venerdì 27 gennaio 2023

L'Università di Piscinola, da Decurionato a Comune, con i nomi dei sindaci eletti...

Carta degli Itinerarj militari da Bologna fino a tutto il Regno di Napoli, inizi '800

Con l'occupazione francese del regno di Napoli (1806-1815) e la nomina di Gioacchino Murat  a Re di Napoli (fu incoronato da Napoleone che era anche suo cognato), ebbero inizio importanti riforme del nuovo Regno, ritenute necessarie dai francesi, in particolare, fu eseguita la riforma della macchina amministrativa, su modello di quanto organizzato in Francia a valle della Rivoluzione Francese (Legge 28 Piovoso, dell'anno VIII), che prevedeva l'abolizione della feudalità e la chiamata delle persone del popolo a coprire le cariche organizzative dello Stato, soprattutto della borghesia e del ceto medio. Fu quindi eseguito un vero e proprio accentramento delle funzioni dello Stato, secondo una conformazione "piramidale", che prevedeva alla sommità il controllo da parte dei vari ministeri e del Re; tale struttura  rimarrà in vigore, seppur con piccole modifiche, anche nella successiva Restaurazione Borbonica, fino all'Unificazione dell'Italia.
I Francesi suddivisero il Regno di Napoli (la Sicilia fu esclusa perché rimasta in mano borbonica) in 14 Province (Napoli, i 3 Abruzzi [Ulteriore I, Ulteriore II e Citerione], Terra di Lavoro, Principato Citerione, Principato Ulteriore, Contado di Molise, la Capitanata, la Terra di Bari, la Terra d'Otranto, Basilicata, la Calabria Citerione e la Calabria Ulteriore).
La Provincia di Napoli, che venne istituita l'8 agosto 1806, fu suddivisa inizialmente in 3 Distretti (Napoli, Pozzuoli e Castellammare di Stabia), ed era amministrata principalmente da due organismi elettivi: da un "Consiglio Provinciale" e da un "Consiglio di Intendenza".
Dal 1809 i Distretti della Provincia di Napoli passarono a quattro, infatti fu aggiunto il Distretto di Casoria, secondo una legge emanata dal Re, Giocchino Murat.
Il Distretto di Casoria era formato da 9 "Mandamenti": Casoria,
Pomigliano d'Arco, Afragola, Frattamaggiore, Arzano, Sant'Antimo, Caivano, Mugnano e Giugliano. Ogni "Mandamento" aveva giurisdizione su un certo numero di Comuni confinanti. Il "Mandamento di Mugnano" amministrava 4 Comuni, ossia: Mugnano, Melito, Calvizzano e Piscinola
Il
“Comune di Piscinola”, come del resto tutti gli altri comuni,
era amministrato da un Sindaco, assistito da due eletti e dal Decurionato; quest’ultimo, in sostanza, corrispondeva a quello che noi oggi chiamiamo il “Consiglio Comunale”.

Gioacchino Murat, re di Napoli

Al Decurionato spettava il compito di curare gli interessi del Comune e nominava il Sindaco ed i due Eletti, fornendo una terna di nomi per ogni carica all'Intendente della Provincia, che poi sceglieva in base alle informazioni ricevute. Di essi, il primo reggeva la Polizia Municipale, mentre il secondo aiutava il Sindaco nell’esercizio delle funzioni amministrative.
Inizialmente i membri del Decurionato erano scelti tra i capi famiglia inseriti negli elenchi dei contribuenti. Nell’ottobre del 1806, tale norma fu modificata istituendo l’elettorato “attivo” e “passivo” su base censitaria.
La nuova norma, infatti, prevedeva che i Decurioni fossero nominati, ovvero tratti a sorte, tra coloro che erano possessori di una rendita fondiaria annua non inferiore a ventiquattro ducati, per i Comuni comprendenti fino a tremila anime (come per il Comune di Piscinola), oppure del doppio per quelli fino a seimila abitanti e del quadruplo per i Comuni da seimila abitanti in poi.

L'Albero della Libertà in un dipinto dell''800

L’età minima per essere eletti Decurione era di ventuno anni. Nel 1808 le norme elettive furono ulteriormente riformate, inserendo la possibilità di eleggere tra le cariche (decurionati, sindaco e due eletti) anche rappresentanti delle arti e dei mestieri.
Il numero dei Decurioni dipendeva dalla densità della popolazione del Comune. Nei Comuni con meno di tremila abitanti, come Piscinola, potevano essere eletti fino a dieci Decurioni.
Si arrivava fino a un massimo di trenta membri, per quei Comuni con più di 10.000 abitanti (infatti la norma prevedeva tre membri eletti ogni 1000 abitanti).
Un’altra condizione che sanciva la validità del Decurionato era quella che un terzo del numero dei Decurioni sapesse leggere e scrivere.
La sessione ordinaria del Decurionato cadeva nel mese di maggio di ogni anno. In tale assemblea si eleggevano gli amministratori e i deputati della “Revisione dei Conti Consuntivi” e si formava lo “Stato discusso” delle entrate e delle spese, ossia quello che oggi chiamiamo “Bilancio”.

Timbro utilizzato dai francesi nel Decennio

Quest’ultimo andava trasmesso all’Intendente della Provincia che poteva approvarlo o sanzionarlo. Le entrate erano costituite per lo più da rendite patrimoniali derivate dall’affitto di beni patrimoniali o demaniali.
I Comuni che non riuscivano a finanziarsi attraverso le rendite patrimoniali potevano ricorrere ai “proventi giurisdizionali”, ai “dazi di consumo”, ai “grani addizionali” e alle “privative”.
I “proventi giurisdizionali” erano le multe applicate dalla polizia municipale e rurale, ma anche i diritti dei posti fissi nelle strade del Comune e i diritti dei “pesi e misure”.

Timbro del Comune di Piscinola nel Decennio Francese

I “dazi di consumo” erano le imposte indirette sui consumi, riscosse durante la circolazione di un bene da un Comune all’altro, mentre, i “grani addizionali” erano le sovraimposte aggiunte su imposte già riscosse.
Le “privative” erano le concessioni date a un singolo soggetto per l’esclusiva vendita di un dato bene. Le spese erano divise in ordinarie e straordinarie.

Le prime, di quantificazione certa, riguardavano gli stipendi dei dipendenti, il mantenimento delle scuole comunali, la manutenzione delle proprietà e delle opere pubbliche, i pubblici servizi e altro.

Timbro del Comune di Piscinola con la Restaurazione

Il Sindaco era la principale autorità del Comune, che amministrava l’Ente insieme ai due Eletti e al Decurionato. Egli poteva disporre della forza interna o militare che possedeva il Comune, ma era comunque subordinato al “Sotto Intendente” (del Distretto di competenza), suo superiore diretto.

Nei Comuni dove non c’erano agenti dell’amministrazione militare, il Sindaco era anche Commissario di Guerra. Era, inoltre, “Membro nato” delle Commissioni e dei Consigli di Amministrazione degli stabilimenti pubblici; presidiava il Decurionato e ne faceva eseguire le deliberazioni, dopo che avevano ottenuto “La superiore approvazione.

Lapide toponomastica posta all'ingresso di Mugnano, che riporta le antiche ripartizioni







La validità delle assemblee decurionali era confermata con la presenza di almeno 2/3 dei suoi componenti. Il Sindaco rimaneva in carica 2 anni (per i comuni fino a 6000 abitanti) oppure 3, per quelli con maggior numero di abitanti. La sua elezione avveniva nella prima settimana di settembre, durante la riunione del Decurionato, sempre proponendo una rosa di tre nomi.
In caso di assenza o suo impedimento, il Sindaco era sostituito dal Secondo Eletto.

Abbiamo trovato il nome dei sindaci eletti nel Comune di Piscinola, dal 1809 al 1865, ecco l'elenco suddivisi per periodi:

"Periodo del Decennio Francese":
-dal 1809 al 1811   Carmine Danese,

-dal 1812 al 1813   Gennaro Cuozzo,

-dal 1814 al 1815   Francesco Antonio Piccirillo.

"Periodo della Restaurazione Borbonica":
Con la restaurazione borbonica avvenuta nel 1816, la suddivisione amministrativa non fu modificata, anche se i Borboni abolirono definitivamente i Sedili di Napoli, organi che amministravano la Capitale, prima dell'invasione francese.
-
dal 1816 al 1823   Donato Danese,

-dal 1824 al 1826   Nicola Mele,

-dal 1827 al 1833   Luigi Salzano,

-dal 1834 al 1840   Nicola Mele,

-dal 1841 al 1844   Raffaele Basso,

-dal 1845 al 1849   Luigi Salzano,

-dal 1850 al 1855   Gennaro Cuozzo,

-dal 1856 al 1860   Vincenzo Cuozzo.

Sappiamo che nell'anno 1834, il "secondo eletto" del Comune di Piscinola era il sig. Felice Cuozzo.  

"Periodo post Unificazione dell'Italia":

Con l'annessione del Regno delle due Sicilie all'Italia unificata, furono aboliti i "Distretti" e al loro posto furono istituiti i "Circondari", seppure conservando le precedenti sedi.
-dal 1861 al 1865   Giovanni Russo (ultimo sindaco del Comune di Piscinola).


Conosciamo inoltre anche i nomi dei "Cancellieri" comunali:

Dal 1809 al 1841: sig. Natale Buonaurio,

Dal 1842 al 1846: sig. Francesco De Curtis,

Dal 1847 al 1865: sig. Giovanni Buonaurio.


A partire dal 1 gennaio 1866, il Comune di Piscinola fu abolito, come sancito dalle disposizioni contenute nel Regio Decreto n. 2650, del 29 novembre 1865. Il suo territorio fu denominato "Villaggio di Napoli" e annesso al Comune di Napoli. La sua collocazione amministrativa fu inserita nell'ambito delle competenze del quartiere San Carlo all'Arena. Al quartiere di San Carlo All'arena erano stati già assegnati, fin dal 1809, i Villaggi di Miano, Mianella e Marianella, poi confermati con editto del 1851. Erano a quell'epoca "Villaggi di Napoli" anche: Capodimonte, Arenella, Posillipo, Antignano, Capodichino,....

Speriamo che nel prossimo futuro possiamo trovare anche le foto e le biografie dei sindaci del Comune di Piscinola, come pure lo stemma comunale.

Salvatore Fioretto 

P.S. Le fonti storiche utilizzate per la scrittura di questo post sono state principalmente il libro "Dal Parlamento al Decurionato - L'amministrazione dei comuni del Regno di Napoli nel Decennio Francese", di Stefano Vinci, ed. Scientifiche Italiane, 2008 e il libro "Piscinola, la terra del Salvatore, una terra, la sua gente, le sue tradizioni", di S. Fioretto. ed. The Boopen, 2010.
Le foto pubblicate sono state tratte dal web, da alcuni siti dedicati oppure appartengono a collezioni o raccolte; a tal proposito si dichiara che esse sono state inserite in questo blog senza fini di lucro, ma con il precipuo scopo della libera diffusione della cultura e della nostra storia patria. In ogni caso, si invitano i cari lettori a non diffonderle per utilizzi non culturali.

martedì 24 gennaio 2023

“Mamma Draga” di Salvatore Tofano . Una recensione all'opera, a cura della prof. Rosa Bianco

Per la rubrica "Un libro uno scrittore del territorio", pubblichiamo la recensione al libro "Mamma Draga" (di Salvatore Tofano - ed. LFA Publischer - marzo 2022), scritta dalla prof.ssa Rosa Bianco, riconosciuta promotrice culturale del territorio.
Del lavoro di Salvatore Tofano abbiamo già pubblicato un post dedicato, a maggio dello scorso anno. Ammiriamo il clima
positivo che si è creato attorno a questo lavoro e abbiamo deciso quindi di amplificare i contenuti e i commenti al libro.

Ecco la recensione:
"Mamma Draga" di Salvatore Tofano è un romanzo non usuale, molto diverso dai suoi lavori precedenti. Narrato dal giovane Roberto, professore di filosofia al suo primo incarico in un paese del Sud, Torre di Sotto, dove conosce Alessia e la sua famiglia, in cui troneggia la figura dell’anziana Mamma Draga. Intorno a questa figura materna “patriarcale”, che egemonizza le sue relazioni con le quattro figlie e i generi, in nome di un millantato potere, che le deriva dal fatto di essere rimasta vedova e di dover provvedere da sola alla sussistenza della famiglia, si sviluppano il materiale narrativo, le azioni dei personaggi e i pensieri del narratore.
L’elaborazione stilistica e la narrazione dei fatti, secondo un preciso disegno, sono la chiave di volta dell’operazione del Tofano, che affida alla letteratura il messaggio da consegnare al lettore.
Il messaggio o idea principe del romanzo, che è fortemente psicologico e introspettivo, é la narrazione della "storia" di un'anima, quella di Mamma Draga in ogni sua sfaccettatura, in ogni sua dimensione: emotiva, sentimentale, identitaria e dell'incontro o lo scontro del razionale con l'irrazionale.
Mamma Draga non ha avuto un matrimonio felice e per questo è possessiva con le figlie e le fagocita, al punto da renderne infelice la loro vita. Vivono tutte con lei, nella stessa casa con i mariti (solo Alessia non è sposata ed ha appena conosciuto il giovane professore di filosofia), isolate dal resto del mondo e asservite alla sua volontà. E’ il classico esempio di famiglia, che oggi verrebbe definita con una sola parola “disfunzionale”, dove non ci sono quelle risorse psicologiche, atte a favorire la coesistenza dei suoi membri in modo positivo e assertivo, ma al contrario è covo di odi, intrighi, malesseri e rancori.
Il clima in cui vivono tutti nella casa di Mamma Draga è lugubre e triste. Su di loro aleggia un’atmosfera inquietante, fatta di storie di stregoneria, di magia nera, di malefici e di omicidi.  Per rendere questa atmosfera più avvincente, anche il linguaggio del Tofano si fa intrigante, ma chiaro e preciso nelle descrizioni e nelle argomentazioni, strategia letteraria che egli utilizza volutamente per dare maggiore forza e sostanza al senso del suo narrare, via via che il suo racconto si snoda.
Solo nell’epilogo finale Mamma Draga si ravvede e consapevolizza quella che per lei è una verità ineludibile: l'Amore, quello autentico, lei non lo hai mai conosciuto e non essendo stata amata, non ha saputo amare le figlie e donarsi a loro. Riesce quindi anche se ormai è troppo tardi, è anziana e malandata, a riscattarsi da una vita iniqua e a rivalersi sul male, che l’ha erosa per tutta la vita.
Il romanzo di Salvatore Tofano ha, perciò, una caratteristica unica: parla direttamente al lettore, non gli fornisce solo insegnamenti o strumenti concettuali e strategie psicologie, ma mostra anche le forme, le modalità in base alle quali, ognuno secondo le sue qualità, sensibilità e intelligenza, può attivare in sé un processo di sottrazione al nulla, senza disattivazione irenica dal dolore, senza superare in una sintesi superiore e utopica le antinomie costitutive dell’essere-al-mondo, senza ricadere nelle spire della trascendenza religiosa o della teleologia storica.

La recensione è firmata dalla prof. Rosa Bianco

Per i lettori interessati riportiamo il link del precedente post pubblicato nel blog.

Presentazione del libro Mamma Draga a Scampia. 

Auguriamo all'amico Salvatore un maggior successo per l'opera, nel mentre attendiamo altri suoi lavori letterari e grafici, sperando che concentri la sua attenzione anche sulla saggistica riguardante il territorio di origine. 

S.F.