quindi nel presepe tradizionale napoletano il Bambinello Gesù è fatto nascere nel cuore della Napoli popolare… in mezzo ad affollate strade e nei vicoli della città vecchia. Sullo sfondo, poi, il paesaggio viene riprodotto con le immancabili scene di caseggiati, stradine impervie e sinuose, fiumiciattoli, cascate d’acqua, con ponti, mulini, alberi, fino alle montagne, il tutto abilmente rappresentato e armonizzato, rispettando sempre la prospettiva.

Sacra famiglia: figura centrale di tutta la scena del presepe è sempre la Natività. San Giuseppe è rappresentato secondo i dettami dell’iconografia classica: come uomo di avanzata età, con barba e baffi, veste il mantello e una tunica di due colori, giallo/oro e viola. Solitamente ha un bastone in mano e posa in piedi, un poco distaccato dalla Madonna, forse per indicare la sua paternità putativa su Gesù. Maria è una giovanissima e bellissima fanciulla, indossa un abito rosa e il velo azzurro, solitamente ha i capelli biondi e mostra il bambinello benedicente tra le braccia. La mangiatoia è di legno, con abbondante paglia.
Bue e Asinello: secondo la tradizione il bue e l’asinello riscaldarono con il loro fiato la mangiatoia in cui venne riposto Gesù. Simbolicamente rappresenterebbero il Bene (bue) e il Male (asino). Sono due forze in apparente contrasto tra loro, ma in effetti risultano in equilibrio perfetto e danno ordine al mondo intero...

Re magi: Nel presepe napoletano i Re Magi sono i personaggi più importanti, dopo la Sacra Famiglia. I tre personaggi vengono collocati inizialmente a margine del Presepe, ben lontani dalla scena della Natività e, poi, vengono fatti avvicinare ad essa, gradualmente, col passare delle settimane, per indicare che il loro lungo cammino si concluderà alla fine della permanenza del presepe, ovvero intorno al 6 gennaio (Anche se il presepe a Napoli è tradizionalmente riposto il 17 gennaio, coincidente con la festa di Sant’Antonio Abate che, secondo la tradizione, rappresenta anche l'inizio del Carnevale). 
I Magi solitamente sono rappresentati in groppa a dei cammelli o a piedi, ma la tradizione del presepe napoletano li vuole in groppa a tre cavalli, rispettivamente di colore bianco, fulvo e nero. I magi appaiono vestiti con abiti lussuosi e ricolmi di gioielli, con mantelli, turbanti o corone e portano, come è noto, i doni al Bambinello Gesù: Oro, Incenso e Mirra; ovvero: l'Oro, sta a simboleggiare la regalità del Cristo, l'Incenso, rappresenta la Sua Divinità, mentre la Mirra era un’essenza molto diffusa in estremo oriente nel periodo antico; da essa si ricavava una resina di sapore amarognolo, che si dice fu mescolata al vino offerto a Cristo morente in croce; quindi la sua donazione intenderebbe predigere la passione e la morte di Gesù. Nei quattro Vangeli ufficiali, solo quello di Matteo menziona i Magi venuti dall'Oriente, ma non è dato di sapere il loro nome.

E’ però la tradizione cristiana, che risalirebbe al IX secolo (tratta da un Vangelo cosiddetto apocrifo, chiamato “Vangelo Armeno dell’Infanzia”), a dare loro i nomi di: Melkon (persiano, con cavallo fulvo), Gaspar (giovane, con cavallo bianco) e Balthasar (vecchio, con cavallo nero), poi italianizzati in Melchiorre, Gaspare e Baldassarre. Essi solitamente sono considerati dei sovrani, oppure maghi, saggi, astrologi o scienziati, ma probabilmente furono dei sacerdoti babilonesi, eruditi conoscitori delle antiche scritture, oltre a essere abili astrologhi, scrutatori delle stelle e dei pianeti;

purtuttavia la parola “magi” viene riferita dall'etimologia biblica alla loro capacità di predire il futuro, attraverso l’osservazione degli astri, infatti seguendo la cometa raggiungono il luogo cercato. I Magi simbolicamente rappresentano i continenti conosciuti all'epoca, ossia: Africa, Asia ed Europa.

Botteghe tipiche: Le botteghe tipiche che troviamo in primo piano nel presepe sono: il macellaio con tutti i tagli di carne appesi fuori alla bottega, il fruttivendolo, con gli ortaggi e la frutta abilmente realizzata con cera, l’osteria, con l’immancabile forno acceso e l’oste che serve gli avventori a tavola, il pescivendolo che espone il pescato sui banchi, in cesti di legno ("spaselle"), il vinaio con botti, damigiane e frasche di uva… ecc.

Il pastore della meraviglia

Casa vecchia a due piani: Altro elemento immancabile che si ammira è l’abitazione a due livelli, allestita in primissimo piano, con una anziana che si mostra affacciata al balcone, con collane e orecchini di perle che le ornano il collo e le orecchie. Gli interni dell'abitazione sono accuratamente riprodotti in miniatura: solitamente una cucina ben arredata, con focolare in muratura, piattaie e tegami di rame esposti, una tavola imbandita di piatti, bicchieri e pietanze, alcune sedie di paglia… 

Nel presepe napoletano troviamo poi la presenza di alcuni personaggi che hanno un significato ben preciso nella tradizione popolare e sono:

Benino
"Benino": il  giovane pastore posizionato in prossimità della scena della Natività, che dorme disteso sotto a un capanno di canne, mostrandosi assopito in un bellissimo sogno... Secondo alcuni significherebbe l’umanità che attendeva il Messia, ancora ritenuto un incantevole sogno...
"Pastore della meraviglia":  posizionato vicino alla Natività, ha le braccia e la bocca spalancate, perché assiste con stupore alla nascita di Gesù. In lui c’è tutta la meraviglia della scoperta del divino, l’incontenibile sorpresa dell’uomo che viene in contatto con qualcosa di immenso. Per alcuni sarebbe lo stesso Benino ‘risvegliato’.
Lavandaia

Lavandaia o lavandaie: rappresentano le "levatrici" che hanno assistito alla nascita di Gesù e hanno prestato aiuto alla Madonna. I teli che hanno usato per pulire il Bambinello sono puliti e immacolati, per indicare l’origine miracolosa della Natività.
Pescatore e Cacciatore: sono due figure legate al fiume. Il pescatore è posto nella parte bassa del corso d’acqua con la canna da pesca in mano: rappresenta la vita. Il cacciatore, invece, è posto nella parte alta del corso d’acqua, mentre imbraccia un fucile: rappresenta la morte. Insieme simboleggiano il ciclo vita: sono collegati alla dualità del mondo celeste e di quello degli inferi e simboleggiano gli eterni contrasti: vita e morte, giorno e notte, estate e inverno, fuoco e acqua...

Zingara
Pastori con pecore: rappresentano il “gregge” dei fedeli che incontrano Dio, grazie alla guida avveduta del pastore. Il pastore impersonifica Cristo adulto che guida, pascola e protegge i suoi credenti.

Zingara: è una donna anziana, solitamente con un bimbo in braccio, rappresenterebbe una delle sibille (sibilla eritrea o cumana) che, secondo alcuni scritti, predissero la venuta di Cristo. Anche Michelangelo le ha raffigurate negli affreschi della celebre Cappella Sistina a Roma. La sua presenza nel presepe vuole rappresentare anche l’universalità del messaggio cristiano, rivolto a ogni popolo o etnia della terra.
Mendicanti, Zoppi e Ciechi: non mancano mai nel presepe. Essi rappresentano le anime del Purgatorio che chiedono preghiere ai vivi. A Napoli, nelle festività, specialmente a Natale, ciascuno dovrebbero recitare una preghiera per le “anime pezzentelle”.

Ciccibacco

"Ciccibacco" (detto in dialetto: “Cicci Bacco ngopp’’a votta”: Questo curioso personaggio dal nome buffo occupa uno degli spazi o locali posti ai lati della Natività. Guida un carretto trainato da due buoi e carico di botti di vino oppure è un vecchio che siede goffo sopra una botte con un fiasco di vino in mano. Ciccibacco è infatti la personificazione del dio pagano Bacco, quindi simboleggia gli eccessi e le smoderatezze nel mondo antico, soppiantate dall'avvento del cristianesimo. La scelta della collocazione di questo personaggio nel Presepe non è casuale, ma sta proprio ad indicare la vicinanza tra il sacro e il profano, l’eterna lotta tra il bene ed il male, e sempre quella sottile linea che li separa...!

Gobbo

Gobbo e Pulcinella: Altri due personaggi particolari che si incontrano in alcuni presepi storici napoletani sono: l’uomo gobbo, detto "Scartellato" e la maschera di Pulcinella. Il "gobbo" rappresenta l’umanità sofferente, imperfetta, che comunque combatte, non si rassegna e spera sempre nel cambiamento.
"Pulcinella" viene rappresentato con l'immancabile maschera nera, la camicia rossa e la casacca bianca; posa con il classico suo atteggiamento delle braccia e delle mani, per ammonire i visitatori (proprio a quelli che non manifestano alcun stupore alla vista di tanta bellezza), intendendo manifestare che in realtà non hanno capito proprio niente…!!
Dice: “Nun avite capito niente…!!”

Pulcinella

Zampognari: anche i zampognari, simbolo del Natale napoletano, non mancano tra i pastori più vicini alla Natività; sono vestiti con abiti tradizionali abruzzesi: con giubbotti di pelle di pecora, pantaloni a ginocchio di fustagno, calze bianche lunghe, con fettucce di cuoio nero incrociate e calzari tipici aperti, sempre in cuoio. Hanno poi i tipici copricapo dei pastori.

Altri pastori tipici sono i classici venditori ambulanti che un tempo circolavano per i vicoli di Napoli: l'uomo con "scardalana" (attrezzo per lavorare la lana), il venditore di caldarroste, l'arrotino, il suonatore di pianino, il ciabattino, la vecchia con arcolaio, la venditrice di uova, l'aggiustatore di piatti, l'oliandolo, il pizzaiuolo, l'ostricaio, ecc.

Cacciatore

I pastori simboli dei mesi e delle stagioni: Interessante è anche la correlazione che la tradizione mostra, rapportando i pastori alle stagioni e ai mesi dell’anno, infatti:
1. Gennaio: macellaio o salumiere;
2. Febbraio: venditore di ricotta e di formaggio;
3. Marzo: pollivendolo e venditore di altri uccelli;

Venditrice di uova

4. Aprile: venditore di uova;
5. Maggio: sposi con cesto di ciliegie o frutta;
6. Giugno: panettiere;
7. Luglio: venditore di pomodori;
8. Agosto: venditore di angurie o meloni;
9. Settembre: venditore di fichi o seminatore;
10. Ottobre: vinaio o cacciatore;
11. Novembre: venditore di castagne;
12. Dicembre: pescivendolo o pescatore.

 

Con questo post straordinario, dedicato alla descrizione del presepe napoletano, la redazione di Piscinolablog porge i più sentiti auguri di un sereno Natale a tutti i cari lettori.

Salvatore Fioretto

 

 

giovedì 23 novembre 2023

Un atteso ritorno a Piscinola, ...nella terra del Salvatore…!

Fino a un decennio fa, oltre Piscinola, non esisteva nell'Archidiocesi di Napoli nessuna altra parrocchia dedicata al SS. Salvatore. Erano invece per antichità di nomina la vecchia Cattedrale (Ecclesia Sancti Salvatoris), che poi fu rinominata Santa Restituta e l'altro tempio dedicato al Salvatore che è la chiesa facente parte dell’insula monastica dei Camaldoli, tuttavia questa chiesa non è mai stata una parrocchia. La dedicazione della nostra Ecclesia piscinolese al SS. Salvatore è un fatto veramente singolare, innanzitutto per l'antichità del tempio, ma soprattutto per la conseguente elezione del Santo titolare della Chiesa a protettore principale della nascente comunità religiosa piscinolese. Il SS. Salvatore è divenuto, poi nei secoli, anche patrono civico del Casale, prima, e dell'Università dopo, fino a quanto è perdurata l’autonomia amministrativa del Comune di Piscinola (1865).
Singolare è ancor di più il fatto che questa comunità non ha scelto un santo o una santa qualsiasi come protettore o protettrice del luogo, ma il figlio di Dio, cioè Gesù in persona. Non crediamo che fu per il solo e semplice desiderio degli antichi abitanti di avere una protezione esclusiva e privilegiata del proprio Borgo, ma sono state invece le condizioni storiche ad essere determinanti per avere questo privilegio. Probabilmente sono stati i monaci del monastero del Salvatore, sorto sull'isola di Megaride (Castel dell'Ovo), ad aver portato qui da noi il culto nel periodo medioevale.
Le ricerche in merito a questo aspetto sono tuttora in corso... ma è utile evidenziare come la comunità piscinolese, seppur diventata amministrativamente quartiere di Napoli, dal lontano 1866, conservi ancora uno spiccato carattere identitario,  con la conservazione dell'antico toponimo di "Piscinola" e del Santo patrono, il Salvatore.
Anche il sito di ubicazione della Chiesa è particolare e unico... La pianta urbana del centro storico di Piscinola presenta una forma "trilobata", che osservandola appare come una croce stilizzata, avente i tre bracci di diverse dimensioni, due praticamente uguali, mentre uno è diverso ed è più grande: al centro si questa croce simbolica si erge, superbo, il tempio parrocchiale dedicato al SS. Salvatore. Molto probabilmente il primo nucleo del centro abitato di Piscinola è nato proprio attorno alla primitiva chiesa edificata nel luogo, sicuramente più piccola e contenuta di quella che ci appare oggi; tuttavia è storicamente accertato che essa esisteva nei tempi più remoti, prima che avvenisse in maniera lenta e graduale l'urbanizzazione del territorio circostante. La Chiesa, poi, è diventata il baricentro geometrico del Borgo antico, e possiamo dire anche "il suo cuore spirituale"...
Il SS. Salvatore (con il Suo culto e con la Chiesa  dedicata), infatti, è considerato da questa comunità il baricentro della propria vita; la Sua immagine è come se racchiudesse la storia di migliaia e migliaia di persone, che hanno considerato la Sua presenza il punto di riferimento della propria vita: essa rappresenta un valore comunitario, un bene caro e prezioso per tutti...!
Ricordiamo che in questa Chiesa, al cospetto di questa sacra immagine, si sono svolte le fasi più importanti e decisive della vita comunitaria, con il ciclo della vita di ogni abitante: il Battesimo, la prima Comunione, la Cresima, il Matrimonio, fino al saluto dalla vita dei propri cari. Sulle mura di questo tempio sono virtualmente segnati i passaggi più importanti della vita di ciascun piscinolese e a questo luogo sono legati i tanti ricordi di ciascuno di essi, di eventi e soprattutto il ricordo delle persone care oggi non più presenti.
Il culto del SS. Salvatore qui a Piscinola ha una doppia valenza, perché da un lato Gesù Salvatore viene onorato e adorato (nei Sacramenti), in quanto Persona divina della Trinità, mentre dall’altro lato lo si venera e lo si ama come protettore della comunità locale. Se andiamo indietro nel tempo, per far riscontro alle fonti storiche, osserviamo che in diversi atti di vendita del periodo medioevale viene menzionata la "Terra del Salvatore" e poi, a seguire, la chiesa dedicata al SS. Salvatore (Staurita Plevis Ecclesiae Salvatoris Nostri Ihesu Christi
), stiamo parliamo di un periodo prima dell’anno mille. In un documento del 1223, poi,  l’autore anonimo scrive una testimonianza che esalta questo rapporto antico tra i piscinolesi e il SS. Salvatore, scrivendo di pugno “... i paesani di esso villaggio avuto avessero un culto speciale verso il SS. Salvatore”.
Per i piscinolesi dei decenni passati, il SS. Salvatore rappresentava gli affetti più sentiti e profondi della propria vita, perché racchiudeva nella Sua immagine i ricordi delle generazioni precedenti, i ricordi di famiglia, i ricordi della propria terra…, l'amore per la propria terra!
Quando nel 2010 ho terminato di scrivere il mio libro storico-antropologico su Piscinola, dal titolo: "Piscinola, la terra del Salvatore - Una terra, la sua gente, le sue tradizioni", non ho avuto esitazione a dedicarlo al nostro Protettore. Nel titolo, infatti, si concentrano i nostri valori, che sono a loro volta tra loro legati, ovvero: Piscinola (la comunità),  il Salvatore (il protettore) e la terra, vale a dire l'abitato, assieme alle nostre belle campagne che furono.
Ecco, quando noi diciamo: “Piscinola, è la terra del Salvatore”,  presentiamo la nostra carta d’identità storica, dichiariamo i nostri valori comunitari, i nostri affetti, che sono tutti concentrati in queste tre parole...
Il ricordo più bello che conservo, a distanza di oltre 12 anni da quell'evento letterario del mio libro, è quello che l'avvenuta sua pubblicazione (per espresso desiderio di Padre F. Bianco), fu da me annunciata sull'altare della chiesa del SS. Salvatore, il giorno 6 gennaio 2011, mentre si concludeva la celebrazione liturgica della festività, e ricordo le parole che pronunciai davanti ai presenti, non senza commozione: "Ho il piacere di annunciarvi che è stato pubblicato il mio libro: "Piscinola, la terra del Salvatore"; e la mia gioia è ancor più grande, perché lo comunico oggi, qui, ai piedi del Santissimo Salvatore, protettore storico di Piscinola".
Ricordo quando alla messa pomeridiana del giorno della festa del Salvatore, il 6 agosto, don Francesco Bianco (Padre Bianco), prima di impartire la benedizione, rivolgendo ai presenti, a quanti portavano il nome del Salvatore, gli auguri suoi personali, aggiungeva: “...Voi che portate il Suo nome, onoratelo sempre nella vostra vita, con le vostre opere e azioni...!”; come pure invogliava le giovani coppie in attesa di pargoli, di continuare la tradizione di dare a loro il nome di "Salvatore".

Fuochi pirotecnici del 6 agosto 2023, foto di D. Buonpane

E ricordo anche le celebrazioni del giorno della festa, sempre del 6 agosto, presiedute nel mattino dall’altro grande sacerdote piscinolese, don Salvatore Nappa, il quale nell'omelia, a margine del breve commento alla pagina del Vangelo del giorno, che narrava l’episodio della Trasfigurazione, prendeva a raccontare diversi episodi della sua vita, che erano legati alla storia di Piscinola e menzionava anche diversi abitanti che già avevano lasciato il loro cammino di vita.

Oggi, che la bellissima immagine settecentesca del SS. Salvatore ritorna a risplendere, dopo l'avvenuto suo restauro, più bella di prima, radiosa e benedicente dall'alto della Chiesa parrocchiale di Piscinola, questi ricordi che ho cercato di rinverdire si fanno più belli e commoventi e sono sicuro che sarà cosi anche per i futuri piscinolesi che ci seguiranno nel tempo, i quali ricorderanno a loro volta questi momenti forti della vita comunitaria, nelle loro rimembranze dei prossimi decenni.

Evviva sempre il Santissimo Salvatore, protettore secolare di Piscinola!!

Salvatore Fioretto

Fuochi pirotecnici al termine dei festeggiamenti del SS. Salvatore del 6 agosto 2023, foto di T. Silvestri