sabato 27 gennaio 2024

Della serie i racconti della Piedimonte.. ." Un’avventura curiosa, quasi drammatica"...!

Ecco un altro bel racconto con episodi realmente accaduti al cospetto della ferrovia Piedimonte, tratto dal libro “Fogli nel cassetto”, di Francesco Tamma. Ed. Aletti Editore, 1955.


"Tanti e tanti anni addietro, precisamente dopo la liberazione d’Italia, nel dopo la seconda guerra mondiale, io, in uno sgangherato scompartimento di una vettura mezza sgangherata, tirata da una locomotiva sbuffante, m'allontanavo dalla mia città per portarmi nella Capitale. Il treno sferragliava lentamente. Dopo avere attraversato la verde campagna ricca d’alberi della mia terra, il nudo tavoliere della Puglia, la montuosa campagna Campana e la campagna Laziale, ammirando il paesaggio vario, a tratti pianeggiante, a gobbe e ricco di alberi; giunsi nella citta degli antichi Cesari, con la visione ancora davanti agli occhi delle ferite provocate dalla guerra alle città che il convoglio lasciò indietro, anche se la bellezza di nostra madre natura cercò di fugare le cattive visioni.
L’avventura che sto per descrivere non avvenne in Roma, che fu da me visitata con entusiasmo, di quell’entusiasmo dei giovani che è di loro la caratteristica, specialmente se è la prima volta che si visita una grande città come Roma; al ritorno, per affari, dovevo recarmi, con due colleghi compagni di viaggio, a Caserta.
Dopo tre giorni di permanenza nella Capitale, al mattino del quarto giorno, nelle prime ore del dì, andai a prendere il posto che doveva essere mio durante il viaggio, in uno dei vagoni merci che allora funzionavano da vetture per passeggeri. Naturalmente con ritardo quel benedetto treno partì, destinazione Napoli, ma, con i due colleghi, dovevo prendere la coincidenza per Caserta da Aversa.
Il viaggio fu caratterizzato da una lunga serie di fermate forzate per guasti ai fili elettrici in varie località per cui si accumulò ritardo su ritardo fino a farci arrivare nel tardo pomeriggio ad Aversa con la perdita della coincidenza per cui non ci rimase che prendere una soluzione, quella di prendere il trenino della linea secondaria, la Piedimonte che ci portò alla stazione di Santa Maria Capua Vetere distante diversi chilometri da Caserta.
Sulla piattaforma di una delle tre vetture del trenino affollato pensai alla comodità di casa mia con nostalgia. Ero stanco e preso dalla tristezza che, ben presto, svanì in quanto, mentre si attraversava la ricca campagna, in cui predominava la vite, mi veniva in mente le visioni delle scene pittoresche avvenute durante il primo tragitto: ragazzi e ragazze si affaccendavano a vendere ai passeggeri, durante le fermate, aranci e mele, non erano pagati da alcuni scalmanati che si dilettavano a comprare quando il treno si metteva in movimento, con la pronta reazione dei venditori da strapazzo i quali con grida e invettive, lanciavano sassi verso le vetture che si allontanavano.
Finalmente arrivammo a S. Maria di Capua Vetere quando il sole era già tramontato ed alcune nuvole avevano coperto il cielo. Dopo aver fatto un contratto con un vetturino, ci accomodammo sulla carrozza aperta, tipica napoletana a due posti, per cui per mancanza di spazio mi accomodai a fianco del vetturino che incitava il cavallo a trainare, ma il cavallo tutto voleva fare tranne che camminare. Intanto il crepuscolo ad ampie volute scendeva sulla natura che si accingeva a ricevere la notte che porta riposo a villani e lavoratori stanchi. Per ammazzare il tempo guardavo a dritta e a manca ammirando ciò che mi circondava. Il vetturino frustava il pigro cavallo che a un certo momento, preso dalla furia di un demone burlone, si mise a correre da sembrare di voler vincere una gara ippica.
Il vetturino si mise a inveire contro il cavallo con grida e suoni gutturali per farlo fermare ma quello correva all'impazzata, mentre i robusti e alti platani che affiancavano la strada ci passavano dai lati velocemente e i fossati ai limiti della strada ci corteggiavano per farci cadere in uno di loro. Io, con i miei colleghi ammutoliti e impauriti, tacito, vissi quell'avventura che aveva in sé molte incognite circa la fine a cui andavo incontro. Ad un certo punto io non pensai che a salvare la pelle ch'era scampata alle bombe della guerra, con un salto acrobatico, non che io sia un acrobata, direi il contrario, fui a terra dove perdendo l'equilibrio caddi, per fortuna, tranne alcune escoriazioni alle mani, non mi feci male. In quell’istante, il quadrupede, spezzando i legami che lo legavano alla vettura, continuò da solo la sua corsa sfrenata nel mentre la carrozza continuava a correre per forza d'inerzia senza guida da sembrare che da un momento all'altro andasse a finire in un fossato, ma la resistenza vinse la forza d’inerzia, quel mezzo di trasporto si fermò.
Il vetturino piagnucolava guardando il suo cavallo che si allontanava, ma la bestia nel suo percorso trovò altri cocchieri, che avendo assistito da lontano la scena, con colpi di frusta alle zampe lo fecero fermare con una scivolata per slittata dei ferri degli zoccoli. Il vetturino quando gli fu portato il cavallo, piagnucolando, si fece pagare tutto il tragitto da noi che, per aver felicemente scampato al peggio, continuammo a piedi commentando l’incidente ed infine scoppiammo a ridere, per le maschere di paura impresse sui nostri volti nel momento dell’incidente, non più pensando a nulla e neanche al peso dei nostri bagagli che ci faceva sudare.
Nel frattempo le nuvole s’erano abbassate e, come se tutto ciò non bastasse, per una decina di minuti, ci inviarono le loro goccioline che fecero il loro dovere di bagnarci, mentre il crepuscolo tutto avvolse nel suo manto scuro, quando, infine, arrivammo a destinazione.
Questa avventura curiosa, drammatica per lo scampato pericolo, giace archiviata nel mio subcosciente per essere rispolverata quando la devo raccontare o descriverla, come ho fatto ora."

 

A margine di questo bel racconto sulla Piedimonte, invitiamo, come facciamo sempre, il caro lettore interessato a leggere il romanzo menzionato, scritto da Francesco Tamma. 

Salvatore Fioretto